Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14820 del 30/06/2014
Civile Sent. Sez. 2 Num. 14820 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: SCALISI ANTONINO
SENTENZA
sul ricorso 25612-2008 proposto da:
CAGNIN
SANDRO
CGN5DR42S26D325I,
elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo
studio dell’avvocato MANZI ANDREA, rappresentato e
difeso dall’avvocato MAZZETTO GIANCARLO;
– ricorrente contro
2014
1128
CAGNIN MARCO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1197/2007 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 19/09/2007;
Data pubblicazione: 30/06/2014
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/04/2014 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’AvvocatoMAZZETTO Giancarlo, difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Svolgimento del processo
Marco Cagnin con ricorso del 26 novembre 1998, premettendo di essere
titolare del diritto di nuda proprietà di un fondo sito in Dolo Piazza
Municipio, per averlo ricevuto in donazione dalla nonna Bianca Bergamin,
nuda proprietà del fondo adiacente per averlo ricevuto in donazione dalla
madre, aveva impedito il passaggio, attraverso questo fondo, al fondo del
ricorrente, per provvedere, in particolare, all’attività di manutenzione e di
periodico svuotamento delle vasche biologiche insistente sul fondo del
ricorrente, adiva il Pretore di Venezia per sentire ordinare a Sandro Cagnin di
reintegrarlo ex art. 1168 nel possesso di accesso da piazza Municipio
consentendogli in tal modo di accedere al proprio fondo, o in subordine,
consentendo l’accesso di mezzi e uomini per la manutenzione dell’impianto
t
fognario.
Si costituiva Sandro Cagnin, eccependo l’inammissibilità del ricorso in
relazione alla clausola compromissoria contenuta nella convenzione del 2
gennaio 1990 intercorso tra le parti e la defunta Bianca Bergamin
..
Il Tribunale di Venezia, in base alle dichiarazioni degli informatori,
ordinanza
disponeva
la
reintegra
nel
possesso
di
Marco
con
Cagnin.
Successivamente, istruita documentalmente e con l’assunzione di prova
testimoniale, lo stesso Tribunale, con sentenza del 20 agosto 2008 confermava
l’ordinanza precedente e, pertanto, ordinava a Sandro Cagni di reintegrare
Marco Cagnin nel possesso dell’accesso da piazza Municipio in Dolo
nei
termini già indicati nell’ordinanza. Condannava il resistente al pagamento
delle spese di liti.
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Ric. Rg. 25612 del 2008
Rel. Scalisi
lamentava che il figlio della donante, Sandro Cagnin, titolare del diritto di
Avverso questa sentenza, interponeva appello Sandro Cagnin
chiedendone
l’integrale riforma.
Resisteva Marco Cagnin.
La Corte di Appello di Venezia, con sentenza an. 1197 del 2007, rigettava
l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese del grado di
appello. Secondo la Corte Veneziana era vero che la convenzione del 2
gennaio 1990, cui aveva fatto riferimento l’appellante non regolava il diritto
di accesso oggetto della controversia né direttamente, né indirettamente,
tuttavia, sia gli informatori sentiti e sia la prova testimoniale, avevano
affermato il pacifico utilizzo del passaggio per un ventennio a partire dal
1979, ragionevolmente confermato dall’unicità delle proprietà in capo alla
donante fino al 1990 e alla riserva di usufrutto a favore della stessa di
entrambi gli immobili.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Sandro Cagnin con ricorso
affidato a tre motivi. Marco Cagnin in questa fase non ha svolto attività
giudiziale.
Motivi della decisione
1.= Con il primo motivo Cagnin Sandro lamenta la violazione degli artt. 806
cpc.,
1322,1362 e
1363 cc. Omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia. Violazione dell’art. 360
n. 5 cpc. Secondo il ricorrente, la Corte di Venezia non avrebbe indicato le
ragioni per le quali avrebbe escluso che la convenzione del 2 gennaio 1990
ricomprendesse la questione oggetto di lite (l’esistenza o meno del possesso di
un diritto di passaggio attraverso il mappale 152/4 di proprietà di Sandro
Cagnin per accedere all’adiacente mappale 152/6 di proprietà di Marco
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Ric. Rg. 25612 del 2008
Rel. Scalisi
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Cagnin. Una motivazione certamente necessaria se si considera che, dalla
stessa motivazione della Corte, è lecito inferire che, ove quella inerenza vi
fosse, la riserva arbitrale, contenuta in quella convenzione, certamente,
avrebbe dovuto operare anche per l’ipotesi in esame. Analogo difetto di
motivazione sarebbe individuabile , altresì, con riferimento al profilo
implicito richiamato dalla Corte, dato che non si capirebbe perché la Corte di
merito abbia ritenuto che, la partecipazione alla convenzione di Bianca
Bergamin e l’insorgere della questione solo dopo la morte di questa, sarebbero
argomenti da cui inferire l’estraneità dell’oggetto della presente lite dalla
convenzione richiamata. Piuttosto, vi sono dati sufficienti, non considerati o
erroneamente interpretati dalla Corte territoriale, che inducono a ritenere che
la questione dedotta in lite sia intimamente connessa alla materia oggetto della
convenzione del 2 gennaio 1990 e che i contrasti insorti tra le parti in merito
alla possibilità di utilizzare o meno il mappale 152/4 per accedere al mappale
152/6 andavano devoluti alla giurisdizione di un arbitro irrituale. A tal fine è
sufficiente, sempre secondo il ricorrente, tener conto che: a) scopo della
convenzione del 2 gennaio 1990 era quello di disciplinare (…) anche la
divisione del comune compendio, con l’attribuzione di proprietà esclusive”
e/o comunque “(…) di stabilire un programma per il definitivo assetto di
reciproci rapporti e dei rispettivi diritti”. Sulla base di questa convenzione a
Gianni Cagnin si attribuiva in proprietà esclusiva un immobile sito in Dolo
piazza Municipio n. 2/3 composto da un locale a piano terreno adibito a
pizzeria e sovrastante abitazione su due piani (…), all’epoca intestato alla
signora Bianca Bergamin. Costituiva pertinenza di tale immobile un cortile
interno costituito dal mappale 152/6 essendo in esso allocate delle vasche di
Ric. Rg. 25612 del 2008
Rel. Scalisi
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raccolta di reflui provenienti dal locale bar e da sovrastante appartamento,
confinante ad est con il mappale 152/4, anch’esso di proprietà di Bianca
Bergamin, che secondo la convenzione avrebbe dovuto essere attribuito in
proprietà esclusiva a Sandro Cagnin. La convenzione a sua volta attribuiva a
Sandro Cagnin la titolarità dell’immobile adibiti ad uffici sito in Dolo via
Cairoli, con sovrastante appartamento al primo piano e con ingresso da piazza
Municipio oltre garage separato mappale 152/4. Giusti accordi con la citata
convenzione Bergamin conservò l’usufrutto sia del mappale 152/4 e sia del
mappale 152/6. Fino alla morte della signora Bergamin la stessa continuò a
godere dei due mappali ed, essendo usufruttuaria, non si poneva un problema
di passaggio attraverso il mappale 152/4 per raggiungere il mappale 152/6,
alla sua morte, però, la questione è diventata attuale, dato che la convenzione
non prevedeva alcuna servitù. Ora, poiché non era stata ancora realizzata la
separazione fisica dei due mappali previsti in convenzione, vi era ragione di
ritenere che la questione oggetto del presente giudizio avrebbe dovuto essere
ricondotta alla convenzione di cui si è detto. Pertanto, la risoluzione dei
contrasti derivanti dalla interpretazione della convenzione e dalla sua
esecuzione avrebbero dovuto essere devoluti alla giurisdizione di un arbitrato
irrituale.
1.1.= Il motivo è inammissibile per le ragioni di cui si dirà.
a) E’ inammissibile per violazione della norma di cui all’art. 366 bis cod. civ.,
mancando sia il quesito di diritto e sia il cc.dd. quesito di fatto, o momento di
sintesi, essendo il ricorso in esame, per ratio temporis, disciplinato da quella
normativa entrata in vigore il 2 marzo 2006 ed abrogata con legge 18 giugno
2009 n. 16. E’ sufficiente, al riguardo, richiamare l’orientamento pacifico
Ric. Rg. 25612 del 2008
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Rei. Scalisi
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nella giurisprudenza di questa Corte, quello secondo cui è inammissibile per
violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dall’art. 6 del d.lgs. n. 40
del 2006, il motivo di ricorso che non sia accompagnato dalla formulazione di
un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei
limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte e; più
specificamente, deve escludersi che il quesito di diritto possa desumersi
implicitamente dalla formulazione dei motivi di ricorso, la quale non è
sufficiente ad integrare il rispetto del requisito formale specificamente
richiesto dalla richiamata disposizione. Ed, altresì, è inammissibile il motivo
di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, qualora non
sia stato formulato il c.d. quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di
apposito momento di sintesi, anche quando l’indicazione del fatto decisivo
controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la
“ratio” che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive
del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di
comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal
giudice di merito.
b) E’ inammissibile, altresì, perché non sono stati rispettati pienamente i
criteri dell’autosufficienza, atteso che il ricorrente riporta solo alcune
espressioni della convenzione del 2 gennaio 1990 che, pur essendo
significative, non danno modo di apprezzare l’esatta rilevanza e portata
dell’intera convenzione, dovendo considerare che la Corte di merito ha
chiaramente affermato:
“(…) l’evidenziata correlazione della clausola
compromissoria alla interpretazione ed esecuzione di quanto in essa stabilita,
non anche a qualsiasi controversia tra le parti per i beni di rispettiva proprietà,
Ric. Rg. 25612 del 2008
Rel. Scalisi
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smentisce la pretesa
dell’appellante di desumere dalle pattuizioni della
convenzione la disciplina anche del rapporto in oggetto (….)”.
2.= Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1140,
1146, 1051 e 1169 cc. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su
Secondo il ricorrente, erroneamente la Corte di Venezia avrebbe attribuito
valore determinante per la decisione all’interclusione del fondo e all’utilità per
il nudo proprietario di godere del possesso dell’usufruttuario. Piuttosto, la
Corte non avrebbe tenuto conto che nessun possesso era mai stato conseguito
dal donatario (Cagnin Marco) perché alla morte della signora Bergamin,
l’attuale ricorrente, in conformità alle intese definite con la convenzione del 2
gennaio 1990 separò fisicamente i due mappali, (152/4e 152/6) realizzando
una recinsione che divideva il confine est del mappale 152/6 del contiguo
confine ovest del mappale 152/4. E, tale situazione, riferisce il ricorrente, era
stata espressamente riconosciuta dal resistente con l’atto di proposizione del
ricorso ex art. 1168 cc. Avrebbe errato, altresì, la Corte di Venezia, nell’aver
considerato intercluso il mappale 152/6 dato che il mappale di cui si dice
faceva parte di un più vasto compendio,
assegnata in proprietà a Gianni
Cagnin, che godeva, per se di un accesso, e perciò, una volta che il mappale
di cui si dice è stato separato dal resto cui apparteneva, era onere di Gianni
Cagnin a dover procurare un autonomo accesso, da P.zza Municipio o da altra
pubblica via, del cortile contraddistinto dal mappale 152/6. L’interclusione,
per altro, sarebbe smentita anche dal contenuto dell’atto di donazione con cui
Cagnin Marco era divenuto proprietario del mappale 152/6 laddove si legge
“(…) le unità immobiliari sito in Comune di Dolo, p.zza Municipio
Ric. Rg. 25612 del 2008
Rel. Scalisi
un punto decisivo della controversia. Violazione dell’art. 360 n. 5 cpc.
attualmente censite (
) e 152/6″ confinavano con piazza Municipio a
nord, con proprietà Gianni Cagnin ad est, Cagnin ing. Gianni ad ovest (…)”.
2.1.= Il motivo è infondato, non solo perché si risolve nella richiesta di una
nuova e diversa valutazione delle risultanze probatorie, non proponibile nel
giudizio di legittimità, se, come nel caso in esame, l’iter logico che sta a
fondamento della decisione è coerente con le prove acquisite e non presenta
vizi logici o giuridici, ma, soprattutto, perché meritano di essere confermate le
ragioni
poste
dalla decisione
impugnata a fondamento
del rigetto
dell’eccezione già avanzata dallo stesso ricorrente con l’atto di appello e
riproposta con il motivo in esame, e, cioè, che Marco Cagnin non poteva
essere ritenuto possessore (spogliato) dato che lo stesso, dopo la morte della
nonna, non aveva mai esercitato il passaggio di cui si dice per l’opposizione
spiegata da esso appellante (oggi ricorrente). Come ha avuto modo di chiarire
•
la Corte di Venezia: appare singolare la pretesa dell’appellante di negare
all’appellato la legittimazione all’esercizio dell’azione di spoglio a fronte
della concorde conferma da parte dei testi escussi e degli informatori, sentiti
nella fase sommaria, del pacifico utilizzo del passaggio in oggetto per un
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ventennio a partire dal 1979, confortata dall’univocità delle proprietà in capo
alla donante fino al 1990 e alla riserva di usufrutto a favore della stessa per
entrambi gli immobili, e, considerato che a dispetto della interpretazione
pretesa dall’appellante i testi escussi hanno confermato sia il passaggio anche
attuale sia gli impedimenti frapposte dall’appellante, particolarmente, ai
passaggi funzionali alla manutenzione e allo svuotamento dell’impianto
fognario, piuttosto che a quelli tesi al raggiungimento del mapp 152/6.
Ora, a fronte delle valutazioni compiute dalla Corte territoriale, il ricorrente
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Rei. Scalisi
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contrappone le proprie, ma della maggiore o minore attendibilità di queste
rispetto a quelle compiute dal giudice del merito, non è certo consentito
discutere in questa sede di legittimità, né può il ricorrente pretendere il
riesame del merito sol perché la valutazione delle accertate circostanze di
fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima con le loro
aspettative e confutazioni.
2.1.= Ininfluente, ai fini della decisione, è, poi, l’affermazione della sentenza
impugnata, adesso censurata dal ricorrente, secondo cui il fondo del mapp.
152/6 era intercluso dato che appare, con tutta evidenza, che si tratta di
un’argomentazione “ad abundantiam”, e, pertanto, non costituente “ratio
decidendi” della sentenza.
3.= Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l’errata e contraddittoria
interpretazione degli artt. 1140,1146, secondo comma, cc, 1154, 1061 e
•
dell’art. 1168 cc. Violazione dell’art. 360 n. 3 cpc. Secondo il ricorrente,
erroneamente la Corte di merito avrebbe ritenuto che alla morte della signora
Bianca Bergamin il possesso di cui essa godeva quale usufruttuaria sul
•
–
mappale 152/6 si fosse trasmesso in capo al nudo proprietario di quel mappale
pur essendovi prova che il nudo proprietario non aveva mai esplicitato alcun
atto dal quale inferire l’esistenza di un concreto esercizio della pretesa servitù
di passaggio gravante sul mappale 152/4. Per altro l’utilizzo fatto dalla
signora Bergamin del mappale 152/4 fino a quando ne è rimasta proprietari e
anche dopo quale usufruttuaria non individua alcun particolare asservimento
del mappale 152/4 per il passaggio sul contiguo mappale
152/6. Va,
comunque, osservato, chiarisce ancora il ricorrente, che, in ogni caso, si
tratterebbe di servitù non apparente, non essendovi alcuna opera o
Ric. Rg. 25612 del 2008
Rel. Scalisi
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collegamento tra i due fondi che rendesse manifesta l’esistenza del peso.
Pertanto, conclude il ricorrente: dica la Corte adita se il donatario nudo
proprietario del bene donato e che si assume costituire il fondo dominate,
subentri alla morte del donante usufruttuario nel possesso da questi esercitato
o se invece detto donatario per svolgere azione di reintegra ex art. 1168 cc.,
debba dimostrare il compimento di concreti atti di esercizio del possesso sul
fondo servente.
3.1.= Il motivo è infondato.
E’ sufficiente, in questa sede, evidenziare che ai fini della reintegrazione nel
possesso di una servitù di passaggio, non occorre che tale possesso abbia i
requisiti occorrenti per l’usucapione, essendo sufficiente la prova del durevole
e pacifico utilizzo del passaggio in epoca prossima a quella dello spoglio, dal
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quale è consentito presumere l’utilizzo nel momento dello spoglio stesso ed,
altresì, che il transito sia stato dall’attore effettuato nella sua qualità di
possessore di un fondo cui si accede mediante quello attraversato.
Ora, nell’ipotesi in esame, la Corte di Venezia ha affermato, come già si è
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avuto modo di dire, che “i testi escussi hanno confermato sia il passaggio
anche attuale sia gli impedimenti frapposti dall’appellante particolarmente ai
passaggi funzionali alla manutenzione e allo svuotamento dell’impianto
fognario, piuttosto, che a quelli tesi al raggiungimento del mapp 152/6.
Pertanto, nel caso in esame, La Corte di Venezia ha correttamente ritenuto che
ricorressero i presupposti essenziali per l’azione di reintegrazione nel possesso
avanzata da Marco Cagnin.
In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere alla liquidazione
Ric Rg. 25612 del 2008
Rei Scalisi
e, in caso positivo, se l’accessione nel possesso avvenga in modo automatico
delle spese del presente giudizio di cassazione, dato che Cagnin Marco,
regolarmente intimato in questa sede non ha svolto attività giudiziale.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Corte Suprema di Cassazione il 29 aprile 2014
Il Consigliere relatore
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Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della