Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14818 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14818 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 22498-2008 proposto da:
STAGNARO GIANCARLO, SABIA OLGA, STAGNARO DINO,
STAGNARO MAURO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
DELLA GIULIANA 44, presso lo studio dell’avvocato
NUZZACI VITTORIO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PUCINO ANGELO;
– ricorrenti contro

CECCONI

ATTILIO

40896
CCCTTL65P098CE,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CRIVELLUCCI 35, presso lo
studio dell’avvocato RASPA FABRIZIO, rappresentato e

Data pubblicazione: 30/06/2014

difeso dall’avvocato DINI BRUNO;

controricorrente

avverso la sentenza n. 1090/2007 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 24/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MATERA;
udito l’Avvocato GIOIOSO Raffaello, con delega
depositata in udienza dell’AvvocatoNUZZACI Vittorio,
difensore dei ricorrenti che ha chiesto raccoglimento
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 29/04/2014 dal Consigliere Dott. LINA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 703 c.p.c. Sabia Olga e Stagnaro Alteo
chiedevano di essere reintegrati nel possesso della servitù di
passaggio attraverso un appezzamento di terreno di proprietà di

Con sentenza in data 11-9-2004 il Tribunale di Grosseto,
Sezione Distaccata di Orbetello,.rigettava la domanda.
Avverso la predetta decisione proponevano appello la Sabia e
lo Stagnaro. A seguito del decesso di quest’ultimo, si costituivano i
suoi eredi Stagnaro Giancarlo, Mauro e Dino.
Con sentenza in data 24-7-2007 la Corte di Appello di Firenze
rigettava il gravame. A sostegno della decisione, la Corte territoriale
rilevava che dalle testimonianze raccolte in corso di causa era
emerso che gli appellanti non erano mai passati attraverso il fondo di
proprietà del Cecconi, e che anzi dal dicembre del 1999 era precluso
ogni passaggio su tale fondo, essendo lo stesso diventato
impraticabile. 11 giudice del gravame aggiungeva che il passaggio
degli appellanti risultava documentalmente smentito dai rilievi
fotografici, che dimostravano l’inesistenza di opere visibili e
permanenti destinate all’esercizio della servitù e, comunque,
l’impossibilità di transitare sul fondo dell’appellato per l’esistenza
di ostacoli naturali determinati dall’incuria e dall’abbandono.

1

Ceccomi Attilio, individuato in catasto con le particelle 389 e 390.

Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso Sabia
Olga, Stagnar° Giancarlo, Stagnaro Mauro e Stagnar° Dino, gli
ultimi tre quali eredi di Stagnaro Alteo, sulla base di tre motivi, tutti
corredati da quesiti di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

In prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato una
memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1168 c.c., 703, 115 e 116 c.p.c.
Sostengono che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che la
tutela invocata dagli attori non può trovare accoglimento per la
mancanza di opere visibili e permanenti relative alla dedotta servitù
di passaggio. Rilevano, infatti, che ai fini dell’azione di
reintegrazione in possesso non è richiesto il requisito delle opere
visibili e permanenti, che è, invece, necessario ai fini dell’acquisto
della servitù per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
E’ vero che, secondo il costante orientamento della
giurisprudenza, la presenza di opere visibili e permanenti, indicative
di un transito, configura un requisito necessario ai fini dell’acquisto
della servitù di passaggio per usucapione o per destinazione del
padre di famiglia, ma non anche per la tutela possessoria del

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Cecconi Attilio ha resistito con controricorso,

passaggio medesimo, essendo a tal fine sufficiente la prova
dell’effettuazione di detto transito sul bene altrui (Cass. 23-1-2012 n.
879; Cass. 29-4-1999 n. 4351; Cass. Sez. Un. 18-2-1989 n. 958).
E’ altresì vero che la Corte di Appello, discostandosi da tale

passaggio postula la presenza di “opere di natura permanente,
direttamente destinate all’esercizio della servitù, atte a rivelare in
maniera

t1011

equivoca, per la loro struttura e funzione, l’esistenza

del peso gravante sul fondo servente”.
Tale erronea affermazione, tuttavia, non ha avuto una concreta
incidenza sulla decisione della controversia.
Il giudice del gravame, infatti, ha accertato, in punto di fatto,
sulla base delle testimonianze raccolte, che gli appellanti non sono
mai passati attraverso il fondo del convenuto oggetto del presente
giudizio, e che, anzi, dal dicembre del 1999 era precluso ogni
passaggio su tale fondo, in quanto questo era diventato
impraticabile; ed ha aggiunto che il passaggio degli appellanti
risultava documentalmente smentito anche dai rilievi fotografici, che
dimostravano l’impossibilità di transitare sul fondo dell’appellato
per l’esistenza di ostacoli naturali determinati dall’incuria e
dall’abbandono.
Orbene, appare evidente che, al di là del riferimento alla
necessità di opere visibili e permanenti, nella specie non esistenti,

principio, ha affermato che la tutela del possesso della servitù di

l’effettiva

ratio decidendi è

costituita dall’acclarato mancato

esercizio del possesso di una servitù di passaggio sul fondo del
Cecconi da parte degli odierni ricorrenti; accertamento che non può
che comportare il diniego della invocata tutela possessoria.

e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione
all’affermazione secondo cui dalla documentazione fotografica si
desumerebbe l’impossibilità di transitare sul fondo dell’appellato per
l’esistenza di ostacoli naturali determinati dall’incuria e
dall’abbandono. Deducono che, ai fini della tutela della servitù di
passaggio, non occorre un tracciato dovuto all’opera dell’uomo, ma è
sufficiente un sentiero naturale che evidenzi la sua funzione di
accesso al fondo dominante.
Il motivo non coglie nel segno delle argomentazioni svolte
dalla Corte di Appello, la quale, a conferma delle dichiarazioni rese
dai testi circa il mancato esercizio del passaggio da parte dei
ricorrenti, ha dato atto che dalle fotografie acquisite risulta che nel
tratto in questione non esiste “neppure un tracciato e il terreno è
coperto da vegetazione e cespugli che impediscono qualsiasi
passaggio, anche pedonale”, e che vi è “impossibilità di transitare
sul fondo de/l’appellato per l’esistenza di ostacoli naturali
determinati dall’incuria e dall’abbandono .

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2) Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione

Il giudice del gravame, pertanto, non ha affatto negato che, ai
fini della tutela possessoria, l’esercizio del passaggio possa
estrinsecarsi anche attraverso un sentiero naturale, ma ha escluso che
in concreto, nella fattispecie in esame, i ricorrenti siano mai passati

della impossibilità materiale di transito su tale terreno.
3) Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e
falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché l’insufficiente
e omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo. Sostengono
che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che la scrittura privata
intervenuta tra Bartolini Francesco (dante causa del Lecconi) e gli
Stagnaro-Stabia, con la quale il primo riconosceva la servitù di
passaggio in favore dei secondi, non riguardasse l’appezzamento di
terreno per cui è causa, essendo vero il contrario. Deducono, inoltre,
che il giudice del gravame ha erroneamente affermato che nessuno
dei testimoni escussi aveva reso dichiarazioni circa l’utilizzo della
servitù di passaggio: Rilevano, infatti, che sia il teste Acquaroli che
il teste Stagnar° Giancarlo, infatti, hanno testimoniato anche del loro
passaggio per detta servitù fino al momento dell’impedimento posto
in essere dal Cecconi.
Il motivo difetta di specificità ed autosufficienza, risolvendosi
in mere petizioni di principio, senza nemmeno trascrivere il

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attraverso l’appezzamento di terreno per cui è causa, dando anzi atto

contenuto della scrittura privata e delle deposizioni testimoniali che
si assume mal valutate dal giudice di appello.
In ogni caso, le deduzioni svolte dai ricorrenti si risolvono
nella sostanziale richiesta di una valutazione delle risultanze

la quale ha per un verso accertato che la scrittura privata richiamata
dal teste Bertolini non riguardava l’appezzamento di terreno per cui
è causa, e ha per altro verso dato atto che dalle altre deposizioni
testimoniali raccolte risulta che da anni nessuno passava attraverso il
fondo dell’appellato, sul quale, anzi, ogni passaggio era precluso sin
dal dicembre del 1999, a causa delle sue condizioni di
impraticabilità.
Il giudizio espresso al riguardo dal giudice del gravame si
sottrae al sindacato di questa Corte, essendo sorretto da una
motivazione immune da vizi logici e costituendo espressione di
apprezzamenti in fatto riservati al giudice di merito.
Come è noto, infatti, i vizi di motivazione denunciabili in
cassazione non possono consistere nella difformità
dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito
rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice
individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove,
controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le
risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in

probatorie diversa rispetto a quella compiuta dalla Corte di Appello,

discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova (tra le
tante v. Cass. 28-7-2008 n. 20518; Cass. 11-11-2005 n. 22901;
Cass.12-8-2004 n. 15693; Cass. 7-8-2003 n. 11936).
4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con

sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento
delle spese, che liquida in euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per
esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9-4-2014
Il Consigliere estensore

Il Pr

ente

conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese

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