Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14818 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 27/05/2021, (ud. 04/02/2021, dep. 27/05/2021), n.14818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2432-2020 proposto da:

T.S., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato SALVATORE MANNUZZA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CATANIA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2674/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 03/12/2019 R.G.N. 1947/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/02/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Catania, con la sentenza n. 2674 del 2019, ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale della stessa sede aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria, proposte da T.S., cittadino del (OMISSIS) ((OMISSIS)).

2. Il richiedente, in sintesi, aveva riferito di avere lasciato il proprio Paese, dopo essersi trasferito in Lagos, perchè, quale autista di TIR alle dipendenze di una ditta di trasporti, per colpa del cattivo funzionamento dei freni aveva causato, finendo contro una casa, come gli era stato riferito da un autista che lo seguiva, la morte di sette persone; aveva dichiarato che, ferito, si era rifugiato presso l’abitazione di una donna e quivi era venuto a sapere della gravità dell’incidente e del fatto che gli abitanti del villaggio lo cercavano per ucciderlo; aveva precisato di non volere fare rientro in (OMISSIS) perchè temeva di essere ucciso dagli “hausa” (appunto gli abitanti del villaggio dove aveva distrutto la casa) e di pensare che nulla la polizia avrebbe potuto fare contro il proposito omicida di chi voleva ucciderlo.

3. A fondamento della decisione la Corte territoriale ha rilevato che il racconto era del tutto estraneo alle ipotesi di persecuzione che legittimavano la concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b); inoltre, dopo avere citato le fonti consultate, ha precisato che in (OMISSIS) non vi era un livello di violenza indiscriminata rilevante ai sensi dell’art. 14, lett. c) D.Lgs. sopra indicato; ha, poi, reputato che non era concedibile neanche la protezione umanitaria perchè il richiedente era un uomo adulto, che già svolgeva nel proprio Paese, dove aveva un nucleo familiare, una attività lavorativa e che non aveva riportato esiti permanenti dalle lesioni subite nel sinistro; ha evidenziato che, con riferimento alle ragioni di fuga, il racconto non era credibile, non essendo stato il richiedente in grado di sapere quanti morti aveva provocato e non avendo spiegato le ragioni accidentali dell’incidente; ha, infine, precisato che la circostanza di avere trovato stabile lavoro in Italia non era elemento sufficiente per ottenere la protezione umanitaria.

4. T.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, il travisamento dei fatti e la motivazione apparente e contraddittoria del provvedimento impugnato che aveva omesso di fornire alcuna motivazione in ordine ad alcune specifiche circostanze, discusse tra le parti. In particolare, deduce che la Corte territoriale non aveva adeguatamente considerato le informazioni che si ricavavano dalle stesse fonti citate da cui emergeva in (OMISSIS), un contesto di instabilità e di insicurezza diffuso su tutto il territorio.

3. Con il secondo motivo si censura l’omessa motivazione in relazione al rigetto della domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari nonchè la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 per non avere valutato la Corte, ai fini del suo inserimento sociale, che esso richiedente, che si trova in Italia dal 2014, aveva sempre lavorato e dal 2018 con contratto regolare; che dal 2019 il rapporto di lavoro si era trasformato a tempo indeterminato, percepiva una paga mensile di circa Euro 2.000,00 e che aveva un regolare contratto di affitto per una casa di abitazione.

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione di legge e del Regolamento comunitario, nonchè della violazione di norme di diritto comunitario contenute nella Direttiva C.E. 83/2004, in relazione alla attenuazione del principio dispositivo in ordine all’onere della prova, per non avere la Corte di merito, senza una approfondita ed adeguata istruttoria, negato le tutele richieste, limitandosi ad evidenziare solo una parte delle risultanze con riferimento al paese di origine e senza dare adeguato risalto allo stato di insicurezza generalizzata presente in tutto il Paese.

5. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta l’illegittima revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato disposto dalla Corte di appello con la sentenza di merito.

6. I primi tre motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione, sono fondati per quanto di ragione.

7. Va preliminarmente sottolineato che il dovere di cooperazione istruttoria del giudice, una volta assolto, da parte del richiedente asilo, il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale che evidenzi aspetti contraddittori idonei a metterne in discussione la credibilità, poichè è finalizzato al necessario chiarimento di realtà e vicende che presentano una peculiare diversità rispetto a quelle di altri Paesi e che, solo attraverso informazioni acquisite da fonti affidabili, riescono a dare una logica spiegazione alla narrazione. (Cass. n. 24010/2020).

8. Inoltre, deve specificarsi che, ai fini del riconoscimento della misura della protezione sussidiaria, il grave danno alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), può essere determinato dalla sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti con riferimento alle condizioni carcerarie e, al riguardo, il giudice è tenuto a fare uso del potere-dovere d’indagine previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che impone di procedere officiosamente all’integrazione istruttoria necessaria al fine di ottenere informazioni precise sull’attuale condizione generale e specifica del Paese di origine (Cass. n. 16411/2019).

9. Nella fattispecie in esame la Corte territoriale, ebbene abbia evidenziato la credibilità del narrato relativamente nella parte relativa all’incidente causato, non risulta però avere svolto, in osservanza del suddetto dovere di cooperazione istruttoria, alcuna indagine specifica sullo stato del sistema giudiziario e carcerario della regione di provenienza del richiedente ovvero sulla tutela che la polizia avrebbe potuto apprestare in vicende come quelle di cui è processo, nonostante il richiedente avesse offerto tale spunto di indagine in sede di audizione.

10. Nè può essere sufficiente, a tal fine, l’affermazione che gli “pausa” erano un’etnia principalmente stabilita nel Nord della (OMISSIS), in assenza di informazioni sulle esatte avvenute modalità dell’incidente e sulle sue eventuali conseguenze anche in ordine alle condizioni carcerarie in (OMISSIS) in tali ipotesi, al fine di verificare o escludere la dedotta pratica di trattamenti contrari ai diritti umani.

11. L’accertamento del rischio di sottoposizione alla pena di morte o quello di subire trattamenti inumani o degradanti nelle carceri non può essere, infatti, ignorato dal giudice nazionale (cfr. Cass. 20.9.2013 n. 21667) in conformità con la consolidata giurisprudenza della Corte EDU, secondo la quale l’eventuale messa in esecuzione di un ordine di espulsione di uno straniero verso il paese di appartenenza può costituire violazione dell’art. 3 CEDU, relativo al divieto di tortura, quando non vi sono circostanze serie e comprovate che depongono per un rischio reale che lo straniero subisca in quel Paese trattamenti contrari proprio all’art. 3 della Convenzione, essendo irrilevante il tipo di reato di cui è ritenuto responsabile il soggetto da espellere, poichè dal carattere assoluto del principio affermato dal citato art. 3 deriva l’impossibilità di operare un bilanciamento tra il rischio di maltrattamenti ed il motivo invocato per l’espulsione (per tutte Corte CEDU sent. 28.2.2008 e Cass. 22.2.2019 n. 5358).

12. La suddetta questione può rilevare anche sotto l’aspetto della protezione umanitaria la quale, infatti, quale prevista dal D.Lgs. n. n. 286, art. 5, comma 6 (applicabile ratione temporis: Cass. Sez. Un. 13.11.2019 n. 29460), è una misura atipica e residuale, nel senso che essa copre situazioni, da individuarsi caso per caso, in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica (status di rifugiato o protezione sussidiaria), tuttavia non possa disporsi l’espulsione o debba provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in situazione di vulnerabilità (Cass. n. 32044 del 2018; Cass. n. 23604 del 2017).

13. La Corte di merito avrebbe dovuto procedere, pertanto, avvalendosi dei propri poteri di accertamento di ufficio, alla esatta verifica, oltre che della sicurezza socio-politica, della vicenda in concreto che aveva riguardato il richiedente nonchè dello stato del sistema giudiziario e carcerario presente in (OMISSIS).

14. Il quarto motivo è, invece, inammissibile.

15. L’adozione del provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato con la pronuncia che definisce il giudizio di merito non ne comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione D.P.R. n. 115 del 2001, ex art. 170 dovendosi escludere che quel provvedimento sia impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione (Cass. n. 10487/2020; Cass. n. 16117/2020; Cass. n. 4315/2020).

16. Alla stregua di quanto esposto, la sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione alle censure accolte di cui al primo, al secondo motivo e al terzo motivo, inammissibile il quarto, e il giudice del rinvio dovrà procedere ad un nuovo esame secondo le indicazioni di cui in motivazione oltre a provvedere sulle spese anche del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie per quanto di ragione il primo, il secondo ed il terzo motivo, inammissibile il quarto; cassa la sentenza in parte qua e rinvia alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

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