Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14818 del 10/07/2020

Cassazione civile sez. I, 10/07/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 10/07/2020), n.14818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 35019/2018 proposto da:

J.M., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Clementina Di Rosa giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 350/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 1/6/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/1/2020 dal cons. Dott. PAZZI ALBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE IGNAZIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Potenza, con ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. del 29 gennaio 2016, rigettava il ricorso presentato da J.M., cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

2. La Corte d’appello di Potenza, a seguito dell’impugnazione presentata da J.M., fra l’altro: i) constatava che il giudizio di inattendibilità della vicenda personale del ricorrente era coperto da giudicato e non più controvertibile; ii) reputava che non potesse essere concessa la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), tenuto conto della provenienza del migrante da un villaggio ((OMISSIS)) posto a consistente distanza dalla regione del (OMISSIS) e del fatto che in (OMISSIS) non sussisteva una situazione di violenza indiscriminata di livello talmente elevato da consentire di ritenere che un civile, ove rimpatriato, per la sua sola presenza nel territorio avrebbe corso il rischio effettivo di subire una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona; iii) rilevava che le ragioni addotte dal Tribunale al fine di negare il permesso di soggiorno per motivi umanitari non potevano ritenersi validamente superate dalle generiche considerazioni svolte nell’atto di gravame; iv) aggiungeva che le condizioni politiche ed economiche in cui si trovava il (OMISSIS) non consentivano comunque il riconoscimento di tale forma di protezione internazionale.

Sulla scorta di simili argomenti la Corte distrettuale, con sentenza del 1 giugno 2018, respingeva l’impugnazione proposta dal richiedente asilo.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso J.M. prospettando quattro motivi di doglianza.

L’amministrazione intimata non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 10 e 11, come modificato dal D.L. n. 13 del 2017: la Corte di merito, pur in mancanza della videoregistrazione del colloquio, avrebbe tralasciato di disporre l’udienza di comparizione delle parti onde procedere all’audizione del migrante, in violazione del tassativo disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 11.

4.2 Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata dà conto del fatto che l’originario ricorso introduttivo del giudizio era stato depositato in data 29 gennaio 2016. Una simile domanda giudiziale rimaneva disciplinata dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19: difatti il D.L. n. 13 del 2017, nell’introdurre – all’art. 6, comma 1, lett. g) – il nuovo D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis regolante le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, ha previsto – al suo art. 21, comma 1 – che il nuovo procedimento trovasse applicazione alle cause sorte dopo il centottantesimo giorno dalla data della sua entrata in vigore, mentre ai procedimenti giudiziari introdotti anteriormente alla scadenza di tale termine “si continuano ad applicare le disposizioni vigenti prima dell’entrata in vigore del presente decreto”.

Dunque la disciplina introdotta con il D.L. n. 13 del 2017, conv. con modif. dalla L. n. 46 del 2017, di cui la doglianza in esame lamenta la mancata applicazione ad opera della Corte di merito, regola, ai sensi dell’art. 21, comma 1 del citato decreto, le controversie instaurate successivamente al 18 agosto 2017 (Cass. 18295/2018), fra cui non rientra il procedimento in esame, introdotto in data anteriore.

5.1 Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,6,7,8 e art. 14 ovvero delle norme in materia di status di rifugiato e protezione sussidiaria: la Corte d’appello avrebbe negato il riconoscimento dello status di rifugiato senza tener conto degli atti di violenza e delle minacce subite dal migrante ad opera dei ribelli; allo stesso modo la corte distrettuale avrebbe trascurato la drammatica situazione del paese di origine in termini di violenza generalizzata, insicurezza e instabilità ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria.

5.2 Il motivo risulta nel suo complesso inammissibile.

5.2.1 Rispetto al diritto al rifugio la censura insiste nel valorizzare gli atti di violenza e le minacce asseritamente perpetrati dai ribelli del (OMISSIS) senza considerare che la Corte di merito aveva non solo constatato il giudicato formatosi in punto di non credibilità delle dichiarazioni, ma anche precisato che la situazione di instabilità del (OMISSIS) non assumeva pregnanza nel caso di specie, attesa la distanza intercorrente fra il villaggio del richiedente asilo e tale regione.

Una simile censura, che non ha specifica attinenza e prescinde dal decisum della sentenza impugnata, risulta assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), e risulta quindi inammissibile (Cass. 20910/2017), anche perchè in questo modo finisce per sollecitare una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito.

5.2.2 Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) è poi dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018).

La Corte d’appello si è ispirata a simili criteri, laddove, prendendo in esame informazioni aggiornate sulla situazione in (OMISSIS), ha escluso la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata in grado di comportare un rischio effettivo per chi si trovi nel paese.

La seconda parte della critica in realtà, sotto le spoglie dell’asserita violazione di legge, cerca di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti internazionali apprezzati dal collegio di appello, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018).

6.1 Il terzo motivo di ricorso assume la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6: i giudici di merito avrebbero negato il riconoscimento della protezione umanitaria benchè fosse evidente che un eventuale rimpatrio avrebbe comportato per il ricorrente il rischio di essere di nuovo coinvolto nelle violenze già subite e, nel contempo, senza curarsi della sua peculiare condizione di vulnerabilità, dovuta alla giovane età, alle tensioni sociali di natura politica ed etnica del territorio di provenienza e all’avvenuta integrazione nel tessuto socio-culturale Europeo.

6.2 Il motivo è inammissibile.

La corte territoriale ha osservato, in punto di protezione umanitaria, come i motivi di diniego addotti dal Tribunale non potessero considerarsi validamente contrastati dalle generiche considerazioni svolte dall’appellante; oltre a ciò non era possibile ravvisare una condizione di vulnerabilità riconnessa alle condizioni del paese di origine, dove esisteva una consolidata tradizione di governo civile, era stata registrata un’alta performance macro-economica e l’incidenza della povertà era andata diminuendo negli ultimi anni.

A fronte di questa pluralità di constatazioni – che il ricorrente non considera nè contesta specificamente – la doglianza si limita a insistere per il riconoscimento della protezione umanitaria richiesta, traducendosi in un’inammissibile sollecitazione di rivisitazione del merito.

7.1 Il quarto motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto storico, costituito dalle situazioni di atrocità e violenza diffusa e indiscriminata che caratterizzerebbe l’intero paese, nonchè la contraddittorietà della motivazione resa, che, pur riconoscendo la presenza in (OMISSIS) di un conflitto a bassa intensità, non ne avrebbe tratto le dovute conseguenze quanto meno in termini di protezione umanitaria; oltre a ciò la Corte d’appello, in violazione dei propri obblighi istruttori, si sarebbe limitata a condividere le motivazioni del Tribunale valutando fonti non aggiornate o insufficienti.

7.2 Il motivo è inammissibile.

Nessun omesso o non approfondito esame della situazione di violenza esistente in (OMISSIS) può essere predicato in quanto, in realtà, il collegio d’appello, all’esito del vaglio di una pluralità di fonti rappresentative dell’evoluzione delle condizioni del (OMISSIS), ha apprezzato in maniera approfondita la situazione attuale esistente nel paese.

A fronte di questo accertamento il mezzo si limita a deduzioni che, piuttosto che criticare le ragioni addotte dalla Corte di merito, si limitano a sollecitare una nuova valutazione, nel merito, della domanda.

Nessuna decisività riveste poi la condizione del (OMISSIS), posto che – secondo il non contestato accertamento del giudice di merito – il villaggio di origine del migrante e in cui questi farebbe ritorno si trova a “consistente distanza” da tale regione.

Infine le critiche alle fonti consultate costituiscono mere deduzioni astratte e di principio, che non censurano specificamente l’attendibilità e l’attualità dei plurimi documenti presi in esame dalla corte territoriale e si limitano nella sostanza a sollecitare una nuova valutazione, nel merito, della domanda presentata.

Al riguardo questa Corte ha già avuto occasione di precisare che ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire a questa Corte l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 26728/2019).

8. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

La mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto che non sussistono – allo stato i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese risulti revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2020

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