Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14817 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14817 Anno 2014
Presidente: MATERA LINA
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 13091-2008 proposto da:
PASINI BATTISTA PSNBTS36S02L084D, domiciliato in ROMA
ex lege, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato CENTOLA GIUSEPPE;
– ricorrente contro
2014
1100

PASINI CELESTA PSNCST38M50L084M, PASINI CARLO MASSIMO
PSNCRL70L12C933S,

PASINI

CARLA

PASINI CHIARA PSNCHR71M57E753M,

PSNCRL54B54L084S,
PASINI MARGHERITA

PSNMGH44L71L084Y, PASINI FELICITA PSNFCT51A42L175V,
PASINI VITTORIA ELISA PSNVTR51A42L175S, PASINI LUCIA

Data pubblicazione: 30/06/2014

PSNLCU49A63L0841, PASINI SEVERINO PSNSRN46030L804F,
PASINI WANDA IDA PSNWDD51A42L175V, GRASSI ERNESTA
GRSRST44L44H629Y, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio
dell’avvocato MARAZZA MAURIZIO, che li rappresenta e

controricorrenti

avverso la sentenza n. 2985/2007 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 13/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
/v2–\,CpbAATA_
udienza del 28/04/2014 dallk_C–en.si-g-l-i-e-r-e Dott.wtLINA
(.

MATERA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

I

difende unitamente all’avvocato MANDELLI RICCARDO;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Pasini Margherita, Severino, Lucia, Wanda Ida, Felicita,
Vittoria Elisa, Carla e Celesta convenivano in giudizio dinanzi al
Tribunale di Como i fratelli Pasini Cenzo e Battista, tutti eredi dei

1968 e il 26-12-1989, chiedendo che si procedesse alla divisione del
coacervo immobiliare relitto e di beni fruttiferi della madre, e che
venisse dato il rendiconto da Pasini Battista.
Si costituiva il solo Pasini Battista, deducendo che gli attori
trattenevano indebitamente dei libretti postali di cui egli era il
cointestatario insieme alla madre e chiedendo, conseguentemente, in
via riconvenzionale la condanna degli attori a restituire quanto dai
medesimi indebitamente trattenuto, determinando la quota a lui
spettante.
Disposta, stante il mancato accordo degli eredi sul progetto
divisionale predisposto dal C.T.U., la vendita all’incanto degli
immobili, con sentenza n. 1114\2003 il Tribunale suddivideva il
ricavato della vendita tra gli eredi; assegnava ai dieci coeredi di
Corvi Maria, per la quota di un decimo ciascuno, i sette buoni postali
emessi dall’Ufficio Postale di Lurate Caccivio, e i cinque buoni
postali emessi dall’Ufficio Postale di Teglio, cointestati alla de cuius
ed a Pasini Battista; rigettava la domanda riconvenzionale proposta

genitori Pasini Carlo e Corvi Maria, deceduti rispettivamente il 15-2-

da Pasini Battista; condannava quest’ultimo a pagare agli attori la
somma di euro 7.951,76, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.
Avverso la predetta decisione proponeva appello Pasini
Battista.

Cenzo, nelle more deceduto.
Con sentenza in data 13-11-2007 la Corte di Appello di Milano
rigettava il gravame, condannando l’appellante al pagamento delle
spese del grado.
La Corte territoriale, in particolare, riteneva che i sette buoni
postali rilasciati dall’Ufficio Postale di Lurate Caccivio, cointestati
a Corvi Maria e al figlio Pasini Battista, derivavano da denaro
appartenente esclusivamente a Corvi Maria, e che il libretto postale
sul quale Passini Battista aveva affermato di aver versato altri due
libretti intestati alla madre, ma che non era stato rinvenuto presso la
casa di riposo in cui la de cuills si trovava ricoverata, rientrava
nell’attivo ereditario.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Pasini
Battista, sulla base di quattro motivi.
Hanno resistito con un comune controricorso Pasini
Margherita, Severino, Lucia, Wanda Ida, Felicita, Vittoria Elisa,
Carla, Celesta, nonché Grassi Ernesta, Pasini Carlo Massimo e Psini
Chiara, questi ultimi nella qualità di eredi di Pasini Cenzo.

Resistevano al gravarne gli originari attori e gli eredi di Pasini

In prossimità dell’udienza i controricorrenti hanno depositato
una memoria difensiva ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I) Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’errata,

riconoscimento dell’appartenenza a Pasini Battista della metà del
denaro costituente i sette buoni fruttiferi dall’Ufficio Postale di
Lurate Caccivio, cointestati al medesimo e alla madre Corvi Maria.
Sostiene che vi è una palese contraddizione nella motivazione della
sentenza impugnata, che pur avendo circoscritto l’oggetto del
decidere tra la contitolarità o l’esclusiva appartenenza al Pasini, ed
attribuito al Tribunale l’affermazione dell’appartenenza ad entrambi
di tali denari, così accogliendo la tesi dell’appellante della
contitolarità dei buoni, non ha accolto il motivo di appello.
11 motivo è infondato, ponendo in evidenza una contraddizione
solo apparente di alcuni passaggi motivazionali, inidonea ad incidere
sulla tenuta logica del complessivo percorso argomentativo posto a
base della decisione impugnata.
Da un’attenta disamina della sentenza impugnata, infatti, si
evince che, in realtà, il giudice del gravame, ripercorrendo l’iter
motivazionale seguito dal Tribunale, di cui ha condiviso
l’impostazione e le conclusioni, e partito dal rilievo secondo cui,
nella specie, in relazione ai sette buoni postali cointestati a Pasini

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insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione al mancato

Battista e alla madre Corvi Maria, trovava applicazione la
presunzione di uguaglianza delle quote dei creditori solidali, prevista
dall’art. 1298 c.c.; presunzione che, secondo i giudici di merito, non
è stata superata dall’odierno ricorrente, ma risulta, al contrario,

dimostrare come l’investimento in buoni postali sia stato finanziato
con i risparmi della sola de cuius.
L’affermazione iniziale contenuta nella sentenza gravata,
secondo cui il giudice di primo grado aveva privilegiato l’ipotesi che
i buoni postali in oggetto derivassero dal denaro appartenente ad
entrambi i cointestatari, pertanto, va letta nell’ottica della
presunzione prevista dal citato art. 1298 c.c., che ha costituito solo il
punto di partenza del ragionamento seguito dal Tribunale per
pervenire alla conclusione dell’appartenenza esclusiva di tali buoni a
Corvi Maria.
2) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1298 e 2729 c.c. e l’insufficiente
motivazione, in relazione all’affermazione secondo cui i buoni
postali in questione erano di esclusiva proprietà della de cuius.
Deduce che la mera affermazione secondo cui la Corvi percepiva una
pensione annua di lire 8.000.000 non è idonea a superare la
presunzione di uguaglianza delle quote dei creditori, prevista
dall’art. 1298 c.c., potendo il giudice basare la propria decisione

smentita dagli elementi indiziari evidenziati in sentenza, idonei a

solo su presunzioni gravi, precise e concordanti; il che non è
ravvisabile nel caso di specie.
Il motivo è privo di fondamento.
La Corte di Appello ha fornito sufficiente giustificazione delle

di uguaglianza delle quote prevista dall’art. 1298 secondo comma
c.c., disciplinante i rapporti interni tra i cointestatari di titoli.
Essa ha basato il proprio convincimento sul rilievo che Corvi
Maria, a fronte della percezione di una pensione annua di circa
8.000.000 di lire, pagava, per la degenza presso la casa di riposo
dove era ricoverata, la modesta somma di circa 300.000 lire mensili.
Orbene, l’evidente squilibrio tra i redditi percepiti e le spese
sostenute dalla Corvi, messo anche in rapporto con il fatto che sin
dal 1983 quest’ultima aveva rilasciato al figlio Pasini Battista delega
per la riscossione della pensione, ha ragionevolmente indotto il
giudice del gravame a ritenere che i fondi occorsi per l’acquisto dei
buoni postali in questione, tutti accesi tra il 1984 e il 1988 e, quindi,
dopo il rilascio della predetta delega, derivassero dai risparmi della
de cuius.
Il giudizio espresso al riguardo dalla Corte territoriale risulta
sorretto da una motivazione plausibile sul piano logico e rispettosa
dei principi di diritto che regolano la prova per presunzioni; prova
alla quale, nella specie, poteva farsi legittimamente ricorso, atteso

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ragioni per le quali ha ritenuto superata la presunzione iuris tantum

che una presunzione legale “iuris tantum” (quale quella di cui all’art.
1298 comma 2 cc), poiché dà luogo soltanto all’inversione dell’onere
probatorio, può essere superata anche attraverso presunzioni
semplici, purché gravi, precise e concordanti (Cass. 19-2-2009 n.

Ciò posto, si osserva che il ricorrente, nel sostenere che la
sentenza impugnata ha basato la prova presuntiva su elementi
sprovvisti dei necessari requisiti di gravità, precisione e
concordanza attraverso la formale deduzione di violazione di legge e
di vizi di motivazione propone sostanziali censure di merito, che
mirano ad ottenere una diversa valutazione delle risultanze
probatorie rispetto a quella compiuta dal giudice territoriale.
Come è noto, peraltro, in materia di presunzioni, è riservato
all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito l’accertamento
della sussistenza sia dei presupposti per il ricorso a tale mezzo di
prova, sia dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti
dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di
presunzione, ovverosia come circostanze idonee a consentire
illazioni che ne discendano secondo il criterio dell” id quod
plerumque aceidir, mentre l’unico sindacato riservato in proposito al
giudice di legittimità è quello sulla congruenza della relativa
motivazione (tra le tante v. Cass. 4-5-2005 n. 9225; Cass. 8-11-2002

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4066; Cass. 5-12-2008 n. 28839; Cass. 1-2-2000 n. 1087).

n. 15706; Cass. 2-10-2000 n. 13001); congruenza che nella specie è
dato ravvisare nelle ragioni poste a base della decisione impugnata.
3) Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e
falsa applicazione degli artt. 2730-2734, 2729 c.c. e 116 c.p.c.,

della decisione di primo grado nella parte in cui, in applicazione
dell’enunciato principio di inscindibilità della confessione di cui
all’art. 2734 c.c., ha ritenuto di dover aggiungere all’attivo
ereditario ed in danno di Pasini Battista gli 11 milioni di due libretti
postali non più ritrovati. Deduce, in particolare, che, se è vero che il
Pasini ha dichiarato, a suo disfavore, che esistevano due libretti
interamente intestati alla madre e di appartenenza esclusiva della
stessa, non può per ciò solo affermarsi che gli stessi siano stati da
lui trattenuti, non essendovi nelle dichiarazioni dell’appellante alcun
riferimento ad una sottrazione di denaro della madre.
Anche tale motivo è infondato.
Deve premettersi che, ai sensi dell’art. 2734 c.c., quando alla
confessione si accompagna la dichiarazione di altri fatti o

nonché dell’insufficiente motivazione, in relazione alla conferma

circostanze tendenti ad infirmare l’efficacia del fatto contestato
ovvero a modificarne o ad estinguerne gli effetti, le dichiarazioni
fanno piena prova nella loro integrità se l’altra parte non contesta la
verità dei fatti o delle circostanze aggiunte; mentre, in caso di
contestazione, è rimesso al giudice l’apprezzamento, secondo le Z,,oiLA’

circostanze, dell’efficacia probatoria delle dichiarazioni stesse
(Cass. 5-11-2013 n. 24754; Cass. 27-9-2000 n. 12803).
Nella specie, la sentenza impugnata ha dato atto che Pasini
Battista, nel rendere l’interrogatorio formale, ha ammesso di aver

versato il totale in un unico libretto, che aveva lasciato nelle mani
della Corvi presso l’Istituto Sant’Orsola. Secondo quanto accertato
dai giudici di merito, tuttavia, tale libretto non è stato rinvenuto
presso la predetta casa di riposo, e la Corvi, al momento del decesso,
non era in possesso di denaro.
Sulla base di tali rilievi, la Corte territoriale ha ritenuto
condivisibile il giudizio espresso dal Tribunale, secondo cui la
dichiarazione aggiunta del Pasini, di aver restituito il libretto alla
madre, doveva ritenersi inattendibile, e la relativa somma
(11.000.000) doveva farsi rientrare nell’attivo ereditario.
Così statuendo, la sentenza impugnata non si è discostata dal
quadro normativo innanzi delineato.
Poiché, infatti, le circostanze aggiunte riferite dal convenuto,
contestate dalle controparti, escludevano la possibilità di riconoscere
efficacia di piena prova alle dichiarazioni rese dal Pasini, il giudice
del gravame ha correttamente proceduto al libero apprezzamento di
tali dichiarazioni, pervenendo, alla luce della ulteriori emergenze
probatorie acquisite, alla sostanziale conclusione secondo cui

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preso due libretti di risparmio della madre, sostenendo, però, di aver

l’odierno ricorrente non aveva restituito alla Corvi alcun libretto
postale, né il denaro sullo stesso depositato.
Sotto altro profilo, si osserva che la valutazione espressa dai
giudici di merito in ordine alla valenza probatoria delle dichiarazioni

costituisce espressione di un accertamento di fatto che, in quanto
sorretto da una motivazione plausibile e priva di vizi logici, si
sottrae al sindacato di questa Corte.
4) Con il

quarto motivo il ricorrente lamenta la

contraddittorietà della motivazione in ordine alla regolamentazione
delle spese, che la Corte di Appello ha liquidato nella ragguardevole
somma di lire 21.056.000, pur avendo segnalato in motivazione la
“modestia delle problematiche trattate” e circoscritto il

therna

decidendi all’appartenenza dei buoni e dei libretti innanzi descritti,
aventi un valore totale di lire 18.000.000.
Il motivo è inammissibile.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, la parte che
lamenti con ricorso per cassazione l’onerosità della liquidazione
delle spese processuali e la violazione della tariffa ha l’onere di
specificare, a pena di inammissibilità, gli errori commessi dal
giudice, precisando ciò che ritiene non dovuto o liquidato in eccesso
e, in particolare, le voci per le quali vi sarebbe stato il superamento
dei massimi della tariffa stessa (tra le tante v. Cass. 11-2-2005 n.

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rese da Pasini Battista nel corso del suo interrogatorio formale

2862; Cass. 29-1-2003 n. 1382; Cass. 12-4-2001 n. 5467; Cass. 24-32000 n. 3536).
Nel caso in esame, tale onere non è stato adempiuto dal
ricorrente, il quale si è limitato a dolersi in modo generico

indicato solo l’importo complessivo, senza nemmeno dedurre
specificamente l’eventuale violazione dei massimi tariffari.
5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
sostenute dai controricorrenti nel presente grado di giudizio,
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in euro 2.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28-4-2014
Il Presidente estensore

dell’eccessività delle spese liquidate dal giudice di appello, di cui ha

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