Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14816 del 30/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 14816 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: GIUSTI ALBERTO

ha pronunciato la seguente

distanze

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
KOVACIC Robert e CANTE Xenia, rappresentati e difesi, in forza
di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv. Guido
Pastori e Stefano Coen, con domicilio eletto presso lo studio
di quest’ultimo in Roma, piazza di Priscilla, n. 4;
– ricorrenti contro
PASSIONI Renato e SIRACO Angela in Passioni, rappresentati e
difesi, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Furio Stradella, con domicilio eletto presso
lo studio dell’Avv. Andrea Antonelli in Roma, via Pescarella,
n. 23;
– controricorrenti –

.405?-4

Data pubblicazione: 30/06/2014

avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 67 del
28 febbraio 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udien-

za del 23 aprile 2014 dal Consigliere relatore Dott. Alberto

uditi gli Avv. Stefano Coen e Furio Stradella;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Maurizio Velardi, il quale ha concluso
per il rigetto dei primi tre motivi del ricorso e per
raccoglimento del quarto motivo.
Ritenuto in fatto
1. – Renato Passioni e Angela Siraco convennero in giudi-

zio dinanzi al Tribunale di Trieste Roberto Kovacic e Xenia
Cante, lamentando che costoro – nel corso dell’edificazione
della nuova costruzione sita al civico n. 29 di via Bellavista, assentita dal Comune di Trieste con le concessioni edilizie per intervento di ristrutturazione rilasciate in data 10
gennaio 1989 e 29 dicembre 1990, successivamente annullate dal
Consiglio di Stato con sentenza n. 197/99 – avevano violato la
normativa in materia di distanze tra pareti finestrate dettata
per i nuovi edifici dall’art. 19, punto IX, lettera Ab) della
variante n. 25 al piano regolatore generale del Comune di
Trieste, prescrittivo, in conformità con la previsione di cui
all’art. 9 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, di
una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pa-

2

Giusti;

reti degli edifici antistanti. Conclusero, pertanto, per
l’accertamento della dedotta violazione delle norme in materia
di distanze tra edifici, con condanna dei convenuti
all’abbattimento della costruzione o al suo arretramento entro

morali, da liquidarsi in via equitativa.
I convenuti si costituirono, resistendo.
Con sentenza in data 6 agosto 2004, il Tribunale di Trieste, accertato che la nuova costruzione eseguita dal Kovacic e
dalla Cante violava le distanze legali rispetto alla preesistente proprietà degli attori, condannava i convenuti alla riduzione in pristino stato o, in via alternativa,
all’arretramento della costruzione fino alla distanza di rispetto di dieci metri da quella preesistente, oltre che al risarcimento dei danni materiali, liquidati in euro 25.000, e
dei danni morali, quantificati in euro 12.000 per la Siraco ed
in euro 8.000 per il Passioni.
2. – La Corte d’appello di Trieste, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 28 febbraio 2008, ha
respinto il gravame del Kovacic e della Cante.
2.1. – La Corte territoriale ha innanzitutto richiamato la
sentenza del Consiglio di Stato, riguardante da un lato la natura di nuova costruzione (e non di ristrutturazione)
dell’immobile degli appellanti e, dall’altro, l’accertamento
relativo all’illegittimità delle concessioni edilizie per vio-

3

i limiti legali nonché al risarcimento dei danni, materiali e

lazione delle norme sulle distanze

ex art. 19, punto IX, let-

tera Ab), ultimo comma, della variante n. 25 del piano regolatore di Trieste (che per i nuovi edifici prescrive la distanza
minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate ed edifici an-

La Corte territoriale ha poi osservato che, attesa la connotazione di nuova costruzione dell’opera, va riconosciuto “il
diritto alla tutela reale degli appellati, consistente nella
riduzione in pristino ovvero nell’arretramento . . . nei limiti imposti dal piano”.
La Corte di Trieste ha infine ritenuto congrua, con riferimento ai danni patrimoniali, la valutazione equitativa operata dal primo giudice; e ha disatteso la censura in ordine al
danno non patrimoniale, e ciò sia per “l’astratta configurabilità del reato”, sia perché “il tenore delle deposizioni testimoniali assunte, unitamente valutati gli esiti della consulenza tecnica d’ufficio e – più in generale – le complessive
circostanze che hanno accompagnato l’aspra controversia intercorsa tra le parti, rappresentano elementi fattuali tali da
non consentire dubbi di sorta in ordine agli effetti pregiudizievoli che la condotta degli appellanti ha cagionato ai coniugi Passioni. Effetti pregiudizievoli incontestabilmente incidenti su diritti costituzionalmente salvaguardati (proprietà, salubrità e realizzazione della personalità)”.

4

tistanti).

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte
d’appello il Kovacic e la Cante hanno proposto ricorso, con
atto notificato il 16 maggio 2008, sulla base di quattro motivi.

con memoria depositata in prossimità dell’udienza.

Considerato in diritto
l. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione
degli artt. 869 e 873 cod. civ., 4 della legge costituzionale
31 gennaio 1963, n. l, e 35 disp. att. del piano urbanistico
regionale generale del Friuli-Venezia Giulia) si pone il quesito “se nel caso in cui le norme emanate da una Regione a
statuto speciale nelle materie in cui questa esercita potestà
legislativa primaria (e nello specifico le disposizioni del
P.U.R.G. in materia urbanistica) deroghino alla normativa statale in materia, prevalgano le norme regionali sulle norme
statali; e, così nel caso di specie, se alle costruzioni che
si trovano su terreni posti a livelli diversi non si applichi
nell’ambito della Regione Friuli-Venezia Giulia l’art. 9 del
decreto ministeriale n. 1444 del 1968 in quanto derogato
dall’art. 35 disp. att. del P.U.R.G. Friuli-Venezia Giulia”.
1.1. – Il motivo è infondato.
La censura muove dal presupposto che “l’art. 35 delle norme di attuazione del P.U.R.G. disciplin(i) in maniera simile,
ma non identica all’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, il regi-

5

Gli intimati hanno resistito con controricorso, illustrato

me delle distanze nelle zone omogenee diverse dalla A”, nello
strumento regionale prevedendosi “che la distanza di m. 10 tra
pareti finestrate non si applic[hi] nelle ipotesi in cui gli
edifici di trov[ino] su terreni posti a livelli diversi come

Sennonché, la diversità di disciplina della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia rispetto a quella statale è smentita dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. Il, 26 gennaio
2001, n. 1108), la quale ha stabilito che l’art. 35 del decreto del Presidente della Giunta della Regione autonoma FriuliVenezia Giulia 15 settembre 1978, n. 826/Pres., con il quale è
stato adottato il piano urbanistico regionale, “prescrive per
la zona B la distanza minima assoluta di metri 10 tra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti, ricalcando la medesima formulazione contenuta nell’art. 9 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444”, precisando che “una medesima
ratio sorregg[e] le due disposizioni in esame”.
Del resto, gli stessi ricorrenti finiscono per riconoscere
che la presunta diversità di disciplina deriverebbe, più che
dal testo delle norme di attuazione del piano urbanistico regionale generale, dal chiarimento offerto in proposito dalla
direzione regionale della pianificazione territoriale nella
“circolare inviata in data 7 agosto 2002 al Comune di Trieste
(atto interpretativo n. P.T. 10046)”.

risulta dalla c.t.u.”.

Al riguardo va tuttavia osservato che, poiché la circolare
amministrativa non è fonte del diritto, né di interpretazione
della legge (nella specie, regionale), ma costituisce espressione della potestà di indirizzo e di disciplina dell’attività

2011, n. 2566), in tema di distanze tra costruzioni non è prospettabile un conflitto tra disciplina statale dettata
dall’art. 9, secondo comma, del decreto ministeriale 2 aprile
1968, n. 1444 (che, essendo stato emanato su delega dell’art.
41-guinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ha efficacia
di legge dello Stato: Cass., Sez. Un., 7 luglio 2011, n.
14953) e disciplina della Regione a statuto speciale FriuliVenezia Giulia (che, in materia urbanistica, ha competenza legislativa primaria: art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. l, recante l’approvazione dello statuto speciale
di autonomia), allorché la “deroga” alla normativa statale
provenga da una circolare interpretativa di una direzione generale della Regione.
2. – Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248,
dell’art. 2 del d.m. n. 1444 del 1968, dell’art. 2 del
P.U.R.G. del Friuli-Venezia Giulia e della variante n. 25 al
P.R.G. del Comune di Trieste, nonché omessa, contraddittoria o
insufficiente motivazione su un punto decisivo del giudizio) i
ricorrenti si dolgono del fatto che il secondo motivo di gra-

7

dell’amministrazione (tra le tante, Cass., Sez. Il, 3 febbraio

vame non sia stato preso in esame dalla Corte d’appello, che
ha finito per accorparlo al primo motivo rigettandolo senza
motivare in alcun modo. Di qui il seguente quesito: “Posto che
per il caso in cui un atto amministrativo non sia conforme a

i borghi carsici (ed in particolare Conconello e gli immobili
di cui si discute) per la loro caratteristica conformi alla
descrizione attuata dal P.U.R.G. nonché dall’art. 2 del d.m.
n. 1444 del 1968 per i fabbricati ricadenti in zona A, se deve
essere disapplicata la variante (nello specifico n. 25 al
P.R.G. del Comune di Triste) che li qualifica in maniera erronea (zone B0b) determinando come conseguenza l’applicazione di
normativa non idonea alla situazione di fatto”.
2.1. – Il motivo è inammissibile.
L’affermazione dei ricorrenti che la Corte d’appello non
avrebbe preso in considerazione il secondo motivo di gravame,
con cui si lamentava che il giudice di primo grado aveva errato nel non disporre la disapplicazione della variante al piano
regolatore generale comunale, con riguardo alle zone omogenee
BOb (borghi carsici), è erronea.
Detta affermazione è, per un verso, smentita dall’esame
della motivazione della sentenza impugnata, la quale ha scrutinato e disatteso la doglianza in questione, al pari di quella articolata con il primo motivo, alla luce sia del giudicato
di annullamento del Consiglio di Stato, che (con con la sen-

8

legge deve essere disapplicato e così nel caso de quo essendo

tenza della V Sezione n. 197 del 24 febbraio 1999) su ricorso
del Passioni e della Siraco ha dichiarato illegittime le concessioni rilasciate al Kovacic e alla Cante per l’edificazione
in questione “per violazione delle norme previste in materia

della variante n. 25 al P.R.G. del Comune di Trieste”; sia degli “esiti della disposta c.t.u.”.
Essa è, inoltre, contraddetta dalla stessa impostazione
difensiva del ricorso, che imposta un quesito conclusivo del
motivo basato, non già su un

error in procedendo per omessa

pronuncia, ma su un error in indicando per mancata disapplicazione della variante (la n. 25 al piano regolatore generale
del Comune di Trieste).
A ciò aggiungasi che il sollecita una valutazione in fatto, preclusa a questa Corte di legittimità, sulla classificazione della zona in cui ricadono gli edifici per cui è causa.
3. – Il terzo mezzo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 873 cod. civ., dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del
1968 e dell’art. 35 disp. att. del P.U.R.G. del Friuli-Venezia
Giulia nonché omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo del giudizio. I ricorrenti sostengono che l’accoglimento della domanda attorea avrebbe dovuto,
al più, essere modulato con “il rispetto delle distanze normativamente previste a mezzo abbassamento della copertura (in
ottemperanza a quanto disposto altresì dall’art. 35 disp. att.

9

di distanze dall’art. 19, punto IX, lettera Ab), ultimo comma,

del P.U.R.G.)”: ciò in quanto, essendo gli immobili di cui si
discute situati su terreni a dislivello, l’abbassamento avrebbe fatto venir meno il problema del fronteggiarsi di pareti
finestrate con il minimo intervento ed il minor dispendio pos-

il seguente: “essendo la ratio dell’art. 9 del d.m. 1444/1968
quella di evitare la formazione di intercapedini nocive tra
pareti finestrate fronteggiantisi, se la norma non si applichi
nel caso di terreni a dislivello laddove la costruzione posta
su quello inferiore finisce per fronteggiare con la propria
parete a monte solo il declivio o il muro di sostegno del terreno e non l’immobile altrui, e ciò in particolare alla luce
delle previsioni di cui alla normativa regionale”.
3.1. Il motivo – esaminabile nel merito, perché formulato
nel rispetto delle prescrizioni dell’art. 366 cod. proc. civ.
e corredato da idoneo quesito di diritto,

ex art. 366-bis cod.

proc. civ., ratione temporis applicabile – è fondato, nei termini e nei limiti di seguito precisati.
La Corte d’appello ha disatteso “il motivo relativo
all’abbassamento del livello” sul rilievo che nella specie
“non si verte in ipotesi aventi natura transattiva tra le parti in quanto, attesa la connotazione di nuova costruzione
dell’opera e l’inapplicabilità al caso in esame della normativa regionale sulle distanze, allo stato non più discutibile,
deve necessariamente affermarsi il diritto alla tutela reale

sibile. Il quesito di diritto con cui si conclude il motivo è

degli appellati, consistente nella riduzione in pristino ovvero nell’arretramento imposto nei limiti imposti dal piano”.
“L’argomentazione dell’appellante – ha proseguito la Corte
territoriale – deve ritenersi, in sostanza, assorbita dalle

all’immobile in esame della direttiva regionale dalla quale
discende la violazione delle prescrizioni di piano integrative
del codice civile con la consequenziale tutela apprestata
dall’art. 872 cod. civ.”.
Non v’è dubbio che, in tema di distanze tra costruzioni,
l’art. 873 cod. civ. trova applicazione anche quando, a causa
del dislivello tra i fondi, la costruzione edificata nell’area
meno elevata non raggiunga il livello di quello superiore, in
quanto non soltanto le esigenze di tutelare l’assetto urbanistico e l’ambiente non vengono meno per l’esistenza di una
scarpata tra un fondo e l’altro, ma permane anche la necessità
di evitare intercapedini dannose. In questo senso è orientata
la giurisprudenza di questa Corte (Sez. II, 10 novembre 1998,
n. 11280; Sez. Il, 5 dicembre 2007, n. 25393; Sez. Il, 15 luglio 2008, n. 19486; Sez. Il, 11 settembre 2013, n. 20850), la
quale dà rilievo alla distanze in sé delle costruzioni, a prescindere dal loro fronteggiarsi o meno e dal dislivello dei
fondi su cui insistono (Sez. Il, 4 ottobre 2005, n. 19350).
Ma nella specie viene in gioco la diversa disposizione
dettata dall’art. 9, secondo comma, del decreto ministeriale

considerazioni sopra esposte in ordine all’inapplicabilità

n. 1444 del 1968, il quale prescrive «la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti»: norma replicata dall’art. 35 delle norme di attuazione del piano urbanistico regionale generale del Friuli-Venezia

nerale del Comune di Trieste.
Il citato art. 9, e le convergenti disposizioni applicabili nel Comune di Trieste, nel fissare una distanza minima assoluta più ampia di quella dettata dal codice civile, presuppongono che le pareti, di cui almeno una finestrata, siano antistanti, e quindi fronteggiantisi: tali norme, pertanto, non
sono applicabili per la costruzione, o per la parte di essa,
realizzata nel fondo inferiore che non superi il dislivello
naturale dei fondi.
In tale direzione è orientata la giurisprudenza di questa
Corte: la quale, per un verso, ha statuito (Sez. Il, 17 ottobre 1992, n. 11435) che, ai fini dell’applicazione dell’art.

41 quinquies della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150,

introdotto dall’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, non
può tenersi conto delle costruzioni sottostanti il piano di
campagna, “le quali nel caso di fondi a dislivello non possono
considerarsi frontistanti”; e, per l’altro verso, in fattispecie particolare, ha accolto (si tratta di Sez. II, 25 giugno
2012, n. 10575) la censura con cui, in un caso di applicazione
dell’art. 9 del citato decreto ministeriale, si lamentava che

Giulia e trasfusa nella variante n. 25 al piano regolatore ge-

la Corte d’appello avesse prescisso “da ogni accertamento e
verifica in ordine alla circostanza se, in considerazione dello stato di dislivello dei fondi, della preesistenza di un muro di contenimento del terrapieno e della posizione dei fab-

ti/frontistanti”, ed ha rilevato che la circostanza del dislivello tra i fondi doveva essere analizzata dal giudice
d’appello (“Vi è dunque falsa applicazione di legge se si considera che sia stata fatta applicazione di una norma sulle distanze in una ipotesi non appropriata – fabbricati non antistanti -; vi è comunque omessa motivazione in ordine alle ragioni che avrebbero invece giustificato l’applicabilità della
disposizione de qua”).
In tali limiti è, pertanto, fondato il motivo, giacché la
Corte territoriale, nel modulare l’ampiezza della tutela reale
demolitoria, avrebbe dovuto determinare la linea di arretramento del fabbricato a valle considerando, in alternativa alla
riduzione in pristino o all’arretramento, l’abbassamento della
copertura del fabbricato, tenendo conto del dislivello naturale tra i terreni, così come suggerito, del resto, dal consulente tecnico d’ufficio.
4. – Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2056, 2059, 1223, 1226 e 2697 cod. civ.,
nonché omessa, contraddittoria e/o insufficiente motivazione
su un punto decisivo del giudizio. I ricorrenti deducono che,

bricati, gli stessi potessero essere considerati antistan-

poiché il risarcimento del danno e la sua quantificazione devono essere ancorati a parametri ben precisi, esso potrebbe
essere liquidato in via equitativa esclusivamente nel caso in
cui non vi è l’oggettiva possibilità di determinarlo altrimen-

di danno liquidata. Quanto al danno non patrimoniale, di esso
dovrebbe essere esclusa la possibilità di liquidazione al di
fuori dei casi in cui si è in presenza di un’ipotesi di reato
“ovvero in altre ulteriori e limitate ipotesi espressamente
previste dalla legge”. Inoltre, “essendo lo stesso quantificato in percentuale al danno patrimoniale maggiore è l’ammontare
più sono necessari parametri concreti cui agganciarsi per giustificare il calcolo e più congrua ed approfondita deve essere
la motivazione da parte del giudice”.
4.1. – L’esame del motivo resta assorbito, essendo il quatum del risarcimento strettamente connesso all’ampiezza della
illegittimità della costruzione, e quindi della demolizione,
questione che il giudice del rinvio dovrà esaminare in applicazione del principio enunciato con riguardo allo scrutinio
del terzo motivo.
5. – La sentenza impugnata è cassata in relazione alla
censura accolta.
La causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte
d’appello di Trieste.

ti e solo se, quanto meno, vi è la prova dell’an della posta

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del
giudizio di cassazione.
PER QUESTI

moTrvI

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ter-

ed assorbito il quarto;

dichiara inammissibile il secondo

cassa la sentenza impugnata in rela-

zione alla censura accolta e

rinvia la causa, anche per le

spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte
d’appello di Trieste.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 23 aprile
2014.

zo motivo, rigetta il primo,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA