Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14816 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 18/06/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 18/06/2010), n.14816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 13288/06 R.G. proposto da:

Officine Acquavivesi s.r.l., in persona del Presidente del consiglio

di amministrazione Signor P.V., domiciliato in Roma, viale

Tupini, n. 133, presso l’Avvocato De Zordo Agostino, che lo

rappresenta e difende con l’Avvocato Vito A. Martielli per procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Acquaviva delle Fonti, in persona del Sindaco p.t.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 115/8/05 della Commissione tributaria

regionale della Puglia, depositata il 14.12.2005, notificata il

16.2.2006;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 13 maggio 2010 dal relatore Cons. Dr. Giuseppe Vito Antonio

Magno;

Udito, per la ricorrente, l’Avvocato Roberto Bragaglia, per delega;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- La ditta Officine Acquavivesi s.r.l. ricorre, con tre motivi illustrati da memoria, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe che, riformando la sentenza n. 424/9/2003 della commissione tributaria provinciale di Bari, impugnata dal comune di Acquaviva delle Fonti, ritiene valida la cartella di pagamento recante la somma di L. 2.244.000 per tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani prodotti nello stabilimento industriale (officina meccanica) della contribuente nell’anno 1999.

1.2.-. Il comune nominato non resiste in questo giudizio.

2.- Questioni controverse e motivi del ricorso.

2.1.- La cartella di pagamento di cui si tratta fu impugnata dalla contribuente perchè asseritamente mancante di motivazione, recante una somma arbitrariamente ed erroneamente calcolata su mere presunzioni, e perchè l’imposizione era stata fatta, a suo dire, senza tener conto dell’uso di officina meccanica cui era destinato l’immobile.

Il ricorso fu accolto dalla commissione tributaria provinciale, siccome il comune di Acquaviva delle Fonti non aveva dimostrato “con sufficiente chiarezza” l’estensione della superficie tassabile.

Sull’appello del comune – che aveva giustificato la pretesa in base al rilievo (fra l’altro) che la superficie tassata corrispondeva a quella dichiarata dalla parte, sicchè neppure era necessario un previo avviso di accertamento – la commissione regionale riformò la sentenza di primo grado osservando:

2.1.1.- che il comune, con Delib. Consiliare 22 maggio 1998, n. 48 aveva assimilato i rifiuti speciali non pericolosi a quelli urbani, ferme restando le disposizioni regolamentari che esentavano dalla tassa le aree su cui, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano di regola rifiuti tossici o nocivi, al cui smaltimento è tenuto direttamente il detentore; e che prevedevano una riduzione pari al 20% della superficie tassabile sulla quale si formano promiscuamente rifiuti urbani e speciali, come nel caso previsto delle officine meccaniche, previa esibizione del contratto stipulato con ditte specializzate per il ritiro e lo smaltimento dei rifiuti speciali;

2.1.2.- che, in data posteriore a quella della suddetta delibera comunale, la contribuente aveva presentato “dichiarazione di variazione”, in base alla quale il comune aveva calcolato la tassa;

2.1.3.- che l’appellata non aveva impugnato i provvedimenti richiamati davanti al competente organo giudiziario amministrativo, ma aveva proposto inammissibilmente in appello, per la prima volta, l’eccezione, peraltro infondata, d’illegittimità del suddetto regolamento comunale;

2.1.4.- che legittimamente il comune aveva calcolato il tributo in base alla superficie dichiarata dalla stessa contribuente, considerata produttiva di rifiuti promiscui, con la riduzione del 20%, ritenendo il restante 80% della superficie, secondo la Delib. Consiliare n. 113 del 1998, produttiva di rifiuti urbani o assimilati e tassabile in quanto tale;

2.1.5.- che la “denuncia di variazione” presentata nel 2004 dalla proprietaria dell’immobile non influiva sull’annualità in contestazione (1999);

2.1.6.- che, diversamente dall’opinione della commissione provinciale, non era necessaria la notifica di un avviso di accertamento prima dell’iscrizione a ruolo del tributo e dell’emissione della cartella di pagamento, posto che nessuna rettifica e nessun accertamento d’ufficio si erano resi necessari, in presenza di denuncia della parte interessata.

2.2.- La contribuente censura tale sentenza:

2.2.1.- col primo motivo, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 15 novembre 1983, n. 507, art. 62, che esclude dalla tassazione sia le aree su cui, per loro natura o per il particolare uso cui sono destinate, non possono prodursi rifiuti (comma 2), sia quelle su cui si formano di regola, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, rifiuti speciali, tossici o nocivi, ai cui smaltimento debbono provvedere i produttori a proprie spese (comma 3);

2.2.2.- col secondo motivo, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto relativo all’eccezione d’illegittimità della Delib. Consiliare n. 48 del 1998; eccezione ritenuta inammissibile (perchè dedotta per la prima volta in appello), e comunque infondata dal giudicante a quo, che aveva il potere di disapplicare detta delibera in quanto illegittima – per avere assimilato i rifiuti urbani a quelli speciali, in contrasto con il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 10, comma 2, senza necessità d’impugnazione davanti al giudice amministrativo;

2,2.3.- col terzo motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere ritenuto fondata la pretesa impositiva, benchè questa non fosse stata provata dal comune, che ne aveva l’onere e che aveva invece fondato il calcolo del tributo unicamente sulla denuncia della parte, affetta da errore laddove chiedeva l’esenzione limitatamente al 20% della superficie, errore chiaramente riconoscibile dall’ente impostore ed emendabile dal contribuente, la cui denuncia è una dichiarazione di scienza non avente valore confessorio.

3.- Decisione.

3.1.- Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Nulla devesi disporre in ordine alle spese di questo giudizio di cassazione, perchè il comune intimato non vi ha svolto difese.

4.- Motivi della decisione.

4.1.- Il primo motivo (par. 2.2.1) è infondato giacchè – esclusa l’applicabilità al caso del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2, dal momento che non si sostiene l’assoluta impossibilità di produzione di rifiuti di qualsiasi tipo nei locali in questione – il comma 3 dello stesso articolo di legge prevede, al secondo periodo, che , ai fini della determinazione della superficie non tassabile (perchè produttiva di rifiuti speciali, tossici o nocivi, smaltiti dal detentore a proprie spese), “il comune può individuare nel regolamento categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attività viene svolta”.

4.1.1.- Le disposizioni concernenti la possibilità di assimilare alcuni rifiuti speciali a quelli urbani ordinari, con l’effetto di rendere tassabile l’area su cui si producono, sono state più volte modificate dal legislatore; si deve stabilire, pertanto, quale fosse la norma applicabile all’anno d’imposta che interessa (1999).

4.1.2.- Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 60 prevedeva originariamente tale possibilità di assimilazione, entro certi limiti, mediante regolamento comunale, “ai fini dell’ordinario conferimento al servizio pubblico e della connessa applicazione della tassa”.

Detta norma fu abrogata dalla L. 22 febbraio 1994, n. 146, art. 39, comma 3, (entrata in vigore il 19.3,1994, articolo poi parzialmente abrogato, a sua volta, dalla L. 24 aprile 1998, n. 128, art. 17, comma 3), il quale così disponeva: “Sono considerati rifiuti speciali assimilati ai rifiuti urbani i rifiuti speciali indicati al n. 1, punto 1.1.1., lett. a), della Delib. 27 luglio 1984 del Comitato Interministeriale di cui al D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, art. 5 nonchè gli accessori per l’informatica”. Fra i rifiuti speciali, che venivano quindi assimilati ope legis (Cass. nn. 21469/ 2007, 18030/2006, 13851/2004, 8901/2004) a quelli urbani, erano compresi, per quanto interessa, i “residui derivanti da lavorazioni industriali”, purchè aventi una composizione merceologica analoga a quella dei rifiuti urbani (con le precisazioni che si leggono in Cass. nn. 1858/2010, 17601/2009, 10362/2007, tutte relative ad annualità d’imposta comprese entro il 1997, quindi non applicabili – diversamente da quanto sostiene nella memoria la ricorrente – alla presente controversia, riguardante il 1999).

4.1.3.- Tuttavia, con l’entrata in vigore del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (pubblicato in G.U. suppl. ordin., n. 278 del 28.11.1997), e quindi a partire dalla successiva annualità d’imposta, fu restituito ai comuni il potere di assimilare ai rifiuti urbani ordinari alcune categorie di rifiuti speciali, fra cui quelli prodotti da ditte commerciali, anche “per qualità e quantità” (art. 21, comma 2, lett. g).

Inoltre, dal 22.5.1998, data di entrata in vigore della L. n. 128 del 1998 – il cui art. 17, comma 3, abrogando la L. n. 146 del 1994, art. 39, comma 3, aveva eliminato l’assimilazione legale – si tornò al regime di non assimilazione: a meno che i comuni non si fossero immediatamente avvalsi del potere, reintrodotto dal citato D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2, lett. g), ed esercitabile sulla base delle norme “regolamentari e tecniche” vigenti, di ripristinarla, assimilando i rifiuti speciali non pericolosi a quelli urbani (Cass. nn. 18303/2004). Pertanto nel 1999, e per tutta la durata del periodo transitorio (la cui scadenza, originariamente fissata al 1 gennaio 2000, fu prorogata dalla L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 33), sussisteva il potere dei comuni di deliberare detta assimilazione, con regolamenti che costituiscono titolo per la riscossione della tassa nei confronti dei soggetti che tali rifiuti producono, a prescindere dai fatto che il contribuente ne affidi a terzi lo smaltimento (Cass. nn. 21342/2008, 18382/2004).

4.1.4.- In conclusione, la delibera comunale con cui, a decorrere dal 22.5.1998, era disposta la suddetta assimilazione è conforme alle disposizioni di legge vigenti all’epoca (1999), e la tassazione applicata all’opificio della contribuente, con la percentuale indicata dal regolamento, è del tutto legittima, a prescindere dalla qualità dei rifiuti (speciali) prodotti di regola, in quanto assimilabili ed assimilati positivamente a quelli urbani, ed a prescindere dal fatto che il produttore provvedesse a proprie spese allo smaltimento.

4.2.- Il secondo motivo di ricorso (par. 2.2.2) è assorbito dalle considerazioni che precedono, stante la legittimità del regolamento comunale, sostanzialmente riconosciuta dalla commissione regionale che, pertanto, giustamente non lo ha disapplicato; anche se la motivazione della sentenza impugnata deve essere corretta, nel senso che, diversamente dalla dichiarazione d’illegittimità dell’atto amministrativo, l’esercizio del potere del giudice tributario di disapplicarlo incidentalmente è sempre ammesso, purchè esso non prescinda completamente dai motivi d’impugnazione dedotti in relazione all’atto impositivo (S.U. n, 6265/2006; Cass. n. 15285/2008).

4.3.- Il terzo motivo di ricorso (par. 2.2.3) è infondato, poichè il comune, applicando il proprio regolamento – atto amministrativo a contenuto generale, che si rivolge ad una pluralità indistinta di destinatari, pubblicato nelle forme ordinarie e valido senza necessità di notificazione -, esercita legittimamente il potere impositivo tenendo conto delle denunce degli interessati, a tanto obbligati dalla legge (Cass. n. 21337/2008). Spetta poi a questi ultimi, se ritengono di aver diritto ad esenzioni o agevolazioni, dimostrare il fondamento di tale diritto, secondo il comune regime della prova ex art. 2697 c.c. e specialmente in materia di agevolazioni tributarie (cfr., ad es., Cass. nn. 28946/2008, 28005/2008, 10280/ 2008, 8450/2005; in materia specifica, Cass. nn. 17703/2004, 15083/2004, 12749/2002; contro, Cass. n. 289/2004).

Nel caso specifico, peraltro, non è in gioco il principio di emendatolità della dichiarazione del contribuente, dal momento che la riduzione della tassa, chiesta (ed ottenuta) dalla ricorrente nella misura del 20%, non era affetta da “errore” (emendabile), essendo invece conforme alla legittima disposizione regolamentare.

4.4.- Si conclude nel senso indicato al par. 3.1.

5.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 5^ sezione civile – tributaria, il 13 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA