Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14814 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14814 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: GIUSTI ALBERTO

ha pronunciato la seguente

successioni

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GULLO Ettore, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv. Salvatore Cambria e
Alfonso Licata, con domicilio eletto presso lo studio di
quest’ultimo in Roma, via Camilla, n. 7;
– ricorren
contro
ARENA Giuseppa in CANTANTE, rappresentata e difesa, in forza’.
di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.
Giovanni Giacobbe, con domicilio eletto presso lo studio di
quest’ultimo in Roma, lungotevere dei Mellini, n. 24;
– controricorrente e sul ricorso proposto da:

Data pubblicazione: 30/06/2014

ARENA Giuseppa in CANTANTE, rappresentata e difesa, in forza
di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.
Giovanni Giacobbe, con domicilio eletto presso lo studio di
quest’ultimo in Roma, lungotevere dei Mellini, n. 24;

contro
GULLO Ettore, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv. Salvatore CaMbria e
Alfonso Licata, con domicilio eletto presso lo studio di
quest’ultimo in Roma, via Camilla, n.

7;

– controricorrente al ricorso incidentale avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina in data
28 marzo 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23 aprile 2014 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
uditi

gli Avv. Gabriele Desiderio Pinelli, per delega

dell’Avv. Alfonso Licata, e Giovanni Giacobbe;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Maurizio Velardi, il quale ha concluso
per l’inammissibilità e, in subordine, il rigetto del ricorso
principale e per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso incidentale.
Ritenuto in fatto

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– ricorrente in via incidentale –

1. – Con sentenza non definitiva n. 3104 del 28 novembre
2002, il Tribunale di Messina dichiarava che il bene Immobile
costituito dal fondo sito in Messina, villaggio Massa San
Giorgio, descritto nel testamento pubblico di Domenica Arena

vi insiste, appartiene in comunione pro indiviso a Ettore Gullo e a Giuseppa Arena in Cantante, rispettivamente in ragione
della quota di 2/3 e di 1/3 in virtù del legato disposto dalla
de cuius con la citata disposizione di ultima volontà.
Con la detta sentenza parziale il Tribunale stabiliva, in
particolare, che con il testamento del 5 maggio 1968 Domenica
Arena aveva attribuito a titolo di legato, senza conferire la
qualità di erede, il fondo di Massa San Giorgio in ragione di
2/3 alla figlia Giovanna (madre di Ettore Gullo) e di 1/3 alla
nipote Giuseppa Arena, figlia del premorto figlio Salvatore;
che con lo stesso testamento la de cuius aveva dettato alcune
norme di massima per la futura divisione, non con effetti reali, ma rimettendo la divisione ad un momento successivo e lasciandone ai discendenti il compito; che, pertanto, tra le
parti si era instaurata una comunione pro indiviso

del bene

secondo quote diseguali; che il frazionamento datato 23 luglio
1970 fatto redigere dalle parti al geom. Fornaro era inidoneo
a produrre gli effetti reali della divisione in quanto documento tecnico avente la funzione primaria di indicare in planimetria le particelle frazionate e di fungere da atto prodro-

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del 5 maggio 1968 ai numeri 1) e 2) con il fabbricato che oggi

mico alla voltura catastale; che la costruzione realizzata
sulla part. 489 (oggi 746) del fondo legato appartiene in virtù del principio di accessione alle parti in causa in ragione
delle rispettive quote di proprietà del terreno.

Tribunale di Messina disponeva lo scioglimento della comunione
e attribuiva a Ettore Gullo il fondo costituito dalle partt.
405, 406 e 744; a Giuseppa Arena (erroneamente indicata come
Giovanna Arena) il fabbricato insistente sulla part. 746, stabilendo un conguaglio di euro 92.715,53, oltre interessi dalla
decisione al soddisfo a carico di Giuseppa Arena; disponeva
che l’accesso ai beni assegnati al condividente Gullo avvenisse tramite una stradella larga m. 30 circa ed avente una livellata della pendenza dell’8% secondo le indicazioni fissate
a pag. 26 e all’allegato 5 della relazione Campo da realizzarsi con spese a carico dei due condividenti nella misura corrispondente alle quote loro spettanti.
2. – Con sentenza n. 172 resa pubblica mediante deposito
in cancelleria il 28 marzo 2008, la Corte d’appello di Messina
ha accolto il gravame proposto da Giuseppa Arena e rigettato
l’impugnazione proposta da Ettore Gullo e, per l’effetto, in
riforma delle gravate decisioni, ha accertato e dichiarato
che, avendo Domenica Arena con il testamento pubblico del 5
maggio 1968 disposto ed operato una

di:71510 inter liberos ex

art. 734 cod. civ. relativamente al bene immobile sito in con-

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Con sentenza definitiva n. 2148 del 31 agosto 2004, il

trada San Giorgio, le partt. 744

(ex 405/c), 746 (ex 405/c) e

489 appartengono in via esclusiva a Giuseppa Arena con il fabbricato che vi insiste e che la stessa ha realizzato e che le
partt. 405 e 406 appartengono in via esclusiva a Ettore Gullo

Circa la natura di eredità o legato delle attribuzioni decise dalla testatrice rispettivamente in favore della figlia e
della nipote, la Corte d’appello ha premesso che tra il figlio
di Giovanna Arena e la nipote della testatrice è sorto un problema limitato al fondo di Massa San Giorgio, problema che è
stato complicato dal fatto che, dopo alcuni anni dalla delazione testamentaria, Giuseppa Arena ha costruito pacificamente
a proprie spese un fabbricato su quella che ella riteneva una
porzione del terreno che le era stata assegnata dalla nonna.
Tanto premesso, la Corte territoriale ha rilevato che con
il testamento pubblico Domenica Arena ha inteso disporre per
intero il suo patrimonio per il tempo in cui avrebbe cessato
di vivere (lo precisa espressamente l’autrice dell’atto prima
di passare al merito delle disposizioni); e che ella, pur con
l’assistenza del notaio che avrebbe dopo la sua morte pubblicato la scheda, non era certo persona avvezza ai termini giuridici e capace di distinguere tra il legato e la eredità,
sicché l’uso della espressione “lego e lascio i seguenti miei
beni in territorio di Messina frazione Massa S. Giorgio” po-

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(avente causa da Giovanna Arena).

trebbe anche essere spiegato con l’utilizzo di una clausola di
stile comunemente inserita nei testamenti dell’epoca.
La Corte d’appello ha quindi ricondotto la fattispecie alla divisione fatta dal testatore secondo la previsione

di attribuzioni in rebus certís direttamente effettuate dalla
testatrice con effetti reali. Questo perché Domenica Arena ha
specificamente indicato le porzioni spettanti a ciascuna delle
due beneficiarie (2/3 alla figlia Giovanna Arena e 1/3 alla
nipote Giuseppa Arena) con ciò attribuendo estensioni di superficie determinate: ha indicato il verso da seguire nel distacco della quota (“detti due terzi dovranno essere distaccati da valle verso monte”); ha indicato il punto di partenza
(“incominciando dalla via pubblica . .”) e la collocazione
delle porzioni (quello della nipote “deve distaccarsi in continuazione dei due terzi come sopra lasciati . . verso il
vicolo cieco”), riservando al futuro una mera attività esecutiva.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte
d’appello Ettore Gullo ha proposto ricorso, con atto notificato il 13 novembre 2008, sulla base di due motivi.
Vi ha resistito, con controricorso, Giuseppa Arena, proponendo a sua volta ricorso incidentale, affidato ad un unico
motivo.
Ettore Gullo ha controricorso al ricorso incidentale.

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dell’art. 734 cod. civ., essendosi in presenza di un complesso

Giuseppa Arena ha depositato una memoria illustrativa in
prossimità dell’udienza.

Considerato in diritto
1. – Con il primo motivo (violazione e/o falsa applicazio-

civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.), il
ricorrente in via principale – muovendo dalla premessa che nel
testamento de quo non è rinvenibile alcuna istituzione di erede, inducendosi lo stesso ad una serie di attribuzioni a titolo di legato, sicché la questione della ricorrenza della divi-

si° inter liberos

neppure si porrebbe, non essendo tale isti-

tuto applicabile alle successioni mortis causa a titolo particolare – sottopone alla Corte il seguente quesito di diritto:
“Dica la Corte che ricorre attribuzione a titolo di legato
quando il testatore disponga di uno o più beni determinati
senza che sia ravvisabile l’intenzione, anche implicita, di
attribuirli quali quote del proprio patrimonio ereditario, onde consegue una comunione ordinaria

pro indiviso se il bene

oggetto di disposizione venga attribuito a più soggetti”.
1.1. – Il motivo è inammissibile, per inidoneità del quesito di diritto che lo correda.
Va premesso che nella specie risulta ratione temporis applicabile il disposto dell’art. 366-bis cod. proc. civ., introdotto, con decorrenza dal 2 marzo 2006, dall’art. 6 del
d.gs. 2 febbraio 2006, n. 40, e abrogato con decorrenza dal 4

ne degli artt. 588, 649, 734, 1100, 111, 1114 e 1116 cod.

luglio 2009 dall’art. 47 della legge 18 giugno 2009, n. 69, ma
applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate
tra il 3 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 (cfr. art. 58, comma 5,
della legge n. 69 del 2009) (nella specie la sentenza impugna-

in data 28 marzo 2008).
Ora, il quesito di diritto con il quale l’esposizione del
suddetto motivo di ricorso si conclude, si risolve in un interpello sulla astratta distinzione tra attribuzione a titolo
di legato ed attribuzione a titolo di erede (con le ricadute
in tema di applicabilità della

divisio inter liberos),

senza

in alcun modo rapportarsi né alla vicenda dedotta in lite, né
alla concreta fattispecie risolta dalla sentenza impugnata e
al principio di diritto applicato dal giudice a

quo: come ta-

le, non consente l’individuazione effettiva, e non meramente
retorica, di una quaestio iuris sulla quale il giudice di legittimità sia chiamato a pronunciarsi.
La Corte d’appello ha infatti operato una interpretazione
della disposizione testamentaria, qualificando in termini di
eredità e non di legato le attribuzioni decise dalla testatrice rispettivamente in favore della figlia e della nipote: ritenendo che con il testamento la de

culus ha inteso disporre

per intero del suo patrimonio per il tempo in cui avrebbe cessato di vivere; sottolineando la non decisività dell’uso del
verbo “lego”; precisando che il mancato coinvolgimento delle

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ta è stata infatti pubblicata mediante deposito in cancelleria

altre due nipoti contemplate nel testamento (Domenica Arena e
Nunzia Arena) ben può essere spiegato con il mancato insorgere
di controversie per la divisione dell’altro terreno relitto
dalla testatrice. In sostanza, secondo la Corte d’appello, la

morto eredi per beni determinati, considerati come quota
dell’intero.
Ma questo passaggio non è colto dal quesito di diritto
proposto dal ricorrente: il quale, non individuando neppure la
ratio che è alla base del provvedimento impugnato, non consente di determinare in che misura il principio di diritto che si
auspica sia applicato sia in grado di evidenziare la specifica
violazione che sarebbe stata operata dal giudice d’appello.
2. – Il secondo motivo del medesimo ricorso principale denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
2.1. – Il motivo è inammissibile, perché del tutto carente
di un momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, che
valga a circoscrivere puntualmente i limiti della censura proposta a norma dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
Alla stregua della letterale formulazione del citato art.
366-bis cod. proc. civ., invero, questa Corte è ferma nel ritenere che, a seguito della novella del 2006, nel caso previsto dall’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., allorché, cioè, il

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testatrice ha istituito la figlia e la figlia del figlio pre-

ricorrente denunci la sentenza impugnata lamentando un vizio
della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del
fatto controverso in relazione al quale la motivazione si as-

dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a
giustificare la decisione (Cass., Sez. Un., 18 ottobre 2012,
n. 17838).
Ciò importa, in particolare, che la relativa censura deve
contenere un momento di sintesi (omologo al quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da
non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso
e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio,
Cass., sez. un., l ° ottobre 2007, n. 20603).
Al riguardo, ancora è incontroverso che non è sufficiente
che l’indicazione del fatto controverso e delle ragioni della
non adeguatezza della motivazione sia esposta nel corpo del
motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, occorrendo a tal fine una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata.
Tutto questo manca nel motivo, non potendo considerarsi
quesito la proposizione finale (“Per converso la Corte avrebbe
dovuto considerare che: sia perché non specificamente e
riassuntivamente destinata alla formulazione del quesito, sia

sume omessa o contraddittoria, e le ragioni per le quali la

perché mancante della chiara indicazione del fatto controver-

so”.
3. – L’unico motivo del ricorso incidentale (violazione e
falsa applicazione di legge: artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in

mento agli artt. 111 Cost. e 132, secondo comma, n. 4, cod.
proc. civ.; violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod.
proc. civ. in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.)
lamenta che la Corte d’appello per un verso abbia totalmente
omesso di pronunciare sul capo relativo alle spese processuali
afferenti al primo grado del procedimento, e, per l’altro verso, abbia operato la compensazione integrale delle spese, affermando che tale pronuncia sarebbe conseguente al carattere
squisitamente interpretativo e giuridico delle questioni trattate.
3.1. – Il motivo – ammissibile perché corredato di idoneo
quesito (formulato a pag. 14 del controricorso) – è solo parzialmente fondato.
E’ infondato nella parte in cui lamenta che la Corte
d’appello abbia disposto la compensazione tra le parti delle
spese del gravame: la Corte distrettuale ha infatti esplicitamente e congruamente indicato le ragioni che lo hanno indotto
ad adottare il provvedimento di compensazione, stante la difficoltà delle questioni interpretative, in fatto ed in diritto, dibattute tra le parti. E la motivazione specificamente

riferimento all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., con riferi-

riferita al provvedimento sulle spese trova una chiara ed inequivoca conferma nel complesso della motivazione adottata a
sostegno della decisione di merito.
Sussiste invece il vizio denunciato con riguardo alle spe-

po sulle spese dipendente dalla sentenza riformata imponeva al
giudice di appello di provvedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese per il primo grado. Nella specie la Corte
d’appello, pur accogliendo il gravame di Giuseppa Arena e pur
riformando le decisioni di primo grado, non ha specificamente
disposto sulle spese di primo grado, che, con la sentenza definitiva n. 2148 del 31 agosto 2004, erano state compensate in
ragione del 50% e poste per il restante 50% (euro 3.905) a carico della Arena.
4. – Il ricorso principale è dichiarato inammissibile..
Quello incidentale è accolto in parte.
La sentenza impugnata è cassata limitatamente alla mancata
pronuncia sulle spese del primo giudizio.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito dichiarandosi la compensazione delle spese tra le parti anche per il giudizio svoltosi
dinanzi al Tribunale, tenuto conto dell’esito finale e unitario della causa e della piena riferibilità anche al primo grado delle ragioni esposte dal giudice d’appello per la compensazione delle spese sostenute dalle parti in sede di gravame.

se del giudizio di primo grado. La caducazione ex lege del ca-

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente in via principale, in ragione del criterio della soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI

– dichiara inammissibile il ricorso principale;
– accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso
incidentale;

– cassa la sentenza impugnata limitatamente al mancato
regolamento delle spese del primo grado e,
nel merito,

decidendo

dichiara compensate tra le parti le spese

del giudizio dinanzi al Tribunale;

condanna il ricorrente in via principale Ettore Gullo
alla rifusione delle spese sostenute dalla controricorrente Giuseppa Arena, che liquida in complessivi
euro 4.200, di cui euro 4.000 per compensi, oltre ad
accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 23 aprile
2014.

La Corte così provvede:

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