Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14813 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/07/2011, (ud. 11/05/2011, dep. 05/07/2011), n.14813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

P.G. e per esso l’erede G.G.,

elettivamente domiciliato in ROMA P.LE CLODIO 14 presso lo studio

dell’avvocato VALLEBONA ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

BRUNETTI NICOLA, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 380/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 30/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA CONCETTA SAMBITO;

udito per il ricorrente gli Avvocati DE BELLIS GIANNI e PISANA CARLO

MARIA, che hanno chiesto l’accoglimento.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 1.10.2002, le SU di questa Corte, giudicando sulle controversie riunite relative a due opposizioni proposte (nel 1989) da P.G., titolare dell’esattoria delle imposte dirette di (OMISSIS), avverso le intimazioni di pagamento emesse dall’Intendenza di Finanza di Taranto, per il pagamento di pene pecuniarie pari all’ammontare di tributi non versati all’erario, nonchè alla domanda proposta dall’esattore (nel 1993) per la restituzione dell’importo delle sanzioni versate, ha dichiarato la giurisdizione della Corte dei Conti a conoscere della domanda dell’Amministrazione finanziaria volta al conseguimento dell’importo dei tributi e dei relativi accessori, ed ha rinviato, per il resto, alla Corte d’Appello di Lecce, che, a seguito del giudizio di rinvio, con sentenza del 30.5.2005, ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, in solido tra loro, a restituire al P. la somma di Euro 131.056,48, oltre accessori e spese.

Per la cassazione di tale sentenza, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso, al quale resiste G.G., quale coerede dell’intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile. Dall’esame del controricorso depositato dal coerede G.G., si desume che P.G. è deceduto il (OMISSIS). La sentenza d’appello, come esposto in narrativa, è stata pubblicata il 30.5.2005, mentre il ricorso per cassazione, indirizzato al P., è stato notificato il 2.5.2006, presso il procuratore costituito e domiciliatario in appello del defunto esattore.

Le S.U. di questa Corte, con la sentenza n 26279 del 16.12.2009, in riferimento ad un giudizio iniziato, come quelli riuniti in esame, in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. n. 353 del 1990, a composizione di un contrasto, a lungo protrattosi, sul tema delle impugnazioni proposte dopo la morte di una parte, hanno affermato che: “l’atto di impugnazione della sentenza, nel caso di morte della parte vittoriosa, deve essere rivolto e notificato agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui il decesso è avvenuto, sia dalla eventuale ignoranza dell’evento, anche se incolpevole, da parte del soccombente; ove l’impugnazione sia proposta invece nei confronti del defunto, non può trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 291 c.p.c.”.

Nel citato arresto, le Sezioni Unite hanno, tra l’altro, considerato che:

a) l’impugnazione va proposta nei confronti degli eredi della parte deceduta, in base al fondamentale principio già enunciato dall’art. 101 c.p.c. e ora ribadito dal nuovo testo dell’art. 111 Cost., secondo cui “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti”;

b) l’eccezionale deroga introdotta dall’art. 300 c.p.c., che consente la prosecuzione del giudizio nei confronti della parte deceduta, se il suo procuratore non dichiara o notifica l’evento, non può operare indefinitamente, anche, nell’eventuale grado successivo del giudizio, in cui si da luogo a un nuovo rapporto processuale, ulteriore e distinto rispetto a quello esauritosi con la pronuncia della sentenza, anche se ad esso collegato;

c) il difetto assoluto della qualità di “giusta parte” nel defunto comporta che all’invalidità derivante dall’instaurazione nei suoi confronti del giudizio di impugnazione non può essere posto rimedio mediante lo strumento della rinnovazione, apprestato dall’art. 291 c.p.c., non trattandosi di “un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione”, ma di un errore incidente sulla “vocatio in jus”, perchè rivolta verso un soggetto diverso da quello che avrebbe dovuto esserne il destinatario;

d) non sussiste spazio alcuno per attribuire rilievo a condizioni soggettive di “buona fede”, perchè le norme in tema di impugnazione fanno tutte dipendere la validità dei relativi atti da presupposti puramente oggettivi.

Alla stregua di tali principi, l’impugnazione, rivolta nei confronti della parte deceduta invece che dei suoi eredi, va dichiarata inammissibile.

La Corte ravvisa giusti motivi, in considerazione dell’intervenuta soluzione del contrasto di giurisprudenza, in epoca successiva alla proposizione del presente ricorso, per compensare, interamente, tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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