Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14812 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/07/2011, (ud. 11/05/2011, dep. 05/07/2011), n.14812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

COOPERATIVA MANGIMISTICA EMILIANO ROMAGNOLA COMER IN LCA, in persona

dei Commissari Straordinari pro tempore, elettivamente domiciliati in

ROMA VIA SANT’EVARISTO 157 presso lo studio ASSOGNA rappresentato e

difeso dagli avvocati CASSARINO CARMELO, CARIOLI IVAN, giusta delega

in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 74/2004 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 14/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA CONCETTA SAMBITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PISANA CARLO MARIA, che ha chiesto

l’accoglimento.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 74/6/04, depositata il 14.12.2004, la CTR dell’Emilia Romagna ha accolto il ricorso proposto dalla Cooperativa Mangimistica Emiliano-Romagnola (CO.M.E.R.) in l.c.a., avverso la cartella esattoriale emessa per la riscossione della terza rata dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione obbligatoria dei beni, per l’anno 1991, affermando che il credito, sorto prima del provvedimento che ordinava la liquidazione coatta amministrativa della contribuente, andava pagato nei termini e nella misura risultanti dal piano di riparto, senza interessi e penalità di sorta.

Per la cassazione di tale sentenza, ricorrono il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate.

L’intimata resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va, preliminarmente, rilevata l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non ha partecipato al pregresso grado di giudizio: a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate, avvenuta con D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 e divenuta operativa dal 1 gennaio 2001 (D.M. 28 dicembre 2000, ex art. 1), si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione “ad causarti” e “ad processum”, nei procedimenti introdotti successivamente al 1 gennaio 2001, spetta all’Agenzia, e la proposizione dell’appello da parte o nei confronti della sola Agenzia, senza esplicita menzione dell’ufficio periferico che era parte originaria, si traduce nell’estromissione di quest’ultimo (cfr. Cass. S.U. n. 3116 e n. 3118 del 2006, n. 22641 del 2007).

Col proposto ricorso, l’Agenzia deduce la violazione della L. Fall., artt. 201, 54 e 55, degli artt. 1282, 2749 e 2771 c.c., del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 92, nonchè vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, per non avere la CTR tenuto conto che l’ammissione al passivo del credito principale privilegiato comporta, per effetto della sentenza n. 162 del 2001 della Corte Cost. e del carattere accessorio del credito per interessi, la maturazione dei medesimi anche per il periodo successivo al provvedimento che ha ordinato la liquidazione dell’intimata. I medesimi principi, prosegue la ricorrente, vanno applicati alla soprattassa, che condivide la natura del credito principale, e che è dovuta per il ritardo nel versamento delle imposte dirette, a prescindere dal motivo che lo ha determinato.

Nel costituirsi, la controricorrente ha eccepito: 1) la novità della difesa dell’Agenzia, che, nei gradi di merito, si era limitata a confutare l’assunto di essa contribuente, senza fare alcun cenno al disposto della L. Fall., art. 54; 2) l’inapplicabilità delle norme relative ad interessi e sanzioni, per effetto della normativa speciale di cui all’art. 6 bis, comma 1, lett. d) introdotto con la L. n. 410 del 1997 di conversione del D.L. n. 328 del 1997. Le eccezioni vanno, entrambe, disattese. La prima difetta, anzitutto, di autosufficienza, non avendo la Cooperativa trascritto, per intero, le difese svolte dall’Agenzia nei gradi di merito, onde consentire a questa Corte di apprezzarne la supposta novità, ed è, comunque, infondata in quanto l’enunciazione della norma giuridica applicabile, “id est” la menzione della L. Fall., art. 54, non introduce alcun “novum” vietato, non modificando la pretesa impositiva sottesa nella cartella esattoriale. Quanto alla seconda, va rilevato che la L. n. 410 del 1997, art. 6 bis, 1 comma 1, lett. d), dispone che, per le procedure concorsuali in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione, non si applicano le sanzioni di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 44 ed al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 92, nè gli interessi, a condizione che l’imposta dovuta venga versata in un’unica soluzione entro trenta giorni, a decorrere – nel caso, qui in rilievo, di liquidazione coatta amministrativa – dalla data del provvedimento di autorizzazione del piano di riparto di cui al R.D. n. 267 del 1942, art. 212. Nella specie, come risulta dallo stesso controricorso, l’intimata è stata posta in liquidazione coatta amministrativa con D.M. 17 marzo 1993, il provvedimento di autorizzazione del piano di riparto è stato emesso il 1.3.1997, e la terza rata dell’imposta, oggetto della cartella, è stata versata il 23.4.1997. Ne consegue che l’invocato art. 6 bis, comma 1, lett. d) non giova all’intimata, non già perchè, come sostenuto dalla ricorrente, il pagamento sia avvenuto prima dell’entrata in vigore della norma (30.11.1997), dato che l’agevolazione si applica alle “procedure concorsuali in essere”, e quella relativa alla CO.M.E.R. era, appunto, in corso a quella data, ma perchè non risulta rispettata, alla stregua dei riportati elementi di fatto, la condizione temporale cui l’agevolazione è sottoposta, e, cioè, l’avvenuto versamento dell’imposta entro il termine di trenta giorni dall’emanazione del provvedimento di autorizzazione del piano di riparto. Resta da aggiungere che le dedotte difficoltà operative, connesse ai tempi di invio e ricevimento del provvedimento contenente l’approvazione del piano di riparto, non valgono a consentire la rimessione in termini della procedura liquidatoria, operando, in materia fiscale, il principio secondo cui ogni agevolazione ed esenzione non può essere riconosciuta oltre i limiti espressamente previsti, stante la natura eccezionale, non suscettibile di interpretazione analogica nè estensiva, delle norme recanti tali previsioni (Cass. n. 11787/2010; n. 5394/2010).

Nel merito, il ricorso è fondato. La L. Fall., art. 55, nel testo, qui applicabile, anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, prevede che la dichiarazione di fallimento – così come il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, stante l’applicabilità dell’art. 55 anche a tale procedura, R.D. n. 267 del 1942, ex art. 201 – sospende il corso degli interessi fino alla chiusura della procedura stessa, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio, salvo il disposto del comma 3 del precedente art. 54, che, per quanto concerne l’estensione della prelazione agli interessi, richiama (soltanto) gli artt. 2788 e 2855 c.c., relativi al pegno ed all’ipoteca. Senonchè, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 162/2001, ha dichiarato la illegittimità costituzionale del menzionato R.D. n. 267 del 1942, art. 54, comma 3, nella parte in cui non richiama, ai fini dell’estensione del diritto di prelazione agli interessi, l’art. 2749 c.c., dettato in materia di privilegi. Pertanto, deve ritenersi che gli interessi sono dovuti anche per il periodo successivo alla liquidazione coatta amministrativa, nei limiti di cui al citato art. 2749 c.c.. Il ricorso è fondato, pure, in relazione alla sopratassa per il tardato versamento, che si configura come una prestazione integrativa del tributo al quale si riferisce, e del quale condivide la natura e la disciplina (cfr. Cass. n. 6571/2008).

La sentenza impugnata va, dunque, cassata, e non sussistendo la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, col rigetto del ricorso della contribuente.

In considerazione della novità delle questioni trattate, si ravvisano giusti motivi per la compensare, integralmente, tra le parti, le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze, accoglie il ricorso dell’Agenzia, cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso della contribuente. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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