Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14811 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/07/2011, (ud. 11/05/2011, dep. 05/07/2011), n.14811

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

MANIFATTURA ITAL SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PZZA GONDAR 22 presso lo

studio dell’avvocato ANTONELLI MARIA, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati SAGUI PASCALIN DOMENICO, PANIZ MAURIZIO,

giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 22/2006 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 03/08/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BELLIS GIANNI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Belluno la società Manifattura Italiana srl. impugnava il provvedimento di diniego relativo al condono, circa il pagamento dell’Iva e relative sanzioni per il 1998, richiesto nel corso del giudizio di opposizione alla cartella di pagamento emessa a seguito della liquidazione dell’imposta in base alla prescritta dichiarazione, e ciò dopo che la contribuente aveva presentato quella integrativa.

Instauratosi il contraddittorio, l’ufficio contestava la fondatezza del ricorso, eccependo la non pendenza della lite, trattandosi di atto di riscossione e non impositivo quello dell’iscrizione a ruolo e della cartella di pagamento.

La commissione adita dichiarava invalido il diniego, come pure quella regionale, la quale osservava che questo non era legittimo, posto che la cartella non poteva scindersi tra tributo e sanzione, che sicuramente riguardava atto da qualificarsi impositivo in base ad un’interpretazione estensiva della norma circa la pendenza del giudizio.

Contro questa decisione l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico articolato motivo, mentre la Manifattura Italiana, poi dichiarata fallita, ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In ordine al motivo addotto a sostegno del ricorso la ricorrenti deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la commissione tributaria regionale non poteva considerare pendente la lite in esame, posto che la cartella era stata emessa semplicemente in base alla dichiarazione presentata dalla contribuente, la quale non aveva versato l’Iva dovuta.

Il motivo è fondato. Invero la manifattura Italiana non poteva invocare la definizione della lite con il condono, per il quale il rigetto della relativa istanza appariva legittimo, atteso che si trattava di cartella di pagamento emessa a seguito di mera liquidazione della dichiarazione presentata dalla medesima, e quindi di atto esecutivo e non impositivo emesso solo sugli elementi indicati dalla contribuente. Nè peraltro questo poteva essere impugnato per il solo fatto che riguardava anche le sanzioni, dal momento che queste inerivano all’imposta principale nello stesso contesto documentale, mentre invece sarebbe stato impugnabile, e quindi definibile col condono, l’atto esecutivo che avesse avuto ad oggetto solamente tali accessori.

Su tale punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto.

Alla luce quindi delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata, che ha fatto riferimento ad una diversa regola “juris” deve essere cassata, e pertanto, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo ex art. 384 c.p.c., comma 2.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse vanno compensate, in ragione dei profili sostanziali della controversia.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta quello introduttivo, e compensa le spose dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 11 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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