Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14810 del 14/06/2017

Cassazione civile, sez. II, 14/06/2017, (ud. 21/04/2017, dep.14/06/2017),  n. 14810

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al NRG 11830/2013 proposto da:

M.R., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale

in calce al ricorso, dall’Avvocato Federico Pino Ferrara, con

domicilio eletto nello studio dell’Avvocato Alessandro Rufini in

Roma, viale Carso, n. 51;

– ricorrente –

contro

A.A., MA.Ga. e MA.Le.;

– intimati –

e contro

MA.Al., rappresentata e difesa, in forza di procura

speciale autenticata dal notaio C.A., dall’Avvocato

Rodolfo Romito;

– resistente –

avverso la sentenza non definitiva della Corte d’appello di Venezia

n. 2338/12 in data 2 novembre 2012;

e sul ricorso iscritto al NRG 23897/2014 proposto da:

A.A., MA.Ga., MA.Al. e

MA.Le., rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in

calce al ricorso, dall’Avvocato Rodolfo Romito;

– ricorrenti –

contro

M.R., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale

in calce al controricorso, dall’Avvocato Federico Pino Ferrara, con

domicilio eletto nello studio dell’Avvocato Alessandro Rufini in

Roma, viale Carso, n. 51;

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 937/14 in

data 12 aprile 2014.

Udita la relazione delle cause riunite svolta nell’udienza pubblica

del 21 aprile 2017 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso: accoglimento

dei motivi dal secondo al quinto del ricorso RGN 11830/2013,

rigettati e assorbiti gli altri motivi; conseguente inefficacia ex

art. 336 c.p.c., comma 2, della sentenza rescissoria, con

assorbimento degli altri ricorsi; compensazione delle spese;

uditi gli Avvocati Rodolfo Romito e Alessandro Rufini, quest’ultimo

per delega dell’Avvocato Federico Ferrara.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con atto di citazione notificato il 25 ottobre 1994 Ma.Ga. esponeva di avere acquistato da M.R., con contratto preliminare stipulato in data 8 settembre 1988, il negozio composto da una sala, magazzino e servizi sito a (OMISSIS), per il prezzo complessivo di Lire 571.000.000, e lamentava che il convenuto, benchè egli avesse già versato la somma di Lire 676.879.878, maggiore di quella dovuta, non si era presentato, sebbene sollecitato, a trasferirgli mediante atto notarile la proprietà dell’immobile.

L’attore chiedeva che il Tribunale, ai sensi dell’art. 2932 c.c., pronunciasse sentenza costitutiva che producesse gli effetti del contratto non concluso.

M.R. si costituiva eccependo che l’attore non aveva prodotto in giudizio il contratto preliminare al quale faceva riferimento, negando di aver ricevuto le somme indicate dall’attore e chiedendo il rigetto della domanda svolta; in via riconvenzionale subordinata, chiedeva che il Tribunale dichiarasse la risoluzione del contratto preliminare.

L’attore produceva una fotocopia del contratto preliminare ed altri documenti attestanti i pagamenti effettuati ed il convenuto disconosceva la conformità all’originale del preliminare così esibito; chiedeva, altresì, che il preliminare venisse prodotto in originale e negava che fossero riferibili all’attore i pagamenti effettuati.

Nel frattempo decedeva l’attore e gli succedevano la moglie A.A. e i figli Ma.Ga., Ma.Al. e Ma.Le..

2. – Il Tribunale rigettava la domanda degli attori motivando con l’assenza di prova scritta del preliminare, tale non potendosi ritenere il documento prodotto in copia e disconosciuto.

3. – La Corte d’appello di Venezia confermava la decisione impugnata con sentenza n. 1137/2007 depositata il 4 settembre 2007.

Rilevava la Corte che, nel contesto pacifico del carattere essenziale della forma scritta di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, il comportamento del convenuto non poteva supplire alla mancanza di atto scritto.

4. – Pronunciando in via non definitiva nella causa di revocazione della sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1137/2007, promossa da A.A. e da Ma.Ga., Ma.Al. e Ma.Le. contro M.R., la Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 2338/2012, resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 2 novembre 2012, ha accolto la domanda proposta e, per l’effetto, ha revocato la sentenza n. 1137/2007 della Corte d’appello di Venezia, rimettendo la causa in istruttoria per il prosieguo come da separata ordinanza.

4.1. – Preliminarmente, la Corte d’appello ha respinto l’eccezione relativa all’improcedibilità della domanda, sollevata per non avere gli attori in revocazione presentato il fascicolo di parte del precedente grado di appello nella prima udienza.

La Corte territoriale ha ritenuto sussistente la fattispecie di cui all’art. 395 c.p.c., n. 3, che consente di far luogo alla pronuncia rescindente di revocazione della sentenza impugnata se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario.

La Corte di Venezia ha osservato che nel caso di specie non si assume che è stato trovato il documento in originale attestante la stipula del preliminare, ma gli attori hanno dedotto che, nel corso di un successivo processo penale, il M., interrogato in qualità di teste, ha riconosciuto come propria la firma apposta sulla copia del contratto preliminare che gli era stata mostrata dal giudice.

Ha rilevato a tale riguardo la Corte d’appello che, nel giudizio civile conclusosi con la sentenza oggetto di revocazione, era stata prodotta la copia del preliminare ed, essendo stata espressamente disconosciuta la conformità all’originale, la copia stessa non è risultata avere la valenza probatoria della scrittura autentica; e ha sottolineato che, a seguito del riconoscimento della sottoscrizione apposta sul documento prodotto in fotocopia nel processo penale, dovendosi ritenere compreso in tale dichiarazione il riconoscimento della conformità della copia all’originale, si è rinvenuto, nella sostanza, un documento decisivo per la causa, avente efficacia di scrittura autentica, costituito dalla fotocopia e dal riconoscimento della sottoscrizione che costituiscono due elementi connessi ed inscindibili i quali, nel loro insieme, assurgono a prova scritta del preliminare.

In altri termini – ha affermato la Corte di Venezia – la fotocopia prodotta nel giudizio civile “era un documento incompleto, poichè era privo del riconoscimento, mentre nel giudizio è emersa l’esistenza di un documento completo valevole come scrittura autentica da ritenersi decisiva della causa”.

5. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello n. 2338/12 il M. ha proposto ricorso, con atto notificato il 2 maggio 2013, sulla base di sei motivi. Il ricorso è stato inscritto al NRG 11830/2013.

Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva con controricorso in questa sede.

Ma.Al. ha tuttavia depositato, in data 13 aprile 2017, un atto di conferimento di procura speciale ad litem.

Il ricorrente ha presentato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.

6. – All’esito della fase rescissoria, pronunciando in via definitiva nella causa di revocazione, la Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 937/14 in data 12 aprile 2014, ha rigettato la domanda attorea.

6.1. – La Corte territoriale ha escluso che la domanda di restituzione delle somme versate al M. a titolo di corrispettivo dell’acquisto dell’immobile di cui è causa, proposta dagli attori dinanzi al Tribunale di Padova (RGN 7843/2008), precludesse la domanda di esecuzione in forma specifica, ex art. 2932 c.c..

La Corte d’appello ha premesso che il contratto preliminare in relazione al quale è richiesta la pronuncia della sentenza che tenga luogo del contratto definitivo è quello prodotto in fotocopia nel giudizio di primo grado del dante causa degli attori, da ritenersi riconosciuta a seguito della dichiarazione resa dal M. quando ha deposto in qualità di teste all’udienza del 15 luglio 2010 nel procedimento penale a carico di Ma.Le., e che solo la planimetria predisposta dal geom. L.N. (l’unica che reca la sottoscrizione delle parti) – e non altre – fa parte integrante del contratto preliminare.

Ha rilevato quindi la Corte d’appello che nel preliminare si legge che “il sottoscritto M.R. promette di vendere al Sig. Ma.Ga. che accetta di acquistare, parte del negozio sito in (OMISSIS), prospiciente in (OMISSIS). In ogni modo trattasi della parte indicata in planimetria che si allega in copia, evidenziata in rosso”.

La Corte di Venezia ha affermato che, poichè nessun riferimento è contenuto nel contratto nè alla metratura nè ai confini e nessuna parte evidenziata in rosso si ravvisa nella planimetria allegata, difetta totalmente nel contratto preliminare di cui si chiede l’esecuzione in forma specifica l’identificazione dell’oggetto ovvero della “parte” del negozio considerata dalle parti.

7. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello n. 937/2014, notificata il 12 giugno 2014, la A. e i Ma. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 26 settembre 2014, sulla base di un unico, complesso motivo. Il ricorso è stato inscritto al NRG 23897/2014.

L’intimato M. ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, affidato a quattro motivi.

Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative in prossimità dell’udienza.

8. – All’udienza di discussione del 21 aprile 2017, il ricorso avverso la sentenza non definitiva n. 2338/12, e i ricorsi, principale ed incidentale, avverso la sentenza definitiva n. 937/14, sono stati riuniti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Partendo dal ricorso avverso la sentenza non definitiva (RGN 11830/2013), il cui esame è in ordine logico prioritario, con il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 348 c.p.c., comma 2, nel testo anteriore alla L. n. 353 del 1990) il ricorrente deduce che l’impugnazione per revocazione avrebbe dovuto essere dichiarata improcedibile perchè gli attori, dopo essersi costituiti in data 8 ottobre 2010, alla prima udienza del 23 febbraio 2011 non hanno presentato il proprio fascicolo di parte che, invece, è stato depositato solo all’udienza di precisazione delle conclusioni, tenutasi in data 29 giugno 2011, e, quindi, tardivamente, a nulla rilevando il deposito del fascicolo in data successiva alla prima udienza. Diversamente da questo sostenuto dalla Corte d’appello, la sanzione dell’improcedibilità dell’appello, prevista dall’art. 348 c.p.c., comma 2, sarebbe applicabile, ad avviso del ricorrente, anche quando nel fascicolo dell’appellante manchino i documenti già prodotti nel giudizio in cui è stata emessa la sentenza oggetto di revocazione.

2.1. – La censura è infondata.

Il motivo non considera che, secondo la costante giurisprudenza della Corte (Cass., Sez. 2, 8 maggio 1998, n. 4656; Cass., Sez. 3, 26 settembre 2005, n. 18787), l’onere di presentazione del fascicolo di parte, fissato a pena d’improcedibilità dell’appello dall’art. 348 c.p.c., nel testo anteriore alla modifica di cui alla L. n. 353 del 1990, si riferisce al fascicolo di secondo grado, contenente i documenti previsti dall’art. 74 disp. att. c.p.c. e non anche a quello del grado precedente, il cui omesso deposito può spiegare rilievo solo sotto il diverso profilo dell’eventuale mancanza di atti che siano ritenuti necessari a sostegno di domande ed eccezioni della parte medesima.

Sicchè correttamente la sentenza impugnata – premesso che nel giudizio revocatorio si applicano, in forza dell’art. 400 c.p.c., le norme stabilite per il procedimento davanti al giudice adito in revocazione – ha statuito che la norma di cui all’art. 348 c.p.c. (nel testo ratione temporis applicabile) deve essere interpretata nel senso che è causa di improcedibilità del giudizio di revocazione solo il mancato deposito del fascicolo di parte della causa per cui pende il giudizio di revocazione, e non anche il mancato deposito del fascicolo di parte del precedente grado di appello.

Trattasi di interpretazione conforme allo scopo di cui al citato art. 348 c.p.c., che è quello di consentire al giudice e alla controparte di verificare la regolarità degli atti e dei documenti che la parte offre in comunicazione, laddove la mancanza della documentazione necessaria per l’emissione della decisione, contenuta nel fascicolo di appello, assume rilievo sotto il diverso profilo dell’eventuale mancanza, al momento della decisione, di atti ritenuti necessari a supporto di domande ed eccezioni della parte medesima.

2. – Il secondo mezzo del medesimo ricorso censura omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte d’appello in maniera incongrua ritenuto che il riconoscimento della sottoscrizione equivalesse a riconoscimento della conformità della copia all’originale. Ad avviso del ricorrente, non si comprende come possa ritenersi implicito nel riconoscimento della propria sottoscrizione in fotocopia il riconoscimento della conformità della copia all’originale, tra l’altro a fronte di un espresso disconoscimento di detta conformità effettuato dal M. nel giudizio in cui la copia fotostatica stessa è stata prodotta. La Corte di Venezia sarebbe incorsa nel vizio di contraddittoria motivazione anche per avere dapprima affermato che nel caso che ci occupa non è stato trovato il documento originale attestante la stipula del preliminare e poi rilevato che ricorre la fattispecie di cui all’art. 395 c.p.c., n. 3, relativa, appunto, al rinvenimento di uno o più documenti decisivi. Nel caso di specie, nessun documento decisivo sarebbe stato rinvenuto dopo il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, essendo quello stesso documento già stato oggetto di esame da parte dei giudici di primo grado e di appello.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 214 c.p.c. e art. 2719 c.c., per avere la Corte di Venezia confuso l’istituto del disconoscimento della scrittura privata, disciplinato dall’art. 214 c.p.c., con quello del disconoscimento della conformità di copia fotostatica all’originale, disciplinato dall’art. 2719 c.c.. La Corte d’appello sarebbe incorsa in violazione di legge sia per avere ritenuto concretato un inesistente riconoscimento di conformità della copia con il suo originale, sia per avere attribuito a detto inesistente riconoscimento operatività retroattiva, tanto da incidere su un giudizio definito con sentenza passata in giudicato, e nel quale il M. aveva espressamente e formalmente disconosciuto detta conformità.

Con il quarto mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., n. 3) il ricorrente, nel censurare che la Corte d’appello abbia riconosciuto la sussistenza dei presupposti dell’art. 395 c.p.c., n. 3, sostiene che in realtà non vi è alcun documento rinvenuto dopo il passaggio in giudicato della sentenza. Ad avviso del ricorrente, nessun documento è stato rinvenuto dopo il passaggio in giudicato della sentenza revocata, visto che trattasi di documento presente in giudizio da sempre, seppur privo di qualunque efficacia. L’art. 395 c.p.c., n. 3, non contemplerebbe affatto, tra i motivi di revocazione, la possibilità di valutare nuovamente l’efficacia delle prove e/o dei documenti già acquisiti al giudizio, ma esclusivamente il rinvenimento di un documento decisivo che la parte non aveva potuto produrre in giudizio.

Con il quinto motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., art. 395 c.p.c., n. 3 e art. 324 c.p.c.) si deduce che la sentenza passata in giudicato aveva accertato che gli attori, a fronte del disconoscimento della fotocopia, non avevano prodotto l’originale nè avevano dato la prova della ricorrenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 2724 c.c., o fornito in altro modo la dimostrazione dei loro assunti, e che la Corte d’appello, accogliendo il motivo di revocazione, avrebbe sanato le carenze probatorie degli attori. Inoltre, gli attori non avrebbero fornito la prova della forza maggiore o del fatto dell’avversario che avrebbe determinato l’impossibilità di produzione del documento. D’altra parte, il documento decisivo non potrebbe essere utilizzato per aprire il dibattito su aspetti e temi già preclusi nel precedente giudizio qual è, nel caso di specie, la pronuncia, passata in giudicato, sull’indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto del contratto preliminare che ha portato il giudice di primo grado a ritenere comunque non accoglibile la domanda attorea e la Corte d’appello a ritenere il capo passato in giudicato, avendo qualificato inammissibile la relativa impugnazione.

Con il sesto motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., per mancata decisività dei vizi revocatori invocati, e dell’art. 324 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Ad avviso del ricorrente, il documento asseritamente rinvenuto, e illegittimamente versato in causa con l’impugnazione per revocazione proposta, non sarebbe comunque idoneo a travolgere la sentenza impugnata, non avendo controparte invocato alcun vizio revocatorio che potesse, in qualche modo, scalfire il capo di sentenza, passato in giudicato, che ha ritenuto non accoglibile la domanda attorea anche per l’indeterminatezza dell’oggetto.

2.1. – E’ preliminare in ordine logico lo scrutinio del quarto motivo.

Esso è fondato.

2.2. – L’art. 395 c.p.c., n. 3, prevede che la sentenza può essere impugnata per revocazione “se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario”.

Ai sensi della citata disposizione, il rimedio della revocazione è ammissibile – come ha chiarito la dottrina – se la parte non abbia avuto prima della sentenza la materiale disponibilità di un documento decisivo e non sia stata in grado di produrlo in giudizio o, quantomeno, di ottenerne l’acquisizione al processo per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, e successivamente essa abbia acquistato la materiale disponibilità del documento medesimo.

Condividendo questa impostazione, la giurisprudenza ha precisato che l’ipotesi di revocazione di cui al n. 3) dell’art. 395 c.p.c., presuppone che un documento decisivo preesistente alla decisione impugnata, che la parte non abbia potuto a suo tempo produrre per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sia stato trovato solo successivamente a tale decisione (Cass., Sez. 2, 8 giugno 2011, n. 12530; Cass., Sez. 3, 20 febbraio 2015, n. 3362; Cass., Sez. 5, 10 febbraio 2017, n. 3591).

In questo contesto, deve escludersi che rientri nell’ipotesi di impugnazione straordinaria di cui dell’art. 395 c.p.c., citato n. 3, il successivo riconoscimento – nel corso di una deposizione testimoniale resa, in sede di giudizio penale, da chi era stato convenuto nel precedente giudizio civile – della sottoscrizione apposta sulla copia fotografica di contratto preliminare, fotocopia già prodotta nel giudizio civile conclusosi con la sentenza passata in giudicato ed espressamente disconosciuta, quanto alla sua conformità con l’originale, da parte del medesimo convenuto.

In siffatta evenienza, infatti, si è di fronte, non al rinvenimento di un nuovo documento decisivo preesistente alla decisione impugnata per revocazione, ma alla successiva acquisizione, da parte del medesimo documento (copia fotostatica) già presente all’interno dell’incartamento processuale del giudizio civile, di un’efficacia probatoria in precedenza non potuta conseguire per esserne stata espressamente disconosciuta la conformità all’originale.

Il carattere di impugnazione eccezionale della revocazione, per i soli motivi tassativamente indicati nell’art. 395 c.p.c., comporta l’inammissibilità di ogni censura non compresa in detta tassativa elencazione (Cass., Sez. U., 25 luglio 2007, n. 16402).

2.3. – L’accoglimento del quarto motivo comporta l’assorbimento delle doglianze articolate con gli altri motivi (il secondo, il terzo, il quinto e il sesto) come sopra riassunti.

3. – La sentenza non definitiva della Corte d’appello di Venezia n. 2338/12 è cassata senza rinvio, perchè la domanda di revocazione era inammissibile.

4. – Per effetto della cassazione senza rinvio della sentenza non definitiva della Corte d’appello, resta caducata la sentenza definitiva n. 937/14 della stessa Corte d’appello che ha pronunciato sul rescissorio.

5. – Diventano pertanto inammissibili i ricorsi, principale ed incidentale, proposti contro la sentenza n. 937/14 della Corte di Venezia (cfr. Cass., Sez. lav., 27 maggio 2003, n. 8440; Cass., Sez. lav., 29 gennaio 2004, n. 1679; Cass., Sez. 3, 14 febbraio 2013, n. 3656).

6. – La complessità e la novità delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

PQM

 

La Corte così provvede:

– accoglie il quarto motivo del ricorso M. (inscritto al NRG 11830/2013), rigetta il primo motivo del medesimo ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa senza rinvio la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2338/12 perchè la domanda di revocazione era inammissibile;

– dichiara, di conseguenza, la perdita di efficacia della sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 937/14;

– dichiara inammissibili i ricorsi, principale ed incidentale, inscritti al NRG 23897/2014, avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 937/14;

– dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2017

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