Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1481 del 26/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 26/01/2010), n.1481

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15767-2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

T.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA QUINTINO

SELLA 41, presso lo studio dell’avvocato BOVELACCI CAMILLA,

rappresentato e difeso dagli avvocati VALGIMIGLI LORENZO, BELLINI

LUCA, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 44/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

RIMINI, depositata il 21/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/12/2009 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

lette le conclusioni scritte dal P.M. in persona del SOSTITUTO

PROCURATORE GENERALE Dott. DE NUNZIO Wladimiro, con cui si chiede che

la Corte Suprema di Cassazione in camera di consiglio, accolga il

ricorso per manifesta fondatezza con le pronunce consequenziali.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

T.S., ragioniere libero professionista, ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale di Rimini avverso il silenzio- rifiuto sulla istanza di rimborso delle somme versate a titolo di IRAP per l’anno 1998, ritenendo il versamento non dovuto in relazione ai principi espressi dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 156/2001.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso.

Appellava l’Ufficio, e la Commissione Tributaria Regionale della Emilia-Romagna, con sentenza n. 44 in data 22-11-2004, depositata il 26-10-2004, rigettava il gravame, confermando la sentenza impugnata.

Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione il Ministero della Economia e delle Finanze e la Agenzia delle Entrate, con due motivi.

L’intimato resiste con controricorso.

Il P.G. conclude per la manifesta fondatezza del ricorso, ex art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, va rilevata la inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero della Economia e della Finanze: nel caso di specie al giudizio innanzi la Commissione Regionale ha partecipato l’ufficio periferico di Rimini della Agenzia delle Entrate, successore a titolo particolare del Ministero, ed il contraddittorio è stato accettato dal contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione del Ministero, che così risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte, (ex plurimis v. Cass. n. 3557/2005) estromesso implicitamente dal giudizio, con la conseguenza che la legittimazione a proporre ricorso per cassazione sussisteva unicamente in capo alla Agenzia. Le spese relative a detto ricorso devono essere compensate tra le parti, per la obbiettiva incertezza esistente all’epoca della successione tra i citati enti.

Preliminarmente, occorre prendere in considerazione la eccezione di tardività del ricorso, formulata dal contribuente nel controricorso.

Sostiene che, essendo stata notificata la sentenza impugnata il 6-4- 2005, il termine per impugnare scadeva il 5-6-2005, prorogato al 6-6 in quanto il precedente era festivo.

Il ricorso era invece stato notificato il 7-6-2005, con superamento del termine.

L’assunto è errato. La sentenza fu notificata non il 6-4-2005, bensì l’8-4-2005, data in cui fu ricevuta dalla Agenzia delle Entrate, ufficio di Rimini, come emerge dalla relata. Tale data costituisce il “dies a quo” del decorso del termine per impugnare a carico dell’Ufficio, ex art. 325 c.p.c., u.c.. Ne consegue che il 7-6- 2005, giorno di consegna del plico contenente il ricorso agli Ufficiali Giudiziari, ed in cui pertanto si perfeziona la notifica per il notificante, (Corte Cost. sent. n. 477 del 2002) è l’ultimo utile, con conseguente tempestività del ricorso.

Con il primo motivo, la Agenzia deduce violazione della L. n. 289 del 2003, art. 9. Espone che, quale motivo di appello, aveva dedotto che la parte, avendo optato per la definizione automatica per gli anni in questione ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, aveva reso definitiva la liquidazione delle imposte, ivi compreso l’IRAP, ed aveva pertanto rinunciato ad eventuali cause di esclusione dal tributo, e di conseguenza, ad ogni contenzioso derivante da esso, nonchè, a fortiori, alla istanza di rimborso.

La Commissione aveva escluso la rilevanza del ricorso al condono, in caso di ipotesi in cui veniva meno il presupposto impositivo, disapplicando i principi di cui sopra.

Con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 (come modificato dal D.Lgs. n. 446 del 1997) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene a tale proposito che la normativa assoggetta all’imposta, in via di principio, coloro che esercitano attività libero- professionale, e quindi non può essere escluso il presupposto impositivo sulla base di una ritenuta esiguità di mezzi per lo svolgimento della attività o su una asserita prevalenza delle capacità personali rispetto alla struttura organizzativa. Il primo motivo è palesemente fondato.

Deve infatti rammentarsi il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui in tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità di imposte definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per carenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP); il condono, infatti in quanto volto a definire “transattivamente” la controversia in ordine alla esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti che non si intersecano tra loro, ovverossia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso della somme indebitamene pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente corrisposto in via ordinaria. (v. per tutte Cass. n. 3682 del 2007).

Il secondo motivo rimane assorbito.

Il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza cassata senza rinvio, con reiezione del ricorso introduttivo del contribuente.

Attese le incertezze giurisprudenziali di merito, le spese dell’intero giudizio devono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero e compensa le relative spese; accoglie il primo motivo del ricorso della Agenzia, dichiara assorbito il secondo, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, respinge il ricorso introduttivo del contribuente e compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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