Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14809 del 30/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 14809 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso 13766-2011 proposto da:
BLASCO LILIANA nato a REGALBUTO il 14/01/1948, MISSALE
MICHELE nato a FRANCOFONTE il 25/01/1929, GRECO
GIUSEPPE GRCGPP46B22C351T, domiciliati in ROMA ex lege
P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE
rappresentati e difesi dall’avvocato CIRALDO ENRICO;
– ricorrenti –

2014
1084

contro

CONDOMINIO VIA PENNINELLO 6 CATANIA 93031810877,
ANASTASIO MARIA ANTONIA, CANTELLO OLGA;
– intimati –

Data pubblicazione: 30/06/2014

Nonché da:
CONDOMINIO VIA PENNINELLO 6 CATANIA 93031810877,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CESI
21, presso lo studio dell’avvocato TORRISI
MASSIMILIANO, rappresentato e difeso dall’avvocato

– ricorrente incidentale nonchè contro

GRECO GIUSEPPE GRCGPP46B22C351T, BLASCO LILIANA nato a
REGALBUTO il 14/01/1948, MISSALE MICHELE nato a
FRANCOFONTE il 25/01/1929, ANASTASIO MARIA ANTONIA,
CANTELLO OLGA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 355/2011 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 15/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2014 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
udito l’Avvocato CIRALDO Enrico, difensore dei
ricorenti che si è riportato agli atti depositati ed
ha depositato n.1 avviso di avvenuta notifica;
udito l’Avvocato PARDO Massimo difensore del
resistente che si è riportato agli atti depositati ed
ha depositato n.2avvisi di avvenuta notifica;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per il

PARDO MASSIMO;

rigetto del ricorso principale e per l’assorbimento

del ricorso incidentale condizionato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 25-7-1995 i coniugi Giuseppe Greco e Liliana Blasco nonché i
coniugi Michele Missale e Maria Cantello convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Catania il
Condominio dell’edificio sito in Catania, via Penninello 6 e, premesso di essere comproprietari “pro

stabile condominiale, assumevano che con delibera assembleare del 9-6-1995 era stata approvata
a maggioranza dei presenti e con il voto contrario del Missale, l’installazione di un ascensore
condominiale secondo il progetto redatto dall’architetto Dato, con la ripartizione delle relative
spese tra i soli condomini interessati.

Gli attori lamentavano che tale installazione avrebbe ridotto l’uso del cortile condominale in
favore di alcuni condomini e, inoltre, sarebbe avvenuta con violazione delle distanze legali dalle
vedute laterali e dirette degli appartamenti di proprietà degli esponenti.

Essi quindi chiedevano dichiararsi la nullità della delibera assembleare del 9-6-1995 per la parte
impugnata, e dichiararsi che il progetto di installazione dell’ascensore, approvato con la suddetta
delibera, era stato redatto in violazione dei diritti degli esponenti.

Costituendosi in giudizio il Condominio convenuto contestava il fondamento della domanda attrice
di cui chiedeva il rigetto.

Il Tribunale adito con sentenza del 5-5-1999 rigettava la domanda, rilevando tra l’altro che ai sensi
dell’art. 183 c.p.c. dovevano ritenersi tardive ed inammissibili le eccezioni relative alla nullità della
delibera per violazione dell’art. 1136 quinto comma c.c. e per violazione del diritto di proprietà
esclusiva del ballatoio di sbarco dell’ascensore al livello dell’appartamento al primo piano.

1

indiviso” rispettivamente degli appartamenti siti al piano ammezzato ed al primo piano dello

Proposta impugnazione da parte del Greco, della Blasco, del Missale e della Cantello cui resisteva il
predetto Condominio la Corte di Appello di Catania con sentenza del 29-5-2002 rigettava il
gravame.

A seguito di ricorso per cassazione da parte del Greco, della Blasco, del Missale e della Cantello cui

accolto i primi due motivi di ricorso, ha dichiarato assorbiti gli altri, ha cassato la sentenza
impugnata ed ha rinviato la causa anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità ad
altra sezione della Corte di Appello di Catania; al riguardo la Corte di Cassazione ha affermato la
fondatezza dei suddetti motivi in quanto con essi i ricorrenti avevano dedotto la violazione del
diritto di proprietà, cosicché ogni ulteriore specificazione delle modalità con le quali essa era
avvenuta non comportava una modificazione non consentita della “causa petendi”.

Riassunto il giudizio da parte del Greco, della Blasco, del Missale e della Cantello cui resisteva il
predetto Condominio, nelle more del giudizio stesso interveniva quale condomina dello stabile
Maria Antonia Anastasio, che aderiva alla posizione del Condominio.

La Corte di Appello di Catania con sentenza del 15-3-2011 ha rigettato il gravame proposto nei
confronti della sentenza del Tribunale di Catania del 5-5-1999, ha condannato gli appellanti al
rimborso in favore del Condominio delle spese processuali del giudizio di appello e di quelle del
giudizio di rinvio, ed in favore della Anastasio delle spese processuali del giudizio di rinvio, ed ha
compensato interamente le spese del giudizio di cassazione.

Avverso tale sentenza il Greco, la Blasco ed il Missale hanno proposto un ricorso basato su sei
motivi cui il Condominio di via Penninello 6 in Catania ha resistito con controricorso introducendo
altresì un ricorso incidentale condizionato articolato in cinque motivi; in atti vi è controricorso

2

resisteva il Condominio di via Penninello 6 in Catania questa Corte con sentenza del 21-11-2006 ha

della Anastasio notificato al Missale ma non depositato; Olga Cantello nella qualità di erede di
Maria Cantello non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Questa Corte con ordinanza del 31-10-2013 ha concesso termine al suddetto Condominio di giorni
90 per la produzione in giudizio della delibera che autorizzava l’amministratore a stare in giudizio;

depositato una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve rilevarsi l’improcedibilità del controricorso della Anastasio notificato al
Missale e non depositato.

Venendo poi all’esame del ricorso principale, si rileva che con il primo motivo il Greco, la Blasco
ed il Missale, deducendo violazione dell’art. 384 c.p.c. con riferimento agli artt. 1117 e 1120 c.c. e
vizio di motivazione, assumono che il giudice di rinvio non si è attenuto alle premesse logico —
giuridiche della sentenza di questa stessa Corte sopra menzionata ed ha esteso la sua valutazione
a questioni che avevano formato oggetto di giudicato implicito da parte del giudice di legittimità;
quest’ultimo, invero, aveva accolto il primo motivo di ricorso degli esponenti nel quale era stata
dedotta una violazione della proprietà individuale (parte del ballatoio) in conseguenza degli
elaborati tecnici; inoltre era stato accolto il secondo motivo di ricorso, rilevando che la delibera
impugnata relativa alla installazione dell’ascensore aveva per oggetto una innovazione prevista
dall’art. 1120 primo comma c.c. che avrebbe dovuto essere approvata con il “quorum” richiesto
dal quinto comma del suddetto articolo.

La censura è infondata.

3

detta delibera è stata ritualmente depositata; i ricorrenti principali hanno successivamente

La sentenza impugnata ha affermato che la pronuncia di legittimità sopra menzionata si era
limitata a sanzionare la inammissibilità, statuita dal giudice di appello, delle censure opposte dagli
appellanti riguardo alla esclusiva pertinenza del ballatoio di sbarco dell’ascensore ed alla nullità
della deliberazione assembleare per carenza del

“quorum” deliberativo, restando così

giudice di rinvio.

Tale convincimento è corretto; la sentenza di questa stessa Corte sopra richiamata ha accolto i
primi due motivi di ricorso formulati dal Greco, dalla Blasco, dal Missale e dalla Cantello con i quali
costoro avevano impugnato la pronuncia della Corte di Appello di Catania che aveva ritenuto
inammissibili la dedotta violazione della proprietà privata del ballatoio dell’appartamento del
Missale e della Cantello nonché il dedotto difetto del “quorum” deliberativo previsto in caso di
innovazioni in quanto questioni proposte oltre i limiti temporali di cui all’art. 183 c.p.c.; al riguardo
il giudice di legittimità ha ritenuto fondati detti motivi in quanto con essi era stata denunciata la
violazione del diritto di proprietà, cosicché ogni ulteriore specificazione delle modalità con le quali
tale violazione era avvenuta non comportava una modificazione della “causa petendi”; pertanto
non poteva trovare applicazione nella specie l’art. 183 c.p.c.

Orbene è evidente che la Corte di cassazione, limitando la sua pronuncia a tale statuizione in
ordine alla ammissibilità delle questioni sollevate dai ricorrenti e rinviando la causa ad altra
sezione della Corte di Appello di Catania, non si è affatto pronunciata sul merito delle questioni
stesse, il cui esame è stato demandato al giudice di rinvio, non avendo espresso alcun giudizio né
sulla asserita natura privata del ballatolo né sul preteso difetto del
impugnata.

4

“quorum” della delibera

impregiudicato il merito di entrambe le eccezioni sulle quali, quindi, era chiamato a pronunciarsi il

Con il secondo motivo i ricorrenti principali, denunciando violazione degli artt. 1117 e 1125 c.c.,
sostengono che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che il ballatoio di sbarco
dell’impianto di elevazione avesse natura condominale e non privata; invero tale ballatoio dà
accesso esclusivo all’appartamento di proprietà del Missale, e su di esso non sussiste alcun

cancelletto.

Il motivo è infondato.

Il giudice del rinvio ha affermato che il ballatoio in questione, lungi dal poter essere assimilato,
quanto a struttura e funzione, a dei normali balconi aggettanti, costituisce una corsia di accesso,
seppure a cielo aperto, degli appartamenti che si affacciano sul cortile comune, cosicché integra la
naturale prosecuzione delle scale comuni e del pianerottolo dai quali si dipartiva; era invero
incontroverso che tale manufatto dà accesso a due distinti appartamenti, quello di proprietà dei
coniugi Missale e Cantello, e quello di proprietà dei condomini Girgenti e Catania; inoltre
altrettanta utilità hanno le corsie ai livelli del secondo e del terzo piano, essendo ciascuna di esse
posta al servizio di tre appartamenti; da tale realtà di fatto la sentenza impugnata ha ritenuto la
presunzione di comunione del ballatoio suddetto ex art. 1117 c.c., non superata dalle avverse
deduzioni degli appellanti, che non avevano introdotto il tema di un titolo contrario idoneo a
giustificare l’asserita proprietà esclusiva del manufatto.

Si è quindi in presenza di un accertamento di fatto circa la presunzione di proprietà comune del
ballatoio in oggetto sorretto da congrua ed adeguata motivazione, a fronte del quale i profili di
censura in proposito sollevati dai ricorrenti principali si limitano inammissibilmente a prospettare
una diversa valutazione degli elementi probatori acquisiti agli atti, trascurando di considerare i
poteri in proposito devoluti in via esclusiva al giudice di merito.
5

transito da parte di altri condomini in quanto terminale del percorso e perché delimitato da un

Con il terzo motivo i ricorrenti principali, deducendo violazione degli artt. 1120 e 1136 quinto
comma c.c. con riferimento all’art. 2 della L. n. 13/1989 e D.M. n. 236 del 14-6-1989, rilevano che,
avendo il CTU accertato che l’ascensore progettato non rispettava i parametri minimi dimensionali
disciplinati dal sopra citato D.M. onde beneficiare, per la relativa approvazione, delle maggioranze

di cui all’art. 1136 quinto comma c.c.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha ritenuto che l’operatività della normativa di cui all’art. 2 della L. 9-1-1989 n.
13 postula semplicemente che, ai fini dell’applicabilità delle maggioranze di cui agli artt. 1136
secondo e terzo comma c.c., le deliberazioni abbiano ad oggetto le innovazioni da attuare negli
edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche, nonché la realizzazione di percorsi
attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi
all’interno degli edifici, essendo l’oggetto in sé della deliberazione che soddisfa la causa sociale
della legge e merita, per ciò stesso, le minori maggioranze in punto di “quorum” deliberativo, al
fine di favorire i soggetti diversamente abili nell’accesso agli edifici privati; ha quindi aggiunto che
la diversa questione della adeguatezza del progetto di massima approvato alle normative tecniche
in tema di superamento delle barriere architettoniche attiene, invece, alla successiva fase
esecutiva, nell’ambito della quale sarà possibile adottare gli accorgimenti tecnici necessari al
conseguimento delle autorizzazioni amministrative, peraltro nella specie facilmente praticabili,
come evidenziato dal CTU negli elaborati in atti.

Il convincimento del giudice di rinvio è immune dai profili di censura dedotti dai ricorrenti
principali, posto che esso muove dal corretto presupposto che la L. 9-1-1989 n. 13, ispirata
espressamente al fine di favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche
6

previste dal suddetto art. 2, la delibera impugnata era nulla in quanto non assunta con il “quorum”

negli edifici privati, con l’art. 2 citato collega la legittimità delle deliberazioni assembleari assunte
con le maggioranze di cui all’art. 1136 secondo e terzo comma c.c. al relativo oggetto, essendo
quindi sufficiente che esse intendano realizzare le suddette finalità, come appunto nella
fattispecie, dove evidentemente non è in contestazione che l’oggetto della delibera impugnata

alle misure tecniche previste dal D.M. n. 236/1989 non incide sulla legittimità di tale delibera, ciò
attenendo alla distinta questione della sua esecuzione, in relazione alla quale acquisteranno
rilevanza le autorizzazioni amministrative, subordinate evidentemente alla regolarità delle
caratteristiche tecniche dell’ascensore da realizzare nell’edificio condominiale.

Con il quarto motivo i ricorrenti principali, denunciando violazione degli artt. 907 e 1027 c.c.,
rilevano che le norme sulle distanze legali sono applicabili anche nell’ambito di un edificio
condominiale, a meno che l’utilizzo del bene comune non sia incompatibile con la disciplina delle
distanze stesse; orbene nella fattispecie il giudice di rinvio non ha tenuto conto che: a) agli
appartamenti degli esponenti si accede da scale diverse, in quanto il Greco e la Blasco accedono
autonomamente da una scala secondaria, mentre il Missale accede dalla scala secondaria
attraverso la balconata a sbalzo; b) i suddetti appartamenti sono sovrapposti l’uno all’altro, posto
che al piano ammezzato trovasi quello dei signori Greco e Blasco che non ha balconi ma solo
finestre, ed al primo piano è posto quello di proprietà del Missale; c) l’ascensore, per sbarcare
nella balconata di proprietà del Missale, dovrà passare a circa un metro dalle finestre del
sottostante appartamento del Greco e della Blasco, con la conseguente perdita di appetibilità e
valore commerciale di tale unità immobiliare, che tra l’altro non potrà mai utilizzare l’ascensore
che non ha sbarco dinanzi a tale appartamento.

La censura è infondata.

7

rientri nell’ambito di operatività dell’art. 2; il fatto poi che il progetto di massima non sia conforme

La Corte territoriale, premesso che la normativa in materia di distanze legali non opera nei
rapporti tra condomini riguardo a quegli impianti indispensabili ai fini della idonea utilizzazione
dell’immobile condominiale, ha ritenuto che l’installazione di un impianto di elevazione riveste tali
caratteristiche, avuto riguardo alla evoluzione delle esigenze generali dei cittadini; inoltre l’art. 3

opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà
odi uso comune”, non fa riferimento alle unità immobiliari comprese nel medesimo edificio
condominiale; la sentenza impugnata ha poi evidenziato che la CTU aveva accertato la legittimità
dell’uso del bene comune costituito dal cortile interno interessato dalla installazione dell’impianto
di elevazione, dando conto di tutti gli elementi in fatto della innovazione, escludendo sotto tale
profilo sia qualsiasi compromissione del “comfort luminoso” degli appartamenti, sia pregiudizi al
valore dell’immobile, sia sensibili inquinamenti acustici, comunque evitabili mediante la concreta e
praticabile predisposizione di adeguate tecniche di assorbimento.

Orbene, premesso che tali statuizioni appaiono soltanto genericamente censurate dai ricorrenti, si
ritiene assorbente rilevare che in tema di condominio l’installazione di un ascensore, al fine
dell’eliminazione delle barriere architettoniche, realizzata da un condomino su parte di un cortile e
di un muro comuni, deve considerarsi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della
reale abitabilità dell’appartamento. e rientra pertanto nei poteri spettanti ai singoli condomini ai
sensi dell’art. 1102 c.c., senza che, ove siano rispettati i limiti di uso delle cose comuni stabiliti da
tale norma, rilevi la disciplina dell’art. 907 c.c. sulla distanza delle costruzioni dalle vedute,
neppure per effetto del richiamo ad essa operato nell’art. 3 secondo comma della L. 9-1-1989 n.
13, non trovando detta disposizione applicazione in ambito condominiale (Cass. 3-8-2012 n.
14096); nella fattispecie, invero, ben può trovare applicazione tale condivisibile orientamento

8

dalla L. 9-1-1989 n. 13, nel porre l’obbligo del rispetto delle distanze legali “nell’ipotesi in cui tra le

giurisprudenziale, posto che non è risultato che l’installazione dell’ascensore per cui è causa abbia
comportato un pregiudizio all’uso dei beni comuni da parte degli altri condomini.

Con il quinto motivo i ricorrenti principali, deducendo violazione degli artt. 383 e 394 c.p.c.,
censurano la sentenza impugnata per non aver rilevato il difetto di legittimazione della Anastasio,

suddetto Condominio; inoltre non è stata esaminata l’eccezione degli esponenti in ordine al suo
diritto di costituirsi in sede di giudizio di rinvio.

La censura è infondata.

Premesso che i ricorrenti non hanno dedotto di aver contestato nel giudizio di rinvio la qualità di
condomina della Attanasio, in linea di diritto deve poi rilevarsi che la caratteristica del giudizio di
rinvio come giudizio chiuso, con riferimento non solo all’oggetto, ma anche ai soggetti, non
preclude che in tale fase, in una controversia tra condomini e condominio, rappresentato
dall’amministratore, per tutelare i diritti della collettività, intervengano singoli condomini a
sostegno del condominio, rispetto al quale, come per il giudizio di appello, i condomini
intervenienti non sono terzi, perché invece si identificano sostanzialmente con tale parte, già in
giudizio (Cass. 24-5-2000 n. 6813).

Con il sesto motivo i ricorrenti principali, deducendo violazione dell’art. 91 c.p.c., censurano la
sentenza impugnata per non aver compensato le spese di giudizio, attesa la peculiarità della
questione decisa.

li motivo è infondato.

La sentenza impugnata ha considerato gli appellanti soccombenti tenuti alla rifusione delle spese

processuali, oltre che in favore del Condominio, anche in favore della Anastasio, interveniente
9

intervenuta volontariamente nel giudizio di rinvio senza provare la sua qualità di condomina nel

adesiva dipendente, il cui interesse al rigetto della domanda attrice trovava titolo nella provata
condizione di invalida civile al 100%; orbene tale statuizione è del tutto corretta in quanto
conforme al principio della soccombenza.

In definitiva il ricorso principale deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte
Rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato e condanna i
ricorrenti principali in solido al pagamento di euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per
compensi oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma il 23-4-2014

Il Consigliere estensore

lI

,

ente

Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito all’esito del rigetto del ricorso principale.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA