Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14809 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/07/2011, (ud. 11/05/2011, dep. 05/07/2011), n.14809

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 34148/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

C.B., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PIETRO

TACCHINI 7 presso lo studio dell’avvocato CUGGIANI ALESSANDRO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati LIOI MICHELE ROSARIO

LUCA, MARCONI MARIO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 156/2 005 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 17/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il resìstente l’Avvocato DE BELLIS GIANNI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Ministero dell’economia e l’agenzia delle entrate, con un unico motivo, impugnano con ricorso per cassazione la sentenza n. 156/10/05 della CTR del Lazio in data 4.7.2005, con cui veniva accolto l’appello di C.B. avverso quella di primo grado, con la quale era stato respinto il ricorso in opposizione contro l’avviso di accertamento in rettifica della dichiarazione relativa all’Iva per l’anno 1994, per cui l’ufficio non riconosceva il credito d’imposta inerente ai banchetti tenuti nella villa di proprietà di questi e della moglie mediante catering. La CTR osservava che non era dato riscontrare elementi, da cui desumere che l’immobile fosse stato affittato unitariamente per servizio di ristorazione svolto dall’impresa “Le Cigalas” gestita dal contribuente, che resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va rilevato che il ricorso del Ministero va dichiarato inammissibile, in quanto esso non era stato parte nel giudizio di secondo grado, e perciò non poteva impugnare la sentenza del giudice di appello.

Invero in tema di contenzioso tributario, una volta che l’appello avverso la sentenza della commissione provinciale era stato proposto soltanto dall’ufficio periferico dell’agenzia delle entrate, succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle finanze nel corso del giudizio di primo grado, e la società contribuente aveva accettato il contraddittorìo nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, il relativo rapporto si svolgeva soltanto nei confronti dell’agenzia delle entrate, che ha personalità giuridica ai sensi del D.Lgs. n. 330 del 1999, e che era divenuta operativa dal 1.1.2001 a norma del D.M. 28 dicembre 2000, senza che il dante causa Ministero delle finanze fosse stato evocato in giudizio, l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per Cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale allora era solamente l’agenzia delle entrate. Pertanto il ricorso proposto dal Ministero deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione (V. puro Cass. Sentenze n. 18394 del 2004, n. 19072 del 2003).

Inoltre va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dal controricorrente, secondo cui esso sarebbe inammissibile per mancanza di autosufficienza, giacche gli elementi su cui si fonda sarebbero stati indicati in modo generico.

La questione non va condivisa, posto che la ricorrente agenzia ha enunciato i dati su cui la doglianza si basa, e cioè le dichiarazioni di C. stesso; le scritture contabili ed extracontabili; le varie suppellettili rinvenute dalla Guardia di finanza. Ugualmente infondata si rivela l’altra questione di inammissibilità del gravame relativa alla mancanza del quesito, posto che la sentenza impugnata è stata pubblicata in data anteriore al 2.3.2006, giusta il disposto del D.Lgs. n. 40 del 2006.

In ordine poi alla posizione dell’altra ricorrente, e cioè l’agenzia delle entrate, col motivo addotto a sostegno del ricorso essa deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di legge e vizio di motivazione, in quanto la commissione tributaria regionale non avrebbe considerato che lo stesso contribuente aveva affermato che si occupava del catering, mettendo a disposizione la villa, e ciò risultava anche dalla pubblicità sulla rivista (OMISSIS) e sulle (OMISSIS), oltre che dalla documentazione contabile ed extra, sicchè il rapporto con i terzi era unitario ai fini fiscali.

Il motivo è infondato. La CTR osservava che si trattava di locazione verbale e che da ciò non era dato inferire che essa si inquadrasse in un rapporto unitario con l’impresa di catering, a cui non si poteva attribuire l’appartenenza a C. in mancanza di riscontri.

L’assunto è esatto. Appare opportuno premettere che in tema di accertamento tributario relativo sia all’imposizione diretta, che all’IVA, la legge – rispettivamente D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, (richiamato dal successivo art. 40 per quanto riguarda la rettifica delle dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche) ed D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, – dispone che l’inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove “certe”, ed in tal caso deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi dell’art. 2727 c.c. e ss., e art. 2697 c.c., comma 2, (V. pure Cass. Sentenze n. 9784 del 23/04/2010, n. 6849 del 2009). Ciò posto, tuttavia va osservato che nella specie l’agenzia, come esattamente rilevato dal giudice di appello, non aveva fornito la prova che l’affitto della villa, peraltro di proprietà comune tra C. e la moglie, fosse compreso nel prezzo di volta in volta pattuito per il servizio di catering, non potendo a tal fine costituire alcun riscontro il singolo contratto verbale stipulato con i vari committenti. Peraltro il coniuge era e-straneo all’attività d’impresa esercitata dal contribuente, per il quale quindi nessun rapporto unitario imprenditoriale poteva riscontrarsi tra i singoli contratti d’affitto dei locali e l’attività di catering, che giustamente venivano scissi ai fini fiscali, nel senso che la pigione per i primi costituiva reddito imponibile ai fini dell’imposizione diretta per i proprietari, che l’avevano dichiarato in tal senso, e ciò separatamente dalla contabilità inerente al servizio di ristorazione per quella indiretta (Iva). D’altronde si tratta di valutazione degli elementi acquisiti dal giudice di merito, che non possono essere prospettati diversamente in questa sede di legittimità, atteso che e inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, dal momento che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. Infatti, in caso contrario, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 7394 del 26/03/2010, n. 6064 del 2008).

Quindi anche in rapporto a tali non corrette valutazioni giuridiche, le doglianze della ricorrente non riescono ad intaccare quelle del giudice del gravame, onde queste vanno complessivamente condivise, con il conseguente rigetto della presente impugnazione.

Quanto alle spese del giudizio, sussistono giusti motivi per compensarle, tenuto conto delle difformi decisioni dei giudici di merito e della natura della controversia.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia e delle finanze; rigetta quello dell’agenzia, e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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