Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14808 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 27/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 27/05/2021), n.14808

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26927-2015 proposto da:

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati GIANDOMENICO CATALANO, e LORELLA

FRASCONA’, che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati EMANUELE DE

ROSE, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO;

– controricorrente –

nonchè contro

R.R., – IMPRESA INDIVIDUALE;

– intimato –

E SUL RICORSO SUCCESSIVO SENZA NUMERO DI R.G. proposta da:

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati EMANUELE DE

ROSE, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO;

– ricorrente successivo –

contro

R.R., in proprio e nella sua qualità di titolare e legale

rappresentante della già cessata impresa individuale R.R.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo

studio dell’avvocato SEBASTIANO RIBAUDO; rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCO FOCARETA;

– controricorrente al ricorso successivo e al ricorso principale –

avverso la sentenza n. 1555/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 12/11/2014 R.G.N. 957/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2021 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza del Tribunale di Forlì, ha accolto l’opposizione proposta da R.R. avverso le cartelle per il pagamento di contributi previdenziali e premi assicurativi richiesti dall’Inps e dall’Inail commisurati dagli istituti alla retribuzione virtuale, di cui al D.L. n. 244 del 1995, art. 29 conv. in L. n. 341 del 1995, prevista dal CCNL.

La Corte, in particolare, ha ritenuto che il minimale contributivo andava commisurato alle giornate effettivamente lavorate e che nella specie vi era stata una sospensione concordata del lavoro e, dunque, era stata corrisposta una minore retribuzione cui andava commisurata la contribuzione.

Ha rilevato, inoltre, che l’omessa comunicazione all’Inps della sospensione concordata avrebbe potuto integrare un illecito amministrativo, ma non avrebbe potuto determinare l’insorgenza di un’obbligazione contributiva.

2. Avverso la sentenza ricorrono l’Inps e l’Inail deducendo un unico motivo di censura, illustrato con memoria. L’impresa intimata ha resistito con controricorso. L’Inps e l’Inail hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. L’Inps denuncia violazione del D.L. n. 244 del 1995, art. 29 conv. in L. n. 341 del 1995; del D.L. n. 338 del 1989, art. 1, comma 1, con in L. n. 389 del 1989; L. n. 448 del 1998, art. 3, commi 5 e 6, e L. n. 448 del 2001, art. 44.

Osserva che il datore di lavoro deve commisurare la contribuzione alla retribuzione calcolata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario di lavoro stabilito dal CCNL che, nella specie, era di 40 ore.

Deduce che il datore di lavoro aveva versato una contribuzione inferiore a quella virtuale e che la causale di tale riduzione non era ricompresa tra quelle che giustificavano l’esenzione dall’applicazione della norma sul minimale contributivo in edilizia, da ritenersi tassative, tra le quali la sospensione dell’attività senza l’intervento della CIG, purchè preventivamente comunicate agli enti previdenziali in modo da consentire gli opportuni controlli. Osserva che, qualora vi sia un’ipotesi di sospensione pattizia, la stessa può incidere solo sulla retribuzione e non sulla contribuzione che non è diritto disponibile.

4. Con l’unico motivo di censura, l’INAIL denuncia violazione del D.L. n. 338 del 1989, art. 1 conv. in L. n. 389 del 1989, e D.L. n. 244 del 1995, art. 29 conv. in L. n. 341 del 1995. Osserva che la questione controversa riguardava l’errata interpretazione, accolta dalla Corte territoriale, della L. n. 389 del 1989, art. 1 con riferimento al minimale contributivo ed alle ipotesi di sospensione temporanea concordata del rapporto di lavoro, neppure comunicata preventivamente agli enti previdenziali. Osserva che l’eventuale accordo tra datore di lavoro e lavoratori, pur potendo essere legittimo sotto il profilo del rapporto di lavoro, non lo era, se non nei casi tassativamente previsti, nei confronti degli enti previdenziali.

5. I motivi, congiuntamente esaminati, sono fondati.

6. Devono essere confermati i principi affermati da questa Corte, consolidatisi dopo l’arresto delle Sezioni Unite n. 11199 del 29/07/2002, secondo cui l’importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all’importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (c.d. “minimale contributivo”), secondo il riferimento ad essi fatto – con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale – dal D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 1 (convertito in L. 7 dicembre 1989, n. 389), senza le limitazioni derivanti dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 36 Cost. (c.d. “minimo retributivo costituzionale”), che sono rilevanti solo quando a detti contratti si ricorre – con incidenza sul distinto rapporto di lavoro – ai fini della determinazione della giusta retribuzione (v. ex aliis da ultimo Cass. N. 15120/2019, n. 16859/2020, n. 21479/2020).

7. Si è affermato che la regola del minimale contributivo deriva dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende dell’obbligazione retributiva, ben potendo l’obbligo contributivo essere parametrato a importo superiore a quanto effettivamente corrisposto dal datore di lavoro.

Tale principio opera sia con riferimento all’ammontare della retribuzione c.d. contributiva, sia con riferimento all’orario di lavoro da prendere a parametro, che dev’essere l’orario di lavoro normale stabilito dalla contrattazione collettiva o dal contratto individuale se superiore.

E’ evidente, infatti, che se ai lavoratori vengono retribuite meno ore di quelle previste dal normale orario di lavoro e su tale retribuzione viene calcolata la. contribuzione, non vi può essere il rispetto del minimo contributivo nei termini sopra rappresentati.

Anche con riferimento all’orario vale il principio stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza 20 luglio 1992, n. 342, secondo il quale “una retribuzione (…) imponibile non inferiore a quella minima (è) necessaria per l’assolvimento degli oneri contributivi e per la realizzazione delle finalità assicurative e previdenziali, (in quanto), se si dovesse prendere in considerazione una retribuzione imponibile inferiore, i contributi determinati in base ad essa risulterebbero tali da non poter in alcun modo soddisfare le suddette esigenze”.

8. Nel settore dell’edilizia, il D.L. n. 244 del 1995, art. 29 conv. in L. n. 341 del 1995, individua le ipotesi di esenzione dall’obbligo del minimale contributivo inteso anche come obbligo di commisurare la contribuzione ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale e dai relativi contratti integrativi territoriali di attuazione – con disposizione, avente chiara finalità antielusiva, che è stata ritenuta da questa Corte di stretta interpretazione, analogamente alle fonti normative cui essa rinvia (Cass. n. 9805 del 04/05/2011, Cass. n. 10134 del 26/04/2018, Cass. n. 4690 del 18/2/2019).

9. La necessità di tipizzare le suddette ipotesi eccettive è sorta nel settore edile proprio perchè ivi la possibilità di rendere la prestazione lavorativa è normalmente condizionata da eventi esterni che sfuggono al controllo delle parti. Il fatto che per gli altri settori merceologici non vi sia analoga previsione non significa che sussista una generale libertà delle parti di modulare l’orario di lavoro e la stessa presenza al lavoro così rimodulando anche l’obbligazione contributiva, considerato che questa seconda è svincolata dalla retribuzione effettivamente corrisposta e dev’essere connotata dai caratteri di predeterminabilità, oggettività e possibilità di controllo.

10. Anche nei settori diversi da quello edile, la contribuzione è dunque dovuta nei casi di assenza del lavoratore o di sospensione concordata della prestazione stessa che costituiscano il risultato di un accordo tra le parti derivante da una libera scelta del datore di lavoro e non da ipotesi previste dalla legge e dal contratto collettivo (quali malattia, maternità, infortunio, aspettativa, permessi, cassa integrazione) (cfr tra le tante, Cass. N. 15120/2019, n. 16859/2020)

11. Va, altresì, precisato (cfr Cass. sent. N. 5233/2007, n. 15120/2019) che il minimale contributivo di cui al D.L. n. 244 del 1995, art. 29 cit., non trova applicazione soltanto nelle ipotesi in cui non sia dovuta, in dipendenza del rapporto di lavoro, nè alcuna prestazione lavorativa, nè alcuna retribuzione-corrispettivo, ossia nei casi di sospensione del sinallagma funzionale del contratto di lavoro: e ciò sia che si versi nelle ipotesi tipiche di cui all’art. 29, cit. (e cioè di assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione o riduzione dell’attività lavorativa con intervento della cassa integrazione guadagni, nonchè per altri eventi indennizzati ed eventi per i quali il trattamento economico è assolto mediante accantonamento presso le casse edili, oltre quelle poi previste dal D.M. 16 dicembre 1996), sia che ricorra qualcuna di quelle ulteriori e innominate ipotesi di sospensione “necessitata” ascrivibili all’interpretazione estensiva che della disposizione cit. ha dato questa Corte, al fine di evitare disparità di trattamento tra imprese edili soggette o meno all’intervento della cassa integrazione guadagni (così Cass. n. 5233 del 2007, già cit., cui hanno dato continuità, tra le tante, Cass. nn. 9805 del 2011 e 11337 del 2018), purchè le une o le altre siano state previamente comunicate agli enti previdenziali, ai fini degli opportuni controlli.

12. Ove dunque gli enti previdenziali e assistenziali pretendano da un’impresa differenze contributive sulla retribuzione virtuale determinata ai sensi del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 1, comma 1 anche con riferimento all’orario di lavoro, incombe al datore di lavoro allegare e provare la ricorrenza di un’ipotesi eccettuativa dell’obbligo, nel senso sopra individuato.

13. Nella fattispecie la Corte territoriale non si è attenuta a detti principi. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio, che si atterrà ai principi sopra fissati.

P.Q.M.

Accoglie i ricorsi, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

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