Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14806 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 18/06/2010, (ud. 28/04/2010, dep. 18/06/2010), n.14806

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

IACP PROVINCIA DI NAPOLI in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE

22, presso lo studio dell’avvocato CUCCIA ANDREA, rappresentato e

difeso dall’avvocato BOCCHINI ERMANNO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SAN GIORGIO A CREMANO in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA MONZAMBANO 5, presso lo studio

dell’avvocato SORDI ALBERTO, che lo rappresenta e difende, giusta

delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2/2005 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 18/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/04/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito per il ricorrente l’Avvocato CUCCIA, per delega dell’Avvocato

BOCCHINI, che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato SINOPOLI, con delega, che ha

chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Istituto Autonomo Case Popolari ha impugnato l’avviso di liquidazione ICI per la complessiva somma L. 152.344.000= (pari ad Euro 78.769, 11) per l’anno 1998, notificatogli dal Comune di San Giorno a Cremano e la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli ha accolto il ricorso sul presupposto della non imponibilità egli immobili dell’Istituto in quanto destinati a fini prevalentemente assistenziali. La Commissione Tributaria Regionale della Campania ha accolto, con sentenza 18 gennaio 2005 l’appello del Comune, affermando, in primo luogo, che l’Istituto era soggetto passivo dell’imposta ancorchè superficiario del suolo, perchè proprietario del fabbricato che sul suolo insisteva; in secondo luogo perchè gli immobili non erano destinati ad uso diretto dell’Istituto, che ne godeva remunerando con le pigioni, ancorchè modeste, il capitale investito. L’IACP chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria.

Il Comune di San Giorgio a Cremano resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo di ricorso si deduce la violazione della L. 2 dicembre 2005, n. 248, art. 7, comma 2 bis, di conversione del D.L. n. 203 del 2005, e della Legge Finanziaria 2006, art. 1, comma 134, nonchè del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i), perchè successivamente al deposito della sentenza impugnata è stata concessa l’esenzione ICI agli immobili utilizzati da Enti no profit, anche quando esercitano un’attività commerciale (L. n. 248 del 2005, art. 7, comma 2 bis), per cui i soggetti di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 1, lett. c) che utilizzano gli immobili per la loro attività istituzionale (sociale e assistenziale), anche se eventualmente commerciale, vanno comunque considerati esenti dall’imposta.

Col secondo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i), oltrechè vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla utilizzazione da parte dell’IACP -ente pubblico non economico strumentale della Regione Campania – di immobili destinati a categorie di cittadini non abbienti e bisognosi, essendo le finalità dell’Istituto sociali e di pubblico interesse, e coincidendo l’uso diretto degli immobili con tali fini istituzionali.

Quanto al canone di locazione, lo stesso, secondo la Delib. CIPE 19 novembre 1981 e la L.R. Campania n. 39 del 1993, come successivamente modificata, è diretto a compensare i costi di amministrazione, di gestione e manutenzione nonchè a consentire il recupero delle risorse impiegate per la realizzazione degli alloggi stessi, il cui canone è fissato in relazione al reddito dell’assegnatario, il quale è a sua volta tenuto ad occupare l’alloggio entro trenta giorni, per non decadere dall’assegnazione. Ciò significa non soltanto la destinazione esclusivamente sociale e assistenziale degli immobili, ma l’assenza di lucro nell’attività di gestione degli stessi svolta dall’Istituto, che deve comunque destinare i canoni incassati soltanto a spese di somministrazione e manutenzione, in quanto obbligato a versare ogni reddito alla Cassa DD. e PP., dedotti i costi, e non svolge quindi attività d’impresa.

Col terzo motivo si deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata di cui si riporta un brano relativo al reddito ricavato dall’IACP dai canoni corrisposti dagli assegnatari.

Col quarto motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 2 e L. n. 446 del 1997, art. 58, in quanto la sentenza impugnata ha individuato come soggetto passivo dell’ICI non il concedente l’usufrutto, come disposto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, ma il titolare del diritto di superficie, come disposto, successivamente all’annualità in contestazione, dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58. La modifica del 1997 dimostrerebbe, con un argomento di ordine testuale oltrechè sistematico, che il legislatore non aveva precedentemente diversificato la proprietà del fabbricato dal diritto di superficie sul suolo occupato dal fabbricato, come sostenuto nella sentenza impugnata, contraddittoria sul punto. Nè stante la incertezza interpretativa della norma, dovrebbero essere corrisposti interessi e soprattassa. Il primo è il secondo motivo di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente sono infondati.

Le Sezioni Unite di questa Corte, pronunciando recentemente su analoghe doglianze, stante la particolare importanza delle tematiche proposte (Cass. 28160/2008), hanno ribadito la precedente giurisprudenza in tema di ICI, secondo cui non spetta agli immobili degli IACP l’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), che esige la duplice condizione – insussistente per questa categoria di beni – dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari non produttive di reddito (cfr.

Cass. 18838/2006; 8054/2005; 10827/2005; 142/2004; 19549/2003). La Corte Costituzionale ha in proposito escluso (sent. 113/96; 119/99) che possa essere riconosciuta l’esenzione di un’intera categoria di immobili, come preteso dall’Istituto ricorrente in relazione alla loro asserita destinazione esclusiva allo svolgimento di attività assistenziale, stante il carattere patrimoniale dell’ICI, dovuta in misura predeterminata per fabbricati e terreni, indipendentemente dal loro indice di redditività, spettando al solo legislatore prevedere agevolazioni ed esenzioni in materia fiscale. Quanto al requisito dell'”uso diretto” dell’immobile, richiesto per poter fruire di agevolazioni nella materia, le Sezioni Unite hanno con la sentenza citata chiarito (in parte motiva) che l’equiparazione dell’assegnazione degli immobili IACP all'”uso diretto” postulerebbe un intervento interpretativo impraticabile in materia di agevolazioni fiscali.

In tale prospettiva è quindi irrilevante la modifica introdotta dal D.L. n. 203 del 2005 al D.Lgs. n. 504 del 1995, con l’art. 7 bis, a norma del quale l’esenzione disposta dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 7, lett. i)” si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano natura commerciale”, in quanto tale norma di “interpretazione autentica”, che si attaglierebbe ad un Istituto quale l’IACP, il quale svolge attività che potrebbero essere ritenute di natura commerciale, non consente di superare l’ostacolo rappresentato dall’utilizzazione non diretta degli immobili. E che il legislatore, quanto meno fino al 2008, non abbia inteso concedere la invocata esenzione agli immobili in questione è deducibile anche dal fatto che tali immobili hanno potuto invece, beneficiare della riduzione di imposta, prevista dall’art. 8, comma 4, del citato D.Lgs del 1995 (come sostituito dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 55), modificato dal D.L. n. 93 del 2008, art. 1, comma 3, convertito con modificazioni nella L. n. 126 del 2008, in forza del quale gli immobili degli enti citati, per i tributi maturati a partire dal 1^ gennaio 2008, possono godere della totale esenzione dall’imposta comunale in esame, restando assoggettati alla imposta intera o ridotta “ratione temporis”, secondo la sequenza delle agevolazioni fiscali, che, come si è detto rientrano nella discrezionalità del legislatore.

I primi due motivi di ricorso vanno pertanto rigettati, mentre il terzo è inammissibile, perchè privo di autosufficienza e scarsamente comprensibile.

Va infine rigettato perchè infondato, il quarto motivo sul presupposto, in ultimo affermato dalla sentenza di questa Corte n. 3734 del 2010, confermativa di un indirizzo consolidato (Cass. 5802/99; 11460/2002; 22783/2006) che la costruzione di alloggi economici e popolari su un terreno concesso in superficie ad un Istituto o ad una Cooperativa edilizia al fine di realizzare tali alloggi importa l’acquisizione della proprietà superficiaria sul fabbricato da parte del concessionario (e successivamente, degli eventuali aventi causa di questo) e rende conseguentemente applicabile l’ICI nei confronti di tale Ente.

Il ricorso va pertanto complessivamente rigettato.

Le modifiche del quadro normativo succedutesi comportano la compensazione delle spese del giudizio di Cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

 

 

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