Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14805 del 10/07/2020

Cassazione civile sez. lav., 10/07/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 10/07/2020), n.14805

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4436-2014 proposto da:

ASREM – AZIENDA SANITARIA REGIONALE PER IL MOLISE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ALBALONGA 7, presso lo studio dell’avvocato CLEMENTINO

PALMIERO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI DE NOTARIIS;

– ricorrente –

contro

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IPPOLITO

NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato ENNIO MAZZOCCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO DE ANGELIS;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 243/2013 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 05/11/2013 R.G.N. 118/2011.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza in data 28 giugno- 5 novembre 2013 n. 243 la Corte di appello di Campobasso confermava la sentenza del Tribunale di LARINO, che aveva accolto, a partire dall’anno 2000, la domanda proposta da A.M., dipendente di ASREM (AZIENDA SANITARIA REGIONALE PER IL MOLISE) inquadrato come “ausiliario specializzato” – categoria A per il pagamento delle differenze di retribuzione maturate fino al 31 gennaio 2007 in ragione dell’esercizio delle mansioni superiori di “operatore tecnico” – ex categoria B.

2. La Corte territoriale faceva proprie, richiamandole, le argomentazioni della sentenza di primo grado, anche con riferimento alla infondatezza delle eccezioni di nullità del ricorso, di difetto di giurisdizione e di prescrizione.

3. Nel merito, richiamata la disposizione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 e la giurisprudenza, costituzionale e di legittimità, affermava essere necessario nel rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni un atto formale di assegnazione delle mansioni superiori, con forma scritta ad substantiam.

4. L’ordine scritto nella fattispecie di causa si rinveniva negli atti indicati alla pagina 9 della sentenza impugnata, da intendersi riportata e trascritta. La sentenza veniva altresì richiamata nelle pagine 10-14, nella parte in cui citava le deposizioni testimoniali relative allo svolgimento delle mansioni superiori, il CCNL e le norme transitorie concernenti ASREM.

5.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza ASREM, articolato in tre motivi, cui ha resistito con controricorso A.M..

6. Il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.con il primo motivo ASREM ha dedotto:

– ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3: violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 156 c.p.c. nonchè dell’art. 11 (rectius: 111) Cost. Nullità della sentenza.

– ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5:omesso esame e omessa motivazione circa fatti decisivi ed oggetto di discussione tra le parti.

2. Ha censurato la sentenza di appello per avere espresso una motivazione per relationem alla sentenza del Tribunale, che non consentiva di cogliere le ragioni di condivisione del relativo giudizio attraverso l’esame e la risposta alle censure formulate nell’atto di appello.

3. Il motivo è inammissibile.

4. In premessa va ribadita la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui la sentenza d’appello può essere motivata “per relationem” purchè il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente; va cassata, invece, la decisione con cui la Corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico, senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. sez. lavoro ord. n. 28139 del 5 novembre 2018; Cass. sez. VI-L n. 21978 dell’11 settembre 2018; Cass. civ. sez. II n. 18754 del 23 settembre 2019).

5. Va tuttavia parimenti ribadito che ove la sentenza di appello sia motivata per relationem alla pronuncia di primo grado, al fine di ritenere assolto l’onere ex art. 366 c.p.c., n. 6, occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello nonchè le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali (Cass. civ. S.U. n. 7074 del 20 marzo 2017; Cassazione civile sez. I, 05/08/2019, n. 20883).

6. Manca nella specie questa specifica indicazione dei punti della motivazione di primo grado che erano stati censurati con l’atto di appello, essendovi soltanto una elencazione riassuntiva e parziale delle ragioni dell’appello.

7.Con il secondo motivo si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – illogicità e contraddittorietà della motivazione; omesso esame circa fatti decisivi ed oggetto di discussione tra le parti.

8.Si assume la correttezza della interpretazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 adottata nella sentenza impugnata (in merito alla necessità della assegnazione scritta delle mansioni superiori) e, tuttavia, la falsa applicazione nella decisione assunta del principio enunciato.

9. ASREM ha dedotto che gli atti richiamati -(indicati nella sentenza del Tribunale alla pagina 9: disposizioni di servizio 28 settembre 2000 n. 27033 e 22.9.2004 nr. 31437) – non disponevano la assegnazione di mansioni superiori e che le deposizioni testimoniali comunque non ne attestavano lo svolgimento. Ha altresì dedotto che la mancata assegnazione a mansioni superiori era comprovata dalla attestazione del coordinatore dei servizi della ASL di TERMOLI in data 29.1.2009 (n. 2978).

10. Ha comunque aggiunto che le mansioni indicate nell’attestato del 5.8.2004 n. 3876, rilasciato dal teste M., erano conformi al profilo di inquadramento e che lo stesso ricorrente per sostenere l’esercizio di mansioni superiori faceva appello alle direttive impartite dal teste F. in data 12.12.2005 in materia di codice della privacy, dirette a tutto il personale del Servizio di Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro, recanti adempimenti elementari, che esulavano dal profilo superiore rivendicato, al pari di quelle oggetto della disposizione di servizio del 7.2.2006 n. 4080 a firma dello stesso F..

11. Il motivo è infondato.

12. Per un verso, si contesta il giudizio espresso dal giudice dell’appello in ordine alla esistenza dell’ordine scritto di assegnazione delle mansioni superiori; nel resto si assume che dalla prova non era comunque emerso il loro esercizio, anche alla luce delle declaratorie del contratto collettivo.

13. Sotto il primo profilo va rilevata la non decisività della censura, dovendo in limine correggersi la motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui afferma la indispensabilità dell’atto scritto di assegnazione per la retribuibilità delle mansioni superiori.

14. A seguito di S.U. n. 25837/2007, questa Corte ha costantemente affermato che lo svolgimento di fatto di mansioni proprie di una qualifica – anche non immediatamente superiore a quella di inquadramento formale- comporta in ogni caso, in forza del disposto del D.Lgs. n. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52, comma 5, il diritto alla retribuzione propria di detta qualifica superiore e che tale diritto non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi nè all’operativa del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost. (per tutte: Cass. sez. lav. 14 novembre 2016 n. 23161 e giurisprudenza ivi citata).

15. Non è dunque rilevante ai fini della decisione l’accertamento operato dal giudice dell’appello quanto alla esistenza dell’atto scritto di conferimento di mansioni superiori.

16. La censura nel resto appare inammissibile per difetto di specificità. Piuttosto che esporre un fatto storico non esaminato dal giudice dell’appello, gli atti da cui esso risultava esistente ed oggetto di discussione tra le parti e la ragioni della sua decisività il ricorso riporta, per sintesi o per stralcio, il complesso degli elementi istruttori, senza alcun riferimento ad un preciso accertamento storico contestato, sollecitando in tal modo questa Corte a compiere un inammissibile riesame del merito.

17.Con il terzo motivo ASREM ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione dell’art. 2948 c.c. e contraddittorietà della motivazione.

18. La censura afferisce al mancato rilievo della eccepita prescrizione quinquennale.

19. La ricorrente ha esposto che la sentenza del Tribunale, alla quale rinviava il collegio d’appello, dava atto che il primo atto interruttivo della prescrizione risaliva al 12 settembre 2006 e che, pertanto, erano prescritti i crediti maturati fino al 12 settembre 2001; nel dispositivo il Tribunale aveva tuttavia riconosciuto il diritto alle differenze di retribuzione con decorrenza dall’8 settembre 2000.

20. Il motivo è inammissibile.

21. Per censurare con la necessaria specificità la statuizione del giudice dell’appello, motivata per relationem, ASREM avrebbe dovuto trascrivere le statuizioni della sentenza di primo grado in punto di prescrizione ed il motivo d’appello svolto per far valere la contraddittorietà tra motivazione e dispositivo.

22. Il mancato adempimento di questo onere non consente al Collegio di verificare il fondamento della censura.

23. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

24. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, con attribuzione al difensore anticipatario.

25. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il comma 1 quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 5.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con attribuzione al difensore.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2020

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