Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14804 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14804 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 28900 — 2008 R.G. proposto da:
IMPRESA EDILE MASCIOLI DINO GUGLIELMO e FIGLIO s.n.c. — c.f. 00084190701 – in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in virtù di procura
speciale a margine del ricorso dall’avvocato Renato Rizzi, unitamente al quale elettivamente
domicilia in Roma, alla via dei Gracchi, n. 39, presso lo studio dell’avvocato Adriano Giuffrè.
RICORRENTE
contro
-rfts ncL 3s- T ccti2c1-83

TRESCA IMMACOLATA, rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine del
controricorso dall’avvocato Giovanni Montefusco, unitamente al quale elettivamente
domicilia in Roma, alla via Barletta, n. 29, presso lo studio dell’avvocato Margherita Cirillo.
CONTRORICORRENTE
Avverso la sentenza n. 2613 dei 19/27.6.2008 della corte d’appello di Napoli,
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 15 aprile 2014 dal consigliere
dott. Luigi Abete,

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.(04z 7/

Data pubblicazione: 30/06/2014

Udito l’avvocato Renato Rizzi per la ricorrente,
Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Lucio Capasso,
che ha concluso per il rigetto del ricorso,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 2.8.1996 Immacolata Tresca citava a comparire innanzi al tribunale

Esponeva che con preliminare in data 1.10.1990 la s.n.c. convenuta si era obbligata a
venderle ed ella ad acquistare un appartamento ed un box auto ubicati all’interno di un
complesso immobiliare, all’epoca in corso di realizzazione, in Benevento, alla via Ponticelli;
che il prezzo era stato pattuito in lire 90.000.000 oltre i.v.a.; che la promittente venditrice, da
un canto, l’aveva indotta a corrispondere in contanti la maggior somma di lire 147.000.000,
dall’altro, non aveva inteso siglare il definitivo; che ella attrice aveva chiesto ed ottenuto dal
tribunale di Benevento sentenza ex art. 2932 c.c. con cui le era stato trasferito il diritto di
proprietà sui cespiti oggetto del compromesso; che nondimeno le era dovuto in restituzione il
maggior importo versato, ovvero la somma di lire 54.000.000 corrispondente alla differenza
tra l’ammontare di lire 147.000.000 ed il prezzo degli immobili comprensivo d’ i.v.a..
Chiedeva che l’adito tribunale condannasse la collettiva a restituirle la somma di lire
54.000.000 con interessi e rivalutazione.
Costituitasi, l’ “Impresa Edile Mascioli Dino Guglielmo e Figlio” s.n.c. chiedeva il rigetto
dell’avversa domanda.
Deduceva che, siccome emergeva da separata dichiarazione debitamente sottoscritta
dall’attrice, il prezzo concordato era pari al maggior importo di lire 198.000.000 oltre i.v.a. e
oltre lire 6.000.000 per spese di “allacci” e di preammortamento mutuo; che il prezzo, fino a
concorrenza di lire 60.000.000, era da corrispondere mercé accollo di mutuo; che alcunché era
stato versato in eccedenza dalla Tresca.
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di Benevento l’ “Impresa Edile Mascioli Dino Guglielmo e Figlio” s.n.c..

All’esito dell’istruttoria, con sentenza in data 5.7.2004 il tribunale adito accoglieva la
domanda e condannava la s.n.c. convenuta a restituire all’attrice la somma di euro 27.888,68,
pari a lire 54.000.000, oltre interessi dalla domanda al soddisfo, nonché a rimborsarle le spese
di lite.
Interponeva appello l’ “Impresa Edile Mascioli Dino Guglielmo e Figlio” s.n.c..

Con sentenza n. 2613 dei 19/27.6.2008 la corte d’appello di Napoli rigettava il gravame e
condannava l’appellante a rimborsare al difensore anticipatario dell’appellata le spese del
grado.
In ordine al primo motivo di gravame la corte distrettuale reputava che “la dichiarazione
di disconoscimento avente i requisiti richiesti dalla giurisprudenza chiaramente sussiste, in
quanto nel verbale di udienza del 9 maggio 1997… è scritto: ” (così sentenza d’appello, pagg. 6 – 7) ; che “tale
dichiarazione.., è inequivocamente diretta a negare la conformità all’originale della copia
della dichiarazione a firma di Immacolata Tresca e recante la data del 1° ottobre 1990” (così
sentenza d’appello, pag. 7) ; che è “altresì, coerente che la parte si sia riservata il
disconoscimento una volta effettuata la produzione dell’originale” (così sentenza d’appello,
pag. 7) ; che “il riconoscimento tacito presuppone l’inesistenza o il superamento in senso
affermativo della questione relativa alla conformità all’originale” (così sentenza d’appello,
pag. 7) ; che “l’Impresa Mascioli… non ha mai esibito l’originale” (così sentenza d’appello,
pag. 7).
In ordine al secondo motivo di gravame – la corte di merito – evidenziava che la relativa
disamina era assorbita dalla reiezione del primo motivo, “in quanto il prezzo vigente, una

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Resisteva Immacolata Tresca.

volta esclusa l’efficacia della dichiarazione in copia fotostatica, non può che essere quello
riportato dal preliminare (£ 90.000.000 + i.v.a.)” (così sentenza d’appello, pag. 8).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’ “Impresa Edile Mascioli Dino Guglielmo e
Figlio” s.n.c.; ne chiede, sulla scorta di tre motivi, la cassazione con ogni conseguente
statuizione in ordine alle spese.

ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimità, da attribuirsi al difensore
anticipatario.
Ambedue le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente s.n.c. deduce in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3), c.p.c.
la violazione e falsa applicazione dell’art. 2719 c.c.; in relazione all’art. 360, 1° co., n. 5),
c.p.c. il vizio di omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Adduce che la dichiarazione verbalizzata all’udienza del 9.5.1997 dal difensore della
controricorrente “non può essere ritenuta inequivocamente diretta a disconoscere la
conformità all’originale della fotocopia della controdichiarazione in data 1.10.1990 a firma di
Tresca Immacolata” (così ricorso, pag. 7) ; che “in subordine… la contestazione del difensore
di Tresca Immacolata, così come resa all’udienza del 9.5.1997, è, quanto meno, equivoca, in
quanto non può negarsi che essa può essere soggetta a più interpretazioni” (così ricorso, pag.

8), sicché il secondo giudice “non poteva ritenerla inequivocamente diretta a negare la
conformità all’originale della fotocopia della controdichiarazione” (così ricorso, pag. 8); che
“i giudici di secondo grado non hanno fornito alcuna motivazione sul fatto controverso
secondo cui il difensore della Tresca non ha formulato all’udienza del 9.5.1997 un valido
espresso disconoscimento del documento prodotto in fotocopia, nonostante tale fatto sia stato
specifico oggetto dei motivi d’appello” (così ricorso, pag. 9).
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Immacolata Tresca ha depositato controricorso; ha concluso per il rigetto dell’avverso

Con il secondo motivo la ricorrente s.n.c. deduce in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3),
c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 2719 c.c..
Adduce che il disconoscimento operato dal difensore della controricorrente è comunque
generico, “non contenendo l’indicazione dei profili specifici di difformità della fotocopia
rispetto al suo originale” (così ricorso, pag. 13); che “in buona sostanza…, il soggetto che

specificare le ragioni del suo assunto, non potendo limitarsi a contestare la conformità della
copia all’originale senza alcuna deduzione o allegazione in ordine agli elementi necessari per
una valutazione della censura” (così ricorso, pag. 13).
Con il terzo motivo la ricorrente s.n.c. deduce in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3), c.p.c.
la violazione e falsa applicazione dell’art. 2719 c.c. e degli artt. 214 e 215 c.p.c.; in relazione
all’art. 360, 1° co., n. 5), c.p.c. il vizio di insufficiente e incongrua motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio.
Adduce che, “per evitare che il documento prodotto in fotocopia venga considerato
riconosciuto quanto alla propria sottoscrizione, è necessario formulare un esplicito
disconoscimento in tal senso, nei termini di cui agli art. 214 e 215 c.p.c.” (così ricorso, pag.
15); che “tale disconoscimento… non è stato fatto dalla sig.ra Tresca Immacolata, che, alla

prima udienza utile…, si è riservata di effettuarlo all’esito della produzione dell’originale”

(così ricorso, pagg. 15

16); che, “così stando le cose, il documento deve ritenersi per

riconosciuto, quanto alla sottoscrizione, così che il deposito dell’originale era assolutamente
superfluo (così ricorso, pag. 16); che analogamente la motivazione della censurata statuizione

è, in parte qua, palesemente incongrua ed illogica.
I motivi di ricorso sono strettamente connessi, sicché se ne giustifica la contestuale
disamina.
I motivi tutti in ogni caso sono destituiti di fondamento ed immeritevoli di seguito.
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contesta la conformità all’originale della fotocopia contro di lui prodotta ha l’onere di

Ovviamente non può che reiterarsi l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale
l’onere di disconoscere la conformità tra l’originale di una scrittura e la copia fotostatica della
stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule
sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto, che
consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità

dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive (cfr. Cass. 30.12.2009,
n. 28096; cfr. altresì Cass. 21.11.2011, n. 24456, secondo cui, in tema di negazione di
conformità di una copia all’originale, si richiede la precisione ed inequivocità della
negazione).
In questi termini non può che condividersi l’affermazione della corte napoletana, alla cui
stregua la dichiarazione verbalizzata all’udienza del 9.5.1997 “è inequivocamente diretta a
negare la conformità all’originale della copia” (così sentenza d’appello, pag. 7) .
Propriamente, in considerazione del significato letterale e logico della dichiarazione in
precedenza testualmente riprodotta, il disconoscimento della conformità della copia, lungi dal
prestarsi a molteplici interpretazioni, è puntuale ed univoco e a tale disconoscimento, in
maniera altrettanto univoca e puntuale, Immacolata Tresca ha inteso riconnettervi l’effetto
della negazione di qualsivoglia efficacia probatoria.
In tal guisa l’assunto della ricorrente s.n.c., in virtù del quale, “in sostanza, l’impugnativa
di che trattasi è riferita genericamente al valore probatorio della fotocopia prodotta e non
implica disconoscimento della sua conformità all’originale” (così ricorso, pag. 7), risulta del
tutto incongruo.
In tal guisa, inoltre, l’onere motivazionale della corte distrettuale non poteva che esaurirsi,
e si è esaurito, nel dar atto dell’avvenuto inequivoco e puntuale disconoscimento.

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della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento

Va debitamente soggiunto che il disconoscimento è stato operato, e non può che
considerarsi operato, con valenza estesa alla genuinità tout court della copia, sicché l’esigenza
che risulti specificato il particolare profilo di difformità non può che considerarsi assorbita
nell’omnicomprensiva valenza, nell’ampia portata della contestazione di conformità.
E’ certamente vero, d’altro canto, che la contestazione di cui all’art. 2719 c.c. non

prova, comprese le presunzioni (cfr. Cass. 21.4.2010, n. 9439).
Tuttavia è innegabile che, ove la copia fotostatica o fotografica riguardi un contratto per il
quale è richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem, la parte interessata deve
necessariamente produrre in giudizio il contratto in originale o in copia autenticata al fine
della dimostrazione della sua esistenza e del suo contenuto e può avvalersi della prova per
testimoni o per presunzioni soltanto se abbia dedotto e previamente dimostrato la perdita
incolpevole del documento originale (cfr. Cass. 21.1.1985, n. 212; cfr. altresì Cass.
19.10.1999, n. 11739).
Va, da ultimo, senza dubbio condiviso il rilievo della corte territoriale a tenor del quale “il
disconoscimento di cui all’art. 214 c.p.c. può avere ad oggetto solo le scritture private
prodotte in originale o in copia della quale non sia stata disconosciuta la conformità” (così
sentenza d’appello, pag. 7) .
Invero siffatto rilievo – che involge segnatamente la disamina del terzo motivo del ricorso
— è in tutto conforme all’insegnamento di questa Corte di legittimità secondo cui, quando la
parte, contro la quale sia prodotta la copia fotostatica – assimilabile a quella fotografica di cui
all’art. 2719 c.c. – non autenticata da pubblico ufficiale di un documento dalla medesima
almeno apparentemente sottoscritto, la disconosca come falsa e, comunque, come non
conforme all’originale, nessuna delle parti può produrre l’istanza di verificazione ex art. 216
c.p.c. — istanza che concerne soltanto i documenti originali – ma incombe alla controparte

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impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di

fornire nei modi ordinari la dimostrazione dei fatti risultanti dalla copia suddetta; ne consegue
che detta controparte è tenuta o ad esibire l’originale – ed, in ipotesi affermativa, a chiedere la
verificazione della scrittura, se l’avversario insisterà nel disconoscerla – o a fornire altre prove
del suo asserto, nei limiti ordinari della loro ammissibilità e, quindi, anche prove testimoniali,
ove dimostri, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2724, n. 3), c.c., di avere senza sua colpa

Ineccepibile, pertanto, è l’affermazione del secondo giudice secondo cui “il
riconoscimento tacito presuppone l’inesistenza o il superamento in senso affermativo della
questione relativa alla conformità all’originale” (così sentenza d’appello, pag. 7).
La ricorrente s.n.c. va condannata a rimborsare al difensore anticipatario della
controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità.
La liquidazione segue come da dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente s.n.c. a rimborsare al difensore
anticipatario della controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che si
liquidano in euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

smarrito il documento (cfr. Cass. 14.5.1992, n. 5738).

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