Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14802 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 18/06/2010, (ud. 28/04/2010, dep. 18/06/2010), n.14802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BOSCO MARINO LIDO SNC in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GREGORIO VII 396,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO GIUFFRIDA, rappresentato e

difeso dall’avvocato BARRECA CARMELO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE FIUMEFREDDO DI SICILIA in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA ASIAGO 8 INT. 2, presso lo

studio dell’avvocato VILLANI LUDOVICO FERDINANDO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ASSENNATO CARMELO MARIA, giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1308/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 23/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito per il resistente l’Avvocato VILLANI, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Catania accogliendo con sentenza 23 dicembre 2004 l’appello del Comune di Fiumefreddo di Sicilia avverso la sentenza resa dal Tribunale di Catania nei confronti di B.E. – che titolare della Ditta individuale di ristorazione “Bosco Marino, aveva impugnato l’ordinanza-ingiunzione emessa dallo stesso Comune per il recupero della differenza di aliquota sulla fornitura di gas metano,vedendo accolta la sua domanda dal giudice di primo grado – ha affermato che correttamente il Comune aveva utilizzato l’ordinanza ingiunzione(trattandosi di entrata patrimoniale cui non si estendeva l’abrogazione disposta dal D.P.R. n. 43 del 1988, art. 130) in relazione alla differenza di un importo di fornitura che non poteva fruire di tariffa agevolata,riservata ai soli impianti industriali e artigianali,ed esclusa per quelli commerciali (quali la ristorazione).

La Società Bosco Marino Lido s.n.c. in persona del legale rappresentante B.E. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di quattro motivi.

Il Comune di Fiumefreddo di Sicilia resiste con controricorso e memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo di ricorso si sostiene la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, u.c., oltrechè vizio di motivazione della sentenza impugnata, perchè essendo stata la causa qualificata come opposizione ad ordinanza à sensi dell’art. 689/81, non sarebbe stato esperibile l’appello, ma soltanto il ricorso per Cassazione.

La Corte d’appello avrebbe dovuto indicare, secondo la società ricorrente, a quale titolo sarebbe stata emessa l’ordinanza.

Col secondo motivo, di denuncia violazione del D.P.R. n. 43 del 1988, art. 130, nonchè contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, la quale ha ritenuto inapplicabile al prezzo di fornitura del gas metano l’abrogazione disposta dal D.P.R. n. 43 del 1988, art. 130, in quanto relativa ai soli tributi, disconoscendo il fatto che la bollettazione del gas ricomprende, oltre alla tariffa di consumo, anche l’accisa dovuta all’Erario, e non rientrante quindi fra le entrate patrimoniali del Comune, come riconosciuto dalla stessa Amministrazione Comunale che si è qualificata,nel proporre l’azione coattiva, come sostituto d’imposta.

La ricorrente, in forza del contratto col Comune stipulato per uso non domestico del gas deve essere considerato consumatore finale del gas, non tenuto a corrispondere la maggiore accisa, che riguarda soltanto i rapporti fra l’Erario e il Comune fornitore,(come previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26, comma 4), essendo il soggetto consumatore estraneo al rapporto fiscale relativo all’accisa, e quindi non legittimato passivo nell’azione di rivalsa proposta dal Comune per le maggiori somme corrisposte all’Erario a titolo di accisa.

Col terzo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 26, art. 2195 c.c., D.P.R. n. 445 del 2000, art. 47, per avere la Corte d’appello disconosciuto l’applicazione della tariffa agevolata in base al D.M. 12 luglio 1977, attuativo del D.L. n. 15 del 1977, art. 10, abrogato dal D.L. n. 211 del 1990, art. 6, conv. nella L. N. 31 del 1990, che non richiedeva per l’applicazione della tariffa agevolata di L. 20/mc la produzione di certificato della CCIA,come affermato dalla sentenza impugnata, la quale non ha ritenuto sufficiente a comprovare l’attività artigianale di preparazione pasti esercitata dalla contribuente un atto di notorietà, che la Guardia di Finanza ha talvolta sostituito con un sovraluogo al fine di stabilire l’effettiva attività svolta dai contribuenti,attività di ristorazione che il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26, considera ricompresa, ai fini dell’agevolazione di cui è causa, fra gli “usi industriali”.

Col quarto motivo si adduce violazione del D.L. n. 151 del 1991, art. 4; D.L. n. 155 del 1993, art. 128 e D.L. n. 41 del 1995, art. 17, nonchè della Delib. CIPE 26 giugno 1986, n. 37, in relazione all’aliquota applicata – e ritenuta corretta dalla Corte di merito – mentre le agevolazioni previste per il Mezzogiorno prevedono la riduzione delle aliquote per la “cottura di cibi” mediante gas metano.

Il primo e il secondo motivo di ricorso, che appare opportuno trattare congiuntamente non sono fondati e vanno rigettati.

La Corte catanese ha infatti precisato che l’importo richiesto alla contribuente dal Comune costituiva un’entrata patrimoniale e non un tributo, per cui appariva del tutto legittima la procedura attivata ex art. R.D. n. 639 del 1910, che all’art. 2 prevede appunto l’emissione di un’ingiunzione da parte dell’Ente creditore,la cui opposizione è stata correttamente impostata(ratione temporis) presso il Tribunale à sensi dell’art. 9 c.p.c.. Dovendosi ritenere errata la qualificazione effettuata dal Giudice di primo grado circa la procedura adottata, in quanto riferita alla L. n. 689 del 1981, applicabile alla sola diversa materia delle sanzioni amministrative (nella specie non presenti) (Cass. 6813/2001; 22228/2004; 5050/2005), non influenza la scelta del rito, il quale è stato correttamente attivato attraverso la proposizione dell’appello;infatti il giudizio instaurato avverso l’opposizione R.D. n. 639 del 1910, ex art. 3, ad ordinanza ingiunzione costituisce,una volta esaurita l’eventuale fase cautelare, un ordinario procedimento di cognizione analogo a quello relativo ad opposizione a decreto ingiuntivo, rivolto all’accertamento della legittimità o meno della pretesa (Cass. 14861/2000), tale dovendo ritenersi in ogni caso anche il giudizio rivolto anche avverso pretese esclusivamente tributarie avviate mediante l’utilizzazione dell’ordinanza ingiunzione di cui al cit. R.D., in quanto l’art. 130 di tale normativa, se ha escluso la coattività derivante da un tale titolo creditorio, ne ha mantenuto la funzione di atto di accertamento. Ciò vale ad escludere ogni rilevanza al tema introdotto dalla ricorrente circa la natura composita dell’integrazione tariffaria richiesta dal Comune, la quale si riferisce ad un differente prezzo di erogazione del gas metano,in quanto ricomprendente un’accisa maggiore, che il Comune ha dovuto corrispondere all’Erario e del quale chiede il rimborso attraverso l’ordinanza impugnata. Quell’accisa infatti riguarda il solo rapporto tributario fra l’Erario e l’Ente erogatore del gas metano, il quale trasferisce l’accisa inglobandola nella tariffa, sul consumatore finale, tenuto a corrispondere globalmente un “prezzo” per qual consumo, asseverato da un contratto di fornitura, e non un tributo, traslato su di lui – come avviene per tutti i consumatori finali di beni nel cui corrispettivo sia ricompressa un’imposta diretta o un’accisa. Il quarto motivo è a sua volta inammissibile, in quanto privo di autosufficienza, perchè non indica ove e quando siano state sollevate e discusse in precedenza le questioni proposte con tale doglianza, che appaiono dunque nuove.

E’ invece fondato il terzo motivo di ricorso.

Pur dovendosi infatti riconoscere che l’atto notorio prodotto dalla contribuente a riprova della propria asserita attività “artigianale” – formato, tra l’altro, dopo l’instaurazione della causa – non poteva assumere dignità di prova – a fronte di una differente certificazione amministrativa(in quanto la parte non può derivare elementi di prova a proprio favore, à fini dell’osservanza dell’onere di cui all’art. 2697 c.c. da proprie dichiarazioni non asseverate da terzi: Cass. 5321/2006;26937/2006),il certificato camerale prescritto dalla D.L. n. 15 del 1977, art. 10, è pur sempre un atto suscettibile di prova contraria; lo stesso va quindi valutato alla luce della più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. 10279/2007) relativa alla interpretazione del disposto del D.P.R. n. 504 del 1995, art. 26, secondo cui l’aliquota agevolata può essere applicata all’attività di ristorazione (anche prima della sopravvenuta L. n. 488 del 1999, che all’art. 12 ha esteso l’agevolazione a tale attività) in quanto qualificabile come “uso industriale” del gas metano, sempre che l’impiego del combustibile abbia luogo negli stessi locali in cui viene svolta l’attività produttiva, così come espressamente dettato dal cit. art. 26 (che riferisce, anche in tema di ristorazione, gli” usi civili” ad aliquota piena del combustibile ai locali “posti fuori egli stabilimenti, dei laboratori e delle aziende dove viene svolta l’attività produttiva..”). Rispetto a tale indirizzo giurisprudenziale la dichiarazione di notorietà prodotta dal contribuente può dunque costituire indizio valido all’accertamento delle modalità e dei luoghi in cui è stata svolto il tipo di attività, la cui configurazione (ristorazione) non risulta contestata.

In conclusione pertanto, rigettati i primi due motivi di ricorso, e dichiarato inammissibile il quarto, va accolto il terzo motivo di ricorso con cassazione, in relazione allo stesso, della sentenza impugnata.

Sarà compito del giudice di rinvio, che si indica in altra Sezione della Corte d’Appello di Catania, accertare la natura, se civile o industriale dell’attività del contribuente, al fine di una corretta qualifica della stessa à fini tributari di cui è causa.

La Corte di rinvio liquiderà anche le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e il secondo, dichiara inammissibile il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese ad altra Sezione della Corte d’Appello di Catania.

Compensa le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

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