Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14800 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14800 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sui ricorsi 1652/2007 — 6026/2007 R.G. proposti da:
BANCA MONTE dei PASCHI di SIENA s.p.a. — cf. 00884060526 — in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla via A. Depretis, n. 86,
presso lo studio dell’avvocato Pietro Casavola, che congiuntamente e disgiuntamente
all’avvocato Vittorio D. Gesmundo la rappresenta e difende in virtù di procura speciale
autenticata per notar Vieri Grillo in data 19.12.2006.
RICORRENTE
e
FONDAZIONE MONTE dei PASCHI di SIENA — cf. 92035840526 — in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla via A. Depretis, n. 86,
presso lo studio dell’avvocato Pietro Casavola, che congiuntamente e disgiuntamente
all’avvocato Vittorio D. Gesmundo la rappresenta e difende in virtù di procura speciale
autenticata per notar Riccardo Coppini in data 22.12.2006.
RICORRENTE
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Data pubblicazione: 30/06/2014

contro
Avvocato professor SALANITRO NICCOLO’ — c.f. SLNNCL36H04G942R – rappresentato e
difeso da se medesimo ed, anche disgiuntamente, giusta procura speciale a margine del
controricorso, dall’avvocato professor Antonino Mirone Costarelli, unitamente al quale
elettivamente domicilia in Roma, alla via Cola di Rienzo, n. 111, presso lo studio

CONTRORICORRENTE
e
Avvocato MAIRA RAIMONDO — c.f. MRARND46P02H792H – rappresentato e difeso da se
medesimo ed, anche disgiuntamente, giusta procura speciale in calce alla copia del ricorso
notificata ad istanza della “B.M.P.S.” e della “Fondazione M.P.S.”, dall’avvocato Gaetano
Alessi, presso lo studio del quale in Roma, alla piazza Martiri di Belfiore, n. 2, elettivamente
domicilia.
CONTRORICORRENTE — RICORRENTE INCIDENTALE
e
SIGNORINO ANGELO ROBERTO
INTIMATO
e
ADAMO NICOLO’
INTIMATO
e
FARACI FRANCESCO
INTIMATO
e
FAVATA VINCENZO
2

dell’avvocato Domenico D’Amato.

INTIMATO
e
SORCI CARLO
INTIMATO
e

INTIMATO
e
LA LOMIA CARLO
INTIMATO
e
SIGNORINO FILIPPA
INTIMATA
e
CORSELLO DIEGA
INTIMATA
e
CORSELLO MARIA
INTIMATA
e
GALLO CARMELO
INTIMATO
Avverso la sentenza n. 787 dei 12.5/28.6.2006 della corte d’appello di Palermo,
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 2 aprile 2014 dal consigliere
dott. Luigi Abete,
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TROPIA GAETANO

Udito l’avvocato Vittorio Donato Gesmundo per le ricorrenti “B.M.P.S.” e “Fondazione
M.P. S .”,
Udito l’avvocato professor Antonino Mirone Costarelli per il controricorrente avvocato
professor Niccolò Salanitro,
Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Vincenzo

inammissibilità del ricorso incidentale,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto in data 9.1.1991 l’avvocato professor Niccolò Salanitro citava a comparire
innanzi al tribunale di Catania il “Monte dei Paschi di Siena”.
Esponeva che in data 7.4.1990 aveva ricevuto incarico di prestar attività di consulenza ed
assistenza in ordine alle operazioni concernenti la fusione per incorporazione della “Banca
Popolare Siciliana” nel “Monte dei Paschi di Siena”; che, assolto l’incarico, aveva domandato
la corresponsione del compenso dovutogli al “Monte dei Paschi di Siena”, subentrato a
seguito della fusione nelle posizioni obbligatorie della “Banca Popolare Siciliana”; che,
nondimeno, il “Monte dei Paschi” aveva denegato il pagamento.
Chiedeva all’adito tribunale la condanna dell’istituto di credito convenuto al pagamento
del compenso spettantegli, da computarsi alla stregua della tariffa professionale.
Costituitosi, il “Monte dei Paschi di Siena” contestava nell’an – giacché l’incarico era
stato dall’attore svolto in favore personalmente degli amministratori della “Banca Popolare
Siciliana” – e nel quantum l’avversa pretesa; attendeva, altresì, alla chiamata in causa degli
amministratori della “Banca Popolare Siciliana”.
Con sentenza del 12.10.1994 il tribunale di Catania condannava il “Monte dei Paschi di
Siena” a pagare all’attore la somma di lire 1.101.273.000, oltre interessi legali dalla domanda
al soddisfo, e le spese di lite; dichiarava la continenza della domanda proposta dal “Monte dei

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Gambardella, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e per la declaratoria di

Paschi” nei confronti dei componenti del consiglio di amministrazione della “Banca Popolare
Siciliana” rispetto ad altra domanda proposta dall’istituto di credito convenuto nei confronti
degli stessi soggetti e pendente innanzi al tribunale di Siena.
Interponeva appello il “Monte dei Paschi di Siena”.
Si costituivano l’avvocato professor Niccolò Salanitro e l’avvocato Raimondo Maira;

La “Corte d’appello di Catania… nel contraddittorio degli altri amministratori chiamati,
con sentenza del 10.11.1998,… liquidava il dovuto nell’ammontare di £ 300.000.000,
disapplicando la Tariffa forense, per contrasto con gli artt. 5 e 85 del Trattato CEE in base alla
decisione della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 18.6.1998” (così sentenza corte

d’appello di Palermo, pag. 7) , oltre interessi, denegava la rivalutazione monetaria,
disconosceva la continenza affermata dal primo giudice e compensava integralmente le spese
del grado.
Avverso tale sentenza proponevano ricorso a questa Corte di legittimità, in via principale,
l’avvocato professor Niccolò Salanitro, in via incidentale, l’ “Istituto Monte dei Paschi di
Siena” e la “Banca Monte dei Paschi di Siena” congiuntamente, nonché l’avvocato Raimondo
Maira.
Con sentenza n. 11031 dei 10.4/15.7.2003 questa Corte, in accoglimento per quanto di
ragione unicamente del ricorso principale, cassava la sentenza del 10.11.1998 della corte
d’appello di Catania.
L’avvocato Niccolò Salanitro riassumeva tempestivamente il giudizio dinanzi alla corte
d’appello di Palermo, giudice del rinvio, nei confronti delle parti tutte; chiedeva, in
accoglimento del gravame incidentale in precedenza esperito, la condanna in solido della
“Banca Monte dei Paschi di Siena” e della “Fondazione Monte dei Paschi di Siena” a pagargli
l’onorario in misura non inferiore alla somma corrispondente in euro a lire 2.000.000.000,
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resistevano e spiegavano a loro volta appello incidentale.

oltre interessi legali; in subordine, chiedeva confermarsi la sentenza del 12.10.1994 del
tribunale di Catania.
La “Banca Monte dei Paschi di Siena” chiedeva, in accoglimento del gravame principale
in precedenza esperito, riconoscersi il compenso spettante all’avvocato Salanitro in misura
non superiore ad euro 51.645,69, oltre interessi legali.

Favata, Carlo Sorci, Gaetano Tropia, che chiedevano la loro estromissione dal giudizio.
Non si costituivano e venivano dichiarati contumaci la “Fondazione Monte dei Paschi di
Siena”, Carmelo Gallo, Carlo La Lomia, Raimondo Maira, Maria Corsello, Diega Corsello e
Filippa Signorino.
Con sentenza n. 787 dei 12.5/28.6.2006 la corte d’appello di Palermo, in sede di rinvio, ha
respinto l’appello principale già esperito avverso la sentenza del tribunale di Catania dalla
“Banca Monte dei Paschi di Siena”, ha respinto l’appello incidentale già esperito avverso la
sentenza del tribunale di Catania dall’avvocato professor Salanitro, ha condannato in solido la
“Fondazione Monte dei Paschi di Siena” e la “Banca Monte dei Paschi di Siena” a rimborsare
all’avvocato professor Salanitro le spese del giudizio d’appello, di cassazione e di rinvio; ha
compensato integralmente tra tutte le altre parti le spese del giudizio di cassazione e di rinvio.
Premetteva la corte palermitana che andava disattesa la domanda di estromissione dal
giudizio degli amministratori della “B.P.S.”, giacché già parti del giudizio innanzi a questa
Corte di legittimità e, quindi, litisconsorti necessari processuali; indi evidenziava che, nel
cassare con rinvio, questa Corte aveva affermato che “la liquidazione dell’onorario del
Salanitro deve essere disposta ” (così sentenza

impugnata, pag. 9); che, inoltre, non residuava spazio “per una nuova valutazione dell’attività
svolta dall’appellato – già inquadrata, in modo unitario, in quella di assistenza nella
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Si costituivano Angelo Roberto Signorino, Nicolò Adamo, Francesco Faraci, Vincenzo

stipulazione di contratti – o per la sua suddivisione in più di una prestazione, neppure ai fini
dell’invocato potere di deroga dei minimi tariffari, e ciò in quanto le circostanze, allegate per
sostenere la dedotta tra attività e misura del compenso, sono, proprio, quelle
dedotte per sostenere la marginalità e la specificità dell’intervento del Professionista, sicché
l’accertamento della sproporzione… implicherebbe la rimeditazione di un tema, quello

interno” (così sentenza impugnata, pagg. 12 13).

Avverso tale sentenza hanno proposto congiuntamente ricorso la “Banca Monte dei Paschi
di Siena” e la “Fondazione Monte dei Paschi di Siena”, chiedendone, sulla sorta di due
motivi, la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.
L’avvocato professor Niccolò Salanitro ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi
inammissibile e comunque rigettarsi l’avverso ricorso, con il favore delle spese del giudizio di
legittimità.
L’avvocato Raimondo Maira ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso
ricorso ed, in via di ricorso incidentale, non avendo preso parte all’adozione della delibera con
cui il consiglio di amministrazione della “Banca Popolare Siciliana” affidò incarico
all’avvocato professor Salanitro, ha chiesto dichiararsi “che l’odierno comparente… è privo di
titolarità passiva del rapporto” (così controricorso, pag. 4); con vittoria di spese e competenze
di lite.
Gli intimati Angelo Roberto Signorino, Nicolò Adamo, Francesco Faraci, Vincenzo
Favata, Carlo Sorci, Gaetano Tropia, Carlo La Lomia, Filippa Signorino, Diega Corsello,
Maria Corsello e Carmelo Gallo non hanno svolto difese.
L’avvocato professor Niccolò Salanitro ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Del pari hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. la “Banca Monte dei Paschi di Siena”
e la “Fondazione Monte dei Paschi di Siena”.
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dell’individuazione dell’attività, in concreto, svolta dall’appellato,… coperto da giudicato

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti deducono “violazione e falsa applicazione degli artt.
2233 cod. civ., 24, 60, 58 r.d. legge 27.11.1933 n. 1578, in relazione agli artt. 5 e 85 del
trattato U.E. e dai principi affermati dalla Carta di costituzione nella decisione 19.2.2002 in
causa 35/99. Violazione e falsa applicazione dell’alt 384 c.p.c. (testo anteriore all’entrata in

sentenza di questa Suprema Corte n. 11031 del 10 aprile — 15 luglio 2003, inter partes.
Contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 punto n. 5, c.p.c.. Omesso esame
di un punto decisivo. Violazione art. 2909 cod.civ.” (così ricorso principale, pag. 11).
Adducono che le motivazioni della corte palermitana sono frutto di un’errata
comprensione del principio di diritto affermato da questa Corte di legittimità; che la sentenza
n. 11031 dei 10.4/15.7.2003 di questa Corte si fonda sulla pronuncia della Corte di Giustizia
della Comunità Europea del 19.2.2002 in causa 35/99, “i cui passaggi argomentativi
essenziali… implicano.., che la previsione di minimi di tariffa, ancorché definiti come
, non esclude il potere del giudice di determinare il compenso in misura
diversa, se l’applicazione della tariffa conduca a risultati sproporzionati”

(così ricorso

principale, pag. 12); che dunque il giudice ha da determinare il compenso ai sensi dell’art.
2233, 2° co., c.c., tenendo conto, ai sensi dell’art. 60, 3° co., r.d.l. n. 1578/1933, che, “nella
specie,… ciò che formava oggetto di … erano soltanto le questioni
sollevate dal Monte nelle lettere più volte richiamate” (così ricorso principale, pag. 14); che,
“contrariamente a quanto afferma la Corte d’Appello, si deve.., escludere che la valutazione
di proporzionalità del compenso al lavoro svolto fosse preclusa da un giudicato interno (che
certo non poteva riguardare la misura del compenso , visto che era proprio
quello il capo della decisione della Corte d’appello di Catania che era stato cassato” (così

ricorso principale, pag. 15).
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vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40). Violazione del principio di diritto affermato nella

Con il secondo motivo le ricorrenti deducono la violazione dell’art. 49 del trattato
istitutivo dell’Unione Europea; la violazione dell’art. 2 del d.l. n. 223/2006.
Adducono che, anche alla luce delle indicazioni di cui alla sentenza del 5.12.2006 della
Corte di Giustizia delle Comunità Europee (pronunciata nella causa n. 94/04), “il principio di
inderogabilità delle tariffe minime per prestazioni extra giudiziali non può rispondere ad

l’attività extra giudiziale non è riservata agli iscritti all’albo, sicché l’inderogabilità dei
minimi non risponde all’esigenze dell’amministrazione della giustizia; che altresì
l’inderogabilità dei minimi non risponde all’esigenza di tutela dei consumatori, ma “solo
all’interesse della categoria professionale a tutela del decoro e della dignità della professione
di avvocato” (così ricorso principale, pag. 18); che il principio di inderogabilità dei minimi
tariffari è stato superato dall’art. 2 del d.l. n. 223/2006, sicché lo jus superveniens ha travolto
il principio di diritto affermato da questa Corte di legittimità.
Il primo motivo del ricorso principale è fondato e meritevole di accoglimento. Il suo buon
esito assorbe e rende superflua la delibazione del secondo.
Si osserva che l’affermazione operata da questa Corte di legittimità, per vero testualmente
riprodotta nel corpo della motivazione della statuizione in questa sede censurata, secondo cui
la liquidazione dell’onorario doveva seguire

(cfr. sentenza impugnata, pag. 9), non era assolutamente da interpretare come preclusiva
della necessità di riscontrare l’imprescindibile rapporto di proporzionalità tra la reale
consistenza, l’effettiva valenza dell’opera professionale espletata ed il compenso erogando.
Del resto, siccome si legge nella parte motiva della stessa sentenza della corte di Palermo,
la statuizione della corte di Catania era stata cassata giacché “aveva considerato inoperante…

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alcuno degli obiettivi indicati dalla Corte di Giustizia” (così ricorso principale, pag. 17); che

il principio della normale inderogabilità dei minimi degli onorari” (così sentenza impugnata,

pag. 9), ovvero della inderogabilità tendenziale dei minimi.
In questo quadro può pur concordarsi con la corte palermitana, allorché ha puntualizzato
che “l’accertamento, compiuto nei pregressi gradi di merito, in ordine alla natura e alle
caratteristiche dell’attività professionale svolta, è, ormai, intangibile”

(così sentenza

considerata unitariamente e valutata, nel suo complesso, come assistenza alla stipulazione del
contratto di fusione” (così sentenza impugnata, pag. 11)
Tuttavia non è in alcuno modo da condividere il postulato che la corte distrettuale ha
inteso trarne ed a tenor del quale “non residua spazio per una nuova valutazione dell’attività
svolta dall’appellato…, neppure ai fini dell’invocato potere di deroga dei minimi tariffari”

(così sentenza impugnata, pagg. 12 13).

Invero la corte distrettuale investita in sede di rinvio ben avrebbe dovuto – e ben dovrà attender al vaglio puntuale dell’estremo della proporzione, vaglio che lungi dal tradursi nella
“rimeditazione di un tema.., coperto da giudicato interno” (così sentenza impugnata, pagg. 12

13), sostanziava e sostanzia un profilo essenziale per nulla avulso dalla sollecitazione che

questa Corte aveva inteso rivolgere nel quadro del pregresso rinvio.
Inammissibile è il ricorso incidentale esperito dall’avvocato Raimondo Maira.
Si evidenzia che il giudice del rinvio, allorché ha disatteso la domanda di estromissione
dal giudizio formulata dagli amministratori della “B.P.S.”, ha esplicitato che costoro fossero
da qualificare litisconsorti necessari processuali e ciò “ancorché non siano state spiegate
domande nei loro confronti” (così sentenza corte d’appello di Palermo, pag. 9).
Ebbene non risulta in alcun modo che tal ultima affermazione sia stata fatta segno di
censura con l’impugnazione, segnatamente principale, a questa Corte di legittimità.

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impugnata, pag. 11), ossia che a cagione di siffatta intangibilità la medesima attività “andava

Ne discende ulteriormente, in dipendenza del giudicato formatosi in parte qua ai sensi
dell’art. 329, 2° co., c.p.c., che l’avvocato Raimondo Maira non ha nessun interesse a dolersi,
non essendovi margine alcuno perché si possa impugnare una pretesa statuizione in ordine ad
una domanda giammai spiegata nei propri confronti.
La sentenza n. 787 dei 12.5/28.6.2006 della corte d’appello di Palermo va pertanto cassata

regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, in tal guisa assorbito il secondo;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza n. 787 dei 12.5/28.6.2006 della
corte d’appello di Palermo; rinvia ad altra sezione della corte di appello di Palermo anche per
la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

con rinvio ad altra sezione della medesima corte di appello, che provvederà altresì alla

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