Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14799 del 19/07/2016


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Cassazione civile sez. un., 19/07/2016, (ud. 03/05/2016, dep. 19/07/2016), n.14799

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DE STAFANO Franco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19016/2011 proposto da:

AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO “GAETANO MARTINO”, in

persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo studio

dell’avvocato RAFFAELE VILLA, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIUSEPPE LOSI, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MESSINA, in persona del Rettore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

G.V., S.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 308/2011 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 05/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;

uditi gli avvocati Raffaele VILLA e Pietro GAROFOLI per l’Avvocatura

Generale dello Stato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.V. e S.S. dipendenti dell’Università degli studi di Messina quali funzionari dell’area tecnico- scientifica (ex qualifica funzionale 8^) già in servizio presso l’Azienda ospedaliera Gaetano di Martino chiedevano nel marzo del 2003 al Tribunale di Messina il riconoscimento del 10^ livello ospedaliero o quantomeno del 9^. Allegavano che era stato riconosciuto loro l’inquadramento nel 9^ livello nel maggio 1998 a far data dal 1994, ma poi nel 2002 la Delib. era stata revocata; si costituivano sia l’Azienda ospedaliera che l’Università contestando la fondatezza della domanda. Il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione circa la S. per l’intera domanda (il rapporto era cessato prima del giugno del 1998) e per la domanda della G. per il periodo antecedente il 30.6.1998; affermava la legittimazione passiva sia dell’Università che dell’Azienda sanitaria per il periodo successivo e accoglieva la domanda “riconoscendo l’indennità di cui al D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31 (la cosiddetta indennità D.M.) nella misura occorrente per equiparare il suo trattamento economico a quello del personale ospedaliero di 10^ livello, con pari condanna delle resistenti al pagamento delle differenze retributive dal 1.7.1998 con gli accessori di legge”.

La Corte di appello con sentenza del 5.4.2011, in riforma parziale della sentenza impugnata, dichiarava la propria giurisdizione per la domanda subordinata (relativa all’equiparazione al 9^ livello) in accoglimento dell’appello incidentale dei due lavoratori ma rigettava nel merito la stessa domanda; rigettava anche gli appelli dell’Università e dell’Azienda sanitaria. Per la Corte territoriale la proposta domanda di equiparazione era diretta a conseguire aumenti economici e quindi era possibile in linea generale una frammentazione della domanda tra il periodo precedente il 30 giugno del 1998 e quello successivo; ora per l’Inquadramento nel 9^ livello (chiesto in linea subordinata) tale inquadramento era già stato concesso nel 1994 ma era stato revocato nel 2002 e quindi la lesione del diritto era avvenuta dopo il 30 giugno; invece per la domanda proposta in linea principale nessun riconoscimento vi era stato e quindi occorreva attenersi alla linea di demarcazione fissata dal legislatore. Circa le eccezioni di difetto di legittimazione passiva, tenuto conto del sistema voluto dal legislatore, la legittimazione era di entrambi gli Enti convenuti. L’indennità di equiparazione ( D.M.) richiesta dai lavoratori era dovuta in relazione alla riconduzione della qualifica attribuita al dipendente universitario alla qualifica del personale Usl e non consentiva alcuna discrezionalità e nemmeno la valutazione in ordine alle modalità attraverso le quali il dipendente avesse conseguito la qualifica presso l’Università. L’allegato D del D.I. 9 novembre 1982 equiparava il funzionario tecnico ex 8^ al coadiutore tecnico USL, 10^ livello del CCNL ospedaliero, e ciò indipendentemente dal conseguimento dal requisito della laurea richiesto per quest’ultima qualifica; le tabelle di corrispondenza erano peraltro rimaste in vigore. Pertanto era irrilevante il fatto che la G. non avesse conseguito la laurea poichè l’equiparazione era chiaramente stabilita dal già citato allegato D al D.I. 9 novembre 1982. Andava pertanto rigettato l’appello incidentale della G. dovendosi confermare la giurisdizione ordinaria solo per il periodo successivo al 30 giugno per la domanda di equiparazione al 10^ livello, ma andava accolto il ricorso incidentale della G. e dello S. in ordine alla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinarlo anche per il periodo precedente il 30 6 1998 in ordine alla chiesta equiparazione al 9^ livello; tuttavia la domanda andava rigettata nel merito perchè l’equiparazione richiesta competeva al personale ex 7^ qualifica funzionale, mentre gli appellanti incidentali non possedevano tale qualifica.

Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Gaetano De Martino con sei motivi corredati da memoria; si è costituita l’Università degli Studi di Messina con controricorso che ha proposto a sua volta ricorso incidentale affidato a due motivi; le parti intimate non si sono costituite.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso dell’Azienda Ospedaliera si allega ex art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 37 e 353 c.p.c.. Non era stato correttamente interpretato l’appello incidentale perchè la sussistenza della giurisdizione del Giudice ordinario in relazione al periodo anteriore al 30 giugno del 1998 in ordine all’equiparazione al 9^ livello non era stato in realtà avanzata nell’appello incidentale dei lavoratori nè nell’appello principale dell’Azienda, mentre la Corte di appello aveva ritenuto di dover dichiarare per tale periodo la sussistenza del Giudice ordinario, in parziale riforma della sentenza di primo grado.

Con il secondo motivo si allega ex art. 360 c.p.c., n. 1. Il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario in favore del Giudice amministrativo in quanto, si deduce, si erano contestati da parte dei lavoratori gli atti di inquadramento dei lavoratori disposti dall’Amministrazione nel lontano 1994; la successiva delibera del 1998 con la quale era stata riconosciuta un’equiparazione al 9^ livello era stata poi annullata nel 2002. Gli atti gestori impugnati erano quindi tutti anteriori al 30 giugno 1998 perchè la Delib. 26 maggio del 1998 era venuta meno con effetto retroattivo nel 2002.

Con il terzo motivo (sempre del ricorso principale) si allega la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 31 D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 e dell’Allegato D di cui al D.I. 9 novembre 1982, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. L’equiparazione richiesta non poteva essere riconosciuta sulla sola base della qualifica rivestita presso l’Università in quanto la G. non aveva il titolo di studio e l’abilitazione necessari per l’esercizio delle “funzioni correlate alla funzioni correlate alla posizione lavorativa (tecnico farmacista, biologo, chimico, fisico..) presa a base della resistente G. per l’invocata equiparazione”.

Con il quarto motivo si allega ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., il difetto di legittimazione passiva dell’Azienda in relazione alla pretesa azionata dagli odierni resistenti. Il rapporto di servizio degli attuali resistenti era cessato prima della giuridica costituzione della stessa Azienda e nessuna norma poneva a carico dell’Azienda le obbligazioni sorte e maturate prima della sua stessa costituzione.

Con il quinto motivo si allega la violazione e /o falsa applicazione del D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31 e dell’Allegato D di cui al D.I. 9 novembre 1982. Non poteva riconoscersi la chiesta equiparazione al 10^ livello senza alcuna considerazione della mansioni concretamente svolte dalla G. e in particolare della mancanza del titolo di laurea, elemento necessario e caratterizzante le attività del personale del 10ì livello (settore ospedaliero). Le mansioni da tener presente ai fini dell’equiparazione dovevano essere omogenee anche per rispettare il principio costituzionale di cui all’art. 36 Cost..

Con il sesto motivo (del ricorso dell’ Azienda) si allega la contraddittorietà della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5: l’equiparazione con il 10^ livello del personale USL era stato effettuato sulla base solo di elementi formali indipendentemente dalle mansioni in concreto svolte.

Con il primo motivo del ricorso incidentale dell’Università degli studi di Messina si allega la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 833 del 1978, art. 51 e del D.Lgs n. 517 del 1999, ex art. 360 c.p.c., n. 3. L’Università degli Studi di Messina non era legittimata passivamente in ordine alle domande dei lavoratori sulla cosidetta indennità D.M..

Con il secondo motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31 ed Allegato D D.I. 9 novembre 1982, ex art. 360 c.p.c., n. 5. Occorreva valutare nel merito le mansioni svolte dai lavoratori alla fine della chiesta equiparazione.

1. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile per difetto di interesse ex art. 100 c.p.c.; come si riconosce allo stesso motivo l’Azienda oggi ricorrente è risultata vittoriosa avendo la Corte di appello, pur ritenendo la giurisdizione del Giudice ordinario in ordine alla domanda in parola, rigettato la danda dei lavoratori (e proposta in linea subordinata). Pertanto l’Azienda non ha alcun interesse alla cassazione della sentenza impugnata sul capo di cui si discute con la remissione, come chiesto al motivo, delle parti al primo giudice.

2. Il secondo motivo appare infondato alla luce dell’orientamento consolidato di questa Corte (S. U. 29 maggio 2012 n. 8521 e S.U. n. 17928/2013): in quest’ultima decisione queste Sezioni unite hanno ribadito, proprio in relazione al rilievo della data dell’atto di inquadramento ai fini del riconoscimento dell’indennità di cui è processo, che “deve premettersi che su una questione analoga (ricorsi proposti da Azienda Ospedaliera Policlinico G. Martino e Università degli Studi di Messina avverso la sentenza che aveva accolto la domanda di un dipendente dell’Università, inquadrato come tecnico di laboratorio ed in servizio presso il Policlinico suddetto, che aveva agito per l’indennità di equiparazione al personale del ruolo sanitario) queste Sezioni Unite si sono già pronunciate (Cass. S.U. 29 maggio 2012 n. 8521) e che i principi espressi in tale decisione devono essere in questa sede pienamente confermate. Il primo motivo del ricorso proposto dall’Azienda Ospedaliera, concernente la giurisdizione, è infondato dovendosi considerare corretta l’attribuzione al giudice ordinario della giurisdizione concernente la presente controversia. In tal senso si è pronunciata la sentenza sopra citata secondo la quale, infatti, in tema di pubblico impiego contrattualizzato, ove il dipendente agisca per il riconoscimento di differenze retributive correlate ad una certa qualifica, non rileva, ai fini dell’individuazione del giudice fornito di potestas iudicandi del D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69, comma 7, l’anteriorità degli atti di inquadramento rispetto alla data del 30 giugno 1998, poichè il fatto costitutivo del diritto alla maggiore retribuzione è il possesso della qualifica corrispondente al profilo professionale. (Nella specie i giudici di merito avevano declinato la giurisdizione in favore del giudice amministrativo in relazione al periodo precedente il 30 giugno 1998 ed avevano affermato la giurisdizione per il periodo successivo; applicando l’enunciato principio, la S.C. ha respinto il ricorso secondo il quale la giurisdizione del giudice amministrativo avrebbe dovuto dichiararsi anche per il periodo successivo al suddetto discrimine temporale in quanto la lesione sarebbe derivata per intero dai pregressi atti di inquadramento del dipendente). La soluzione accolta in tema di giurisdizione trova inoltre una decisiva conferma nella recente sentenza di queste Sezioni Unite (Cass. S.U. 23 novembre 2012 n. 20726) secondo la quale, in tema di pubblico impiego contrattualizzato, nel regime transitorio di devoluzione del contenzioso alla giurisdizione del giudice ordinario, il disposto del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7 – secondo cui sono attribuite al giudice ordinario le controversie di cui all’art. 63 del decreto medesimo relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998 e restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data – stabilisce, come regola, la giurisdizione del giudice ordinario, per ogni questione che riguardi il periodo del rapporto successivo al 30 giugno 1998 o che parzialmente investa anche il periodo precedente, ove risulti essere sostanzialmente unitaria la fattispecie dedotta in giudizio, e lascia residuare, come eccezione, la giurisdizione del giudice amministrativo, per le sole questioni che riguardino unicamente il periodo del rapporto compreso entro la data suddetta.” (S.U. 17928/2013 già citata).

Pertanto non è pertinente il richiamo alla data dei provvedimenti di inquadramento.

3. Il terzo motivo appare infondato. La questione posta dal motivo e cioè il mancato possesso del titolo di studio e dell’abilitazione richieste per l’esercizio delle funzioni correlate alla posizione lavorativa presa a base dalla lavoratrice G. per l’invocata equiparazione (in sostanza la G. che era un funzionario tecnico dell’area funzionale tecnico – scientifica come inquadramento universitario ha fatto valere l’equiparazione con la qualifica di coadiutore tecnico per il personale delle Usl che presuppone l’avvenuto conseguimento della laurea) è già stata presa in considerazione dalla Corte di appello che l’ha risolta conformemente alla giurisprudenza di questa Corte che considera rilevante e determinante la qualifica riconosciuta presso l’Università e la tabella ricordata di equiparazione (Allegato D D.I. 9 novembre 1982) indipendentemente dal possesso del titolo di studio in parola necessario per la qualifica rivendicata ai fini della concessione dell’indennità di equiparazione (cfr. Cass. sez. lav. 17347/2015; S. U. n., 17928/2013; Cass. sez. lav. n. 12908/2013; Cass. sez. lav. 5325/ 2014; Cass. sez. Lav. N. 1878/2015 e moltissime altre citate nella stessa memoria dell’Azienda che da atto del fatto che sul punto la giurisprudenza di legittimità è consolidata). Lo svolgimento di mansioni in concreto correlate alla qualifica presso la struttura ospedaliera che opera come termine di comparazione per l’indennità di equiparazione è rilevante, come si dirà anche più avanti, solo in quelle controversie nelle quali, sempre nei confronti dell’Azienda Ospedaliera oggi ricorrente, si discute in specifico della spettanza anche dell’indennità di posizione minima (cosidetta indennità di dirigenza) in relazione alla quale è stato posto il diverso problema dello svolgimento di fatto delle mansioni dirigenziali alla luce dell’art. 40 del CCNL 1998-2001 che connette tale specifica indennità allo svolgimento dell’incarico conferito; queste Sezioni Unite hanno recentemente ribadito il principio per cui “l’indennità di perequazione spettante al personale universitario non docente in servizio presso strutture sanitarie (“indennità D.M.”), riconosciuta dalla L. n. 200 del 1974, art. 1, per remunerare la prestazione assistenziale resa dal personale universitario non medico nelle cliniche e negli istituti di ricovero e cura convenzionati con gli enti ospedalieri o gestiti direttamente dalle Università, deve essere determinata – in caso di equiparazione tra l’originario 8^ livello di cui alla L. n. 312 del 1980 (relativo ai dipendenti dell’Università) e il 9^ livello, poi divenuto 1 livello dirigenziale (relativo ai dipendenti ospedalieri) – senza includere automaticamente nel criterio di computo la retribuzione di posizione dei dirigenti del compatto sanità, la quale può essere riconosciuta solo se collegata all’effettivo conferimento di un incarico direttivo” (S.U. 9 Maggio 2016, n. 9279). Tuttavia tale questione, come in altre numerosissime controversie promosse nei confronti dell’Azienda oggi ricorrente sempre ai fini della spettanza dell'”indennità D.M.”, non risulta essere stata mai posta (cfr. sentenza impugnata). Pertanto appare, alla stregua delle giurisprudenza consolidata di questa Corte, non rilevante il profilo del possesso o meno della laurea o delle necessarie abilitazioni sollevato al motivo nè una valutazione di merito sull’attività in concreto prestata presso l’Azienda ricorrente.

4. Il quarto motivo appare inammissibile. In primo luogo la stessa parte ricorrente rileva che il Giudice di prime cure non si era pronunciato sulla questione in parola ed assume che avrebbe riproposto in appello la stessa ” nell’ambito del più ampio motivo di impugnazione con il quale si contestava il rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva”. Emerge dal motivo che l’Azienda aveva sollevato due tipi di eccezione sul punto della carenza di legittimazione passiva, il primo relativo alla pretesa legittimazione passiva della sola Università (speculare ad una eccezione dell’Università secondo la quale era legittimata passiva solo l’Azienda Ospedaliera) ed il secondo concernente la costituzione giuridica dell’Azienda (che secondo quanto si allega nel motivo solo nel 2000 avrebbe goduto di personalità giuridica) dopo la cessazione dei rapporti di lavoro. Ora le due diverse eccezioni non potevano essere riproposte con il medesimo motivo di appello sotto lo stesso profilo in quanto, come si riconosce nello stesso ricorso, mentre il Giudice di primo grado si era pronunciato sulla prima eccezione non lo aveva fatto per la seconda e quindi le ragioni dell’appello erano radicalmente diverse visto che sul secondo profilo occorreva far valere in primo luogo l’omessa pronuncia su una eccezione proposta in primo grado (che non si deduce essere stata fatta valere in specifico). In ogni caso il motivo è del tutto generico perchè si fonda su allegazioni non documentate e che non risultano neppure dedotte in appello in modo sufficientemente articolato circa l’insussistenza di un obbligo a carico dell’Azienda di onorare le obbligazioni sorte e maturate in precedenza alla sua costituzione anche per lavoratori che hanno pacificamente operato presso la medesima struttura dell’Azienda Universitaria Ospedaliera “Gaetano Martino” e che avevano ottenuto, come già accennato, l’equiparazione già nel 1993 (anche se con riferimento al 9^ livello). Nel motivo non si ricostruisce in alcun modo le vicissitudini giuridiche relative all’Azienda Ospedaliera e non si offre alcun elemento per escludere che l’attuale Azienda ricorrente non fosse tenuta a rispondere per i rapporti lavorativi di cui si discute presso la medesima struttura ospedaliera.

5. Il quinto motivo appare infondato per quanto già esposto in relazione al terzo motivo non avendo alcun rilievo, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, il mancato possesso della laurea ai fini dell’equiparazione con talune qualifiche del personale ospedaliero, nè una valutazione in concreto dell’attività svolta, essendo significativo solo il pregresso livello di inquadramento nel personale universitario e la Tabella di cui all’Allegato D D.I. 9 novembre 1982 già citata. Una valutazione in concreto delle mansioni invece è stato ritenuto determinante allorchè si sia posta la diversa questione, che nella presente controversia non è mai stata sollevata, della spettanza (sempre ai fini dell’indennità D.M.) dell’indennità di dirigenza alla luce del contratto del 1998 e di quello successivo(cfr. da ultimo S. U. 9 Maggio 2016, n. 9279).

6. Il sesto motivo (sempre del ricorso principale) appare infondato per quanto già detto in relazione al terzo ed al quinto motivo di ricorso. Non sussiste alcuna contraddittorietà di motivazione nella sentenza impugnata che, alla luce dell’orientamento consolidato di questa Corte, ha ritenuto rilevanti solo il pregresso livello di inquadramento nel personale universitario e la Tabella di cui all’Allegato D D.I. 9 novembre 1982, già citato.

7. Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato alla luce dell’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità. Di recente queste Sezioni Unite (S.U., n. 9279/2016 già citata) hanno ribadito che “deve essere infatti confermato, in assenza di decisivi argomenti che impongano un riesame della questione, il costante orientamento di questa Corte di legittimità (cfr., in particolare, Cass. 7 marzo 2014 n. 5325 e Cass. 24 maggio 2013 n. 12908) che,decidendo su fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a quella in esame, ha ritenuto la sussistenza della legittimazione passiva sia dell’Università di Messina, sia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Gaetano Martino”. 19. Ed infatti, come correttamente rilevato nella giurisprudenza citata, l’esame delle norme che disciplinano i rapporti fra Servizio Sanitario Nazionale e Università e che prevedono la loro collaborazione per l’esercizio della funzione sanitaria, dimostra che, mentre sul piano materiale l’attività sanitaria è convogliata in un modello aziendale unico (l’azienda ospedaliera universitaria), la gestione (anche sul piano finanziario) è rimessa alla regione ed all’università per cui la soluzione delle questioni giuridiche ed economiche fa necessariamente capo ad entrambi i soggetti pubblici. In particolare, premesso che con il D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, fu prevista l’istituzione di aziende ospedaliere universitarie dotate di autonoma personalità giuridica e che con il D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, furono definiti i rapporti giuridici del personale assegnato o trasferito alle nuove aziende, va rilevato che, a norma dell’art. 4 di quest’ultimo D.Lgs., l’organo amministrativo dell’azienda ospedaliera universitaria (il direttore generale) ed il presidente dell’organo di indirizzo dell’azienda (chiamato al coordinamento delle attività didattiche e scientifica con quella strettamente assistenziale) sono nominati dal presidente della regione d’intesa con il rettore; inoltre ai sensi dell’art. 7, comma 1, “al sostegno economico- finanziario delle attività svolte dalle aziende concorrono risorse messe a disposizione sia dall’Università sia dal Fondo sanitario regionale ai sensi del presente comma. Alle attività correnti concorrono le Università con l’apporto di personale docente e non docente e di beni mobili ed immobili ai sensi dell’art. 8 sia le regioni mediante il corrispettivo dell’attività svolta…”. In sostanza, i rapporti fra i due soggetti, quali emergono dall’esame della normativa che disciplina la loro attività, configurano una vera e propria cogestione, il che giustifica pienamente le conclusioni della Corte territoriale circa la sussistenza della legittimazione di entrambi gli enti rispetto alla domanda formulata dai ricorrenti in primo grado. Deve essere in proposito sottolineato che le suddette conclusioni sono pienamente coerenti con i principi affermati da queste Sezioni Unite (Cass. S.U. 29 maggio 2012 n. 8521) sempre con riferimento alla problematica in esame. E’ stato infatti affermato nella sentenza da ultimo citata che il personale universitario “strutturato” nel Servizio sanitario nazionale, ò pur trovandosi in rapporto di impiego con l’Università, è in rapporto di servizio con l’Azienda ospedaliera, la quale, In ragione del diretto coinvolgimento nella gestione del rapporto di lavoro entro l’assetto 6 secondo organizzativo delineato dal D.Lgs. n. 517 del 1999, è passivamente legittimata (al pari dell’Università), rispetto alla domanda del dipendente universitario per l’indennità di equiparazione al personale del ruolo sanitario. Ed infatti la sussistenza del rapporto di impiego con l’Università, se vale a fondare l’obbligazione di quest’ultima di corrispondere l’indennità di equiparazione, secondo un meccanismo che prevede una provvista che, in ipotesi di tal tipo, viene assicurata dal finanziamento pubblico esterno (cfr. Cass. S.U. 15 giugno 2000 n. 439), non esclude la legittimazione passiva di altri soggetti (nel caso di specie, l’Azienda ospedaliera) cui debba invece ricondursi un rapporto di servizio connesso al particolare meccanismo che regola il rapporto di lavoro dei dipendenti universitari “strutturati” in organismi distinti dall’Università”.

8. Il secondo motivo del ricorso incidentale appare infondato per quanto già esposto in ordine al terzo e quinto motivo del ricorso incidentale essendo rilevanti, per la decisione della presente controversia, solo l’inquadramento nel personale universitario e la ricordata Tabella di equiparazione; peraltro il motivo è assolutamente generico perchè non allega alcun elemento specifico in ordine alle mansioni in concreto svolte dalla G..

9. Si devono, quindi, rigettare i ricorsi. Nulla spese nei confronti delle parti intimate; sussistono giusti motivi attesa la complessità della vicenda e le posizioni in parte collimanti, per compensare le spese tra le parti costituite.

PQM

La Corte:

rigetta i ricorsi. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2016

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