Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14798 del 14/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/06/2017, (ud. 10/03/2017, dep.14/06/2017),  n. 14798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17465 – 2014 R.G. proposto da:

B.V., – c.f. (OMISSIS) – rappresentato e difeso in virtù

di procura speciale a margine del ricorso dall’avvocato Vincenzo

Montagna ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Pompeo

Trogo, n. 21, presso lo studio dell’avvocato Vincenzo Mallamaci;

– ricorrente –

contro

D.V.R., – c.f. (OMISSIS) – rappresentata e difesa in

virtù di procura speciale a margine del controricorso dall’avvocato

Ferdinando Izzo ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Ciro

Menotti, n. 4, presso lo studio dell’avvocato professor Ferdinando

Albisinni;

– controricorrente –

e

L.G., – c.f. (OMISSIS) – rappresentato e difeso in

virtù di procura speciale a margine del controricorso dall’avvocato

Nicola Gulfo ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via A.

Brofferio, n. 7, presso lo studio dell’avvocato Giulio Murano;

– controricorrente –

e

T.T. (nato il (OMISSIS), in proprio e quale erede di

D.V.M.C.) – c.f. (OMISSIS) – T.A. (quale erede di

D.V.M.C.) – c.f. (OMISSIS) – T.D. (quale

erede di D.V.M.C.) – c.f. (OMISSIS) –

T.F. (quale erede di D.V.M.C.) – c.f. (OMISSIS) –

T.T. (nato il (OMISSIS), quale erede di

D.V.M.C.) – c.f. (OMISSIS) – T.M.C. (quale erede di

D.V.M.C.) – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliati

in Roma, al viale Bruno Buozzi, n. 36, presso lo studio

dell’avvocato Carlo Martuccelli che congiuntamente e disgiuntamente

all’avvocato Vincenzo Pavese rappresenta e difende, il primo, in

virtù di procura speciale per notar G. in data (OMISSIS), il

quinto, in virtù di procura speciale per notar M. in data

(OMISSIS), gli altri, in virtù di procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

e

T.F. (quale erede di Ma.Lu.) – c.f. (OMISSIS) –

MA.AN. (quale erede di Ma.Lu.) – c.f. (OMISSIS) –

MA.DO. (quale erede di Ma.Lu.) – c.f. (OMISSIS) –

MA.NI. (quale erede di Ma.Lu.) – c.f. (OMISSIS) –

MA.MA. (quale erede di Ma.Lu.) – c.f. (OMISSIS) –

rappresentati e difesi in virtù di procura speciale a margine del

controricorso dall’avvocato Pasquale Favale ed elettivamente

domiciliati in Roma, presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– controricorrenti –

e

T.F.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 168 del 7/14.5.2013 della corte d’appello di

Potenza, udita la relazione nella camera di consiglio del 10 marzo

2017 del consigliere dott. Luigi Abete;

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso in data 1.9.1986 l’ingegner B.V. esponeva che aveva svolto su incarico e per conto di D.V.R. attività di progettazione e di direzione dei lavori per l’edificazione di un fabbricato in (OMISSIS); che il compenso dovutogli non gli era stato corrisposto.

Chiedeva ed otteneva in danno dell’asserita committente ingiunzione di pagamento per la somma di Lire 24.398.222, oltre accessori.

Con atto di citazione notificato il 16.10.1986 D.V.R. proponeva opposizione.

Deduceva che non aveva conferito alcun incarico al ricorrente ed obbligati al pagamento in virtù di scrittura del 29.8.1981 erano T.T. e D.V.M.C..

Instava per la revoca del decreto ingiuntivo ed in subordine perchè si dichiarassero T.T. e D.V.M.C. obbligati a garantirla ed a tenerla indenne da qualsivoglia obbligo.

Resisteva B.V.; estendeva altresì la domanda esperita in via monitoria nei confronti di T.T. e D.V.M.C..

Si costituivano T.T. e D.V.M.C..

Chiamati in causa iussu iudicis, non si costituivano L.G. e Ma.Lu..

Con sentenza depositata il 26.2.2005 il tribunale di Matera rigettava l’opposizione, accoglieva la domanda di garanzia formulata da D.V.R. nei confronti di T.T. e D.V.M.C. e condannava costoro a pagare l’importo ingiunto alla opponente.

Interponeva appello D.V.R..

Interponevano separato appello T.T. e D.V.M.C.. Riuniti i gravami, resisteva B.V..

Si costituivano L.G. e Ma.Lu..

Con sentenza n. 168 dei 7/14.5.2013 la corte d’appello di Potenza, in riforma della statuizione di primo grado, accoglieva l’opposizione esperita da D.V.R. e dichiarava il non luogo a provvedere in ordine alla domanda di garanzia da costei proposta nei confronti di T.T. e D.V.M.C.; regolava inoltre le spese processuali.

Esplicitava, la corte, che, quantunque D.V.R. avesse formulato richiesta di concessione edilizia al comune di (OMISSIS), l’assunto della medesima opponente di non aver avuto contatti con l’ingegner B., rinveniva riscontro nella scrittura in data 17.11.1979 a firma di L.G. e Ma.Lu.; che dunque doveva ritenersi che fossero stati costoro a conferire l’incarico professionale all’originario ricorrente; che al contempo nei confronti del L. e del Ma., chiamati in causa iussu iudicis, l’ingegner B. non aveva provveduto ad estendere la pretesa esperita in via monitoria.

Esplicitava ancora che neppure era possibile esaminare la domanda subordinata formulata con la comparsa di costituzione in prime cure dall’originario opposto di condanna dei coniugi T.T. e D.V.M.C. al pagamento del compenso per l’opera prestata, perchè la domanda, non accolta in primo grado, non era “stata riformulata con appello incidentale o nelle forme previste dall’art. 346 c.p.c.” (così sentenza d’appello, pag. 6).

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso B.V.; ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

D.V.R. ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese, da attribuirsi al difensore anticipatario.

L.G. del pari ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

T.T. (nato il (OMISSIS), in proprio e quale erede di D.V.M.C.), T.A., T.D., T.F., T.T. (nato il (OMISSIS)) e T.M.C. (questi ultimi quali eredi di D.V.M.C.) hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con vittoria di spese.

Tu.Fi., Ma.An., Ma.Do., Ma.Ni. e Ma.Ma. (quali eredi di Ma.Lu.) parimenti hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

T.F.M., quale erede di D.V.M.C., non ha svolto difese.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Analogamente hanno depositato memoria il controricorrente L.G. nonchè i controricorrenti T.T., T.A., T.D., T.F., T.T. e T.M.C..

Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 3, per omessa trascrizione delle conclusioni delle parti.

Deduce che “in comparsa conclusionale depositata il 4/3/2011 (…) già prima e in verbale di udienza del 5/7/2006” (così ricorso, pag. 6) chiedeva espressamente in via subordinata condannarsi in solido D.V.R., T.T. e D.V.M.C. a pagargli l’importo delle sue spettanze; che quindi la mancata trascrizione della domanda nella sentenza di seconde cure “ha determinato l’omessa pronuncia su una questione riproposta in appello proprio ai sensi dell’art. 346 c.p.c.” (così ricorso, pag. 7).

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per omessa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

Deduce che la valutazione della corte di merito ai fini del riscontro del conferimento dell’incarico è incompiuta; che la corte non ha atteso alla valutazione degli ulteriori elementi di fatto e di diritto pure evidenziati.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che la conclusione cui la corte distrettuale è pervenuta, sarebbe stata diversa se la stessa corte avesse considerato che l’attività professionale da egli ricorrente espletata, si è articolata in una “seconda fase” relativa agli anni ‘82, ‘83 ed ‘84, alla quale risultano del tutto estranei Ma.Lu. e L.G..

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c..

Deduce che la corte territoriale ha valorizzato un’unica circostanza indiziaria, “che non ha la caratteristica della gravità e della precisione e non può essere ritenuta concordante” (così ricorso, pag. 15).

Il primo motivo è fondato e va accolto.

E’ innegabile (cfr. il verbale dell’udienza del 2.11.2011 fissata dal presidente istruttore per la precisazione delle conclusioni: “voglia la Corte di Potenza 1) rigettare l’appello; 2) in via subordinata e nel caso di revoca del decreto opposto, condannare D.V.R., T.T. e D.V.M.C., in solido tra loro, al pagamento in favore dell’Ing. B., della somma di 24.398.222, pari ad Euro 12.600,63, con gli interessi legali e la svalutazione monetaria (…)”) che il ricorrente ha provveduto ritualmente, nel corso del giudizio di seconde cure, a riproporre la domanda subordinata, correlata all’ipotesi di revoca del decreto ingiuntivo, di condanna di T.T. e D.V.M.C. al pagamento della somma di Euro 12.600,63 con interessi e maggior danno da svalutazione monetaria.

In questi termini è sufficiente reiterare l’insegnamento di questo Giudice del diritto a tenor del quale la parte concretamente vittoriosa nel merito non ha l’onere di proporre appello incidentale per richiamare eccezioni o questioni che risultano superate o assorbite; essa è, tuttavia, tenuta a riproporre le une e le altre in modo espresso fino alla precisazione delle conclusioni (è il caso di specie), operando altrimenti la presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 c.p.c. con conseguente formazione del giudicato implicito (cfr. Cass. 12.1.2006, n. 413; Cass. 10.8.2004, n. 15427, secondo cui, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 c.p.c., la parte vittoriosa in primo grado ha l’onere di riproporre, a pena di formazione del giudicato implicito, in modo chiaro e preciso le domande e le eccezioni (in senso stretto) respinte o ritenute assorbite, in qualsiasi momento del giudizio di secondo grado, fino alla precisazione delle conclusioni, non essendo applicabile al giudizio di appello il sistema di preclusioni introdotto per il giudizio di primo grado, con il D.Lgs. n. 432 del 1995, conv. nella L. n. 534 del 1995).

Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono strettamente connessi.

Si giustifica pertanto il loro esame contestuale.

I medesimi motivi in ogni caso sono destituiti di fondamento.

Si rappresenta previamente che pur il secondo motivo si qualifica alla stregua della previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Occorre tener conto, da un lato, che B.V. con il motivo de quo censura sostanzialmente il giudizio di fatto cui la corte potentina ha atteso; dall’altro, che è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499).

In tal guisa si rappresenta altresì che gli asseriti vizi motivazionali de quibus agitur rilevano nei limiti della novella formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis al caso di specie (la sentenza impugnata è stata depositata in data 14.5.2013).

Conseguentemente riveste valenza l’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.

Su tale scorta si rappresenta ulteriormente quanto segue.

Da un canto, che è da escludere recisamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla luce dell’indicazione nomofilattica a sezioni unite testè menzionata, possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte d’appello ha ancorato il suo dictum.

In particolare, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte di merito ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo (“l’affermazione dell’opponente di non aver avuto contatti col professionista (…) trova conferma nella scrittura privata del 17/11/1979, firmata dalla stessa, dal Ma. e dal L.”: così sentenza d’appello, pagg. 3 – 4; “pur in presenza di una concessione edilizia rilasciata a D.V.R. – perchè qualificatasi proprietaria dell’area da edificare – l’incarico professionale fu conferito al B. dagli imprenditori edili Ma. e L.”: così sentenza d’appello, pag. 4).

Dall’altro, che la corte distrettuale ha sicuramente disaminato il fatto decisivo caratterizzante la res litigiosa.

In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge il dictum del secondo giudice risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo e esaustivo sul piano logico – formale.

E ciò viepiù se si tiene conto che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

Al contempo, con precipuo riferimento al quarto motivo di ricorso, questa Corte spiega che, nella ricerca e nella valutazione degli elementi sia indiziari che presuntivi del proprio convincimento il giudice del merito è investito del più ampio potere discrezionale, nel senso che è libero di scegliere gli elementi che ritiene maggiormente attendibili e meglio rispondenti all’accertamento del fatto ignoto, nonchè di valutarne come crede la gravità e la concludenza, purchè il suo ragionamento non risulti viziato – siccome nella fattispecie non è viziato – da illogicità o da errori giuridici, quale l’esame isolato dei singoli elementi presuntivi senza alcuna organica e complessiva valutazione di essi nel quadro unitario della indagine di fatto (cfr. Cass. 27.11.1982, n. 6460; cfr. Cass. 6.4.1983, n. 2373; Cass. 10.11.1970, n. 2342).

Ed ancora spiega che gli elementi assunti a fonte di presunzione non debbono essere necessariamente plurimi, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave. La valutazione della rilevanza di tale elemento nell’ambito del processo logico applicato in concreto non è sindacabile in sede di legittimità purchè sia sorretta da motivazione adeguata e logicamente non contraddittoria (cfr. Cass. 4.5.1999, n. 4406).

In accoglimento del primo motivo di ricorso la sentenza n. 168 dei 7/14.5.2013 della corte d’appello di Potenza va cassata con rinvio alla medesima corte in diversa composizione.

In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

In dipendenza dell’accoglimento del ricorso non sussistono i presupposti per il versamento, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; rigetta il secondo, il terzo ed il quarto motivo; cassa in relazione al motivo accolto la sentenza n. 168 dei 7/14.5.2013 della corte d’appello di Potenza; rinvia alla medesima corte in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità; non sussistono i presupposti per il versamento, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 10 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2017

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