Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14795 del 14/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/06/2017, (ud. 24/02/2017, dep.14/06/2017),  n. 14795

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26844/2012 proposto da:

G.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE BRUNO BUOZZI 3, presso lo studio dell’avvocato FRANCO CARLO

COPPI, rappresentato e difeso dagli avvocati PIERANTONIO ZANETTIN,

ALESSANDRO ZOCCA giusta procura speciale del 28.5.2013 per Dottor

M.D.P.A. Notaio in (OMISSIS) Rep. n. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

L.U., L.L., L.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1065/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 09/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/02/2017 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO ZOCCA, difensore del ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del settimo

motivo e per il rigetto dei restanti motivi del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza depositata il 9 maggio 2012, ha parzialmente accolto l’appello proposto di G.G. avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza n. 765 del 2006, e nei confronti di L.U., L.L. e L.F..

1.1. Nel 2000 il sig. G. aveva agito ai sensi dell’art. 700 c.p.c., nei confronti dei sigg. L., di C.L. e di B.A. per ottenere la derivazione di acqua dall’acquedotto privato dei vicini o la costituzione di servitù di acquedotto. I sigg. L. si costituivano e chiedevano che la servitù di acquedotto fosse costituita secondo un tracciato diverso da quello indicato da G., meno pregiudizievole per il fondo servente.

La fase cautelare si era conclusa in sede di reclamo, con ordinanza che aveva costituito provvisoriamente la servitù secondo un tracciato diverso da quello richiesto dal ricorrente.

1.1. Nella fase di merito, il sig. G. aveva riproposto le domande già svolte nel giudizio cautelare; i convenuti L. avevano chiesto la conferma del provvedimento cautelare, chiedendo inoltre che fosse ordinato all’attore di interrare l’acquedotto, di demolire il fabbricato adibito a stazione di pompaggio e di condanna dell’attore al ripristino del manto stradale interessato dallo scavo.

1.2. Il Tribunale aveva ordinato all’attore di collocare la stazione di pompaggio secondo le indicazioni del CTU nominato nella fase di merito, di eliminare il manufatto costruito sulla base delle indicazioni del CTU nominato nella fase cautelare, di corrispondere Euro 30,00 a titolo di indennizzo ai convenuti per l’occupazione del suolo e di ripristinare lo stato dei luoghi, confermando nel resto il provvedimento cautelare, con spese a carico dell’attore.

2. Per quanto ancora di rilievo in questa sede, la Corte d’appello ha riformato la decisione di primo grado nella parte in cui aveva accolto la domanda riconvenzionale dei sigg. L. di ripristino del manto stradale, in quanto tardivamente proposta, ritenendo che fosse stata tardivamente proposta. La stessa Corte ha ritenuto il gravame infondato per la restante parte ed ha compensato le spese di lite per un quarto, ponendo la rimanente parte a carico dell’appellante.

3. Per la cassazione della sentenza G.G. ha proposto ricorso sulla base di sette motivi. Non hanno svolto difese gli intimati. Il ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è fondato limitatamente al settimo motivo.

1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 167 e 183 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, e si lamenta che la Corte d’appello abbia qualificato come eccezione riconvenzionale, anzichè come domanda riconvenzionale, la richiesta dei convenuti sigg. L. finalizzata alla realizzazione dell’impianto sotto terra, con demolizione della stazione di pompaggio realizzata fuori terra.

1.1. La doglianza è infondata.

Come correttamente rilevato dalla Corte d’appello, non costituiva domanda riconvenzionale la richiesta dei convenuti riguardante il posizionamento dell’impianto secondo modalità diverse da quelle prospettate dall’attore.

Per giurisprudenza consolidata di questa Corte Suprema, la domanda riconvenzionale è configurabile quando il convenuto, traendo occasione dalla domanda avanzata nei suoi confronti, chiede un provvedimento giudiziale a sè favorevole, che gli attribuisca beni determinati in contrapposizione a quelli richiesti con la domanda principale (ex plurimis, Cass. 21/12/2002, n. 18223). Situazione che all’evidenza non ricorre nel caso di specie, in cui la richiesta dei convenuti ha costituito “mera esplicazione di attività difensiva”, volta a contrastare la pretesa attorea. Del resto, come la stessa Corte d’appello non ha mancato di evidenziare, ai sensi dell’art. 1037 c.c., spettava comunque al giudice il compito di individuare il sito più idoneo a garantire il funzionamento dell’impianto – ergo la maggior convenienza per il fondo dominante – con il minor pregiudizio per il fondo servente.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione dell’art. 100 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, e si assume la carenza di interesse dei convenuti L. a resistere in appello, attesa la richiesta – formulata dagli stessi nel giudizio di primo grado – di convalida del provvedimento reso dal Tribunale in sede di reclamo cautelare. Si lamenta, inoltre, l’omessa motivazione sul corrispondente motivo di appello proposto sub n. 3 dell’atto di gravame.

2.1. La doglianza è infondata.

Come precisato dalla Corte d’appello anche nella ricostruzione in fatto della vicenda processuale, oltre che nella disamina del motivo di gravame riguardante la tardività delle richieste dei convenuti L., i predetti avevano concluso per la conferma del provvedimento emesso in sede di reclamo cautelare ed avevano chiesto che le opere fossero realizzate sotto terra, ai fini del minor pregiudizio per i fondo servente.

E’ pertanto evidente che sussisteva l’interesse dei convenuti, poi appellati, a resistere in giudizio affinchè la costituzione della servitù fosse disposta secondo le indicate modalità. La disamina effettuata dalla Corte d’appello con riferimento alle richieste dei sigg. L. è altresì incompatibile con l’invocata cessazione della materia del contendere, prospettata dall’appellante G.. Ne deriva l’insussistenza anche del vizio di omessa motivazionale (ex plurimis, Cass. 11/09/2015, n. 17956).

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione degli artt. 1033, 1034, 1035, 1037 c.c., vizio di motivazione e nullità del procedimento come conseguenza della nullità del quesito sottoposto al CTU ing. P., nel quale non era stato precisato che il consulente dovesse tenere conto (anche) del più conveniente uso per il fondo dominante.

4. Con il quarto motivo è denunciato vizio di motivazione e violazione dell’art. 111 Cost., assumendosi che, a fronte della contraddittorietà delle due relazioni peritali (ing. L. e ing. P.) e della richiesta dell’appellante di tenere conto della prima relazione peritale, la Corte d’appello avrebbe ignorato la prima relazione e la richiesta dell’appellante, e omesso qualsiasi motivazione sulla scelta di attenersi alla seconda relazione.

5. Con il quinto motivo è denunciato vizio di motivazione e violazione dell’art. 111 Cost., e si contesta sotto ulteriore profilo l’inadeguatezza della motivazione con cui la Corte d’appello aveva superato le critiche formulate alla seconda CTU (ing. P.).

6. Con il sesto motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 62, 196, 197 c.p.c., dei principi anche processuali in materia di ammissione delle prove, vizio di motivazione e violazione dell’art. 111 Cost. e si contesta il mancato accoglimento delle richieste di rinnovazione della CTU ovvero di chiarimenti al CTU, formulate in via subordinata dall’appellante.

6.1. Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente attesa l’evidente connessione, sono in parte inammissibili e in parte infondate.

6.2. E’ inammissibile la censura di violazione diretta del parametro costituzionale che sancisce l’obbligo di motivazione. Come già rilevato da questa Corte, la violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente con il motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (Cass. 17/02/2014, n. 3708).

6.3. Sono infondate le censure di violazione di legge ordinaria e difetto di motivazione che hanno ad oggetto la scelta della consulenza tecnica d’ufficio operata dalla Corte d’appello e, in generale, tutte le questioni afferenti la validità della consulenza.

La Corte territoriale ha correttamente e motivatamente escluso l’esistenza di vizi invalidanti della CTU a firma ing. P. ed ha dato conto delle ragioni per le quali ha adottato la soluzione suggerita in detta consulenza (pag. 12 sentenza). Il controllo di legittimità deve arrestarsi a fronte di tale rilievo, non potendo trasmodare nel riesame delle risultanze processuali, che spetta esclusivamente al giudice del merito (ex plurimis, Cass. 29/10/2015, n. 22117).

7. Con il settimo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, e si contesta il rigetto del motivo di appello con quale era stata censurata la statuizione del Tribunale sulle spese di lite, che erano state poste a carico del ricorrente G., pure vittorioso.

7.1. La doglianza è fondata.

La decisione della Corte d’appello, che ha compensato le spese del doppio grado in ragione di un quarto ed ha condannato il sig. G. alla rifusione del residuo, viola il principio secondo cui la parte vittoriosa non può essere condannata alle spese di lite (ex plurimis, Cass. 14/10/2016, n. 20374). Non vi è dubbio che il G. sia la parte vittoriosa, giacchè all’esito del giudizio si è visto riconoscere il bene della vita che aveva richiesto, non importa se con domanda principale o subordinata, nè con quali modalità.

8.2. L’accoglimento del ricorso sulla statuizione in ordine alle spese di lite impone la cassazione della sentenza impugnata, ed il rinvio al giudice designato in dispositivo, che provvederà anche a liquidare le spese del presente giudizio.

PQM

 

La Corte accoglie il settimo motivo, rigettati i rimanenti, cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa sezione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2017

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