Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14791 del 14/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/06/2017, (ud. 22/02/2017, dep.14/06/2017),  n. 14791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21179/2012 proposto da:

F.V. (OMISSIS), G.C.F. (OMISSIS) per

proc. spec. del (OMISSIS) rep. n. (OMISSIS), G.L.

(OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, V. ANAPO 46, presso lo

studio dell’avvocato MARCO FARINA, che le rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LUIGI BORLONE;

– ricorrenti –

contro

V.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

G. MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato LUCIO NICOLAIS, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GABRIELE SPONZILLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1225/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/02/2017 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato Guardascione Federico con delega depositata in

udienza dell’avv. Farina Marco difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’avv. Nicolais Lucio difensore del controricorrente che si

riporta agli scritti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione del 24/3/2009 V.G. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Monza G.L., G.C. e F.V. e assumeva che nei patti speciali del contratto dell’11/2/2002 di acquisto della proprietà di esso attore, gli era stata accordata dalle convenute la servitù di passaggio sul fondo di loro proprietà di cui al mappate (OMISSIS) e a favore dei fondi di loro proprietà di cui ai mappali (OMISSIS), servitù riconosciuta anche con sentenza 1/10/2004 del Tribunale di Monza, confermata nel 2008 dalla Corte di Appello di Milano e ormai passata in giudicato.

Pertanto chiedeva la rimozione di ogni ostacolo frapposto all’esercizio della servitù ripristinando il passaggio secondo il tracciato previsto nella planimetria allegata al contratto di vendita e costituzione della servitù.

Per quanto qui interessa, le convenute contestavano l’esistenza della servitù e affermavano il loro correlativo diritto a chiudere (come in effetti era stato chiuso) il passaggio dalla loro proprietà.

Il Tribunale di Monza con sentenza del 4/7/2011 rigettava la negatoria servitutis proposta in via riconvenzionale dalla convenute e le condannava a ripristinare il passaggio che impediva l’esercizio della servitù di passo pedonale e carraio.

L’appello delle convenute, soccombenti in primo grado, era rigettato dalla Corte di Appello di Milano con sentenza del 30/3/2012.

La Corte di appello di Milano rilevava che:

– il documento 4 prodotto dalle appellanti, avente ad oggetto una missiva inviata al comune di Vimercate e la relativa risposta, non era utilizzabile ai fini della decisione in quanto non indispensabile attesa l’assoluta esaustività delle produzioni documentali già prodotte in atti;

– la domanda delle appellanti di accertamento della nullità della servitù era inammissibile per l’incomprensibilità delle argomentazioni giuridiche poste a suo fondamento e altrettanto inammissibile era la domanda di illegittimità del passaggio in quanto formulata per la prima volta in atto di appello;

– il motivo relativo all’inesistenza di qualsivoglia passaggio tra i due fondi era infondato in quanto in contrasto con il giudicato precedentemente formatosi.

G.L., G.C. e F.V. hanno proposto ricorso affidato a due motivi e hanno depositato memoria con la quale allegano due documenti costituiti, rispettivamente, da un atto di donazione del 10/10/1956 e da una segnalazione di reato della Polizia giudiziaria di Monza alla Procura della Repubblica in data 15/12/2012 in ordine ad un ipotizzato reato di truffa aggravata e continuata a carico di V.G. il quale nel 2000-2001 avrebbe, in tesi, celato a G.F.ncesca la reale situazione catastale dell’immobile che gli vendeva.

V.G. ha resistito con controricorso e ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Le ricorrenti hanno prodotto nuovi documenti con la memoria ex art. 378 c.p.c. del 17/2/2017.

I documenti prodotti sono costituiti:

– da una donazione immobiliare del 10/10/1956 di quasi 40 anni anteriore alla citazione del 24/3/2009 con allegata planimetria (che i ricorrenti affermano a loro celata) con la quale ha avuto inizio di giudizio di merito;

– da una denuncia penale del 30/3/2012, successiva al deposito della sentenza impugnata, ma anteriore alla notifica del ricorso.

L’art. 372 c.p.c., distingue la produzione di documenti relativi all’ammissibilità o procedibilità del ricorso (e non è questo il caso), che può avvenire indipendentemente dal deposito del ricorso, dalla produzione dei documenti che riguardano la nullità della sentenza impugnata che, invece, deve avvenire (cfr. Cass. 31/3/2011 n. 7515) con l’anteriore deposito del ricorso nella specie notificato il 19/12/2012 e per tali ragioni le produzioni sono inammissibili.

Nella memoria delle ricorrenti si fa comunque riferimento a risultanze catastali difformi rispetto a quelle allegate al rogito di acquisto posto a fondamento della domanda; sul punto, quanto all’infondatezza nel merito delle argomentazioni di cui alla memoria (a sostegno delle quali sono prodotti inammissibilmente i documenti anche per ciò solo irrilevanti), si rinvia alle ragioni del rigetto del primo motivo di ricorso che vengono illustrate al successivo punto 1 di questa sentenza, nelle quali si osserva:

– che le mappe catastali non hanno valore costitutivo, ma solo dichiarativo e costituiscono un mero indizio privo di valore probatorio;

– che la Corte di appello ha correttamente deciso rilevando il giudicato formatosi sull’esistenza della servitù intervenuto a seguito della sentenza 1/10/2004 del Tribunale di Monza, confermata nel 2008 dalla Corte di Appello di Milano (v. pag. 4 della sentenza appellata sub svolgimento del processo, richiamata alla pagina 8 della stessa sentenza sub motivi della decisione);

– che la Corte di appello, quanto alla domanda di accertamento dell’illegittimità del passaggio necessario all’esercizio della servitù ha motivato rilevandone l’inammissibilità in quanto domanda proposta per le prima volta in appello, vista la sua mancanza nel foglio di precisazione delle conclusioni depositato in rimo grado dalle convenute.

1. Con il primo motivo le ricorrenti deducono l’omesso esame dei documenti e dello stato di fatto dei luoghi, ovvero l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonchè (nell’esposizione del motivo, a pagina 22 del ricorso) e la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c..

Le ricorrenti, nella parte destinata ad illustrare i fatti di causa, premettono che nel 2002 il Comune, espletati sopralluoghi, non aveva rinvenuto alcun passaggio nel muro di confine tra le due proprietà.

Ciò premesso sostengono l’indispensabilità, ai fini della decisione sul merito della causa, del documento con il quale il comune di Vimercate il 12/10/2011 aveva dichiarato che “non esistono atti relativamente alla realizzazione del passo carraio dal mappale (OMISSIS) al mappale (OMISSIS) attraverso la struttura divisoria che insiste sul mappale (OMISSIS), foglio (OMISSIS)”; aggiungono che nel preliminare a seguito del quale era stato concluso il definitivo di vendita, la servitù era stata concessa a favore del mappale (OMISSIS) del V. per la manutenzione ordinaria e straordinaria del fabbricato e dei relativi servizi e impianti, allorchè fosse divenuto confinante mentre con il contratto definitivo era stata concessa una servitù diversa e più ampia ed era stata allegata una planimetria che non rispettava graficamente lo stato dei luoghi.

Sulla base di quanto esposto, lamentano che la Corte di appello, ritenendo non utilizzabile il documento ha violato e falsamente applicato l’art. 345 c.p.c. e ha deciso violando l’obbligo di motivazione.

2. Il motivo, quanto alla motivazione sull’inammisibilità in appello del documento costituito dalla missiva del comune di Vimercate del 30/9/2011 e relativa risposta del 12/10/20111 agli ulteriori argomenti sviluppati a supporto relativi all’inesistenza di qualsivoglia passaggio tra i due fondi e all’esistenza del diritto di servitù non attinge le ragioni della decisione della Corte di appello secondo le quali:

– l’assunto delle appellanti (odierne ricorrenti) si pone in contrasto con il giudicato formatosi tra le parti circa l’esistenza delle servitù;

– è inammissibile la domanda di accertamento dell’illegittimità del passaggio necessario all’esercizio della servitù in quanto domanda proposta per la prima volta in appello, vista la sua mancanza nel foglio di precisazione delle conclusioni depositato in primo grado dalle convenute (pag. 8 della sentenza di appello).

Il fatto che nel 2011 dal Comune sia stato dichiarato che non vi sono “atti relativamente alla realizzazione del passo carraio”, evidentemente non esclude il diritto di servitù riconosciuto in contratto e con la sentenza passata in giudicato (come rilevato dalla Corte di appello) e impedito dalla chiusura del varco; tale chiusura costituiva, appunto, il motivo della citazione del V. del 2009 il quale lamentava che era impedito l’esercizio della servitù già costituita.

Va aggiunto che le mappe catastali, pure invocate dalle ricorrenti nella parte destinata ad illustrare i fatti di causa e nella memoria ex art. 378 c.p.c., costituiscono mero indizio privo di valore probatorio (v. Cass. 5131/2009; Cass. 23958/2013) e non hanno valore costitutivo, ma solo dichiarativo e quindi non possono incidere sulla servitù costituita con i patti speciali dell’atto di vendita.

Pertanto in ordine al vizio di motivazione sull’indispensabilità del documento (peraltro di solare evidenza) il motivo è del tutto infondato oltre che privo di rilevanza in quanto la Corte di appello ha preso in considerazione il documento ai fini della sua producibilità in appello e ha motivato osservando che il documento non appare indispensabile “vista l’assoluta esaustività delle produzioni documentali già versate in atti”.

Quanto all’invocata riforma dell’art. 345 c.p.c. (pure richiamata nel motivo di ricorso) che ha eliminato l’inciso dell’art. 345 c.p.c. “salvo che non li ritenga indispensabili ai fini della causa ovvero”, a prescindere da ogni altra pur possibile considerazione, si rileva che l’art. 345 c.p.c., è stato riformato con D.L. 22 giugno 2012, mentre la sentenza impugnata è stata depositata in data anteriore (30/3/2012) e quindi la norma non poteva essere applicata dalla Corte di Appello.

Va infine osservato che la circostanza (addotta dai ricorrenti solo nell’illustrare lo svolgimento del processo) che nel preliminare fosse prevista una diversa servitù costituisce argomento totalmente privo di rilevanza in quanto l’assetto di interessi previsto nel preliminare viene sostituito da quello previsto nel definitivo.

In conclusione, il motivo deve essere rigettato.

3. Con il secondo motivo le ricorrenti deducono la violazione delle norme fondamentali di diritto di agire in giudizio per la tutela dei diritti lesi ex art. 24 Cost..

4. Il motivo (nel quale non si deduce violazione dei criteri stabiliti per la liquidazione delle spese processuali di cui ai parametri previsti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55, o altra normativa anteriore) è infondato perchè il diritto di agire è garantito dalla previsione del giudizio di appello e non incide sul principio della soccombenza per il quale il soggetto che è stato costretto a difendersi per l’altrui iniziativa giudiziaria ha diritto nei confronti della controparte soccombente ad ottenere la rifusione delle spese giudiziali; la facoltà del giudice del merito di compensare le spese ai sensi dell’art. 92 c.p.c., nella formulazione vigente prima della modifica apportata con la L. n. 69 del 2009 (applicabile nella fattispecie), costituisce esercizio di un potere largamente discrezionale, del quale la Corte di Appello ha ritenuto di non avvalersi per giunta osservando (sia pure superfluamente) che il comportamento tenuto dalle appellanti è risultato, se non espressione di mala fede o colpa grave, quanto meno irrispettoso delle pronunce emesse dagli organi giurisdizionali preposti.

5. Il ricorso deve essere rigettato; le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti.

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare a V.G. le spese di questo giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per compensi oltre 15% per spese generali, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2017

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