Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14787 del 19/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 19/07/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 19/07/2016), n.14787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

INTESA SAN PAOLO s.p.a., (già Sanpaolo IMI s.p.a., già IMI s.p.a.),

in forza di procuratore speciale delegato dell’amm. del., con atto

Notaio D. Bazzoni di Torino 22.1.2007, nonchè Cassa di Risparmio in

Bologna s.p.a. (per procuratore speciale con delega del presidente

c.d.a., con atto Notaio F. Stame di Bologna 5.9.2006) e Cassa di

Risparmio del Veneto s.p.a. (per procuratore speciale con delega del

direttore generale, con atto Notaio F. Crivellari di Padova

24.10.2008), tutte rappr. e dif. dall’avv. Enrico Gabrielli,

elettivamente domiciliato presso Io studio di questi, in Roma, via

Teodosio Macrobio n. 3, come da procura in calce all’atto;

– ricorrenti e controricorrenti sul ricorso incidentale –

contro

Liquidatore giudiziale della Cartiera di Cadidavid s.r.l. in

liquidazione in concordato preventivo, rappr e dif. dall’avv.

Francecsa Pace e dall’avv. Giorgio Barbieri, elettivamente

domiciliato presso Io studio del primo, in Roma, via Parigi n. 11,

come da procura a margine dell’atto;

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

M.B.M. s.r.l., in persona del l.r.p.t., rappr e dif. dall’avv.

Riccardo Colletta, elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’avv. Paolo Quattrocchi, in Roma, via delle Quattro Fontane n.

161, come da procura a margine dell’atto;

– controricorrente –

per la cassazione de decreto Trib. Reggio Emilia 7.5.2010, n. 5/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 15 giugno 2016 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;

uditi per il ricorrente E. Gabrielli e gli avvocati C. Alessi per il

controricorrente liquidatore giudiziale;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per dichiarare la cessazione della

materia del contendere, in subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

IL PROCESSO

Le tre banche Intesa Sanpaolo s.p.a., Cassa di Risparmio in Bologna s.p.a. e Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. impugnano il decreto Trib. Reggio Emilia 7.5.2010, n. 5/10 che ebbe a respingere il loro ricorso, interposto ex art. 26 L. Fall., avverso il decreto 11.2.2010 del giudice delegato del concordato preventivo Cartiera di Cadidavid s.r.l. in liquidazione, pendente avanti al medesimo tribunale e che a sua volta aveva negato alle ricorrenti la sospensione delle operazioni di vendita in corso, relative ad azienda con immobile.

Secondo il collegio emiliano, riconosciuta la tempestività del reclamo benchè il giudice delegato avesse negato l’applicabilità al caso dell’art. 108 L. Fall., riformato e ciononostante ammettendo l’impugnabilità degli atti del liquidatore nella procedura di concordato preventivo, si trattava di reclamo prospettato ex art. 26 L. Fall., ed avanzato in osservanza del termine di 10 giorni ivi previsto. Nel merito, venne negata la inadeguatezza del prezzo di vendita dell’azienda – 8.050.000 Euro, con 3.000.000 per il solo immobile – non essendo stati riscontrati elementi idonei a far seriamente dubitare che esso fosse notevolmente inferiore a quello giusto, per come reveniente da fattori quali la correzione al ribasso di nuova perizia, il costo di bonifica dell’area interessata (4 milioni euro), l’incertezza di esito di ben 19 pratiche di abuso edilizio, la diffusività della pubblicità esperita, la mancanza di altre offerte, il protrarsi dell’inattività e i costi di riavvio.

Il ricorso è affidato ad unico complesso motivo, ad esso resistono sia il liquidatore giudiziale del concordato preventivo sia la società M.B.M. s.r.l. con controricorso. Il liquidatore giudiziale ha altresì introdotto ricorso incidentale, cui resistono le tre banche con controricorso. Il liquidatore giudiziale ha depositato memoria deducendo il sopravvenuto difetto d’interesse al ricorso delle banche, perchè la sospensione era stata nel frattempo disposta e il concordato dichiarato risolto.

Diritto

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il motivo i ricorrenti in via principale deducono la violazione degli artt. 26 e 108 L. Fall., nonchè vizio di motivazione, invocandosi l’erronea statuizione del tribunale che, conformandosi acriticamente alla decisione del giudice delegato, non avrebbe applicato la più corretta nozione di prezzo giusto, da intendersi come prezzo di esitazione strettamente correlato al valore di stima, inteso in senso oggettivo e non coincidente con quello d’asta o vendita forzata.

Con il motivo del ricorso incidentale, il liquidatore giudiziale del concordato preventivo deduce la violazione degli artt. 26 e 36 L. Fall., oltre che il vizio di motivazione, posto che lo stesso giudice delegato, negando la ricorrenza dell’art. 108 L. Fall., riformato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, aveva fatto implicita applicazione dell’art. 36 L. Fall., dunque intendendo l’impugnazione come reclamo avverso gli atti del liquidatore, per i quali il termine era di 8 giorni dalla comunicazione del decreto, nella circostanza scaduto all’epoca del reclamo delle banche al collegio.

1.Preliminarmente osserva il Collegio che non sussistono le ragioni per accedere alla prospettata declaratoria di cessazione della materia del contendere, la quale postula che sopravvengano nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e, con ciò, dell’interesse al ricorso, determinandosi una possibile perdita di attualità delle decisioni emesse e di utilità di quella già richiesta a questa Corte (Cass. 19160/2007), facendo invero difetto nella specie un preliminare requisito di certezza della definizione del concordato preventivo con la allegata risoluzione, non provata in tali termini.

2. Il motivo del ricorso principale è inammissibile, secondo un duplice profilo. In primo luogo, il decreto impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame delle censure non offre elementi nè per una variazione di indirizzo, nè per una più articolata conferma dello stesso. Il Collegio condivide dunque il principio per cui il ricorso per cassazione che non introduca elementi per modificare la giurisprudenza di legittimità, a cui la decisione impugnata sia conforme, deve essere rigettato in rito e non nel merito ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, che, nell’evocare un presupposto processuale, ha introdotto una griglia valutativa di ammissibilità, in luogo di quella anteriore costituita dal quesito di diritto, ponendo a carico del ricorrente un onere argomentativo, il cui parametro di valutazione è costituito dal momento della proposizione del ricorso (Cass. 23586/2015, 8804/2016). Va così data applicazione di un orientamento per il quale ove in tema di liquidazione dell’attivo nella procedura concorsuale sia fatta questione del potere attribuito al giudice delegato, ai sensi dell’art. 108, comma 3, L. Fall., (nel testo ratione temporis applicabile), di disporre la sospensione della vendita – anche senza incanto, anche ad aggiudicazione avvenuta e prima che sia emesso il decreto di trasferimento – si è di fronte ad una prerogativa da utilizzarsi secondo discrezionalità ed in particolare qualora sussista una notevole sproporzione tra il prezzo offerto e quello giusto, secondo la determinazione affidata al prudente apprezzamento del giudice stesso (Cass. 16755/2010, 12185/1998). In particolare è costante l’indirizzo seguito da questa Corte nel ritenere che detto potere è legittimamente esercitato purchè sia reso esplicito un coerente criterio idoneo a sorreggerne l’attuazione, con riguardo alle finalità cui la sua attribuzione risponde – la realizzazione del massimo valore pecuniario in vista del massimo risultato utile per la massa dei creditori risolvendosi il suo difetto in una violazione di legge; il giudizio deve pertanto riguardare la inadeguatezza del prezzo offerto in sede di aggiudicazione rispetto a quello ritenuto giusto, per essere il primo notevolmente inferiore al secondo, ciò implicando non una mera comparazione tra prezzo offerto e ipotetico astratto valore del bene (nel precedente, desunto solo da una nuova perizia), bensì la constatata esistenza di elementi idonei a far seriamente ritenere il prezzo di aggiudicazione notevolmente inferiore a quello giusto (quali nuove offerte di acquisto, indebite interferenze, modalità di attuazione della vendita precedente) (Cass. 28836/2008, 1610/2009, 10266/2000).

2. 11 secondo profilo di inammissibilità attiene alla parte in cui si censura il decreto per vizio di motivazione, apparendo del tutto impropria – in questa sede – la critica così svolta (Cass. 6401/2015), avendo i giudici del merito accuratamente operato sia un richiamo, per condivisione riassuntiva, delle motivazioni già rese nel provvedimento del giudice delegato, sia un autonomo riepilogo di esse e comunque degli elementi di fatto idonei a giustificare la totale assenza di notevole sproporzione di prezzo tra quello praticato dalla liquidazione concordatizia in corso e quello giusto. La reiezione del reclamo si è invero intrattenuta sulla conseguita adeguatezza del prezzo proposto per la liquidazione, a seguito di fattori concreti e storici sopraggiunti rispetto all’iniziale stima peritale, tra cui – convincentemente in punto di logicità e congruità della motivazione – un’aggiornata perizia al 2009, con un ridimensionamento dei valori precedenti, cui hanno concorso le necessità ripristinative dell’area per bonifica (ed i relativi costi), le incertezze circa i numerosi procedimenti di abuso edilizio, la trascorsa pubblicità, il difetto di offerte migliori, l’inoperatività aziendale e i correlati costi di riavvio della produzione, oltre ai limiti posti alla stessa da provvedimenti del Comune.

3. Il ricorso incidentale è infondato, essendosi il collegio occupato, in sede di reclamo, di un provvedimento (il diniego della chiesta sospensione della liquidazione dell’attivo concordatizio) assunto dal giudice delegato, e non direttamente di un atto amministrativo o di gestione del liquidatore. La circostanza rende coerente l’inquadramento processuale acquisito dal ricorso delle banche proponenti alla stregua dell’applicato art. 26 L. Fall., rispettato anche nella sua sequenza introduttiva e ciò in ragione dell’adattamento normativo che, già nel testo ratione temporis vigente, si imponeva per il richiamo del contesto liquidatorio di cui all’art. 182 L. Fall., applicabile alla disciplina fallimentare della vendita forzata. La ritenuta assimilabilità della fase attuativa del concordato preventivo con cessione dei beni del debitore ad un procedimento di vendita coattiva degli stessi beni risiede invero in un principio già reso da Cass. s.u. 19506/2008, per il quale si deve “estendere – sulla base di un’interpretazione sistematica dell’ordinamento, imposta dalla necessità di rispettare il principio di uguaglianza – il regime di ricorribilità applicabile, a norma degli artt. 617 e 618 c.p.c., per i provvedimenti del giudice dell’esecuzione non altrimenti impugnabili. Infatti, i suddetti provvedimenti del giudice delegato rientrano nel novero degli atti di giurisdizione esecutiva, assolvendo ad una funzione corrispondente a quella dei provvedimenti di analogo tenore emessi nell’ambito della liquidazione fallimentare.” (Cass. 5993/2011, 8966/2014).

Il ricorso principale va dunque dichiarato inammissibile; il ricorso incidentale va rigettato; la portata della reciproca soccombenza fra le banche ricorrenti ed il liquidatore giudiziale, giustifica la compensazione delle spese del presente procedimento, fra tali parti; la soccombenza delle ricorrenti rispetto a M.B.M. s.r.l. fonda invece la condanna delle prime al pagamento delle spese del procedimento, liquidate in favore del citato controricorrente come meglio da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; dichiara compensate le spese del procedimento di legittimità fra le ricorrenti in via principale ed il controricorrente con ricorso incidentale; condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento di legittimità in favore di M.B.M. s.r.l., per Euro 7.200 (di cui Euro 200 per spese), oltre al rimborso del 15% a forfait sul compenso e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2016

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