Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14787 del 10/07/2020

Cassazione civile sez. I, 10/07/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 10/07/2020), n.14787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

M.H., rappr. e dif. dall’avv. Jacopo Maria Pitorri,

jacopomariapitorri-ordineavvocatiroma.org, elett. dom. presso lo

studio dello stesso in Roma, via Pietro Mascagni n. 186, come da

procura spillata in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

per la cassazione del decreto Trib. Roma 25.6.2018, n. 9006/2018, in

R.G. 69008/2017;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla camera di consiglio del 23.6.2020.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. M.H. impugna il decreto Trib. Roma 25.6.2018, n. 9006/2018, in R.G. 69008/2017 che ne ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale (notificato il 16.10.2017), la quale aveva escluso i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria e altresì quella umanitaria con concessione del permesso di soggiorno;

2. il tribunale ha così: a) rilevato l’assenza di una situazione persecutoria rilevante, già nella prospettazione delle ragioni dell’espatrio; b) ritenuto l’estraneità di quanto comunque riferito alla qualificazione dei danni gravi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 anche per l’assenza di un riscontro individualizzante; c) negato la sussistenza di un conflitto generalizzato nel Paese di provenienza ((OMISSIS)); d) negato il diritto alla protezione umanitaria, stante l’insufficiente integrazione sociale e comunque la mancata prova di uno stato di vulnerabilità;

3. il ricorso descrive cinque motivi di censura.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1.con i motivi si contestano: la violazione della Direttiva 2004/83/CE e D.Lgs. n. 251 del 2007 per la valutazione delle dichiarazioni rese dal ricorrente ed il loro rilievo al fine della concessione dei richiesti provvedimenti, con omesso esercizio del potere officioso; l’omesso esame delle allegazioni sul Paese di origine e le sue condizioni socio-economiche; la omessa concessione della protezione umanitaria, che s’imporrebbe alla luce dei fatti esposti; viene inoltre proposta questione di costituzionalità del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis ove ha escluso il grado d’appello;

2.i1 ricorso è inammissibile, per tardività del suo inoltro (con notifica 21.10.2018), poichè notificato oltre i 30 giorni di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis (essendo stato comunicato dalla cancelleria del Tribunale di Roma il 25.6.2018);

3.l’avvenuta notifica al domicilio telematico del procuratore costituito, implicando la decorrenza del termine di 30 giorni, comporta nella specie la violazione dell’art. cit., comma 13; si applica invero in materia il principio per cui “l’inapplicabilità del principio della sospensione dei termini feriali ai giudizi aventi ad oggetto il riconoscimento della protezione internazionale del cittadino straniero, introdotta con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 14, non opera rispetto ai ricorsi avverso le decisioni delle commissioni territoriali emesse e comunicate (o notificate) anteriormente alla data del 17 agosto 2017, essendo la vigenza della nuova disciplina legislativa processuale differita a tale data” (Cass. 22304/2019); nella fattispecie, risulta pacifico che la decisione reiettiva della commissione territoriale è stata oggetto di comunicazione solo successiva alla menzionata data (13.9.2017), conseguendone la piena applicabilità del regime impugnatorio introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, conv. nella L. 13 aprile 2017, n. 46 che ha disposto applicarsi la modifica al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis “alle cause e ai procedimenti giudiziari sorti” dopo il 180 giorno dalla entrata in vigore del decreto legge, dunque dal 18 agosto 2017 (Cass. 18295/2018, 30970/2019, 30040/2019);

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2020

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