Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14784 del 19/07/2016
Cassazione civile sez. I, 19/07/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 19/07/2016), n.14784
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19320/2011 proposto da:
P.M.R., (c.f. (OMISSIS)), P.R. (c.f.
(OMISSIS)), P.A. (c.f. (OMISSIS)), D.A.M.
(c.f. (OMISSIS)), in proprio e nella qualità di erede di
P.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI GRACCHI 278,
presso l’avvocato ANTONELLA ARPINI, che li rappresenta e difende,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RENATO
FUCINI 63, presso l’avvocato CARLA MONTANARO, rappresentato e difeso
dagli avvocati GIUSEPPE LETTERA, GIUDITTA FONTANA, giusta procura a
margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
COMUNE DI CASAPESENNA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1995/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 27/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
08/06/2016 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato ALESSANDRA BOECKLIN, con delega,
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e deposita n. 1 cartolina
originale;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato AGOSTINO CLEMENTE, con
delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del primo e
terzo motivo, inammissibilità del quarto motivo.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
F.G. chiedeva in giudizio la condanna di P.C. alla corresponsione della metà della somma incassata dal convenuto di Lire 34.263.334, in relazione all’incarico professionale conferito ad ambedue i professionisti dal Comune di Casapesenna per la progettazione generale dei lavori di pubblica illuminazione del comune, con la Delib. G.M. 4 giugno 1982, n. 125, eseguito ed approvato con Delib. Consiliare 18 dicembre 1985, n. 78 e per il quale il P. aveva chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo.
Il convenuto si costituiva, contestava la fondatezza della domanda del F., eccepiva la prescrizione ex art. 2956 c.c.; veniva disposta la chiamata in giudizio ex artt. 107 e 270 c.p.c., del Comune, che deduceva di avere conferito incarico congiunto ai due professionisti ed eccepiva la prescrizione ex artt. 2946 e 2956, e nonchè l’improcedibilità della domanda ex art. 2233 c.c..
La causa veniva interrotta stante il decesso del P., e riassunta dal F. nei confronti degli eredi; si costituiva la sola P.M.R., eccependo l’estinzione del giudizio.
Il Tribunale rigettava la domanda.
La Corte d’appello, con sentenza dell’8/4/2010-27/5/2010, ha condannato gli eredi P. alla corresponsione al F., ciascuno per le rispettive quote ereditarie, della somma complessiva di Euro 16.574,31, con gli interessi legali dal 22/7/99 e condannato gli appellati alle spese dei due gradi di giudizio a favore del F., mentre ha compensato le spese tra questi ed il Comune.
Nello specifico, la Corte del merito, ritenuto che la questione della forma del contratto esulava dal thema decidendum, che la solidarietà attiva tra P. e F. era nel caso provata (in particolare, vedi la Delib. G.M. 4 giugno 1982, n. 125 e la missiva del Presidente della Commissione straordinaria di liquidazione del 10/11/98 indirizzata ad entrambi gli ingegneri), ha ritenuto irrilevante la mancata prova dell’appartenenza dei due professionisti al medesimo studio professionale.
Ricorrono avverso detta pronuncia P.M.R., P.R. e D.A.M., con ricorso affidato a quattro motivi.
Si difende con controricorso il solo F..
Il Comune non ha svolto difese.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1.- Col primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 2440 del 1923, artt. 16 e 17, sostenendo che l’unico titolo azionato dal F. è il contratto scritto, nel caso insussistente.
2.1.- Il primo motivo è infondato.
Correttamente la Corte d’appello ha ritenuto che esulasse dal thema decidendum il profilo del contratto con il Comune, e quindi la questione della validità dello stesso, avendo il F. azionato non il contratto nei confronti del Comune, ma posto questo come fatto storico a base della percezione da parte del P. dell’intero compenso professionale, in relazione alla quale ha chiesto la propria quota all’altro professionista.
1.2.- Col secondo, si dolgono del vizio di motivazione, per avere la Corte d’appello individuato il titolo della domanda nella Delib. G.M., estranea al rapporto obbligatorio tra i due professionisti, avente solo efficacia interna, e fanno valere la richiesta da parte del de cuius del compenso allo stesso spettante, L. n. 143 del 1949, ex art. 7.
1.3.- Col terzo, dei vizi ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 1292 e 1294 c.c., ed alla normativa sulle obbligazioni solidali, per avere la Corte del merito applicato la presunzione valida solo per le obbligazioni solidali dal lato passivo.
2.2.- I motivi secondo e terzo, strettamente collegati, vanno esaminati congiuntamente e sono da ritenersi infondati.
La Corte del merito ha correttamente applicato i principi in tema di solidarietà attiva, ritenendo provato il conferimento congiunto ai due professionisti dell’incarico da parte del Comune, alla stregua della Delib. G.M. 4 giugno 1982 e della missiva del 10/11/1998 del Presidente della commissione straordinaria di liquidazione, indirizzata ad entrambi gli ingegneri. Nè v’è contrasto tra detta statuizione e la precedente, atteso che rileva il fatto del conferimento congiunto da parte del Comune ai fini della verifica della solidarietà attiva nel rapporto tra i due professionisti.
1.4.- Col quarto mezzo, i ricorrenti denunciano l’error in procedendo per il mancato esame della doglianza relativa all’applicazione della L. n. 143 del 1949, art. 7 e dell’eccezione di inammissibilità dell’appello.
2.3.- Il motivo è infondato.
Come emerge dall’esame diretto dell’atto d’appello che questa Corte può compiere direttamente, stante la natura processuale del vizio denunciato, il F. aveva censurato la sentenza di primo grado integralmente,anche in riferimento quindi alla ritenuta natura congiunta dell’incarico.
3.1.- Il ricorso va pertanto respinto; le spese del giudizio si intendono a carico dei soccombenti.
PQM
La Corte respinge il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2016