Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14783 del 10/07/2020

Cassazione civile sez. I, 10/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 10/07/2020), n.14783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5444/2019 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in Roma presso la Corte di

cassazione, difeso dall’avvocato Cesarini Antonio;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2938/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 12/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/02/2020 da Dott. DI MARZIO MAURO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – S.A., cittadino (OMISSIS), ricorre per quattro mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 12 dicembre 2018 con cui la Corte d’appello di Ancona ha respinto l’appello avverso ordinanza del locale Tribunale di rigetto, in conformità con il provvedimento adottato dalla competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo mezzo è, alla lettera, rubricato: “Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per non avere la sentenza della Corte zione Collegiale applicato nella specie il principio dell’onere probatorio attenuato così come affermato dalle S.U. con la sentenza n. 27310 del 2008 e per non aver valutato la credibilità del richiedente alla luce dei parametri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5”.

Il secondo mezzo denuncia violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non avere la sentenza della Corte d’appello e prima il Tribunale riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del cittadino straniero derivante da una situazione di violenza indiscriminata.

Il terzo mezzo denuncia violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, censurando la sentenza impugnata per aver escluso la concessione della protezione umanitaria.

Il quarto mezzo denuncia: “Violazione o la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in riferimento all’assenza di alcun apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, fatta eccezione per l’ipotesi in cui quest’ultimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e nella valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività o ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale”.

2. – Il ricorso è inammissibile.

2.1. – E’ inammissibile il primo motivo.

A parte il rilievo che esso si fonda sul verbale delle dichiarazioni rese dinanzi alla commissione territoriale, verbale che però non è “localizzato” (Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. 20 novembre 2017, n. 27475), con conseguente inammissibilità in dipendenza della violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, sta di fatto che la censura non invoca a proposito il dovere di cooperazione istruttoria previsto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

Difatti, la Corte territoriale, oltre ad avere sottolineato che il richiedente aveva invocato in sede di formulazione della domanda, ossia nel 2017, fatti risalenti al 2006, ha evidenziato che egli neppure conosceva l’esatta denominazione del gruppo terrorista del quale sarebbe rimasto vittima suo fratello e che lo avrebbe aggredito e minacciato, tanto più che, secondo il giudice di merito, S.A. non aveva allegato di rivestire un qualche ruolo significativo nell’ambito dell’associazione sciita della quale aveva affermato di aver fatto parte, sicchè non appariva plausibile l’intento persecutorio di detto gruppo terrorista nei suoi confronti.

Si tratta di una valutazione di certo riconducibile all’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, norma che consente al giudice di verificare se il richiedente abbia offerto dichiarazioni coerenti e plausibili, occorrendo, in caso di coerenza e plausibilità, ulteriormente verificare se dette dichiarazioni non siano in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone.

A fronte di tale motivazione, il ricorrente ha invocato la violazione del dovere di cooperazione istruttoria, ma ha tuttavia radicalmente omesso di specificare quale sarebbe il parametro normativo indicato del citato art. 3, comma 5, che il giudice avrebbe violato: e dunque il motivo si colloca al di fuori del vizio di violazione di legge, ed è per contro integralmente versato in fatto, mirando al risultato di contrapporre alla valutazione di non credibilità operata dalla Corte territoriale, la propria valutazione di segno opposto.

2.2. – Il secondo motivo è inammissibile.

La Commissione territoriale ha escluso, debitamente citando le fonti da cui ha tratto il proprio convincimento, che nel Punjab pakistano ricorra una situazione di violenza generalizzata riconducibile alla previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Al cospetto di tale motivazione, il ricorrente ha richiamato altre fonti (in particolare il sito (OMISSIS): pagina 15-18 del ricorso), che peraltro non risulta fossero state neanche sottoposte al giudice di merito, e che nuovamente non sono “localizzate”, con conseguente inammissibilità ai sensi del già dell’art. 366 c.p.c., citato n. 6, fonti dalle quali, in ogni caso, neppure emerge, alla stregua di quanto narrato in ricorso, alcuno specifico riferimento ad un quadro di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

Il motivo non è dunque altro che un tentativo diretto a ribaltare il giudizio di fatto riservato al giudice di merito.

2.3. – Il terzo motivo è inammissibile.

Si tratta di brevi considerazioni di ordine generale sulla protezione umanitaria, senza il benchè minimo riferimento alla personale situazione del richiedente che, per ipotesi, il giudice di merito non abbia considerato.

2.4. – Il quarto motivo è inammissibile.

Per quello che riesce a comprendersi dalla sua oscura formulazione sintattica, il richiedente lamenta che la Corte territoriale non avrebbe valutato “rilevante documentazione”: ma non vi è alcun cenno, nel motivo, a quale sarebbe questa documentazione pretermessa dal giudice di merito.

3. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2020

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