Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14782 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 14782 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: GIANCOLA MARIA CRISTINA

SENTENZA

sul ricorso 10648-2011 proposto da:
CONSORZIO PER LO SVILUPPO INDUSTRIALE DELLA
PROVINCIA DI COSENZA (C.F. 88000630785), già
Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale Piana
di Sibari – Valle Crati, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI 24,
presso l’avvocato MUSSARI FRANCESCO SAVERIO, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
DAVIDE GARRITANO, PERROTTA WALTER, SPATARO

Data pubblicazione: 30/06/2014

GIOVANNI, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

PISANI MARIA (c.f. PSNMRA51L48D005P), PISANI COSIMO
(c.f. PSNCSM59T22D005X), elettivamente domiciliati

MORRONE CORRADO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato POLICASTRI GIOVANNI B.,
giusta procura a margine del controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 212/2010 della CORTE
D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 08/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 09/01/2014 dal Consigliere
Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato MARIA TERESA
FANTOLA, con delega, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;
uditi, per i controricorrenti, gli Avvocati MORRONE

in ROMA, VIALE XXI APRILE 11, presso l’avvocato

e POLICASTRI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 26.02- 8.03.2010 la Corte di appello di Catanzaro, nel contraddittorio
delle parti e riuniti i due distinti atti di citazione notificati dai germani Cosimo Pisani e

Valle Crati, atti volti alla determinazione delle giuste indennità di esproprio e di
occupazione legittima inerenti ai terreni contigui in proprietà di ciascuno degli attori e
di natura edificabile, in quanto urbanisticamente destinati ad insediamenti produttivi,
determinava in complessivi 85.470,00 ed in complessivi 410.435,00 oltre interessi
legali dal 19.09.2001, data del decreto di esproprio, e sino al deposito, le indennità di
espropriazione da corrispondere rispettivamente a Cosimo Pisani ed a Maria Pisani;
determinava, inoltre, in complessivi E 3.558,12 ed in complessivi € 17.086,25, oltre
interessi legali dalla scadenza del relativo periodo al deposito, le indennità di
occupazione legittima protrattasi per il periodo 5.05.1999-31.12.2000 ed autorizzata
con decreto dell’11.02.1999, rispettivamente dovuta a Cosimo Pisani e Maria Pisani,
determinava, infine, in € 37.924,53 oltre interessi legali dal decreto di esproprio al
deposito, l’indennità aggiuntiva dovuta ai sensi dell’art. 17 della legge n. 865 del 1971,
a Cosimo Pisani, per la sua qualità di coltivatore diretto e affittuario dei terreni della
sorella, condannando il Consorzio convenuto al deposito presso la Cassa Depositi e
Prestiti della suddette somme, detratto quanto già eventualmente versato ai medesimi
titoli.
La Corte territoriale riteneva che:
sebbene l’area in proprietà di Cosimo Pisani effettivamente occupata fosse risultata
estesa mq 3.317, l’indennità di espropriazione allo stesso dovuta andava riferita alla
minore estensione di mq 2.849, indicata nel decreto di esproprio. L’area invece di

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Maria Pisani il 2.11.2001 al Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale Piana Sibari-

proprietà della Pisani assoggettata alle procedure di esproprio risultava estesa mq
17.845;
le due domande introduttive potevano essere esaminate congiuntamente in relazione

l’analogia delle caratteristiche dei fondi ed il loro inserimento nella medesima zona
urbanistica destinata ad insediamenti produttivi, con vincolo conformativo atto ad
imprimere ad essi natura edificatoria;
per stabilire il valore venale dei terreni ablati, al quale le indennità dovevano essere
parametrate a seguito della sentenza n. 348 del 2007 della Corte costituzionale, il CTU
aveva correttamente fatto ricorso al metodo sintetico comparativo e considerato
pressoché coevi atti di trasferimento di lotti dal consorzio convenuto a privati, con
prezzo oscillante tra £ 10.000 e £ 13.000 circa a mq, nonché un altro atto di vendita tra
privati, con corrispettivo pari ad € 48,44 al mq, nonché ancora la sentenza n. 651 del
1998, con cui la medesima Corte di appello di Catanzaro aveva valutato al 1991 in £
56.000 al mq un terreno avente stessa destinazione e caratteristiche;
peraltro il consulente aveva stabilito il non condivisibile valore a mq di € 45,00 per
il fondo di Cosimo Pisani e di € 35,00 per il fondo di Maria Pisani, per questo
considerandone anche l’incidenza negativa della relativa vastità;
pur dovendosi, infatti, condividere l’impostazione metodologica del problema e la
compiuta analisi delle caratteristiche dei vari terreni, la stima conclusiva espressa
dall’esperto appariva esuberante rispetto all’effettivo valore dei terreni; a confutazione
ne erano prova le caratteristiche del fondo in paragone (quello ceduto ad € 48,44 a mq),
che presentava un maggior pregio quanto a destinazione urbanistica ed una maggiore
vicinanza al centro abitato, e che trovava significativa elevazione dall’essere gli oneri
di urbanizzazione posti a carico dei proprietari del fondo. Confrontando peraltro gli

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alla natura ed valore dei terreni acquisiti dall’ente pubblico, data la contiguità e

altri dati emergenti dai concorrenti atti di vendita allegati, se pure essi concernevano le
cessioni operate dal Consorzio, che dunque erano estranee alla libera contrattazione e
vedevano un corrispettivo predeterminato, tuttavia non apparivano distanti dal prezzo

anche l’indennità di esproprio computata secondo i canoni precedenti “conteneva” il
valore di mercato, consentendo una certa perequazione tra i prezzi di acquisizione e
quelli di cessione. Peraltro non sembrava che gli scostamenti di prezzo nel tempo
potessero essere stati significativi, in considerazione, come già detto, della vastità
dell’area destinata agli insediamenti industriali e la sua ancora parziale utilizzazione.
Considerando dunque che le cessioni indicate erano pressoché coeve all’espropriazione
in atti; tenuto conto delle modalità del calcolo del prezzo ivi pagato ( che si
ragguagliava ai previgenti criteri riduttivi relativi all’indennità di esproprio); tenendo
conto di tutti i dati sopra richiamati e dell’indicazione emergente dagli atti quanto ad
una possibile, ma modesta, lievitazione dei prezzi in contesto di libera contrattazione,
poteva ritenersi che il prezzo corretto ammontasse ad € 30,00/mq per il fondo di Pisani
Cosimo e ad € 23,00 per quello di Pisani Maria ( corrispondenti rispettivamente a poco
più ed a poco meno del doppio del prezzo di cessione, in ragione della diversa vastità
dei fondi);
ad entrambi gli attori spettavano inoltre le indennità riferite al periodo di
occupazione legittima, computate in ragione degli interessi legali sulle somme dovute a
titolo di indennità di esproprio;
sulle somme in parola andavano liquidati gli interessi legali con decorrenza per
l’indennità di espropriazione dalla data del decreto al soddisfo e per la indennità di
occupazione dalla scadenza del relativo periodo fino al soddisfo;

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di mercato, cui la predeterminazione della p.a. doveva comunque attenersi, posto che

al Pisani Cosimo andava inoltre attribuita un’ulteriore indennità ex art. 17 della L.
865/71, ragguagliata al valore agricolo medio, in ragione della sua qualità di coltivatore
diretto e affittuario del fondo di Pisani Maria, qualità quest’ultima dichiarata dalla

oltre che sancita da un contratto d’affitto; seppure questo non avesse avuto data certa
che dalla sua registrazione, di poco precedente l’immissione in possesso, v’era tuttavia
riscontro, alla qualifica del Pisani, nell’utilizzo di quei fondi (o almeno, tra altre, della
particella 446, di estensione pressoché pari a quella espropriata a Pisani Maria)
nell’ambito di domande presentate fin dal 1995 all’AIMA, tramite la Coldiretti; poi, per
come emergeva dai documenti in atti, il Pisani era dedito dal 1982 all’attività di
allevamento del bestiame e coltivazioni agricole, come coltivatore diretto e manuale
della terra. Al momento della redazione dello stato di consistenza, inoltre, tutte le
particelle erano state trovate seminate a semenzaio, e l’ente aveva autorizzato lo sfalcio
delle erbe ivi coltivate.
Avverso questa sentenza il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di
Cosenza (già Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale Piana Sibari- Valle Crati,) ha
proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi e notificato il 19.04.2011 ai
Pisani, che il 30-31.05.2011 hanno resistito con controricorso. Le parti hanno
depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A sostegno del ricorso il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di
Cosenza denunzia:
“Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 bis, comma 2, D.L.
11.07.1992 n.333 conv. in L. 08.08.1992 n.359, nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., in

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proprietaria già al momento dell’immissione in possesso e riportata nel relativo verbale,

relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.. Omessa e/o insufficiente e/o
contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 comma 1, n. 5, c.p.c..”.
In rapporto alle indennità di espropriazione e di occupazione contesta la congruità del

dell’atto pubblico, riguardava un terreno con diversa e più pregevole destinazione
urbanistica, sia che i prezzi delle cessioni non erano inferiori al prezzo pieno di
mercato, dato che in esse non era stato richiamato e quindi applicato il criterio
restrittivo di cui all’art. 5 bis della legge n. 359 del 1992, che inoltre quand’anche
soggette a tale criterio legale restrittivo, comunque non era stata apportata la
decurtazione del 40 % e che in ogni caso l’attuato discostamento in aumento non era
condivisibile.
Il motivo non ha pregio. Con esso il Consorzio ricorrente ha inteso essenzialmente
dolersi delle argomentazioni che sorreggono la determinazione del valore di mercato
dell’area edificabile appartenuta ai germani Pisani ed espropriata il 19.09.2001. Non
sono in particolare evincibili apprezzabili censure attinenti alla denunciata violazione o
falsa applicazione del rubricato art. 5 bis comma 2, norma che, peraltro, quand’anche
non espressamente richiamata negli atti di cessione volontaria, appare comunque
irreprensibilmente seppure implicitamente applicata dai giudici d’appello, laddove
hanno affermato che tali atti recavano un corrispettivo per il trasferimento volontario
non espressivo di autonomia negoziale privata ma correlato in modo vincolato ai
parametri legali di determinazione dell’indennità espropriativa, senza abbattimento del
40%. D’altro canto le critiche rivolte dal ricorrente alla quantificazione in questione
non appaiono valutabili favorevolmente neppure in rapporto agli ulteriori profili di
contestazione. Il convincimento della Corte distrettuale si rivela infatti puntualmente
argomentato, ancorato al motivato riesame critico della stima resa dal consulente

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determinato valore venale unitario, sostenendo sia che la sentenza comparata, al pari

tecnico d’ufficio, riesame irreprensibilmente fondato pure sul contenuto degli atti
comparati, non escluso quello di compravendita del 2002 e compresa pure la sentenza
n. 651 del 1998, la cui dedotta erroneità in punto di valutazione del bene ablato, non

cui potevano, nonostante le rispettive caratteristiche e disomogeneità, concorrere alla
valutazione riduttiva conclusivamente espressa in base alla loro considerazione globale.
2.

“Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 57 e 59 del DPR 08.06.2001 n.327,
dell’art. 2697, comma 1, c.c. e dell’art. 17 della Legge 22.10.1971 n.865, in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115
e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.. Omessa e/o
insufficiente e/o contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 comma 1, n. 5,
c.p.c..”
In riferimento all’indennità aggiuntiva attribuita al Pisani, il Consorzio ricorrente
contesta che fossero applicabili le norme introdotte dal TU del 2001 e che il Pisani
avesse dato la dovuta prova di coltivare il fondo della sorella sin da un anno prima del
deposito della relazione ex art. 10 legge n. 865 del 1971.

3.

“Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 della Legge n.2359 del
1865 e dell’art.17, comma 2, della Legge n. 865 deI 1971, in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3, c.p.c..”.
Il ricorrente sostiene che in ogni caso l’indennità aggiuntiva accordata al Pisani quale
affittuario del fondo della sorella, non avrebbe potuto sommarsi e cumularsi con
l’indennità di esproprio determinata, come in questo caso, a valore pieno di mercato, a
seguito della sentenza n. 348 del 2007, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato
l’incostituzionalità dei criteri riduttivi di commisurazione già prescritti per le aree

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appare sostenuta da decisivi riscontri, atti tutti ineccepibilmente valorizzati nei limiti in

edificabili, quali quelle di specie, dai commi secondo e terzo dell’art. 5 bis della legge
n. 359 del 1992.
Il secondo ed il terzo motivo del ricorso, involgendo questioni connesse, sono

anche il primo merita favorevole apprezzamento.
Con riguardo all’indennità aggiuntiva i giudici d’appello hanno espressamente ed
ineccepibilmente richiamato l’art. 17 della legge n. 865 del 1971, applicabile ratione
temporis (cfr art. 57 del T.U. ), essendo stata la procedura ablatoria sostenuta da
declaratoria di PU (del 1999 e dunque) antecedente al 30 giugno 2003, data di entrata
in vigore del TU del 2001, le cui rubricate disposizioni normative sul tema ineriscono
soltanto a procedure successive alla data in questione. I medesimi giudici, inoltre,
hanno del pari correttamente ritenuto dimostrata la ricorrenza in capo al Pisani della
qualità di proprietario coltivatore diretto del suo fondo e di affittuario di quello della
sorella, ricavandola da una serie di convergenti risultanze probatorie, ivi compreso lo
stipulato contratto d’affitto, seppure dotato di data certa di poco anteriore a quella
dell’immissione nel possesso dei beni poi espropriati, risultanze atte nel loro complesso
a legittimare l’ attinta conclusione e che solo parzialmente e genericamente, sicché
inammissibilmente, il ricorrente contesta.
Non hanno, tuttavia, considerato che nel caso il terreno aveva natura “legalmente”
edificatoria (in tali sensi accertata dalla stessa Corte territoriale), per cui si poneva il
problema di stabilire se tale destinazione “legale” fosse compatibile con quella
“agricola” attribuita dal proprietario del fondo nello stipulare il contratto di affitto
agrario, e più in particolare se la disposizione del menzionato art.17, 2’comma, che
espressamente presuppone la stima dell’indennità di espropriazione “determinata ai
sensi dell’articolo 16 in favore del proprietario”, possa considerarsi svincolata da detto

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suscettibili di esame congiunto, all’esito del quale soltanto il secondo di essi e non

presupposto (dichiarato costituzionalmente illegittimo per la stima dei terreni
edificatori dalla nota sentenza 5/1980 della Corte Costit.) cui il legislatore l’aveva
vincolata.

prevalenza favorevole al riconoscimento dell’indennità aggiuntiva ex art. 17,2° comma
legge 865 a favore degli affittuari e delle altre categorie previste dalla norma anche
nell’ipotesi di terreni edificatori ( cfr Cass. n. 15744 del 2001; n. 8978 del 1993).
Sennonché tutte le decisioni che hanno recepito siffatto orientamento hanno avvertito
che il riconoscimento era possibile perché la stima dell’indennità di espropriazione del
terreno edificabile veniva compiuta con il criterio riduttivo dell’art. 5 bis,1° e 2°
comma legge n. 359 del 1992, comportante che il cumulo con l’indennità aggiuntiva
non raggiungeva comunque il valore venale pieno dell’immobile. E proprio sul
medesimo presupposto (cfr. art. 37,1° comma nel testo originario) l’art. 37, 9° comma
T.U. ha ribadito per i terreni edificatori il diritto delle menzionate categorie a percepire
“una indennità pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura
effettivamente praticato”. Peraltro nel caso sono intervenute le note decisioni 348 e
349/2007 della Corte Cost., le quali hanno inciso sui criteri per la determinazione
dell’indennizzo dovuto secondo il precetto contenuto nell’art. 42 Cost., all’espropriato
nell’ipotesi di legittima ablazione degli immobili per la realizzazione di opere di p.u.:
dichiarando incostituzionale per contrasto con il menzionato precetto e con quello
dell’art. 117 Cost., il parametro riduttivo introdotto dalla L. n. 662 del 1996, art. 3,
comma 65, per le aree edificatorie e perciò ripristinando la regola che detto indennizzo
deve essere liquidato in misura corrispondente al suo valore venale. La giurisprudenza
tanto della Corte Costituzionale quanto di legittimità ha costantemente tratto dal
ricordato precetto costituzionale i seguenti principi: a) l’indennità per l’esproprio,

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La soluzione non è stata univoca neppure nella giurisprudenza di questa Corte, pur in

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essendo destinata a tener luogo del bene espropriato, è unica e non può superare in
nessun caso il valore che esso presenta, in considerazione della sua concreta
destinazione (il valore cioè che il proprietario ne ritrarrebbe se decidesse di porlo sul

indennità è quindi rappresentato dal valore di mercato del bene espropriato, quale gli
deriva dalle sue caratteristiche naturali, economiche e giuridiche, e soprattutto dal
criterio previsto dalla legge per apprezzarle (cfr cass. n. 11782 del 2007; n. 2424 del
2008 n.893 del 2012).
Pertanto anche a privilegiare il suddetto orientamento che ritiene tuttora applicabile in
astratto l’art. 17, 2° comma, della legge n. 865 del 1971 agli affittuari ed equiparati pur
nel caso di espropriazione di un fondo di natura edificatoria (in senso contrario cfr.
Cass.n. 2552 del 2014), è certo che dopo la menzionata decisione n. 348/2007 della
Consulta, ove gli stessi invochino, come ha fatto il ricorrente, l’attribuzione di tale
indennizzo nel giudizio introdotto dal proprietario per la determinazione dell’indennità
di esproprio, il risultato del computo autonomo di esso, condotto secondo il prescritto
criterio legale dei valori agricoli medi (art. 17 cit., terzo comma), va detratto
dall’indennità ablativa quale ormai determinata a valore pieno di mercato (in tema cfr
anche cass. n. 15744 del 2001; n. 11301 del 1996; n. 8978 del 1993), non potendo ad
essa aggiungersi con illegittimo superamento del limite in precedenza menzionato.
Conclusivamente si devono respingere i primi due motivi del ricorso, si deve invece
accogliere il terzo motivo e cassare in parte qua l’impugnata sentenza, con rinvio alla
Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui si demanda anche la
pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

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mercato della L. n. 2359 del 1865, ex art. 39) 2) il termine di riferimento dell’unica

La Corte rigetta i primi due motivi, accoglie il terzo motivo del ricorso, cassa in parte
qua l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla

Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione.
telr

Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2014

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