Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14782 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 18/06/2010, (ud. 20/05/2010, dep. 18/06/2010), n.14782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25812-2006 proposto da:

ZANELLA G. & DE BARBA S.N.C., in persona del legale

rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

288, presso lo studio dell’avvocato PERSIANI MATTIA, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati PROIA GIAMPIERO,

STIVANELLO GUSSONI FRANCO, PANIZ MAURIZIO, giusta mandato a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 31/2006 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 01/03/2006 r.g.n. 34/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2010 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato GUIDO ROSSI per delega GIAMPIERO PROIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 novembre 2002 il Tribunale di Belluno, in funzione di giudice del lavoro, respingeva l’opposizione proposta dalla società Zanella G. & De Barba s.n.c. avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da B.P. per il pagamento di importi per “fisso mensile” relativi all’attività di sub-agente da lui svolta per la opponente, dichiarando invece inammissibili le domande riconvenzionali proposte dal B. in relazione all’asserita natura subordinata del rapporto.

2. Tale decisione veniva confermata dalla Corte d’appello di Venezia, che, con sentenza del 1 marzo 2006, respingeva l’impugnazione della società, nonchè quella proposta dal B. in via incidentale. In particolare, per quanto ancora rileva nella presente sede di legittimità, la Corte di merito osservava che: o) nel contratto di conferimento dell’incarico, prodotto dal B. in sede monitoria, era contenuta la clausola – inserita nell'”allegato 2″ del contratto – che stabiliva in favore del sub-agente la erogazione di un contributo complessivo biennale di L. 36 milioni, da corrispondere in lire 1.500.000 mensili, che la società non aveva corrisposto per il periodo 1 gennaio-13 febbraio 1999; b) come il Tribunale aveva esattamente ritenuto, la predetta clausola – in base alla sua stessa lettura, nonchè in base all’esame globale del contratto di conferimento, alla valutazione della comune intenzione delle parti e al comportamento delle medesime successivo alla conclusione del contratto – aveva riconosciuto al sub-agente un compenso aggiuntivo, ulteriore e diverso rispetto a quello da corrispondere con le provvigioni, al fine di compensare per un biennio gli effetti correlati alla mancata consegna di un portafoglio-clienti e di supportare l’attività del sub-agente nel periodo di avviamento dell’attività; c) nessun elemento suffragava la tesi della società appellante, secondo cui l’erogazione del “fisso mensile” era subordinata al raggiungimento di risultati utili nello svolgimento dell’attività di sub-agente, essendo irrilevante, al riguardo, che il B. avesse operato in precedenza, per conto della stessa società, come “produttore”; d) non era dimostrato, infine, l’assunto della appellante secondo cui, da un lato, l’attività di sub-agente era cessata, di fatto, anteriormente alla scadenza e, dall’altro, il B. si era reso inadempiente agli obblighi contrattuali avendo svolto attività in concorrenza con la preponente.

3. Avverso questa sentenza la società Zanella G. & Barba s.n.c. propone ricorso per cassazione deducendo cinque motivi di impugnazione. Il B., intimato, non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso si articola in cinque motivi.

1.1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione alla interpretazione della clausola di cui all’allegato n. 2 del contratto (OMISSIS), violazione e falsa applicazione degli art. 1362 e segg.

c.c., nonchè omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo. Si deduce che il giudice d’appello – nel desumere dalla predetta clausola una pattuizione di compenso fisso non subordinato ad alcun risultato produttivo – sia incorso nella violazione dei criteri ermeneutici dettati dalle richiamate disposizioni codicistiche avendo trascurato di interpretare la clausola negoziale alla luce del suo chiaro ed esaustivo senso letterale ed avendo comunque fornito, al riguardo, una motivazione carente ed illogica in relazione al criterio della buona fede e all’intento, manifestato dalle parti, di incentivare l’agente – che già operava per la società, come produttore, da oltre due anni – ad una maggiore attività di promozione delle vendite.

1.2. Il secondo motivo denuncia i medesimi vizi, in relazione all’applicazione del criterio del “comportamento delle parti successivamente alla conclusione del contratto”. Si censura la sentenza di appello per non avere indicato alcun comportamento da cui potere desumere l’intento delle parti di voler prescindere – ai fini dell’erogazione del contributo fisso – da incrementi delle vendite e per non avere considerato che, al contrario, il contributo era stato corrisposto soltanto in coincidenza con l’acquisizione di nuovi clienti, così come riferito dai testimoni assunti nel corso del giudizio.

1.3. Il terzo motivo denuncia vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta spettanza del contributo fisso, deducendosi la mancanza di alcuna prova in ordine alla acquisizione di nuova clientela nel periodo in contestazione, essendo risultata, al contrario, l’assenza di provvigioni nel medesimo periodo.

1.4. Il quarto motivo denuncia vizio di motivazione e violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115, 116, 414 e 416 c.p.c.. Si censura la sentenza impugnata per non avere fornito alcuna motivazione in ordine alle deduzioni della società riguardanti l’avvenuta cessazione dell’attività, da parte del B., in epoca anteriore al recesso e per non avere esattamente valutato, al riguardo, le risultanze acquisite in giudizio, quale la mancata maturazione di provvigioni.

1.5. Con il quinto motivo, denunciando vizio di motivazione, la ricorrente lamenta che la Corte di merito abbia disatteso, senza indicare adeguate ragioni, la sua eccezione di inadempimento del contratto, in relazione alla attività concorrenziale svolta dal sub- agente in violazione del patto di non concorrenza specificamente convenuto nel contratto.

2. I motivi, da esaminare congiuntamente per l’intima connessione, non sono fondati.

2.1. La decisione impugnata, nell’interpretare la clausola negoziale dedotta in giudizio nel senso che la corresponsione del compenso fisso non era condizionata al raggiungimento di risultati produttivi, si è esplicitamente riferita, secondo il disposto dell’art. 1362 c.c., comma 1, al suo chiaro tenore letterale, da cui ha desunto la comune intenzione delle parti, confermata altresì dall’esame complessivo del contratto, nonchè dal successivo comportamento delle stesse parti quale la corresponsione del compenso in aggiunta alla provvigione.

L’operazione ermeneutica, così eseguita, si sottrae alle censure mosse dalla ricorrente, poichè l’elemento letterale si è posto come criterio fondamentale e prioritario, se pure ciò non ha escluso che il giudice di merito abbia trovato conferma della interpretazione letterale, da lui adottata, anche in altri criteri esegetici (cfr. ex pluribus Cass. n. 11089 del 2001; n. 2058 del 1990).

2.2. Con tale presupposto, è del tutto irrilevante che il medesimo giudice non abbia accertato se l’attività dell’agenzia avesse effettivamente registrato un incremento, in termini di “sviluppo del portafoglio”, che il condizionamento del compenso fisso al verificarsi di tale circostanza è stato del compenso fisso al verificarsi di tale circostanza è stato escluso, appunto, in base alla predetta interpretazione della clausola negoziale de qua, 2.3. Nè può rilevare che l’agente fosse già “produttore” della società, poichè la previsione del compenso fisso si ricollegava, specificamente, alla nuova attività di sub-agente, così come la decisione impugnata ha puntualmente considerato, a prescindere dalle risultanze testimoniali (comunque ritenute poco attendibili), “stante il chiaro ed univoco contenuto della clausola esaminata, frutto di pattuizione liberamente fatta dalle parti, nell’ambito della loro autonomi negoziale, in epoca posteriore a quella in cui era stato attribuito il precedente incarico”; conseguentemente, che la società preponente non avesse corrisposto il compenso nel periodo di carenza dell’incremento di clientela costituiva, anzichè un sintomo dell’intenzione negoziale, un inadempimento della obbligazione assunta con tale clausola.

2.4. Quanto alla prova delle circostanze addotte dalla società a giustificazione, comunque, del mancato pagamento del compenso, cioè la anticipata cessazione dell’attività e lo svolgimento di attività concorrenziale, le censure della ricorrente si risolvono, inammissibilmente, in una diversa valutazione delle risultanze istruttorie rispetto a quella operata dai giudici di merito, che, d’altra parte, hanno sottolineato la carenza di alcuna dimostrazione della cessazione dell’attività “per fatto del sub-agente”, nonchè dell’illecito svolgimento di attività in concorrenza; e, peraltro, le medesime censure si fondano su documenti che – se pure non soggetti all’onere del distinto deposito nel giudizio di legittimità, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (nel testo, qui non applicabile ratione temporis, modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 7) – la parte ricorrente avrebbe dovuto adeguatamente specificare e trascrivere, onde dimostrarne la rilevanza probatoria e la decisività, non bastando, per il principio di autosufficienza del ricorso, il mero riferimento ai fascicoli di merito.

3. In conclusione, il ricorso è respinto. Nulla per le spese del giudizio in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

 

 

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