Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14782 del 14/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/06/2017, (ud. 09/02/2017, dep.14/06/2017),  n. 14782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2169-2013 proposto da:

A.A., C.F. VLLNNA70A62D390D, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SALARIA 332, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE DE

MAJO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.G., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 740/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 03/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato De Majo Gabriele difensore della ricorrente che si

riporta alle difese in atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del 2 aprile 1986 il signor A.C. esponeva che con scrittura del 2/11/1970 l’avvocato I.A., nella sua qualità di procuratore speciale del signor A.G. (fratello dell’attore), aveva promesso di vendere a lui ed al loro cognato, sig. T.A., i seguenti immobili siti in (OMISSIS): 1) vanno terraneo in (OMISSIS); 2) appartamento in (OMISSIS); 3) appartamento in (OMISSIS); 4) quota della metà di un appartamento in (OMISSIS); in corrispettivo di tali immobili i promissari acquirenti avrebbero estinto talune posizioni debitorie del promittente venditore; detto contratto preliminare era stato onorato solo nei confronti del T., al quale erano stati trasferiti gli immobili di cui ai precedenti n. (OMISSIS). Tanto premesso, l’attore conveniva davanti al tribunale di Salerno A.G. e l’avvocato I. (notificando la citazione anche al T. a fini di denuncia della lite) per sentirsi trasferire gli immobili di cui ai precedenti numeri 1) e 4) ai sensi dell’art. 2932 c.c. (dei quali aveva il possesso) o, in subordine, per sentir dichiarare il trasferimento degli immobili già validamente ed efficacemente avvenuto in forza della suddetta scrittura del 2/11/1970.

A.G. si costituiva precisando di aver revocato la procura all’avvocato I. in data 24/10/1973 e, nel merito, eccependo la prescrizione dei diritti sorti dalla scrittura del 2/11/1970 e proponendo domanda riconvenzionale di rilascio degli immobili di sua proprietà. L’avvocato lodo si costituiva confermando di aver ricevuto la notifica della revoca della procura a suo tempo rilasciatagli da A.G.. Anche il T. si costituiva in giudizio.

Nelle more del giudizio di primo grado l’attore decedeva e, a seguito del riassunzione della causa nei confronti dei suoi eredi, sua figlia A.A. (nata nel (OMISSIS)) si costituiva in giudizio riportandosi alle domande proposte nella citazione di suo padre e, inoltre, proponendo eccezione riconvenzionale di usucapione in relazione all’intero appartamento di viale (OMISSIS), ricevuto per successione al padre, nonchè chiedendo accertarsi la natura di contratto definitivo della scrittura del (OMISSIS).

Il tribunale – dopo aver disposto, con ordinanza dell’11/2/2001, l’estromissione dal giudizio dell’avvocato I. e dopo che anche A.G. era deceduto, con conseguente prosecuzione del giudizio nei confronti delle sue eredi A.A. (nata nel (OMISSIS)) e Av.Al., rigettava la domanda originariamente proposta da A.C. e condannava i suoi eredi al rilascio degli immobili da loro detenuti.

La corte d’appello di Salerno, adita da A.A. (nata nel (OMISSIS)), dichiarava preliminarmente fondato il motivo di appello concernente la statuizione con cui il primo giudice, non rinvenendo in atti il suo fascicolo di parte, l’aveva dichiarata contumace; conseguentemente la corte distrettuale procedeva all’esame delle domande, eccezioni e le difese da lei sviluppate nel proprio atto di costituzione del 14/11/2000.

Nel merito, peraltro, la corte salernitana disattendeva la tesi dell’appellante secondo cui la scrittura del (OMISSIS) andava qualificata come contratto definitivo invece che preliminare e, conseguentemente, negava che a tale scrittura potesse riconoscersi alcun effetto immediatamente traslativo; rigettava l’eccezione di usucapione proposta dall’appellante, argomentando che il di lei dante causa, immettendosi nel godimento dell’appartamento in forza del contratto preliminare del (OMISSIS), aveva ricevuto la detenzione, e non il possesso in senso tecnico, dell’immobile e che nessuna prova era stata fornita in ordine all’eventuale interversione della sua detenzione in possesso; confermava la valutazione del primo giudice in ordine alla prescrizione del diritto all’esecuzione del contratto preliminare; confermava la correttezza dell’estromissione dal giudizio dell’avvocato I. sul rilievo che, a prescindere dalla dedotte revocabilità della procura al medesimo rilasciata da A.G., risultava dirimente il rilievo che il decesso di quest’ultimo aveva in ogni caso fatto venir meno il mandato sottostante a detta procura e, quindi, l’efficacia della stessa.

Per la cassazione della suddetta sentenza A.A. (nata nel (OMISSIS)) ha proposto ricorso con sei motivi.

Nessuno degli intimati si è costituito.

La causa è stata discussa nella pubblica udienza del 9.2.17, per la quale non sono state depositate memorie illustrative e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I primi due motivi di ricorso attingono la statuizione della sentenza gravata secondo cui il decesso del sig. A.D. avrebbe automaticamente caducato l’efficacia della procura dal medesimo rilasciata all’avvocato I..

In particolare, con il primo motivo, riferito alla violazione dell’art. 1723 c.c., comma 2, e al vizio di omessa o insufficiente motivazione, si argomenta che, alla stregua della menzionata disposizione, la morte di A.G. non avrebbe fatto venir meno l’efficacia della suddetta procura, per essere stata la stessa rilasciata anche nell’interesse del mandatario o di terzi, come desumibile, secondo la ricorrente, dal duplice rilievo della straordinaria latitudine dei poteri conferiti al rappresentate, avv. I., e dall’affermazione del rappresentato, sig. A.G., di aver già incassato il prezzo dei beni promessi in vendita e di intendere la procura come irrevocabile e senza rendiconto.

Con il secondo motivo, riferito alla violazione dell’art. 116 c.p.c. e al vizio di omessa o insufficiente motivazione, si denuncia l’erronea valutazione degli interrogatori formali resi da A.G. e dall’avvocato I. e delle dichiarazioni da quest’ultimo resa nella propria comparsa di costituzione e si argomenta che la corretta valutazione di tali dichiarazioni avrebbe imposto alla corte territoriale di qualificare la procura conferita da A.G. all’avvocato I. come rilasciata nell’interesse del procuratore o di terzi.

Entrambi i motivi – da trattare congiuntamente, in ragione della loro intima connessione – vanno giudicati inammissibili, in quanto concernono una questione (che la procura conferita dal sig. A.G. all’avvocato I. sarebbe stata rilasciata nell’interesse del procuratore o di terzi) che implica accertamenti di fatto e non è trattata nella sentenza gravata; sarebbe stato quindi onere del ricorrente indicare in quale suo atto o scritto difensivo tale questione sarebbe stata dedotta nel giudizio di merito (cfr., ex multis, Cass. 8206/16), cosicchè, difettando nel ricorso qualunque allegazione al riguardo, la censura non sfugge ad una valutazione di inammissibilità. Per quanto poi specificamente riguarda il secondo motivo di ricorso, un ulteriore profilo di inammissibilità discende dalla mancata specificazione (mediante trascrizione o puntuale individuazione all’interno degli atti di riferimento) delle dichiarazioni di A.G. e dell’avvocato I. che la corte distrettuale avrebbe erroneamente valutato.

Alle considerazioni fin qui esposte in punto di ammissibilità va altresì aggiunto che l’argomentazione che sorregge le doglianze della ricorrente è destituita di giuridico fondamento, in quanto pretende di applicare alla procura (negozio unilaterale, recettizio ed astratto, essenzialmente revocabile in quanto assolutamente autonomo rispetto al negozio gestorio sottostante) una disposizione, quella di cui all’art. 1723 c.c., comma 2 che, essendo dettata per il mandato (negozio gestorio sottostante alla procura), esaurisce i suoi effetti nel rapporto interno fra il mandante e il mandatario. La ricorrente trascura, quindi, l’insegnamento di questa Corte secondo cui, nel mandato conferito nell’interesse del mandatario con attribuzione di procura, l’irrevocabilità del mandato è limitata al rapporto interno tra il mandante e il mandatario, sicchè la validità del contratto concluso dal mandatario con il terzo resta subordinata alla permanenza del potere di rappresentanza e all’assenza di revoca della procura (sentt. nn. 1388/98, 7038/15).

Con il terzo motivo di ricorso, riferito alla violazione dell’art. 1396 c.c. e al vizio di omessa e insufficiente motivazione, la ricorrente denuncia l’errore in cui la corte territoriale sarebbe incorsa trascurando che, a mente del citato art. 1396 c.c., la revoca della procura non è opponibile ai terzi che non ne siano stati portati a conoscenza con mezzi idonei. Secondo il ricorrente quindi la corte avrebbe dovuto “rilevare l’inefficacia della revoca della procura nei confronti del signor A.C., nei rapporti con il quale la procura era stata spese, e, conseguentemente, considerare valide efficaci tutti gli atti le attività compiute nei confronti del procuratore da parte dell’attore” (pag. 17, penultimo cpv, del ricorso per cassazione).

Il motivo va disatteso per la palese genericità dell’indistinto riferimento a “tutti gli atti le attività compiute nei confronti del procuratore da parte dell’attore”; va peraltro evidenziato che, secondo la tessa prospettazione della ricorrente, la procura rilasciata dal sig. A.G. all’avvocato I. aveva ad oggetto il conferimento del potere di cedere determinati immobili (cfr. pag. 13, rigo 5, del ricorso per cassazione), ossia era una procura speciale, non una procura generale idonea ad attribuire al mandatario il potere di ricevere in nome per conto del mandante dichiarazioni negoziali di terzi, cosicchè il suddetto riferimento, oltre che inammissibilmente generico, risulta altresì scollegato dalla fattispecie in esame.

Il quarto motivo di ricorso, riferito alla violazione degli artt. 2944 e 2945 c.c. ed al vizio di omessa e insufficiente motivazione, denuncia l’errore in cui la corte territoriale sarebbe incorsa trascurando come la condotta dell’avvocato I. risultasse “univocamente tesa al riconoscimento del diritto del signor A.C. di ottenere la stipula del rogito” e come, quindi, tale condotta fosse idonea ad interrompere la prescrizione del diritto del promissario acquirente.

Il motivo va giudicato inammissibile, in quanto si risolve in una censura dell’apprezzamento di fatto operato dalla corte territoriale sulla insussistenza di eventi interruttivi della prescrizione del diritto di A.C. al trasferimento degli immobili promessigli in vendita; apprezzamento di fatto che rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito e che in questa sede può essere censurato solo nei ristretti limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo novellato dal D.L. n. 83 del 2012 (applicabile nel presente giudizio perchè la sentenza gravata è stata depositata nell’ottobre 2012).

Sotto altro profilo va sottolineato che il motivo in esame, laddove censura la sentenza gravata per non aver valorizzato le condotte dell’avvocato I. asseritamente ricognitive dei diritti di A.C., risulta privo di fondamento giuridico; infatti, premesso che la ricorrente non ha mai dedotto, nemmeno nel ricorso per cassazione, che la procura conferita dal sig. A.G. all’avvocato I. fosse qualificabile come procura generale, la doglianza mossa nel mezzo di gravame in esame risulta inconferente, alla luce del principio che il riconoscimento del diritto idoneo ad interromperne la prescrizione può provenire solo dal debitore o da un suo procuratore generale (cfr. Cass. 3004/80).

Il quinto motivo di ricorso, riferito al vizio di omessa e insufficiente motivazione, denuncia l’errore in cui la corte territoriale sarebbe incorsa negando alle trattative protrattesi tra le parti fino al 1982 la portata di atti interruttivi della prescrizione dei diritti contrattuali di A.C.. Nel motivo la ricorrente argomenta che – poichè la promessa di vendita era stata effettuata nei confronti dei due promissari, A.C. e T.A., senza alcuna distinzione tra loro, con devoluzione ai medesimi di qualunque accordo sulla divisione della proprietà loro trasferita, e, d’altra parte, il contratto preliminare era già stato eseguito nei confronti del signor T. – lo svolgimento di trattative protrattesi fino al 1982 non potevano avere altro contenuto se non la sollecitazione, rivolta da A.C. all’avvocato I. e, direttamente, al fratello G., ad adempiere all’obbligazione di trasferimento su quest’ultimo gravante.

Anche questo motivo non può trovare accoglimento perchè, per un verso, la critica alla motivazione della sentenza gravata non è formulata secondo il paradigma di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e, per altro verso, la circostanza che A.C. possa aver sollecitato la stipula dell’atto di trasferimento risulta priva di decisività, giacchè, per il combinato disposto degli artt. 2938 e 1219 c.c., gli atti idonei interrompere la prescrizione devono avere forma scritta.

Con il sesto motivo, riferito alla violazione del 116 c.p.c. e al vizio di omessa o insufficiente motivazione, si censura la reiezione la statuizione con cui la corte distrettuale ha disatteso l’eccezione di usucapione sollevata dall’odierna ricorrente con riferimento all’appartamento in (OMISSIS). Al riguardo nel mezzo di gravame si afferma che “l’attento esame dei documenti in atti avrebbe dovuto indurre giudici di secondo grado a diverse conclusioni” (pag. 25, secondo cpv, del ricorso per cassazione). Secondo la ricorrente la corte d’appello avrebbe dovuto considerare che il suo dante causa, A.C., era proprietario della quota del 50% del suddetto appartamento (la cui residua quota del 50% formava oggetto della promessa di vendita documentata dalla scrittura del 2/11/1970) e che il medesimo aveva sempre posseduto l’intero cespite in forme incompatibili con il compossesso del fratello G..

Il motivo è inammissibile, perchè, ancora una volta, si risolve in una critica della motivazione della sentenza gravata formulata senza l’osservanza del paradigma fissato dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5; la ricorrente, infatti, invoca sostanzialmente una rivisitazione, che non può trovare ingresso in questa sede di legittimità, delle risultanze istruttorie acquisite alla causa, onde pervenire all’accertamento della circostanza di fatto (non emergente dalla sentenza gravata) che ella – e, prima di lei, suo padre – avevano posseduto l’immobile de quo con modalità incompatibili con qualsivoglia forma di analogo compossesso da parte di A.G..

Può peraltro aggiungersi che la doglianza proposta con il motivo in esame risulta inammissibile anche perchè la circostanza asseritamente trascurata nel ragionamento decisorio della sentenza gravata – vale a dire l’indivisibilità dell’immobile de quo e, conseguentemente, l’incompatibilità del relativo godimento da parte di A.C. (prima) e di sua figlia (poi) con il comune godimento del medesimo da parte di A.G. – risulta priva di decisività, in base al principio che, in tema di comunione, non essendo ipotizzabile un mutamento della detenzione in possesso, nè una interversione del possesso nei rapporti tra i comproprietari, ai fini della decorrenza del termine per l’usucapione è idoneo soltanto un atto (o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari realizzi l’impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene e, inoltre, denoti inequivocamente l’intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva, sicchè, in presenza di un ragionevole dubbio sul significato dell’atto materiale, il termine per l’usucapione non può cominciare a decorrere ove agli altri partecipanti non sia stata comunicata, anche con modalità non formali, la volontà di possedere in via esclusiva; si vedano, al riguardo, le sentenze nn. 2944/90, 9903/06, 12775/08 (a contrariis), 17322/10, 23539/11, 11903/15.

In definitiva il ricorso va rigettato in relazione a tutti i motivi in cui esso si articola.

Non vi è luogo a regolazione di spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2017

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