Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14781 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 18/06/2010, (ud. 19/05/2010, dep. 18/06/2010), n.14781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 33097-2006 proposto da:

B.B., C.A. (difensore di se stesso),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIAN GIACOMO PORRO 8, presso

lo studio dell’avvocato BARENGHI ANDREA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CONTARINO ANTONIO, giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

REGIONE AUTONOMA TRENTINO – ALTO ADIGE;

– intimata –

e sul ricorso 2584-2007 proposto da:

REGIONE TRENTINO ALTO – ADIGE, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.B., Avv. C.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 44/2006 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 31/08/2006 R.G.N. 36/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato CONTARINO ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il dott. B.B., funzionario di cancelleria nell’ufficio del giudice di pace di Cavalese e dipendente dell’amministrazione regionale del Trentino Alto Adige, fu sottoposto a due procedimenti penali, conclusisi con l’assoluzione. Il primo concerneva i reati di falso e di truffa in relazione all’irregolare utilizzo del cartellino orologio, il secondo;il reato di rifiuto di atti d’ufficio, per omessa assistenza in udienza, giustificata con la necessità di privilegiare il servizio di sportello della cancelleria.

Il B. chiese il rimborso delle spese legali sostenute per i due procedimenti alla Regione,sua datrice di lavoro, che rigettò l’istanza.

Propose quindi azione giudiziaria e il Tribunale accolse il suo ricorso condannando l’amministrazione al pagamento di 15.095,92 Euro, oltre alle spese legali.

A seguito dell’appello della Regione, la Corte d’Appello di Trento, ha riformato la sentenza di primo grado, riconoscendo solo le spese legali relative al procedimento per il reato di cui all’art. 328 c.p. e non anche quelle relative ad il procedimento per truffa e falso.

Il B. e il suo difensore, avv. C.A., ricorrono contro tale decisione, articolando sei motivi di ricorso.

La regione si difende con controricorso e, a sua volta, propone ricorso incidentale per un unico motivo.

Con il primo motivo il B. denunzia la violazione dell’art. 276 c.p.c. perchè “la discussione della causa si è svolta – all’udienza del 24 agosto 2006 – dinanzi ad un collegio diverso rispetto a quello davanti al quale la discussione era stata disposta per l’udienza dei 13 luglio, con udienza fissata per il 15 giugno 2006 ai fini della decisione dell’istanza di sospensione della esecutività della sentenza di primo grado, chiesta dalla regione ai sensi dell’art. 431 c.p.c.” (così il ricorso a pag. 15).

Dalla esposizione del motivo stessa, oltre che dagli atti del processo, si desume che fu fissata una prima udienza per l’esame della istanza di sospensione della esecutività della sentenza, che a tale udienza la causa venne rinviata al 13 luglio, che in questa udienza si dispose un nuovo rinvio per l’udienza del 24 agosto 2006, in cui la causa venne discussa e decisa.

L’art. 276 c.p.c. di cui si denunzia la violazione dispone che “la decisione è deliberata in segreto nella camera di consiglio. Ad essa possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione”. Viene affermato quindi il principio della “immodificabilità del collegio che decide rispetto al collegio che assiste alla discussione”. Tale principio non vale per altre udienze, svoltesi in precedenza, di mero rinvio o di decisione sulla istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata.

Nel caso in esame la discussione è iniziata e si è esaurita all’udienza del 24 agosto. Il principio è stato quindi rispettato.

Con il secondo motivo si denunzia violazione di legge e vizio di motivazione perchè la Regione si era costituita in ritardo ed era quindi decaduta dalla possibilità di formulare l’eccezione di presenza, nel caso in esame, di un conflitto di interessi tra il dipendente e l’amministrazione che escluderebbe il diritto al rimborso. La Corte avrebbe anche omesso di motivare sul punto.

Anche questo motivo è infondato, perchè non si è in presenza di una eccezione in senso stretto, bensì di una difesa relativa alla mancanza di un elemento costitutivo del diritto fatto valere.

Con il terzo motivo si denunzia la violazione della normativa regionale che regola la materia: della L.R. autonoma Trentino Alto Adige 23 novembre 1979, n. 5, art. 8 e della successiva legge di interpretazione autentica, nonchè il relativo vizio di motivazione.

La Corte avrebbe erroneamente inteso la norma, affermando che “può essere interpretata nel senso che per riconoscere al dipendente regionale il rimborso delle spese legali deve sussistere la condizione della mancanza di un conflitto di interessi fra la Regione e il dipendente anche se tale condizione non è prevista dalla norma regionale” (cfr. quesito di diritto a pag. 23).

Il ricorrente in questo modo fa dire alla sentenza un qualcosa che la stessa non dice.

La Corte infatti, pone ed esamina due distinte questioni interpretative.

Conviene premettere che la previsione, nell’estendere il diritto al rimborso previsto dal comma 1 per gli amministratori regionali, al comma 2 dispone: “La norma di cui al precedente comma si applica anche ai dipendenti della Regione che siano coinvolti in giudizi civili o penali per fatti o cause di servizio”.

Le due questioni sono le seguenti.

La prima è: cosa si debba intendere per coinvolgimento in giudizi civili o penali per fatti per fatti o cause di servizio.

La seconda è se, pur non essendo espressamente previsto dalla norma, debba richiedersi anche il requisito previsto da analoghe normative, statali o regionali, della assenza di un conflitto di interessi tra il dipendente e l’amministrazione.

La Corte ritiene che il procedimento relativo ai reati di falso e di truffa non riguardi fatti o cause di servizio, mentre da un giudizio positivo per il procedimento relativo alla interruzione del servizio di assistenza all’udienza.

In ragione di questa scelta ha deciso.

Il discorso concernente l’altro requisito, non è determinante per la soluzione della controversia e costituisce un ragionamento additivo, ma non decisivo.

Il primo argomento non trova nel ricorso una specifica censura.

Peraltro la valutazione della attinenza del giudizio a fatti o cause di servizio attiene al merito della decisione.

La censura concernente il secondo tema non è invece decisiva.

Con il quarto motivo si censura la sentenza per violazione del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, art. 4 (t.u. leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige) e relativo vizio di motivazione.

La normativa menzionata consente alla Regione di regolare liberamente la materia anche escludendo un requisito, quale l’assenza di conflitto di interessi, che norme statali generali richiedono.

Il tema non è rilevante, perchè la sentenza ha deciso, ritenendo il diritto sussistente in parte, in base al decisivo rilievo della mancanza dell’elemento comunque richiesto dalla Regione.

Con il quinto motivo si denunzia un vizio di motivazione su di un punto decisivo della controversia. Il punto è quello in cui la sentenza ha ritenuto che al procedimento per il reato di cui all’art. 328 c.p., fosse riconducibile solo la somma di 4.286,00 Euro relativa al compenso per l’avv. Valenti.

E’ una valutazione di merito. La motivazione c’è (pag. 9 e 10 della sentenza), è adeguata e non sono rilevabili contraddizioni,. Quella proposta dal ricorrente è solo una diversa valutazione del quadro probatorio documentale.

Il sesto motivo concerne la compensazione delle spese. Ricorrente, in questo caso, unitamente al B., è l’avv. C., procuratore distrattario. Viene censurata per vizio di motivazione la scelta di compensare le spese.

La soluzione in ordine alle spese del giudizio di merito adottata dalla Corte d’Appello è condivisibile, a fronte di un accoglimento della domanda in misura inferiore alla metà di quanto richiesto.

La motivazione va corretta nel passaggio, non decisivo, in cui si assume che vi sarebbe stata soccombenza parziale anche in primo grado. Ciò che è rilevante è che la soccombenza parziale (con rigetto di parte della domanda superiore alla metà della stessa) vi è stata in secondo grado.

Il ricorso incidentale consta di un unico motivo con il quale si denunzia un vizio di insufficiente motivazione su di un fatto decisivo della controversia: la motivazione della condanna al rimborso delle spese relative al procedimento per violazione dell’art. 328 c.p., sarebbe carente per non aver spiegato la irrilevanza di due circostanze dedotte dalla Regione, da cui dovrebbe rilevarsi l’esistenza del motivo ostativo del conflitto di interessi:

l’esistenza di un procedimento disciplinare per il medesimo fatto e l’esito del procedimento disciplinare con irrogazione della sanzione disciplinare.

La motivazione della Corte è adeguata, completa e coerente. Il ricorso incidentale assume che sarebbero stati indicati questi elementi non considerati, ma lo fa in violazione del criterio dell’autosufficienza.

In conclusione entrambi i ricorsi devono essere rigettati. Ciò induce a compensare integralmente le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

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