Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14781 del 10/07/2020

Cassazione civile sez. I, 10/07/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 10/07/2020), n.14781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Giovanna – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. G. C. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21215/2015 proposto da:

S.M., in proprio e nella qualità di erede di S.S.,

domiciliata in Roma, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentata e difesa dagli avvocati Renato Angelone e

Giovanna Pagnozzi, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Asl Napoli (OMISSIS) – Regione Campania (già ASL Napoli (OMISSIS)),

in persona del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, presso lo studio dell’avvocato Renata Sulli,

rappresentata e difesa dall’avvocato Olga Porta, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

UnipolSai S.p.a., quale incorporante la S.p.a. Unipol Assicurazioni,

a propria volta conferitaria delle attività assicurative della

S.p.a. Navale Assicurazioni, in persona del legale rappresentante

pro tempore, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Edoardo Errico, giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1200/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 11/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/2/2020 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Napoli con sentenza n. 1200/2015 dell’11.3.2015 ha respinto il gravame proposto da S.M., in proprio e quale tutrice di S.S., sofferente psichico, e dall’A.F.A.S.P. – Associazione Familiari ed Amici Sofferenti psichici nei confronti dell’ASL Napoli (OMISSIS) ed ha confermato la decisione che in primo grado aveva respinto la domanda degli appellanti intesa a conseguire la condanna dell’ASL al risarcimento per responsabilità precontrattuale dei danni patiti in conseguenza dell’affidamento riposto dalla S. nella conclusione di un contratto – non perfezionatosi per le difficoltà opposte dall’oblata – avente ad oggetto un immobile di sua proprietà, che la S. si era offerta di cedere in comodato gratuito all’ASL perchè fosse adibito a casa-famiglia per sofferenti psichici.

La Corte distrettuale nel motivare il rigetto del gravame, ricostruito il quadro di riferimento sul filo della premessa che l’azione promossa dalla S. “era chiaramente formulata in termini di responsabilità precontrattuale” e che la responsabilità precontrattuale “è riconducibile pacificamente alla responsabilità extracontrattuale”, ha fatto rimarcare, alla stregua delle raccolte risultanze istruttorie, che nella condotta dell’ASL “non sono ravvisabili contegni, comportamenti o, più ancora, atti tali da aver potuto ingenerare nella S., oltre che una ragionevole speranza, un concreto affidamento nella conclusione della trattativa”. Nè, osserva il giudicante, conduce a differenti approdi la ricostruzione dell’ipotizzata responsabilità della P.A. in termini di responsabilità da contatto, dato che “tale inquadramento, se ad esso vuole attribuirsi l’evocazione di una diversa struttura della responsabilità della P.A., mal si concilia sul piano processuale con la originaria prospettazione avanzata dall’attrice in primo grado, tutta basata su una responsabilità per culpa in contrahendo”. E ciò perchè nell’ipotesi al vaglio del giudizio non è della legittimità del provvedimento amministrativo che si discute, bensì della “correttezza del contegno negoziale tenuto dall’ente pubblico durante la fase delle trattative e della formazione del contratto”, sicchè si è al di fuori del procedimento amministrativo ed all’interno delle logiche e dei poteri negoziali sottratte alla disciplina di questo.

Avverso la predetta decisione la S. si grava di quattro motivi di ricorso, seguito da memoria, cui replicano l’ASL, nonchè, in quanto da questa chiamata in garanzia nel giudizio di primo grado insieme all’Allianz, la UnipolSAI, con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. In disparte dalle pregiudiziali opposte dall’ASL che non risultano conducenti nel senso preteso dalla deducente, con il primo ed il secondo motivo di ricorso – scrutinabili congiuntamente stante l’unitarietà della censura che vi è racchiusa – la S. lamenta, nell’ordine, la violazione degli artt. 99,112,166 e 167 c.p.c., ed un vizio di “omessa motivazione”, perchè la Corte d’Appello non avrebbe provveduto a dichiarare inammissibili le domande e le eccezioni delle compagnie di assicurazioni chiamate in giudizio dall’ASL; ed ancora la violazione dell’art. 103 c.p.c., art. 105 c.p.c., comma 2, art. 167 c.p.c., comma 3 e art. 269 c.p.c. ed un vizio di “motivazione incongrua ed insufficiente” perchè la Corte d’Appello, consumando l’omissione denunciata con il primo motivo, avrebbe avallato la partecipazione al giudizio delle garanti e avrebbe assecondato che, a fronte della sua inerzia, costoro si sostituissero all’ASL garantita.

2.2. Premesso che, allorchè la ricorrente rivendica l’esclusività del rapporto processuale incoato con l’ASL, tanto da considerare la partecipazione al giudizio delle compagnie garanti della responsabilità di questa una “sorta di “intervento” in un processo altrui”, sfugge evidentemente ad essa la categoria del processo con pluralità di parti, entrambe le doglianze, anche nei profili motivazionali che non sarebbero giudicabili per i limiti oggi frapposti al controllo di legittimità sulla motivazione, hanno vita breve: la Corte d’Appello, nel respingere il relativo motivo di gravame, ha infatti confermato l’analogo pronunciamento adottato in primo grado, sul rilievo che “se è vero che non sussiste alcun rapporto diretto tra le attrici e le assicuratrici della Asl, è del pari vero che queste ultime, per difendersi dall’azione a manleva nei loro confronti esercitata, avevano tutto l’interesse a contestare, a monte, la responsabilità della loro assicurata”. Nè del resto il giudizio così enunciato – che sottintende inequivocabilmente che, radicandosi la responsabilità del garante su quella del garantito, è irrefutabile l’interesse del primo a scongiurare la responsabilità del secondo, di modo che, comunque avvenga la sua partecipazione al giudizio, egli, con la sola eccezione delle preclusioni eventualmente già insorte a carico del garantito, è pienamente legittimato a dispiegare ogni difesa a tutela di questo e, di riflesso, di sè medesimo -, ove mai si rendesse sindacabile in astratto, potrebbe esserlo nel caso concreto dal momento che la duplice censura sollevata dalla ricorrente si palesa del tutto priva di autosufficienza astenendosi dall’indicare quali “domande ed eccezioni” sollevate dalle garanti ed asseritamente estranee al thema decidendi sarebbero state valorizzate dal giudice distrettuale in funzione decisoria, il che rende la ricorrente priva dell’interesse processuale a reclamarne giustizia.

3.1. Con il terzo motivo di ricorso la S. deduce la violazione degli artt. 1337 e 2043 c.c., L. 7 agosto 1990, n. 241 e vizio di “motivazione contraddittoria” perchè la Corte d’Appello, pur ricostruendo il quadro di riferimento dell’azionata responsabilità in adesione alle coordinate di legittimità, avrebbe denegato la sussistenza nella specie della responsabilità precontrattuale della ASL “per mancanza di un atto provvedimentale da parte della P.A.”, in tal modo incorrendo in un vizio di contraddittorietà avendo poco prima asserito che la responsabilità in parola inerisce ad un comportamento della P.A., in un “errore di prospettiva” per aver condiviso e fatto propri argomenti opposti dalla controparte solo in sede processuale ed, ancora, in un vizio di contraddittorietà per aver comunque giudicato biasimevole la condotta dell’ASL.

3.2. Il motivo non ha pregnanza cassatoria.

Esso si fonda intanto su un’esegesi del compendio motivazionale non esattamente rispettosa del suo contenuto. E’ ben vero che la Corte d’Appello, dopo aver dato atto dell’avvio e dell’avanzamento delle trattative per la destinazione dell’immobile della S. a residenza protetta abbia incidentalmente fatto cenno al fatto che la trattative non avessero trovato sbocco “nelle manifestazioni provvedimentali della P.A.”. E tuttavia sarebbe errato estrapolare questa notazione dal suo complessivo contesto espositivo, dato che la Corte d’Appello, nell’atto di operarla, chiarendo meglio il proprio pensiero, non esita ad affermare che la trattativa “non avesse nemmeno affrontato alcuni punti che, pure, risultavano, sin dall’inizio, di rilevante importanza” Ed in questo senso il prosieguo della motivazione si spende in una circostanziata ricognizione degli aspetti della trattativa ancora in fase di definizione e perfino di perdurante contrasto tra le parti, in ragione dei quali il decidente ben può, all’esito, concludere che nella specie “non sono ravvisabili contegni, comportamenti o, più ancora, atti tali da aver potuto ingenerare nella S., oltre ad una ragionevole speranza, un concreto affidamento nella conclusione della trattativa”. Il che, come è duratura convinzione di questa Corte, dell’avviso che onde ritenere integrata la responsabilità precontrattuale occorre che tra le parti siano in corso trattative; che queste siano giunte ad uno stadio idoneo ad ingenerare, nella parte che invoca l’altrui responsabilità, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che esse siano state interrotte, senza un giustificato motivo, dalla parte cui si addebita detta responsabilità; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, “si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivato” (Cass., Sez. II, 15/04/2016, n. 7545; Cass., Sez. III, 29/03/2007, n. 7768; Cass., Sez. IV, 18/06/2004, n. 11438). Angolazione quest’ultima che, malgrado l’insistenza che vi pone il motivo, non renderebbe comunque scrutinabile il sindacato del decidente di merito, esulando i denunciati vizi motivazionali dall’attuale paradigma normativo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4.1. Con il quarto motivo di ricorso la S. denuncia “vizio da motivazione-motivazione carente. Omesso esame su un punto decisivo della controversia. Omesso esame di un documento fondamentale per la decisione della controversia. Motivazione contraddittoria”, il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e ciò perchè la Corte d’Appello avrebbe ricostruito i fatti di causa “con l’esame solo in parte dei documenti versati in atti nel processo di primo grado e riproposti al giudice dell’appello”.

4.2. Il motivo è inammissibile.

Ed invero sebbene il richiamo che si legge nella rubrica di esso dell’art. 360, n. 3 e al n. 4, nonchè la pedissequa elencazione dei vizi che affliggono a giudizio della deducente l’impugnata decisione sotto il profilo motivazionale lasci intendere che, nel mutato assetto normativo che esso ha assunto a seguito della novellazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, oggetto di censura sia, secondo la lettura nomofilattica della norma, l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, nondimeno l’illustrazione del motivo chiarisce, allorchè addebita alla Corte d’Appello di aver esaminato “solo in parte i documenti versati nel processo”, che le rimostranze ricorrenti si risolvono nel denunciare solo l’omesso esame di talune risultanze istruttorie. Ed è allora appena il caso di rammentare, sempre secondo la lezione delle SS.UU., che, avendo il legislatore con la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto nell’ordinamento un vizio specifico consistente nell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, intendendosi per tale il fatto che sia provvisto di valenza costitutiva, modificativa od estintiva del diritto azionato o dal quale tale valenza sia argomentabile, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

L’impugnata sentenza, assistita da congrua ed adeguata motivazione, si sottrae perciò al denunciato vizio processuale.

5. Il ricorso va, dunque, respinto.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore dei controricorrenti in Euro 4200,00 cadauno, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2020

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