Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14780 del 19/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 19/07/2016, (ud. 25/05/2016, dep. 19/07/2016), n.14780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26114/2011 proposto da:

COMUNE DI MONTORIO INFERIORE, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALESSANDRO III 6, presso

l’avvocato FELICE LAUDADIO, che lo rappresenta e difende, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2384/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2016 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato DE LUCA UGO, con delega, che si

riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo,

assorbiti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 27.2.2009 D.M. convenne in giudizio innanzi alla Corte d’Appello di Napoli il comune di Montoro Inferiore, chiedendo la determinazione delle indennità di occupazione ed espropriazione della porzione di mq. 905 della sua proprietà, estesa mq. 1526 mq. ed inclusa in zona F sottozona FT1 e destinata ad edilizia universitaria.

La Corte adita, con la sentenza indicata in epigrafe, affermò la natura edificatoria del fondo, e, sulla scorta dell’acquisita CTU, determinò il dovuto in ragione di Euro 80,00 al mq. per la parte espropriata, della riduzione di valore, pari al 30%, per quella residua, ed in ragione degli interessi legali su tale indennità, computati per anno, per l’indennità di occupazione.

Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso il comune di Montoro Inferiore con quattro motivi, successivamente illustrati da memoria. L’intimato non ha depositato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, del D.M. n. 1444 del 1968, delle NTA del PRG, il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello ha ritenuto l’area edificatoria, assimilandola a quelle ricadenti nelle zone B e C del PRG, senza considerare che la sua destinazione urbanistica a zona F “attrezzature di interesse generale da destinare all’edilizia universitaria e ai relativi servizi” la escludeva.

2. Col secondo ed il terzo motivo, il Comune lamenta la violazione della n. 244 del 2007, art. 2, comma 88, della L. n. 2359 del 1865, art. 39, art. 111 Cost., ed il vizio di motivazione. Il riconosciuto indennizzo, afferma il ricorrente, non è coerente con i parametri legali di stima del valore di mercato del bene espropriato, che non è riconducibile nè all’equità nè a criteri probabilistici, ed è stato assunto con motivazione insufficiente.

3. I motivi, da valutarsi congiuntamente, sono fondati.

4. Occorre premettere che, a seguito delle sentenze della Corte cost. n. 348 del 2007 e n. 181 del 2011, con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità dei criteri riduttivi previsti della L. n. 359 del 1992, art. 5-bis, commi 1 e 2 e della L. n. 865 del 1971, art. 16, commi 5 e 6, il sistema indennitario risulta oggi agganciato al valore venale del bene, già previsto quale criterio base di indennizzo dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39 (Cass. n. 11480 del 2008; n. 14939 del 2010; n. 6798 del 2013; n. 17906 del 2014), ed ora sancito dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, come modificato dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90.

5. Tanto non comporta, tuttavia, che sia venuta meno, ai fini indennitari, la distinzione tra suoli edificabili e non edificabili, che è imposta dalla disciplina urbanistica in funzione della razionale programmazione del territorio – anche ai fini della conservazione di spazi a beneficio della collettività e della realizzazione di servizi pubblici – e che le regole di mercato non possono travalicare. E l’inclusione dei suoli nell’uno o nell’altro ambito va effettuata in ragione di un unico criterio discretivo: quello dell’edificabilità legale, posto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5-bis, comma 3, tuttora vigente, e recepito nel T.U. espropriazioni di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37. In base a tale criterio, un’area va ritenuta edificabile solo quando la stessa risulti tale classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici (Cass. 7987/2011; 9891/2007; 3838/2004; 10570/2003; sez. un. 172 e 173/2001), e, per converso, le possibilità legali di edificazione vanno escluse tutte le volte in cui per lo strumento urbanistico vigente all’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale, la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc.) in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, da intendere come estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al diritto di proprietà, ovvero con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area (Cass. 14840/2013; 2605/2010; 21095 e 16537/2009) e che sono, come tali, soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia (cfr. Cass. n. 11503 del 2014; 665/2010; 400/2010; 21396/2009; 21095/2009; 17995/2009).

6. In particolare, la circostanza secondo cui le attrezzature da destinare all’edilizia universitaria avrebbero potuto esser realizzate anche da privati non è decisivo ai fini qui in esame, in quanto così opinando, la privatizzabilità dell’intervento finirebbe per diventare l’unico requisito necessario e sufficiente a conferire il carattere di edificabilità al terreno che resta, invece, oggettivamente inserito in una zona non edificatoria (rientrante nell’ambito di quelle che il D.M. 2 aprile 1968, art. 2, include fra “le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale”): secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, la destinazione di aree ad edilizia scolastica e, a maggior ragione, ad edilizia universitaria – le cui finalità normalmente trascendono le singole zone del piano regolatore del comune, e lo stesso territorio comunale – configura un tipico vincolo conformativo, che determina il carattere di non edificabilità delle relative aree in quanto l’edilizia scolastica è riconducibile ad un servizio strettamente pubblicistico, connesso al perseguimento di un fine proprio ed istituzionale dello Stato, su cui non interferisce la parità assicurata all’insegnamento privato, (Cass. n. 15616 del 2007; 12862 del 2010; n. 8231 del 2012; n. 14347 del 2012; n. 5247 del 2016).

7. L’assunto secondo cui il terreno espropriato ha natura edificatoria è, dunque, giuridicamente errato, restando assorbiti gli altri profili dedotti, e l’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata con rinvio per un nuovo esame alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà a determinare il dovuto, tenendo conto delle obbiettive caratteristiche dell’area in relazione alle possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria, che siano autorizzate dalla destinazione urbanistica dell’area stessa. Il giudice del rinvio liquiderà, inoltre, le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2016

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