Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1478 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. I, 21/01/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 21/01/2011), n.1478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17784/2008 proposto da:

L.V. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA VALADIER 43, presso l’avvocato ROMANO GIOVANNI, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

16/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23/11/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 2006, L.V. adiva la Corte di appello di Roma chiedendo che la Presidenza del Consiglio dei Ministri fosse condannata a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con decreto del 27.11.2006 – 16.05.2007, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare all’istante, quale indennizzo del danno non patrimoniale, la somma di Euro 5.200,00 oltre agli interessi legali decorrenti dalla data del provvedimento, nonchè al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 750,00, e distratte in favore dell’Avv.to G. Romano antistatario.

La Corte osservava e riteneva:

– che il L. (con molti altri ricorrenti) aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo in tema di differenze retributive nel pubblico impiego, da lui iniziato, dinanzi al TAR Toscana, con ricorso del 15.10.1991, deciso in primo grado con sentenza del 20.02.2001 (depositata il 20.03.2001), senza che risultassero istanze di prelievo, ed in appello, introdotto il 15.04.2002, con sentenza del C.d.S. del 31.01.2006, previa istanza di fissazione e 2 istanze di prelievo;

– che la complessiva durata ragionevole dei due gradi del processo presupposto, alquanto semplice, avrebbe dovuto essere di sette anni (4 + 3), mentre invece aveva ecceduto di anni 6 e mesi 6 il limite di congrua durata, dei quali 1 anno maturato in appello;

– che in riferimento al solo danno non patrimoniale il L. aveva diritto al chiesto indennizzo, da liquidarsi equitativamente nella misura di Euro 800,00 ad anno di ritardo, attesa la modestia della pretesa da lui fatta valere, non inerente a beni fondamentali della persona e della vita.

Avverso questo decreto il L. ha proposto ricorso per Cassazione affidato a 5 motivi, involgenti anche una questione di costituzionalità (sul riferimento dell’indennizzo solo al periodo di ritardo), e notificato il 30.06.2008 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Riassuntivamente, con il ricorso il L. denuncia violazioni di legge, con relativi quesiti di diritto, e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti ai criteri sia di determinazione del periodo di ragionevole durata e di ritardo incongruo (motivi 1 e 2) e sia di liquidazione del danno morale (motivi 3, 4, 5), che assume essergli dovuto per ciascun anno di durata del processo presupposto ed in ragione di Euro 1.000,00-1.500,00 ad anno.

11 ricorso merita favorevole apprezzamento in relazione alle censure concernenti la determinazione in 7 anni del complessivo periodo di durata ragionevole del processo amministrativo presupposto, articolatosi in due gradi di merito, la quale si rivela non corretta alla luce dei parametri temporali applicati in casi consimili anche in ambito CEDU e delle indicate peculiarità del caso, sulla cui base detta durata avrebbe dovuto, invece, essere stimata nel quinquennio (anni 3 + 2), con conseguente individuazione in circa 8 anni del periodo d’irragionevole ritardo da indennizzare.

Correttamente, inoltre, l’indennizzo è stato rapportato al solo periodo di ritardo irragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568;

200608714; 200723844), ricordando pure che (cfr. Cass. 200910415) “In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, è manifestamente infondata la questione di costituzionalità della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 3, lett. a), nella parte in cui stabilisce che, al fine dell’equa riparazione, rileva soltanto il danno riferibile al periodo eccedente il termine di ragionevole durata, non essendo ravvisabile alcuna violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, in riferimento alla compatibilità con gli impegni internazionali assunti dall’Italia mediante la ratifica della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Infatti, qualora sia sostanzialmente osservato il parametro fissato dalla Corte EDU ai fini della liquidazione dell’indennizzo, la modalità di calcolo imposta dalla norma nazionale non incide sulla complessiva attitudine della legislazione interna ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto in argomento, non comportando una riduzione dell’indennizzo in misura superiore a quella ritenuta ammissibile dal giudice europeo; diversamente opinando, poichè le norme CEDU integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur sempre ad un livello subcostituzionale, dovrebbe valutarsi la conformità del criterio di computo desunto dalle norme convenzionali, che attribuisce rilievo all’intera durata del processo, rispetto al novellato art. 111 Cost., comma 2, in base al quale il processo ha un tempo di svolgimento o di durata ragionevole, potendo profilarsi, quindi, un contrasto dell’interpretazione delle norme CEDU con altri diritti costituzionalmente tutelati”.

Cassato, dunque, l’impugnato decreto in relazione alle censure accolte, con assorbimento delle ulteriori concernenti l’inadeguatezza dell’applicato parametro indennitario per il sofferto danno non patrimoniale, correttamente rapportato al solo periodo di ritardo irragionevole, sulle esposte premesse può procedersi alla decisione nel merito del ricorso, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nessun accertamento di fatti essendo residuato alla cognizione di questa Corte. Quindi, considerato il periodo d’irragionevole durata del giudizio presupposto, pari ad anni 8, ed individuato nella somma di Euro 750,00 ad anno per il primo triennio ed in Euro 1.000,00 ad anno per il periodo successivo, il parametro indennitario per la riparazione del danno non patrimoniale, devesi riconoscere all’istante l’indennizzo complessivo di Euro 7.250,00, oltre agli interessi legali con decorrenza dalla domanda (Cass. 200608712).

Quanto alla regolamentazione delle spese, a carico della Presidenza del Consiglio dei Ministri soccombente va posto il pagamento delle spese del giudizio di merito, in base alla tariffa per processo svoltosi innanzi alla Corte di appello, nonchè delle spese del giudizio di legittimità, spese tutte liquidate come in dispositivo e distratte.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore del ricorrente, della somma di Euro 7.250,00, oltre agli interessi legali dalla domanda, nonchè al pagamento sia delle spese del giudizio di merito, liquidate in complessivi Euro 1.650,00 (di cui Euro 1.000,00, per onorari ed Euro 50,00 per esborsi), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, e sia delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 900,00, per onorari, da maggiorare anch’esse delle spese generali e degli accessori di legge, spese tutte da distrarre in favore dell’Avvio G. Romano antistatario.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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