Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14778 del 30/06/2014
Civile Sent. Sez. 3 Num. 14778 Anno 2014
Presidente: CARLEO GIOVANNI
Relatore: CARLEO GIOVANNI
SENTENZA
sul ricorso 27546-2008 proposto da:
CARUSO GIUSEPPE 00285610804, in qualità di titolare e
legale
rappresentante
dehla
ditta
omonima,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANGELO SECCHI
ìog
9, presso lo studio dell’avvocato ZIMATORE VALERIO,
oniao
che lo rappresenta e difende giusta procura margine
2014
del ricorso;
– ricorrente –
1165
contro
REGIONE CALABRIA 02205340793, domiciliata ex lege in
ROMA,
presso
la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
1
Data pubblicazione: 30/06/2014
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati
CASALINUOVO ALDO, PAOLO ANTONIO FALDUTO, giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrente
–
avverso la sentenza n. 633/2008 della CORTE D’APPELLO
4/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/05/2014 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
CARLEO;
udito l’Avvocato VALERIO ZIMATORE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per l’accoglimento p.q.r. del ricorso;
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di CATANZARO, depositata il 17/09/2008, R.G.N.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata in data 9.11.98 Caruso Giuseppe,
titolare di ditta omonima, conveniva in giudizio la Regione
Calabria al fine di ottenere il pagamento delle somme
dovutegli per forniture di materiali e opere di movimento
di incarico della Regione conferitogli senza osservare
l’iter
amministrativo prescritto a causa dell’estrema urgenza
determinata da alcuni gravi eventi alluvionali. Aggiungendo
che la Regione aveva riconosciuto il debito, ne chiedeva la
condanna al pagamento della somma corrispondente al valore
delle prestazioni ricevute ovvero, subordinatamente, al
pagamento dell’indennità ex art.2041 cc. In esito al giudizio,
in cui si costituiva la Regione resistendo alla domanda, il
Tribunale adito rigettava la domanda attrice proposta in via
principale, accoglieva la domanda subordinata di arricchimento
senza causa e condannava la convenuta al pagamento della somma
di C 712.133,64 oltre Iva, interessi legali e rivalutazione
dal gennaio 1995 al soddisfo. Avverso tale decisione la
Regione proponeva appello ed in esito al giudizio, in cui si
costituiva il Caruso, la Corte di Appello di Catanzaro con
sentenza notificata in data 13.11.2008 rigettava la domanda ex
art.2041 cc proposta dal Caruso e provvedeva al governo delle
spese. Avverso la detta sentenza il soccombente ha proposto
ricorso per cassazione articolato in tre motivi, illustrato
da memoria. Resiste la Regione con controricorso.
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terra, effettuate dal luglio 1994 al gennaio 1995, a seguito
moTrvI
DELLA DECISIONE
Con la prima doglianza, deducendo la violazione dell’art.2041
cc, il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per non
aver la Corte di appello svolto alcuna effettiva indagine circa
l’esistenza delle opere eseguite dalla ditta Caruso e circa la
contenuto dei documenti prodotti non aveva validità probatoria
utilitas tratta dalla Regione, limitandosi ad affermare che il
ai fini di tale accertamento e svalutando il valore delle due
attestazioni rese dal Direttore dei lavori in data 8.1.1996 e
dal dirigente dell’assessorato regionale competente in data
31.1.1997.
Con la seconda doglianza per insufficiente e contraddittoria
motivazione, il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata
per non aver la Corte di Appello motivato adeguatamente
sull’esistenza delle opere oggetto di richiesta di indennizzo,
incorrendo nel vizio lamentato in ordine al fatto fondamentale
circa l’esistenza in atti di prova della esecuzione, da parte
della ditta Caruso, di opere fonte di arricchimento per la
Regione e di impoverimento per la ditta.
I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in
quanto sia pure sotto profili diversi, prospettano ragioni di
censura connesse tra loro, sono infondati e non meritano
accoglimento. A riguardo, mette conto di sottolineare che è
consolidato principio di diritto, affermato da questa Corte,
Jif
quello secondo cui l’azione di indebito arricchimento nei
confronti della P.A. presuppone, non solo il fatto materiale
dell’esecuzione di un’opera o di una prestazione vantaggiosa per
l’Amministrazione, ma anche il riconoscimento, da parte della
stessa, dell’utilità dell’opera o della prestazione.
tale
riconoscimento,
che
sostituisce
il
requisito
Un
dell’arricchimento previsto dall’art. 2041 c.c., nei rapporti
tra privati, può avvenire in maniera esplicita, cioè con un atto
formale, oppure può risultare in modo implicito da atti o
comportamenti della P.A. dai quali si desuma inequivocabilmente
un effettuato giudizio positivo circa il vantaggio o l’utilità
della prestazione giudizio, però, che deve promanare da organi
rappresentativi dell’amministrazione interessata (v. Sez.Un.
26128/2010 in motivazione, nonchè tra le altre Cass. n.
25156/2008; Cass. n. 5206/2010).
Il principio di diritto richiamato torna utile nella misura in
cui evidenzia l’esigenza, fondamentale, di due requisiti, invero
decisivi, che si accompagnino, indispensabilmente, al
riconoscimento, esplicito o implicito, della P.A. e che invece
mancano nella specie: l) il riconoscimento deve provenire dagli
organi rappresentativi dell’amministrazione interessata o da
coloro cui è rimessa la formazione della volontà dell’ente
stesso, onde l’irrilevanza di un eventuale riconoscimento
riferibile ad impiegati o dirigenti, che pur facendo parte della
struttura dell’amministrazione, come nel caso in esame (il
geometra Moscato ed il dirigente Pichilli), non posseggano la
qualità e la funzione necessarie per manifestarne la volontà. Ed
invero, lo stesso direttore dei lavori è soltanto un organo
tecnico ma non anche un organo rappresentativo capace di
dell’utilitas. 2)
in caso di riconoscimento implicito.
l’utilizzazione dell’opera deve essere attuata dagli organi
rappresentativi dell’ente consapevolmente, previa verifica
esprimere la volontà dell’ente diretta al riconoscimento
della sua utilità, in termini di effettiva e concreta
corrispondenza alle esigenze della pubblica amministrazione. Ed
è appena il caso di chiarire che è completamente irrilevante il
riconoscimento dell’utilità da parte di terzi estranei
all’amministrazione, quale è il CTU nominato nel giudizio
introdotto da chi abbia promosso l’azione di arricchimento senza
causa.
Infine, vale la pena di aggiungere che sarebbe
irrilevante,
oltre che contrario alla legge, l’eventuale giudizio circa
l’utilità dell’opera, di una prestazione, di un servizio da
parte del Giudice del merito, il quale, in quanto tale, non può
esprimere alcuna valutazione sull’utilità del’opera in relazione
alle finalità istituzionali perseguite dall’ente pubblico.
Ciò, in quanto si tratta di un compito che non gli appartiene
essendo riservata ogni valutazione comparativa a riguardo, in
via esclusiva, alla P.A. secondo i principi generalissimi del
nostro ordinamento. Invero, il riconoscimento dell’utilità
dell’opera e la configurabilità stessa di un arricchimento
restano affidati a una valutazione discrezionale della sola P.A.
beneficiaria, unica legittimata mediante i suoi organi
la formazione della sua volontà – ad esprimere il relativo
amministrativi o tramite quelli cui è istituzionalmente devoluta
giudizio, che presuppone il ponderato apprezzamento circa la
rispondenza, diretta o indiretta, dell’opera al pubblico
interesse (Cass.n.5397/2014, n.9486/2013).
Giova aggiungere infine che, in base alle regole di ripartizione
degli oneri probatori, spetta a colui che promuove azione di
arricchimento senza causa nei confronti della pubblica
amministrazione provare non solo il fatto materiale
dell’esecuzione dell’opera o della prestazione nei confronti
dell’ente pubblico, ma anche il riconoscimento, da parte di
quest’ultimo, dell’utilità dell’opera
(ex multis
Cass. n.
4125/99, Cass. n. 5792/2004).
Ne deriva il rigetto delle doglianze esaminate. Né miglior sorte
compete all’ultima doglianza per violazione dell’art.112 cpc,
con cui il ricorrente ha lamentato che la Corte di appello
avrebbe sbagliato quando ha rigettato la domanda di
arricchimento in quanto per mancanza di una valida prova circa
l’esatta consistenza delle opere eseguite dalla ditta e circa la
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loro effettiva utilità. Infatti, la Corte territoriale sarebbe
incorsa nel vizio di ultrapetizione in quanto nessuna delle
argomentazioni, poste a base della decisione, era stata
formulata nell’atto di appello, con la conseguenza che per tale
decisivo profilo la sentenza del Tribunale era coperto da
La doglianza è manifestamente infondata in quanto il principio
di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato deve
giudicato interno, violato dalla Corte.
ritenersi violato solo quando il giudice pronunci oltre i limiti
delle domande e delle eccezioni proposte, oppure alteri alcuno
degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione,
attribuendo e/o negando ad alcuno dei contendenti un bene
diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno
implicitamente, nella domanda, sostituendo la
causa petendi con
una differente basata su fatti diversi da quelli allegati dalle
parti o ancora quando rilevi d’ufficio un’eccezione in senso
stretto. Al contrario, deve essere invece esclusa la violazione
dell’art.112 cpc quando la pronuncia sia fondata su
argomentazioni giuridiche diverse da quelle prospettate dalle
parti ovvero su considerazioni e rilievi differenti da quelli
da loro dedotti, così come è avvenuto nel caso di specie.
Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle
censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in
esame, siccome infondato, deve essere rigettato.
AA
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla
rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità,
liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento
complessivi C 9.200,00
di cui C 9.000,00 per compensi, oltre
accessori di legge e spese generali, ed C 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma in camera di Consiglio in data 9.5.2014
delle spese del giudizio di legittimità che liquida in