Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14776 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14776 Anno 2014
Presidente: CARLEO GIOVANNI
Relatore: CARLEO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 26161-2008 proposto da:
UNIONE GENERALE IMMOBILIARE SPA 04191521006 in
persona dell’Amministratore Unico Dr. FABIO GERA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PUCCINI 9,
presso lo studio dell’avvocato NUNE’ GIANCARLO, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
2014
i163

CARLEVARIS CARLO giusta procura speciale in calce al
ricorso;
– ricorrente contro

DI CERTO ROBERTO, RICCI LAURA;

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Data pubblicazione: 30/06/2014

- intimati –

Nonché da:
RICCI LAURA RCCLRA64B55H501N,

DI CERTO ROBERTO

DCRRRT62R16H501S, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA DELLA CAMILLUCCIA 535, presso lo studio

difende unitamente all’avvocato ALOI TEODORA giusta
procura speciale in calce al controricorso e ricorso
incidentale;
– ricorrenti incidentali contro

UNIONE GENERALE IMMOBILIARE SPA 04191521006 in
persona dell’Amministratore Unico Dr. FABIO GERA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PUCCINI 9,
presso lo studio dell’avvocato NUNE’ GIANCARLO, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CARLEVARIS CARLO giusta procura speciale in calce al
ricorso principale;
– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 3954/2007 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/10/2007, R.G.N.
5048/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/05/2014 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
CARLEO;
udito l’Avvocato CARLO CARLEVARIS;

dell’avvocato POLIZZI MARCO, che li rappresenta e

udito l’Avvocato TEODORA ALOI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per l’inammissibilità in subordine rigetto del

ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale;

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione ritualmente notificata Roberto Di Certo e Laura
Ricci, premesso che con contratto preliminare del 17 novembre
1999 la SO.F.INTER srl si era obbligata a vendere loro un
immobile in Roma ricevendone una caparra confirmatoria di L.

rispettato il termine essenziale concordato ai fini della
stipula del definitivo, convenivano in giudizio la Sofinter
chiedendo il riconoscimento del doppio della caparra. In esito
al giudizio, in cui si costituiva la convenuta deducendo in
via riconvenzionale l’inadempimento degli attori, il Tribunale
di Roma dichiarava la risoluzione del preliminare per mancato
rispetto del termine essenziale da parte della promissaria
venditrice che condannava al pagamento del doppio della
caparra. Avverso tale decisione proponeva appello la
soccombente ed in esito al giudizio, in cui si costituivano
gli appellati, la Corte di Appello di Roma con sentenza
depositata in data 4 ottobre 2007, in riforma della sentenza,
rigettava le domande attrici e dichiarava il diritto
dell’appellante a trattenere la somma di 10.000 euro. Avverso
la detta sentenza hanno quindi proposto ricorso per
cassazione, in via principale, l’Unione Generale Immobiliare
Spa articolandolo in un unico motivo; il Di Certo e la
Ricci, in via incidentale, affidandolo a tre motivi. Resiste
con controricorso l’Unione Generale Immobiliare. Entrambe le
parti hanno depositato memorie illustrative.

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180 milioni, assumendo che la promittente alienante non aveva

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, deve rilevarsi che il ricorso principale e
quello incidentale sono stati riuniti, in quanto proposti
avverso la stessa sentenza.
Procedendo all’esame del ricorso principale, va osservato che

co.2 e la falsa applicazione dell’art.1384 cc, la società
ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in
cui la Corte di Appello ha ritenuto estensibile all’istituto
della caparra confirmatoria il potere, previsto dall’art.1384
cc, di ridurre di ufficio, equitativamente, la clausola
penale. In tal modo, la Corte territoriale avrebbe gravemente
errato, riducendo d’ufficio la somma versata a titolo di
caparra confirmatoria come se fosse una

“penale

manifestamente eccessiva”.
La doglianza è fondata e merita di essere accolta. All’uopo,
mette

conto

di

l’attenzione

richiamare

sulle

chiare

differenze, sia sul piano strutturale che funzionale,
intercorrenti tra la figura della clausola penale e quella
della caparra confirmatoria. Ed invero, se la prima viene
tradizionalmente considerata come un patto accessorio di un
contratto con funzione, insieme, di coercizione
all’adempimento e di predeterminazione del risarcimento
dovuto, in caso di inadempimento, la caparra confirmatoria,
pur assolvendo anch’essa una funzione di preventiva
liquidazione del danno, per il caso dell’altrui inadempimento,

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con l’unica doglianza, deducendo la violazione dell’art.1385

svolge altresì la funzione di anticipato parziale pagamento
per l’ipotesi di adempimento.
La delineata diversità tra le due figure giustifica la scelta
del legislatore di riferire alla sola riduzione della penale
sulle pattuizioni delle

il potere del giudice di incidere

Né può ritenersi che la norma dell’art. 1384 cod.

civ., prevedente il potere del giudice di ridurre equamente la
clausola

penale,

cui

testualmente

si

riferisce,

sia

applicabile analogicamente oltre l’ambito di detta clausola,
trattandosi di norma la quale, come ha già avuto modo di
statuire questa Corte, ha carattere eccezionale (Cass. n.
13120/97, Cass.n. 1209/87, Cass. n. 1143/82, n.4052/78)
Ed invero,

la disposizione dell’art.

1384 cod.

civ.,

contemplando l’attribuzione al giudice del potere di incidere
in un caso del tutto peculiare sulle pattuizioni private e di
modificare il relativo contenuto, è norma che fa eccezione
alla regola generale, immanente al sistema e formalmente
sanzionata nell’art. 1322 cod. civ., che impone il rispetto
dell’autonomia

contrattuale

dei

privati,

e,

consequenzialmente, non è passibile di applicazione analogica
a situazioni diverse da quella in essa specificamente
previste.
Tutto ciò premesso, si deve perciò condividere l’orientamento
consolidato di questa Corte, secondo cui il potere del giudice
di riduzione della penale previsto dall’art. 1384 cod. civ.
non può esser esercitato per la caparra confirmatoria.

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parti.

(Cass.n. 15391/2000, n. 4856/77, n. 6394/79, n.1143/82, n.
5644/95). Ne consegue l’accoglimento del ricorso principale,
con le ulteriori conseguenze che ne derivano e che verranno
precisate in seguito.
Passando al ricorso incidentale, va rilevato che con la prima

artt.1362 e ss cc, i ricorrenti i ricorrenti hanno censurato
la sentenza impugnata per aver la Corte negato l’essenzialità
del termine, malgrado espressamente e inequivocabilmente,
apposto dalle parti, in violazione dei canoni legali di
interpretazione del contratto.
Il motivo è concluso con il seguente quesito di diritto:

“dica

la Suprema Corte se, in presenza di clausole contrattuali
esplicite e specificamente approvate anche ex art.1341 cc il
giudice di merito ha facoltà, discostandosi dal principi di
ermeneutica giuridica ex artt.1362 e ss cc di interpretare le
stesse clausole in senso opposto alla volontà manifesta ed
inequivoca delle parti”
svolta per insufficiente e

Con la seconda doglianza,

contraddittoria motivazione, i ricorrenti hanno censurato la
sentenza per aver la Corte effettuato una errata ricostruzione
dei fatti sminuendo il grave inadempimento della venditrice e
costruendo

ex novo

un presunto inadempimento della parte

acquirente.
Il motivo è concluso con il seguente quesito di diritto:

“dica

la Suprema Corte se, in presenza di prove precise e

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doglianza, svolta per violazione e falsa applicazione degli

concordanti attestanti l’inadempimento del contraente più
forte, il giudice di secondo grado ha sufficientemente
motivato nel considerare inadempiente il contraente più
debole”
Con la terza doglianza per violazione dell’at.1457 cc e 5 del

avrebbe errato nel ritenere la natura non essenziale del
termine convenuto dalle parti.
Hanno quindi concluso il motivo con il seguente quesito di
diritto:

“dica la Suprema Corte se la natura e l’oggetto di un

contratto preliminare di compravendita immobiliare siano
compatibili con l’apposizione del termine essenziale di cui
all’art.1457 cc e con l’imposizione alle stesse parti di
indicare la ragione dell’essenzialità del termine per loro”
Il primo ed il terzo motivo sono inammissibili perché i
quesiti, posti a corredo, non soddisfano le prescrizioni
richieste dall’art.366 bis cpc. sotto il profilo della
necessaria congruenza alla violazione dedotta. Ed invero
costituisce orientamento consolidato di questa Corte quello
secondo cui il quesito non può essere astratto ed avulso dalla fattispecie
concreta, come nella specie, ma deve,

imprescindibilmente, attenere

al decisum ed essere specificamente riferito al motivo cui accede
contrapponendosi direttamente alla regola di diritto – che si
ritiene erroneamente applicata ed indicando sia pure
sinteticamente il principio di diritto che dovrebbe essere
applicato nella fattispecie.

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contratto preliminare, i ricorrenti hanno dedotto che la Corte

Invero, il quesito di diritto deve essere formulato in modo
tale dà esplicitate una sintesi logico giuridica della
questione, così da consentire al giudice di legittimità di
enunciare una regula iuris suscettibile di applicazione anche
in casi ulteriori, rispetto a quello deciso dalla sentenza

riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti
al giudice di merito(siccome da questi ritenuti per veri,
mancando altrimenti la critica di pertinenza alla ratio
decidendi della sentenza impugnata)

b)

la sintetica

indicazione della regola di diritto applicata da quel
giudice; c) la diversa regola di diritto applicabile che, ad
avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di
specie. Il quesito, quindi, non deve risolversi in una
enunciazione di carattere generico e astratto, priva di
qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua
riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non
consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso
voluto dal ricorrente, non potendosi, altresì, desumere il
quesito stesso dal contenuto del motivo o integrare il primo
con il secondo, pena la sostanziale abrogazione della norma
(Cass. n.6549/2013).
Quanto al secondo motivo, svolto per vizio motivazione,
l’inammissibilità deriva dal rilievo che i ricorrenti non
hanno formulato il necessario momento di sintesi ma hanno
predisposto soltanto un quesito di diritto, peraltro inidoneo

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impugnata. In altri termini esso deve compendiare: a) la

a soddisfare le prescrizioni dell’art.366 bis cpc, non solo
sotto un profilo meramente formale (quesito di diritto in luogo
del prescritto momento di sintesi) ma soprattutto

sotto un

profilo strettamente contenutistico, essendo il quesito
completamente privo dell’indicazione del fatto controverso e

delle ragioni di inadeguatezza della motivazione.
Alla stregua di tutte le pregresse considerazioni, il ricorso

principale deve essere accolto; deve essere invece dichiarato

inammissibile il ricorso incidentale e la sentenza impugnata va

cassata in relazione. Con l’ulteriore conseguenza che, non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve

essere decisa nel merito con esclusione della riduzione di

ufficio della caparra confirmatoria. Le spese seguono la
soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte decidendo sui ricorsi riuniti accoglie il ricorso

principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale
proposto da Di Certo Luigi e Ricci Laura; cassa la sentenza

impugnata in relazione e, decidendo nel merito ai sensi
dell’art. 384 c.p.c., comma l, esclude la riduzione di ufficio
della caparra confirmatoria. Condanna i ricorrenti incidentali
in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità
che liquida in complessivi C 4.200,00 di cui C 4.000,00 per

1/1

compensi, oltre accessori di legge e spese generali, ed C
200,00 per esborsi, oltre il contributo unificato.

Così deciso in Roma in camera di Consiglio in data 9.5.2014

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