Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14773 del 10/07/2020

Cassazione civile sez. I, 10/07/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 10/07/2020), n.14773

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13/2019 proposto da:

A.E., elettivamente domiciliato in Campobasso, alla via

Berlinguer n. 1, presso lo studio dell’avv. V. Iacovino, che lo

rappresenta e difende, per procura speciale in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

07/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/02/2020 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Campobasso ha respinto il ricorso proposto da A.E., cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente il riconoscimento della protezione internazionale sia come rifugiato che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria.

Il ricorrente riferiva di essere stato perseguitato dai membri della confraternita degli (OMISSIS), i quali volevano che lui, in quanto primogenito, prendesse nella setta il posto del padre, il quale era deceduto nel (OMISSIS). Poichè era cristiano non voleva far parte di quella confraternita e così, su consiglio del padre della sua chiesa, si era allontanato dalla Nigeria, temendo per la propria vita.

A sostegno della decisione di rigetto, il tribunale ha messo in luce l’inverosimiglianza della narrativa e la scarsa credibilità soggettiva del ricorrente, ed ha accertato, sulla base di numerose fonti informative attendibili (v. p. 5 del decreto), che la zona di provenienza del ricorrente (Delta State), non rientra fra quelle in cui la presenza di (OMISSIS) ha fatto assurgere il conflitto al livello di guerra civile, come emerge dalle citate fonti, mentre lo stesso ricorrente non ha evidenziato la paura di essere rimpatriato a causa di tali conflitti. Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi (ancorchè il primo sia distinto in tre censure).

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il Collegio dà atto che la motivazione della presente decisione è adottata in forma semplificata.

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione dell’art. 1 “A” della Convenzione di Ginevra sul diritto ad ottenere lo status di rifugiato e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 (in uno con l’art. 10 Cost.), D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, nonchè motivazione omessa e/o insufficiente, ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perchè il Tribunale non ha ritenuto sussistenti i requisiti per il riconoscimento della protezione internazionale, in nessuna delle tre forme, pur in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi per il riconoscimento della predetta protezione; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2, perchè erroneamente il tribunale aveva revocato l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso.

Il primo motivo è inammissibile, perchè non coglie la ratio decidendi del rigetto della richiesta di riconoscimento sia dello status di rifugiato (di cui il tribunale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti) sia della protezione sussidiaria, fondato su un giudizio di non credibilità del richiedente asilo (per come analiticamente indicato alla p. 4 della sentenza), e, inoltre, contiene critiche di puro merito rivolte agli accertamenti di fatto operati dalla Corte d’appello, che sono basati su fonti informative autorevoli.

Il profilo relativo alla protezione umanitaria è infondato, in quanto la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.

Il secondo motivo è inammissibile perchè la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con il provvedimento che definisce il giudizio, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 dello stesso D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con sentenza o comunque con il provvedimento che definisce il giudizio, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 del D.P.R. citato (Cass. 29228/2017, 3028/2018, in fattispecie relative a revoca disposta con la sentenza di appello).

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a pagare all’amministrazione statale le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2020

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