Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1477 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. I, 21/01/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 21/01/2011), n.1477

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15469/2008 proposto da:

O.R. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, V. GIULIA DI COLLOREDO 46-48, presso l’avvocato

DE PAOLA Gabriele, che lo rappresenta e difende, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA DELLE FINANZE, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI

MINISTRI;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

20/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23/11/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRTSTINA GIANCOLA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato GIORGIO ABATI BUSSETTI, con

delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso in riassunzione depositato il 20.12.2005, O. R. adiva la Corte di appello di Roma chiedendo che la Presidenza del Consiglio dei Ministri fosse condannata a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con decreto del 6.11.2006 – 20.04.2007, l’adita Corte di appello, nella contumacia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, respingeva il ricorso.

La Corte osservava e riteneva:

– che l’ O., nato nel (OMISSIS), aveva chiesto l’equa riparazione del danno morale subito per effetto dell’irragionevole durata del processo volto all’accertamento del suo diritto alla pensione di guerra di reversibilità, quale orfano maggiorenne, processo da lui introdotto, dinanzi alla Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, con ricorso depositato il 1.06.1991 e favorevolmente deciso in primo grado con sentenza dell’8.05.2003, la quale, a seguito d’impugnazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, era stata, con sentenza del 13.04.2005, in appello annullata, con rinvio al giudice di primo grado, dinanzi al quale nessuna delle parti aveva riassunto la causa, che, con ordinanza dell’11-13.04.2006, era stata cancellata dal ruolo;

– che la complessiva durata ragionevole dei due gradi del processo presupposto, di media complessità, avrebbe dovuto essere sino al 13.04.2005, di cinque anni (3 + 2), mentre invece si era protratto per quasi quattordici anni, eccedendo di anni 9 il limite di congrua durata;

– che, tuttavia, il contegno tenuto dall’ O., il quale non aveva impugnato la sentenza di primo grado in punto di decorrenza posticipata dell’accordata pensione nè riassunto il processo dopo l’annullamento con rinvio della prima pronuncia, fondato sul mancato accertamento del requisito economico del D.P.R. n. 915 del 1078, ex art. 70, consentiva di escludere che egli potesse avere effettivamente subito un pregiudizio morale.

Avverso questo decreto l’ O. ha proposto ricorso per Cassazione, illustrato da memoria e notificato il 3.06.2008 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso l’ O. denunzia:

1. “Violazione dell’art. 6, 1 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2.

Inammissibilità di giudizi prognostici”, formulando conclusivamente il seguente quesito di diritto “In caso di durata irragionevole del giudizio di primo grado l’esito del giudizio di appello presupposto non può in alcun modo condizionare il riconoscimento del diritto del ricorrente all’equa riparazione, salve le sole ipotesi in cui la parte si sia resa responsabile di lite temeraria ovvero di un vero e proprio abuso del processo” 2. “Difetto di motivazione – Insufficiente abnorme motivazione circa un punto decisivo della vertenza. Travisamento dei fatti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.

Entrambi i motivi sono inammissibili ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis.

Il primo motivo è stato, infatti, corredato da un quesito di diritto generico ed assertivo, non specificamente correlato alla fattispecie concreta ed al decisum (cfr Cass. SU 200826020; 200806420; 200720360;

cass 200904044; 200719892) mentre il secondo non risulta contenere un successivo momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) dei rilievi, che ne circoscriva puntualmente i limiti (cfr. Cass. SS.UU. 200720603; 200811652; 200816528).

Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Non deve farsi luogo a pronuncia sulle spese, atteso l’esito del giudizio ed il mancato svolgimento di attività difensiva da parte delle Amministrazioni intimate.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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