Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14769 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14769 Anno 2014
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

Data pubblicazione: 30/06/2014

SENTENZA
sul ricorso 20418-2008 proposto da:
CIRRI RESCIGNO LUISA CRRLSU29B54D789U, CIRRI
RESCIGNO GIUSEPPE CRRGPP3OLO6D789Z, elettivamente
domiciliati in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo studio
dell’avvocato NICOLAIS LUCIO, rappresentati e difesi dall’avvocato
LANZARA CORRADO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti contro
COMUNE DI FRATTAMAGGIORE 80024820633, in persona del
Sindaco p.t. dott. FRANCESCO RUSSO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DELLA BALDUINA 120/5, presso lo studio

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dell’avvocato AULETTA FERRUCCIO, rappresentato e difeso dagli
avvocati PARISI LUIGI, DAMIANO FRANCESCO giusta procura a
margine del controricorso;

controricorrente

NAPOLI, depositata il 29/05/2007 R.G.N. 4940/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/03/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
comparso a conclusione della trattazione della causa l’Avvocato
COLANTONE LECIS PIERO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per l’inammissibilità o il
rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell’I 1 luglio 2005, il Tribunale di Napoli, sezione
distaccata di Frattamaggiore, decidendo sulla domanda avanzata da
Cirri Rescigno Luisa e da Cirri Rescigno Giuseppe nei confronti del
Comune di Frattamaggiore e volta ad ottenere la declaratoria di
responsabilità del Comune nella produzione dei danni all’immobile
locatogli ad uso scolastico nonché la condanna del detto ente al loro
integrale risarcimento nella misura di euro 132.436,59 e al risarcimento
dei danni derivanti dalla mancata possibilità di locare l’immobile,
rigettava la domanda attrice, condannava Cirri Rescigno Lusa e Cirri
Rescigno Giuseppe al pagamento delle spese, in esse comprese quelle
di ATP.
Avverso tale decisione proponevano gravame Cirri Rescig-no Luisa e
Cirri Rescigno Giuseppe.
All’impugnazione resisteva il Comune di Frattamaggiore.
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avverso la sentenza n. 1727/2007 della CORTE D’APPELLO di

La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 29 maggio 2007,
rigettava il gravame e condannava gli appellanti alle spese di quel grado
di giudizio.
Per la cassazione di tale sentenza Cirri Rescigno Luisa e Cirri Rescigno
Giuseppe hanno proposto ricorso, basato su nove motivi, cui ha

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n.
69 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (29 maggio 2007).
1.1. Questa Corte ha in più occasioni chiarito che nei casi previsti
dall’art. 360, primo comma, nn. 1, 2, 3 e 4, c.p.c. “i quesiti di diritto
imposti dall’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n.
40, art. 6, comma 1, secondo una prospettiva volta a riaffermare la
cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di
soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite
diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo
stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto
applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica
della Corte di Cassazione, il cui rafforzamento è alla base della nuova
normativa secondo N’esplicito intento evidenziato dal legislatore
all’art. 1 della Legge Delega 14.5.2005, n. 80; i quesiti costituiscono,
pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico
e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti,
inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di
legittimità” (v. Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass. 9 maggio
2008, n. 11535; Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., sez.
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resistito con controricorso il Comune di Frattamaggiore.

un., 29 ottobre 2007, n. 22640; Cass., sez. un., 21 giugno 2007, n.
14385).
Pertanto, affermano le Sezioni Unite di questa Corte che,
“travalicando” “la funzione nomofilattica demandata al giudice di
legittimità” “la risoluzione della singola controversia, il legislatore ha

collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del
più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale,
diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la
stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità:
donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si
concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai
criteri informatori della norma. Incontroverso che il quesito di diritto
non possa essere desunto per implicito dalle argomentazioni a
sostegno della censura, ma debba essere esplicitamente formulato,
nell’elaborazione dei canoni di redazione di esso la giurisprudenza di
questa Suprema Corte è, pertanto, ormai chiaramente orientata nel
ritenere che ognuno dei quesiti formulati per ciascun motivo di ricorso
debba consentire l’individuazione tanto del principio di diritto che è
alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, del
principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata
applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una
decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata; id est che il
giudice di legittimità debba poter comprendere, dalla lettura del solo
quesito inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di
diritto asseritatnente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la diversa regola da applicare. Ove tale
articolazione logico-giuridica manchi, il quesito si risolverebbe in
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inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di

un’astratta petizione di principio che, se pure corretta in diritto,
risulterebbe, ciò nonostante, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la
fattispecie concreta, l’errore di diritto imputato al giudice a quo ed il
difforme criterio giuridico di soluzione del punto controverso che si
chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione del

nomofilattica. Il quesito non può, pertanto, consistere in una mera
richiesta d’accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in
ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello
svolgimento dello stesso, ma deve costituire la chiave di lettura delle
ragioni esposte e porre la Corte medesima in condizione di rispondere
ad esso con l’enunciazione d’una regula iuris che sia, in quanto tale,
suscettibile, al contempo, di risolvere il caso in esame e di ricevere
applicazione generale, in casi analoghi a quello deciso” (v., in
motivazione, Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; v. Cass., ord., 24
luglio 2008, n. 20409).
1.2. Nella giurisprudenza di questa Corte é stato, inoltre, precisato che,
secondo l’art. 366 bis c.p.c., anche nel caso previsto dall’art. 360, primo
comma, n. 5, c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a
pena di inammissibilità, la chiara indicazione, sintetica ecl autonoma,
del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma
omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la
decisione, e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi
(omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., sez. un., 1°
ottobre 2007, n. 20603; Cass. 27 ottobre 2011, n. 22453). Con
l’ulteriore precismione che tale requisito non può dirsi rispettato
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principio cui la Corte deve pervenire nell’esercizio della funzione

qualora solo la completa lettura della complessiva illustrazione del
motivo – all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e
non di una indicazione da parte del ricorrente – consenta di
comprendere il contenuto e il significato delle censure (Cass., ord., 18
luglio 2007, n. 16002; Cass. 19 maggio 2011, n. 11019), in quanto la

deflattive del filtro di accesso alla suprema Corte, la quale deve essere
posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito,
quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (v. Cass. 18
novembre 2011, n. 24255).
2. Con il primo motivo, rubricato “L’obbligo di custodia del
conduttore permane sino alla riconsegna effettiva, anche se essa è stata
preceduta da un’offerta informale di riconsegna, rimasta inevasa dal
locatore”, i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 1590, 1207 e
1220 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.,
sostenendo che la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere che
l’invito non formale a riprendersi la consegna dell’immobile facesse
cessare l’obbligo di custodia del debitore e lo esonerasse da
responsabilità per lo stato di conservazione constatato in sede di ATP
e prima dell’esecuzione dell’ordine di riconsegna.
2.1. In relazione al primo motivo di ricorso i ricorrenti formulano il
seguente quesito di diritto: “L’obbligazione di restituzione dell’immobile
locato, posta a carico del conduttore dall’art. 1590 c. c. richiede, per il suo esatto
adempimento, un ‘attività consistente in un’incondizionata restituzione delle chiavi,
ossia in un’effettiva immissione dell’immobile nella sfera di concreta disponibilità del
locatore e, se viene a mancare la cooperazione di quest’ultimo, richiede altresì, ai fini
della liberazione dagli obblighi connessi alla mancata riconsegna, un’offerta fatta a
norma dell’art. 1216 c.c. (intimazione al creditore e consegna dell’immobile al
sequestratario nominato dal giudice)?’
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ratio che sottende la disposizione indicata è associata alle esigenze

2.2. 11 motivo é inammissibile per inidoneità del quesito formulato.
Come più volte affermato da questa Corte e come già sopra
evidenziato, il quesito di diritto non può essere generico e astratto ma
deve compendiare la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto
sottoposti al giudice di merito, la sintetica indicazione della regola di

avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. La
mancanza – come nel caso all’esame – anche di una sola di tali
indicazioni nel quesito di diritto rende inammissibile il motivo cui il
quesito così formulato sia riferito (Cass., ord., 25 settembre 2007, n.
19892 e 17 luglio 2008, n. 19769; Cass. 30 settembre 2008, n. 24339;
Cass. 13 marz9 2013, n. 6286, in motivazione). Né, peraltro, il quesito
può consistere nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza
o meno delle propugnate petizioni di principio o della censura così
come illustrata nello svolgimento del motivo (Cass. 7 marzo 2012, n.
3530), e in un interpello siffatto pure si risolve sostanzialmente il
formulato quesito.
3. Con il secondo motivo. rubricato “1:emissione da parte del Giudice
di 1 grado dell’ordine di rilascio e la sua esecuzione costituiscono
giudicato preclusivo sul punto della mancata equivalenza tra offerta
informale di consegna e consegna”, i ricorrenti censurano la sentenza
impugnata per violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.” e al riguardo pongono il
seguente quesito di diritto: “L’ordine di rilascio di un immobile, emesso anche
irritualmente dal

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