Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14767 del 30/06/2014
Civile Sent. Sez. 3 Num. 14767 Anno 2014
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO
non festivo
SENTENZA
– Proroga al
primo giorno
sul ricorso 1385-2011 proposto da:
non festivo
del termine
MASSA GIUNIO LUIGI MSSGLG45A19C312M, elettivamente
scadente di
sabato –
domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
Applicabilità
– Fondamento
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da
– Modalità
Data pubblicazione: 30/06/2014
se medesimo con studio in 00060 RIANO (RM), VIA DELLA
R.G.N. 1385/2011
MADONNELLA 15 C/0 Avvocato FIORETTI SANDRO;
Cr„. AQ6-1-
– ricorrente –
2014
Rep.
contro
548
Ud. 28/02/2014
CAPARVI
ROBERTO
CPRRRT36E25G720H,
elettivamente
PU
domiciliato in ROMA, FORO TRAIANO 1-A, presso lo
studio
dell’avvocato
COSMELLI
1
GIORGIO,
che
lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BARBIERI
MICHELE giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente
–
avverso la sentenza n. 1090/2010 del TRIBUNALE di
LUCCA, depositata il 10/09/2010 R.G.N. 1074/2006;
udienza del 28/02/2014 dal Consigliere Dott. LUIGI
ALESSANDRO SCARANO;
udito l’Avvocato GIOVANNI VERUSIO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
2
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 10/9/2010, in sede di rinvio disposto da
Cass. n. 4745 del 2005 con la cassazione della decisione Trib.
Lucca 6/10/2000, il Tribunale di Lucca respingeva il gravame
interposto dal sig. Giunio Luigi Massa in relazione alla
( in particolare, per non avere il giudice di I grado
riconosciuto gli interessi dalla corresponsione della somma non
dovuta, nonché la rivalutazione monetaria e per aver compensato
le spese ) della domanda dal medesimo proposta nei confronti del
sig. Roberto Caparvi di condanna alla restituzione di somma al
medesimo versata in eccedenza rispetto all’ammontare
giudizialmente liquidato in suo favore per l’esplicata attività
di CTU.
Avverso la suindicata pronunzia del giudice di rinvio il
Massa propone ora ricorso per cassazione, affidato ad 8 motivi.
Resiste con controricorso il Caparvi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente dichiarata l’inammissibilità della
memoria ex art. 378 c.p.c. prodotta dal ricorrente.
Posto anzitutto in rilievo che il termine di cui all’art.
378 c.p.c. si compone di 5 giorni da intendersi come “non
liberi” [atteso che la sostituzione dell’originario disposto
normativo di cui all’art. 190 c.p.c. ( che prevedeva, per la
–
comunicazione delle comparse conclusionali e delle memorie di
replica, i termini di dieci e cinque giorni “liberi” prima
3
pronunzia G. di P. Viareggio 13/11/1998 di parziale accoglimento
dell’udienza di discussione ) per effetto della novella di cui
all’art. 24 L. n. 353 del 1990 ( che non contiene più menzione
alcuna di termini “liberi” ) ha fatto venir meno il fondamento
normativo della tesi secondo la quale i cinque giorni previsti
dall’art. 378 c.p.c. per il deposito delle memorie in sede di
armonia, appunto, con le abrogate disposizioni concernenti il
deposito di memorie e comparse nel giudizio di merito: cfr.
Cass., 4/11/1997, n. 10797], e cioè computantisi secondo il
criterio generale posto all’art. 155 c.p.c. senza calcolare il
giorno iniziale e considerando viceversa quello finale ( v.
Cass., 23/5/2011, n. 11302; Cass., 23/2/2008, n. 1926 ), va al
riguardo osservato che tale termine è connotato dalla
particolarità di essere a ritroso,
considerandosi cioè il giorno
dell’udienza come momento iniziale del computo
il 5 ° giorno costituendo il momento finale (
(
dies a quo )
ad quem )
(
e
cfr.
Cass., 23/2/1998, n. 1926. V. anche Cass., 7/10/2005, n. 19530).
Al riguardo si è da questa Corte invero in più di
un’occasione affermato che l’art. 155, 4 ° co., c.p.c., diretto a
prorogare al primo giorno non festivo il termine scadente in
giorno festivo ( v. Cass., 29/11/1977, n. 5187 ) e l’art. 155,
5 ° co., c.p.c. ( introdotto dall’art. 2, coma l lettera f, L.
n. 263 del 2005 ) volto a prorogare al primo giorno non festivo
–
il termine che scada nella giornata di sabato ( v. Cass.,
7/5/2008, n. 11163 ) opera con esclusivo riguardo ai termini a
decorrenza successiva e non anche per quelli che si computano a
4
giudizio di legittimità dovessero intendersi come “liberi”, in
ritroso,
con l’assegnazione di un intervallo di tempo minimo
prima del quale deve essere compiuta una determinata attività
(v. Cass., 4/1/2011, n. 182; Cass., 7/5/2008, n. 11163; Cass.,
12/12/2003, n. 19041; Cass., 29/11/1977, n. 5187. E già Cass.,
24/4/1982, n. 2540).
di una abbreviazione dell’intervallo, in pregiudizio delle
esigenze garantite con la previsione del termine medesimo ( v.
Cass., 4/1/2011, n. 182; Cass., 7/5/2008, n. 11163.
E già Cass.,
24/4/1982, n. 2540 ).
Orbene, nel condividersi e ribadirsi siffatta
ratio,
va al
riguardo sottolineato come debba invero più correttamente
affermarsi che le norme di cui all’art. 155, 4 ° e 5 ° co., c.p.c.
trovano in effetti applicazione anche relativamente al termine
come nella specie
a ritroso,
con la particolarità che rispetto
al termine a scadenza successiva la proroga in questione
necessariamente opera in tal caso in modo speculare, in ragione
della relativa modalità di calcolo.
A tale stregua, nei termini a ritroso lo slittamento
contemplato all’art. 155, 4 ° e 5 ° co., c.p.c. va invero inteso
come necessariamente riferito al giorno cronologicamente
precedente non festivo rispetto al giorno festivo o al sabato in
cui cada il 5 ° giorno, costituente il dies ad quem,
computo -come detto- il
dies a quo
dell’udienza.
…
5
escluso dal
costituito dal giorno
Ciò in quanto si produrrebbe altrimenti l’effetto contrario
Orbene, con riferimento all’udienza pubblica del 28/2 il
termine a ritroso ex art. 378 c.p.c. è nel caso scaduto il
precedente venerdì 21/2.
Escluso il dies a quo ( 28/2 ), il 5 ° giorno ( dies ad quem)
cadeva di domenica (23/2), con proroga pertanto ex art. 155, 4 °
(ai sensi dell’art.58, comma 3, L.n.69 del 2009 applicantesi a
tutti i procedimenti, anche se instaurati anteriormente al
1 0 /3/2006) al suindicato venerdì 21/2.
La memoria ex art. 378 c.p.c. dal ricorrente nella specie
depositata in Cancelleria il 24/2 è pertanto tardiva, in quanto
inammissibilmente depositata oltre il termine come sopra
calcolato, con abbreviazione pertanto dell’intervallo
normativamente stabilito e costituente il lasso di tempo minimo
garantito -oltre che al giudice- alla controparte per esaminare
tale atto, con conseguente violazione del relativo diritto di
difesa ex art. 24 Cost. ( cfr. Cass., 4/1/2011, n. 182 ).
Con il 1 ° motivo il ricorrente denunzia «violazione ed
errata interpretazione>> degli artt. 389, 394 c.p.c., 2697 c.c.,
in riferimento all’art. 360, 1 ° co. n. 3, c.p.c.
Si duole che sia stato dal giudice dell’appello erroneamente
disposta la restituzione ( anche ) della <
contestazione>>, laddove essa <
Lamenta che <
Si duole essere stata dal giudice dell’appello erroneamente
posta interamente a suo carico l’imposta di registro, e che
avendo <
restituito a controparte euro 139,92, <
Con il 2 ° , il 5 0 e il 7 ° motivo il ricorrente denunzia
<
motivazione su punti decisivi della controversia, in riferimento
all’art. 360, l ° co. n. 5, c.p.c.
Si duole che nell’impugnata sentenza si dia «per scontato
che il Caparvi abbia restituito tale importo>> laddove <
Lamenta che <
7
Ancora,
che la
via principale non era affatto tenuto a contestare gli importi
«motivazione
in
relazione
alla
mancata
contestazione
rappresenta un punto di riferimento incoerente e insufficiente
con la indicazione di tale principio>>.
Si duole della <
Lamenta che, pur avendo dato <
<
Con il 3 ° e il 4 ° motivo il ricorrente denunzia <
riferimento all’art. 360, 1 0 co. n. 3, c.p.c.
Lamenta non essersi dal giudice del rinvio tenuto conto che
l’<
<
8
primi due gradi di giudizio e invece non compensate per il
nemmeno del comportamento di controparte, sempre oppostosi
<
Con il 6 ° motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art.
112 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1 ° co. n. 4, c.p.c.
Si duole che <
Con 1’8 ° motivo il ricorrente denunzia violazione del D.M.
18/5/2004 n. 85, in riferimento all’art. 360, l ° co. n. 3,
c.p.c.
Si duole della liquidazione delle spese operata dal giudice
dell’appello con erronea determinazione dello scaglione di
valore della causa, ed erronea quantificazione degli importi
dovuti per diritti e onorari.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto
connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
Va anzitutto osservato che come questa Corte ha già avuto
modo di affermare il ricorso per cassazione richiede per ogni
motivo di ricorso, l’indicazione della rubrica nonché la
puntuale indicazione delle ragioni -tra quelle espressamente
previste dall’art. 360 c.p.c.- per cui è proposto. Per altro
verso esige l’illustrazione contenente l’esposizione degli
argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la
sentenza impugnata, e l’analitica precisazione delle
considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente
9
riassunzione, alla esecuzione, la domanda del Caparvi avrebbe
indicato nella rubrica,
giustificano la cassazione della
sentenza ( v. in particolare Cass., 19/8/2009, n. 18421 ).
Risponde altresì a massima consolidata nella giurisprudenza
di legittimità che i motivi posti a fondamento dell’invocata
cassazione della decisione impugnata debbano avere i caratteri
decisione stessa, con – fra l’altro – l’esposizione di
argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione
delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto,
essendo inammissibile il motivo nel quale non venga precisato in
qual modo e sotto quale profilo (se per contrasto con la norma
indicata, o con l’interpretazione della stessa
fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente
dottrina) abbia avuto luogo la violazione nella quale si assume
essere incorsa la pronuncia di merito ( cfr., da ultimo, Cass.,
2/4/2014, n. 7692 ).
Sebbene l’esposizione sommaria dei fatti di causa non deve
necessariamente costituire una premessa a sé stante ed autonoma
rispetto ai motivi di impugnazione, è tuttavia indispensabile,
per soddisfare la prescrizione di cui all’art. 366, 1 ° co. n. 4,
c.p.c., che il ricorso, almeno nella parte destinata alla
esposizione dei motivi, offra, sia pure in modo sommario, una
cognizione sufficientemente chiara e completa dei fatti che
hanno originato la controversia, nonché delle vicende del
processo e della posizione dei soggetti che vi hanno
partecipato, in modo che tali elementi possano essere conosciuti
10
della specificità, della completezza, e della riferibilità alla
soltanto mediante il ricorso, senza necessità di attingere ad
altre fonti, ivi compresi i propri scritti difensivi del
giudizio di merito, la sentenza impugnata (v. Cass., 23/7/2004,
n. 13830; Cass., 17/4/2000, n. 4937; Cass., 22/5/1999, n. 4998).
E cioè indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia
processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la
portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice
a quo
( v. Cass., 4/6/1999, n. 5492 ).
Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, va invero
ribadito che esso si configura solamente quando dall’esame del
ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla
sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di
punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o
rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le
argomentazioni adottate, tale da non consentire
l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base
della decisione (in particolare cfr. Cass., 25/2/2004, n. 3803).
Tale vizio non consiste pertanto nella difformità
dell’apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte
rispetto a quello operato dal giudice di merito ( v. Cass.,
14/3/2006, n. 5443; Cass., 20/10/2005, n. 20322 ).
La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza
impugnata con ricorso per cassazione conferisce infatti al
giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il
merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio,
11
possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e
bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della
correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via
esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne
complessive risultanze del processo, quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse
sottesi, di dare ( salvo i casi tassativamente previsti dalla
legge ) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova
acquisiti ( v. Cass., 7/3/2006, n. 4842;. Cass., 27/4/2005, n.
8718 ).
Il vizio di motivazione non può essere invero utilizzato per
far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti
operata dal giudice del merito al diverso convincimento
soggettivo della parte, non valendo esso a proporre in
particolare un pretesamente migliore e più appagante
coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali
aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità
di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei
fatti attengono al libero convincimento del giudice (v. Cass.,
9/5/2003, n. 7058).
Secondo risalente orientamento di questa Corte, al giudice
di merito non può imputarsi di avere omesso l’esplicita
confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata
disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi,
12
l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le
giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa
l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto
convincimento come nella specie risulti da un esame logico e
coerente, non di tutte le prospettazioni delle parti e le
emergenze istruttorie, bensì di quelle ritenute di per sé sole
In altri termini, non si richiede al giudice del merito di
dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove
prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli,
ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata
decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a
suffragarla, ovvero la carenza di esse ( v. Cass., 9/3/2011, n.
5586 ).
Il motivo di ricorso per cassazione viene altrimenti a
risolversi in un’inammissibile istanza di revisione delle
valutazioni e dei convincimenti del giudice del merito,
id est
di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura ed alle
finalità del giudizio di legittimità.
Orbene, i suindicati principi risultano invero non osservati
dall’odierno ricorrente.
Va anzitutto posto in rilievo come i motivi risultino
formulati in violazione del requisito richiesto ex art. 366, 1 °
co. n. 6, c.p.c., atteso che i ricorrenti fanno richiamo ad atti
e documenti del giudizio di merito [ ad es., all’<
<
all’
6.10.2000>>, all’<
controparte degli <
conclusive>>, alla <
debitamente -per la parte d’interesse in questa sede- riprodurli
nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali
indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con
riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo
inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di
Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da
14
<
dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito
agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi
dalle sue aspettative ( v
Cass., 20/10/2005, n. 20322 ), e
nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto
probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di
Per tale via, infatti, come sì è sopra osservato, lungi dal
censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati
nell’art. 360 c.p.c., il ricorrente in realtà sollecita,
contra
ius e cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio
di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il
fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di
legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale
possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di
Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del
merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei
medesimi ( cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443 ).
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il
rigetto del ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in
complessivi euro 1.200,00, di cui euro 1.000,00 per onorari,
oltre ad accessori come per legge.
19
merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).
Roma, 28/2/2014