Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14767 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/07/2011, (ud. 07/06/2011, dep. 05/07/2011), n.14767

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.R.A. (OMISSIS), titolare della ditta “La

Scaletta”, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 110,

presso lo studio dell’avvocato MACHETTA MARCO, rappresentata e difesa

dall’avvocato FARACE CARMINE, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 46/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di MILANO del 23/05/08, depositata il 24/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIETRO GAETA.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.. è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo;

letti gli atti depositati:

Osserva:

La CTR di Milano ha dichiarato inammissibile l’appello di S. R.A., – appello proposto contro la sentenza n. 112/05/2006 della CTP di Varese che aveva respinto il ricorso della medesima contribuente- ed ha così confermato l’avviso di accertamento afferente l’anno d’imposta 1999.

La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che il ricorso non sia stato sottoscritto dal difensore e che la procura rilasciata al difensore medesimo non potesse essere sicuramente riferita al predetto atto processuale; inoltre perchè non conteneva motivi di censura avverso la decisione di primo grado.

La contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.

L’Agenzia si è costituita con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, con unico motivo di impugnazione improntato al vizio di violazione di legge processuale (rubricato come: “Nullità della sentenza ovvero del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4 – per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, comma 3 e 5 e art. 18, commi 3 e 4 “, assistito da quesito ex art. 366 bis c.p.c.) la parte ricorrente si duole della ratio decidendi che è sostanziata dal rilievo del difetto di sottoscrizione dell’atto di appello. Nulla però la parte ricorrente prospetta e censura a proposito della diversa ed autonoma ratio decidendi secondo cui l’atto di appello non contiene censure nei confronti della decisione di primo grado.

Questa Corte però ha avuto più volte modo di chiarire (per tutte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24540 del 20/11/2009) che “Nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra di loro distinte e tutte autonomamente sufficienti a sorreggerla sul piano logico-giuridico, è necessario, affinchè si giunga alla cassazione della pronuncia, che il ricorso si rivolga contro ciascuna di queste, in quanto, in caso contrario, le ragioni non censurate sortirebbero l’effetto di mantenere ferma la decisione basata su di esse.”.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per mani festa fondatezza.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato per inammissibilità (così correggendosi il refuso contenuto nella relazione, ove si parla di “manifesta fondatezza”), che le spese di lite posso essere regolate secondo il criterio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di questo grado, liquidate in Euro 1.200,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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