Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14766 del 30/06/2014
Civile Sent. Sez. 3 Num. 14766 Anno 2014
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO
PU
SENTENZA
sul ricorso 27348-2010 proposto da:
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE l AVEZZANO SULMONA
L’AQUILA 01792410662, in persona del Dott. GIANCARLO
SILVERI, elettivamente domiciliata in ROMA,
V.CICERONE
BERNARDINI
2014
538
49,
presso
SVEVA,
lo
studio
rappresentata
dell’avvocato
e
difesa
dall’ a vvocato VENTA ERNESTO FAUSTO giusta procura in
calce al ricorso;
– ricorrente contro
ANGELINI SILVANO NGLSVN69T30A345H, ANGELINI ROBERTO
1
Data pubblicazione: 30/06/2014
NGLRRT74C08A345N, ANGELINI MARCO NGLMRC75A22A345C;
– intimati –
Nonché da:
ANGELINI SILVANO NGLSVN69T30A345H, ANGELINI MARCO
NGLMRC75A22A345C, ANGELINI ROBERTO NGLRRT74C08A345N,
originali del giudizio MARZIALE ANGELA MARIA DOMENICA
e ANGELINI ALFIO, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA SISTINA 121, presso lo studio dell’avvocato
BONOTTO MARCELLO, rappresentati e difesi dagli
avvocati SISTA CLAUDIA, PRIMERANO GIULIO CESARE
giusta procura a margine del ricorso incidentale;
– ricorrenti incidentali contro
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE l AVEZZANO SULMONA
L’AQUILA 01792410662, in persona del Dott. GIANCARLO
SILVERI, Direttore Generale e legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, V.CICERONE 49,
presso lo studio dell’avvocato BERNARDINI SVEVA,
rappresentata e difesa dagli avvocati VENTA
VALENTINO, VENTA ERNESTO FAUSTO giusta procura in
calce al controricorso incidentale;
– controricorrente all’incidentale –
avverso la sentenza n. 2359/2010 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 31/05/2010 R.G.N.
192/2006;
2
il primo in proprio e tutti quali eredi delle parti
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/02/2014 dal Consigliere Dott. LUIGI
ALESSANDRO SCARANO;
udito l’Avvocato ERNESTO FAUSTO VENTA;
udito l’Avvocato GIULIO CESARE PRIMERANO;
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
3
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza non definitiva del 3/3/2008, in sede di
rinvio disposto da Cass. n. 7997 del 2005 con la cassazione
della decisione App. L’Aquila 8/3/2001, la Corte d’Appello di
Roma, in accoglimento del gravame interposto dai sigg. Alfio
Trib. L’Aquila n. 466/96, ha parzialmente accolto la domanda
da questi ultimi originariamente proposta nei confronti della
Usi n. 6 L’Aquila di risarcimento dei danni a diverso titolo
sofferti in conseguenza delle gravi lesioni personali subite
dallo Stefano Angelini che 1’11/12/1985, durante il ricovero
in regime di
night hospital
presso la Divisione di
Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale S. Maria di
Collemaggio di L’Aquila, riportava la lesione midollare con
tetraparesi all’esito di caduta determinata da improvvisa
crisi epilettica. E ha quindi disposto per la prosecuzione
della causa ai fini della determinazione del
quantum dovuto,
successivamente determinato da App. Roma 31/5/2010.
Avverso quest’ultima pronunzia della corte di merito la
Ausl n. l Avezzano Sulmona L’Aquila propone ora ricorso per
cassazione, affidato ad unico motivo.
Resistono con controricorso sigg. Silvano ed Alfio
Angelini, in proprio e quali eredi della defunta Angela Maria
Domenica Marziale, che spiegano altresì ricorso incidentale
sulla base di 3 motivi, illustrati da memoria, cui resiste con
controricorso la Ausl n. 1 Avezzano Sulmona L’Aquila.
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Angelini ed altri e in conseguente riforma della pronunzia
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo la ricorrente in via principale denunzia
violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., in
riferimento all’art. 360, 1 0 co. n. 3, c.p.c.
Si duole che nel disporre <
stabilire la percentuale dell’invalidità permanente, generica
e specifica, residuata ad Angelini Silvano in conseguenza
della riportata lesione midollare, tenuto conto dei precedenti
morbosi dai quali lo stesso era affetto>> e non anche <
particolare in ordine ad <
relativamente alla verifica della <<"rilevanza probabilistica"
al ruolo peggiorativo che il trasporto del paziente può aver
avuto nel decorso della malattia>>.
Con il 1 0 motivo i ricorrenti in via incidentale
denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 112
c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1 0 co. n. 3, c.p.c.
Si dolgono che a corte di merito abbia determinato il
quantum risarcibile alla stregua della erronea -in base alle
emergenze della disposta CTU- riduzione al 75% della
percentuale di invalidità permanente, laddove nel giudizio di
rinvio <
Con il 2 ° motivo i ricorrenti in via incidentale
denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e
Con il 2 ° motivo i ricorrenti denunziano <
decisivi della controversia, in riferimento all’art. 360, l °
co. n. 5, c.p.c.
Si dolgono che la corte di merito abbia ritenuto
l’insussistenza di elementi deponenti per la <
Lamentano che la «motivazione della sentenza appare,
oltre che carente, davvero contraddittoria, in quanto da un
lato la Corte sembra ritenere necessario, ai fini
dell’assolvimento dell’onere probatorio e del conseguente
riconoscimento del danno, la produzione da parte attrice di
allegazioni che comprovino il titolo di studio e la formazione
professionale del danneggiato al momento del fatto (produzione
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2729 c.c., in riferimento all’art. 360, l ° co. n. 3, c.p.c.
che, effettivamente, non vi è stata a cura della parte),
dall’altro però non ritiene sufficiente che tale produzione le
sia provenuta, comunque, non dalla parte interessata, ma
addirittura direttamente dal proprio consulente !>>.
I
motivi
di
i
entrambi
ricorsi,
che
possono
inammissibili e in parte infondati.
Va anzitutto osservato che come questa Corte ha già avuto
modo di affermare, il ricorso per cassazione richiede, per
ogni motivo di ricorso, l’indicazione della rubrica e la
puntuale indicazione delle ragioni per cui il motivo medesimo
-tra quelli espressamente previsti dall’art. 360 c.p.c.- è
proposto.
Per altro verso esige l’illustrazione del singolo motivo,
contenente l’esposizione degli argomenti invocati a sostegno
della decisione assunta con la sentenza impugnata, e
l’analitica precisazione delle considerazioni che, in
relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica,
giustificano la cassazione della sentenza ( cfr. in
particolare Cass., 19/8/2009, n. 18421 ).
Risponde
altresì
massima
a
consolidata
nella
giurisprudenza di legittimità che i motivi posti a fondamento
dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono
avere i caratteri della specificità, della completezza, e
della riferibilità alla decisione stessa, con – fra l’altro l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad
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congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte
illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di
diritto, essendo inammissibile il motivo nel quale non venga
precisato in qual modo e sotto quale profilo (se per contrasto
con la norma indicata, o con l’interpretazione della stessa
fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente
assume essere incorsa la pronuncia di merito ( cfr., da
ultimo, Cass., 2/4/2014, n. 7692 ).
Sebbene l’esposizione sommaria dei fatti di causa non
deve necessariamente costituire una premessa a sé stante ed
autonoma rispetto ai motivi di impugnazione, è tuttavia
indispensabile, per soddisfare la prescrizione di cui all’art.
366, l ° co. n. 4, c.p.c., che il ricorso, almeno nella parte
destinata alla esposizione dei motivi, offra, sia pure in modo
sommario, una cognizione sufficientemente chiara e completa H
dei fatti che hanno originato la controversia, nonché delle
vicende del processo e della posizione dei soggetti che vi
hanno partecipato, in modo che tali elementi possano essere
conosciuti soltanto mediante il ricorso, senza necessità di
attingere ad altre fonti, ivi compresi i propri scritti
difensivi del giudizio di merito, la sentenza impugnata ( v.
Cass., 23/7/2004, n. 13830; Cass., 17/4/2000, n. 4937; Cass.,
22/5/1999, n. 4998 ).
È cioè indispensabile che dal solo contesto del ricorso
sia possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale
e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e
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dottrina) abbia avuto luogo la violazione nella quale si
la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice
a
quo ( v. Cass., 4/6/1999, n. 5492 ).
Quanto al pure denunziato ( dai ricorrenti in via
incidentale ) vizio di motivazione, va invero ribadito che
questo si configura solamente quando dall’esame del
dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente
esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle
parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto
tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire
l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a
base della decisione ( in particolare cfr. Cass., 25/2/2004,
n. 3803 ).
Tale vizio non consiste pertanto nella difformità
dell’apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte
rispetto a quello operato dal giudice di merito ( v. Cass.,
14/3/2006, n. 5443; Cass., 20/10/2005, n. 20322 ).
La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza
impugnata con ricorso per cassazione conferisce infatti al
giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il
merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo
vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo
della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale,
delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via
esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del
proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di
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ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta
controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere,
tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad
esse sottesi, di dare ( salvo i casi tassativamente previsti
dalla legge ) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di
27/4/2005, n. 8718 ).
Il vizio di motivazione non può essere invero utilizzato
per far valere la non rispondenza della ricostruzione dei
fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento
soggettivo della parte, non valendo esso a proporre in
particolare un pretesamente migliore e più appagante
coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali
aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità
di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento
dei fatti attengono al libero convincimento del giudice (v.
Cass., 9/5/2003, n. 7058).
Secondo risalente orientamento di questa Corte, al
giudice di merito non può imputarsi di avere omesso
l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la
particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non
ritenuti significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono
richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione
che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un
esame logico e coerente, non di tutte le prospettazioni delle
10
prova acquisiti ( v. Cass., 7/3/2006, n. 4842;. Cass.,
parti e le emergenze istruttorie, bensì di quelle ritenute di
per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo.
In altri termini, non si richiede al giudice del merito
di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove
o
prospettategli,
adeguata
comunque
ma
di
dell’adottata
e
acquisite
fornire
una
decisione,
di
tutte
motivazione
evidenziando
le
tesi
logica
le
ed
prove
ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza
di esse ( v. Cass., 9/3/2011, n. 5586 ).
Il motivo di ricorso per cassazione viene altrimenti a
risolversi in un’inammissibile istanza di revisione delle
valutazioni e dei convincimenti del giudice del merito, id est
di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura ed alle
finalità del giudizio di legittimità.
Orbene, i suindicati principi risultano invero non
osservati dagli odierni ricorrenti.
Va anzitutto posto in rilievo come i motivi risultino
formulati in violazione del requisito richiesto ex art. 366,
1 0 co. n. 6, c.p.c., atteso che i ricorrenti fanno richiamo ad
atti e documenti del giudizio di merito E ad es., alla
<
deposizione dei <
Fiori>> la ricorrente in via principale; alle <
ammesse nel giudizio di primo grado ( in atti )>> i ricorrenti
11
prodotte
in via incidentale ], limitandosi a meramente richiamarli,
senza invero debitamente -per la parte d’interesse in questa
sede- riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza
fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa
individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento
presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile
l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con
precisazione ( anche ) dell’esatta collocazione nel fascicolo
d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o
prodotto in sede di giudizio di legittimità (v. Cass.,
23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass.,
25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n.
19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni
rendendo il ricorso inammissibile ( cfr. Cass., 19/9/2011, n.
19069; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628;
Cass., 12/12/2008, n. 29279. E da ultimo, Cass., 3/11/2011, n.
22726; Cass., 6/11/2012, n. 19157 ).
A tale stregua i ricorrenti non pongono questa Corte
nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale
di verificare il relativo fondamento ( v. Cass., 18/4/2006, n.
8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659;
Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass.,
28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777 ) sulla base
delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune
non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo
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del processo inerente alla documentazione, come pervenuta
la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di
merito ( v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n.
12444; Cass., 1 ° /2/1995, n. 1161 ).
Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel casoapodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo la
orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritengono
di censurare la pronunzia impugnata ( v. Cass., 21/8/1997, n.
7851 ).
Con particolare riferimento al motivo del ricorso
principale, deve porsi altresì in rilievo come sia ivi
sostanzialmente lamentato l’asseritamente erroneo
apprezzamento delle risultanze probatorie fatto dai giudici di
merito, e in particolare delle emergenze dalle CTU, senza che
venga all’uopo invero denunziata la violazione degli artt. 115
e 116 c.p.c., e senza che risultino allegati i rilievi
sollevati anche in ordine alla formulazione dei quesiti
sottoposti al CTU, e le critiche mosse alla relazione del
medesimo già dinanzi al giudice a quo
e la loro rilevanza ai
fini della decisione, mentre la semplice disamina, come nella
specie corredata da mere notazioni critiche, dei vari passaggi
dell’elaborato peritale richiamato in sentenza si risolve
nella mera prospettazione da parte della ricorrente di un
sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità
(cfr. Cass., 16/10/2013, n. 23530; Cass. 4/5/2009, n. 10222;
Cass., 3/8/1999, n. 8383).
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ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di
Emerge dunque evidente come, lungi dal denunziare vizi
della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le
deduzioni degli odierni ricorrenti -oltre a risultare
formulate secondo un modello difforme da quello delineato
all’art. 366, n. 4, c.p.c.- in realtà si risolvono nella mera
giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un
significato difformi dalle loro rispettive aspettative ( v.
Cass., 20/10/2005, n. 20322 ), e nell’inammissibile pretesa di
una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso
operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n.
8932).
Per tale via, infatti, come sì è sopra osservato, lungi
dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi
indicati nell’art. 360 c.p.c., essi in realtà sollecitano,
contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali del
giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in
contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui
il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di
terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei
giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già
considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un
diverso apprezzamento dei medesimi ( cfr. Cass., 14/3/2006, n.
5443 ).
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il
rigetto dei ricorsi.
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doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del
Attesa la reciproca soccombenza,
va disposta la
compensazione tra le parti delle spese del giudizio di
cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa tra le
Roma, 28/2/2014
parti le spese del giudizio di cassazione.