Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14765 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14765 Anno 2014
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO

giuridica

SENTENZA

tutelata di
aspettativa

sul ricorso 28415-2010 proposto da:
BUCCI EMANUELA BCCMNL52H5OH2221,

dell’aggiudicatario

BROGLI BICE
Configurabilità

BRGBCI35D691726E, GIUSTI PRIMO GSTPRM48C18H222N,
Responsabilità
ex art. 2043

GIUSTI TAMARA GSTTMR52H65H222P, GIUSTI MOSE’,

c.c. –

2014
369

domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

Configurabilità

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

R.G.N. 28415/2010

dall’avvocato PETTINI ANDREA giusta mandato a

Cron.

margine;

Rep.

(4`(
Q/A.

– ricorrenti – Ud. 12/02/2014
contro

PU

AN.

1

Data pubblicazione: 30/06/2014

ROSSI

PAOLO

RSSPLA63H21D583V,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TACITO N.41 SCALA A
INTERNO 6, presso lo studio dell’avvocato FRANCO
MORETTI, rappresentato e difeso dall’avvocato
QUAGLIERINI CORRADO giusta procura speciale in

– controricorrente nonchè contro

SABELLI RAIMONDO, GELSOMINO MARIA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1376/2009 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 20/10/2009,
R.G.N. 2884/2004;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 12/02/2014 dal Consigliere
Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito l’Avvocato CORRADO QUAGLIERINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto;

calce;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 20/10/2009 la Corte d’Appello di Firenze,
in accoglimento del gravame interposto dal sig. Paolo Rossi e in
conseguente riforma della pronunzia Trib. Firenze n. 161/04,
condannava i sigg. Bice Brogli ed altri al pagamento di somma in

subito in conseguenza del taglio di alberi di pioppo insistenti
su terreno facente parte del complesso immobiliare “Rio di Luco
Il”, effettuato dal sig. Giustino Giusti in accordo con i
proprietari nel febbraio 1998, successivamente
all’aggiudicazione avvenuta ai pubblici incanti del 7/6/1997,
nel corso di procedimento esecutivo immobiliare promosso contro
i sigg. Raimondo Sabella e Maria Concetta Gelsomino con
pignoramento trascritto nel 1991, e al decreto di trasferimento
del 4/3/1998 emesso in favore del Rossi.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i
sigg. Bice Brogli ed altri propongono ora ricorso per
cassazione, affidato a 6 motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il sig. Paolo Rossi.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 0 motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa
applicazione degli artt. 2919, 2912, 2913 c.c., 586 c.p.c., in
relazione all’art. 360, 1 ° co. n. 3, c.p.c.
Si dolgono dell’erroneità della decisone della corte di
merito, essendo incontestato che il taglio della pioppeta è

3

favore del primo a titolo di risarcimento del danno dal medesimo

avvenuto anteriormente al decreto di trasferimento del bene,
quando il Rossi non era ancora proprietario, sicché il medesimo
ha acquistato il bene nello stato di fatto e di diritto in cui
esso si trovava al momento dell’acquisto, e cioè privo degli
alberi.

dell’art. 2913 c.c., in relazione all’art. 360, l ° co. n. 3,
c.p.c.
Con il 3 ° motivo denunziano violazione e falsa applicazione
dell’art. 1472 c.c., in relazione all’art. 360, l ° co. n. 3,
c.p.c.
Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente confuso
«la figura del creditore pignorante ( Banca Toscana ) con
quella dell’aggiudicatario ( sig. Rossi )>>, laddove <>.
Con il 4 ° motivo i ricorrenti denunziano <> su punto decisivo della controversia, in
riferimento all’art. 360, l ° co. n. 5, c.p.c.
Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente fondato
– la propria decisione <>, laddove <>.
Con il 5 ° motivo i ricorrenti denunziano <> su punto decisivo della controversia, in

Si dolgono che la corte di merito non abbia considerato che
«la pioppeta con il taglio del legname non è andata persa.
Infatti non vi è stato alcun decremento di valore dell’immobile
a seguito del taglio del legname>>.
Con il 6 ° motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa
applicazione degli artt. 91, 92 c.p.c., in relazione all’art.
360, 1 ° co. n. 3, c.p.c.
Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente
condannato <>.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto
connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
Va anzitutto osservato che, come questa Corte ha già avuto
modo di affermare, il ricorso per cassazione richiede, per ogni
..

motivo di ricorso, l’indicazione della rubrica e la puntuale

5

riferimento all’art. 360, 1 ° co. n. 5, c.p.c.

indicazione delle ragioni per cui il motivo medesimo -tra quelli
espressamente previsti dall’art. 360 c.p.c.- è proposto. Esige
altresì l’illustrazione del singolo motivo, con l’esposizione
degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta
nella sentenza impugnata, e l’analitica precisazione delle

indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della
sentenza ( cfr., in particolare, Cass., 19/8/2009, n. 18421 ).
Risponde altresì a massima consolidata nella giurisprudenza
di legittimità che i motivi posti a fondamento dell’invocata
cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri
della specificità, della completezza, e della riferibilità alla
decisione stessa, con -fra l’altro- l’esposizione di
argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione
delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, essendo
inammissibile il motivo nel quale non venga precisato in qual
modo e sotto quale profilo (se per contrasto con la norma
indicata, o con l’interpretazione della stessa fornita dalla
giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina) abbia
avuto luogo la violazione nella quale si assume essere incorsa
la pronuncia di merito ( cfr., da ultimo, Cass., 2/4/2014, n.
7692 ).
Sebbene l’esposizione sommaria dei fatti di causa non deve
necessariamente costituire una premessa a sé stante ed autonoma
rispetto ai motivi di impugnazione, è tuttavia indispensabile,
per soddisfare la prescrizione di cui all’art. 366, 1 0 co. n. 4,

6

considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente

c.p.c., che il ricorso, almeno nella parte destinata alla
esposizione dei motivi, offra, sia pure in modo sommario, una
cognizione sufficientemente chiara e completa dei fatti che
hanno originato la controversia, nonché delle vicende del
processo e della posizione dei soggetti che vi hanno

soltanto mediante il ricorso, senza necessità di attingere ad
altre fonti, ivi compresi i propri scritti difensivi del
giudizio di merito, la sentenza impugnata (v. Cass., 23/7/2004,
n. 13830; Cass., 17/4/2000, n. 4937; Cass., 22/5/1999, n. 4998).
È cioè indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia
possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e
processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la
portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo
( v. Cass., 4/6/1999, n. 5492 ).
Quanto al vizio di motivazione ex artt. 360, l ° co. n. 5,
c.p.c., esso si configura solamente quando dall’esame del
ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla
sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di
punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o
rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le
argomentazioni adottate, tale da non consentire
l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base
della decisione (in particolare cfr. Cass., 25/2/2004, n. 3803).
Tale vizio non consiste pertanto nella difformità
dell’apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte

7

partecipato, in modo che tali elementi possano essere conosciuti

rispetto a quello operato dal giudice di merito ( v. Cass.,
14/3/2006, n. 5443; Cass., 20/10/2005, n. 20322 ).
La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza
impugnata con ricorso per cassazione conferisce infatti al
giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il

bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della
correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via
esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le
complessive risultanze del processo, quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse
sottesi, di dare ( salvo i casi tassativamente previsti dalla

4/
,

legge ) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova
acquisiti ( v. Cass., 7/3/2006, n. 4842;. Cass., 27/4/2005, n.
8718 ).
Orbene, i suindicati principi risultano invero non osservati
dagli odierni ricorrenti.
Va anzitutto posto in rilievo come i motivi risultino
formulati in violazione del requisito richiesto ex art. 366, 1 0
co. n. 6, c.p.c., atteso che i ricorrenti fanno richiamo ad atti
e documenti del giudizio di merito [ es., all’«atto di
citazione>>, al «decreto di trasferimento del 4/3/1998>>,
all’«aggiudicazione avvenuta all’asta pubblica del 7/6/1997>>,

8

merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio,

all’atto di costituzione del Giusti, alla <>, alla CTU, alla sentenza del
giudice di prime cure, all’atto di appello, alla <>, alle <>, al

frutti», all’accertamento <>, alle <> 1, limitandosi
a meramente richiamarli, senza invero debitamente -per la parte
d’interesse in questa sede- riprodurli nel ricorso ovvero,
laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni
necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento
alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla
documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al
fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass.,
16/3/2012, n. 4220), con precisazione

(

anche ) dell’esatta

collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte,
rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di
legittimità ( v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n.
15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass.,
6/11/2012, n. 19157 ), la mancanza anche di una sola di tali
indicazioni rendendo il ricorso inammissibile ( cfr. Cass.,
19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass.,
3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279. E da ultimo,
Cass., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 6/11/2012, n. 19157 ).

9

«pignoramento immobiliare>>, alla <>

e conservazione del bene oggetto di aggiudicazione è in
relazione alla medesima tenuto, in virtù degli obblighi di
diligenza e buona fede, su di lui incombenti, ad assicurare la
piena corrispondenza tra la cosa sulla quale è caduta la
manifestazione di volontà dell’aggiudicatario e quella venduta
( v. Cass., 17/2/1995, n. 1730 ), nonché a tutela
dell’aspettativa dell’aggiudicatario, quale posizione giuridica
strumentale, attualmente tutelata, distinta da quella finale di
proprietà.
A tali obblighi è invero senz’altro tenuto il proprietario
esecutato.
All’obbligo di buona fede o correttezza è tenuto peraltro
anche il terzo, giacché l’obbligo di buona fede oggettiva o
correttezza, quale generale principio di solidarietà sociale,
trova applicazione anche in tema di responsabilità
extracontrattuale, il soggetto essendo pertanto tenuto a
mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento
leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso
nonché volto alla salvaguardia dell’utilità altrui -nei limiti
dell’apprezzabile sacrificio-, dalla cui violazione conseguono

14

v. Cass., 20/5/1993, n. 5751 ), il soggetto tenuto alla custodia

profili di responsabilità ( cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651;
Cass., 27/10/2006, n. 23273; Cass., 15/2/2007, n. 3462; Cass.,
13/4/2007, n. 8826; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass.,
30/10/2007, n. 22860; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056;
Cass., 27/04/2011, n. 9404 ).

danneggiamento della cosa venduta successivo all’aggiudicazione,
ma anteriore all’emissione del decreto di trasferimento, il
debitore è invero tenuto al risarcimento del danno subito dal
creditore in conseguenza dell’inadempimento, se non prova che
esso è stato determinato da impossibilità della prestazione
derivante da causa a lui non imputabile ( cfr. Cass., 17/2/1995,
n. 1730 ).
A prescindere dalla responsabilità del proprietario, o del
diverso soggetto tenuto alla custodia e conservazione del bene
oggetto di aggiudicazione, del danno cagionato alla cosa altrui,
ivi compresa quella sulla quale l’aggiudicatario abbia
conseguito una posizione giuridica di vantaggio strumentale al
conseguimento di quella finale, come nella specie consistente
nell’aspettativa in pendenza del verificarsi della
iuris

condicio

del versamento del prezzo, della relativa violazione in

ragione di fatti integranti le suindicate ipotesi risponde in
realtà ex art. 2043 c.c. anche il terzo danneggiante.
Orbene, come indicato dalla corte di merito nell’impugnata
sentenza, nel corso del procedimento esecutivo immobiliare
promosso contro i sigg. Raimondo Sabella e Maria Concetta

15

Ne consegue che in caso di perdita o come nella specie di

Gelsomino con pignoramento trascritto nel 1991, il sig. Paolo
Rossi si è nel caso reso aggiudicatario provvisorio del
complesso immobiliare “Rio di Luco II” all’udienza del 7/6/1997,
divenendone proprietario all’esito del decreto di trasferimento
emesso in data 4/3/1998.

del 1998, e pertanto posteriormente all’aggiudicazione ma
anteriormente all’emissione del suddetto decreto, il sig.
Giustino Giusti (in accordo con i proprietari) ha effettuato il
taglio di alberi di pioppo insistenti su terreno facente parte
del detto complesso immobiliare “Rio di Luco II”, dopo aver
escluso che possa vantare pretesa alcuna in pregiudizio della
procedura esecutiva e conseguentemente a quest’ultimo opponibile
( non risultando per altro verso nella specie invero posta
all’attenzione di questa Corte la questione in ordine alla
responsabilità del soggetto tenuto alla custodia e conservazione
del bene oggetto di aggiudicazione ) correttamente la corte di
merito ha condannato il medesimo al risarcimento del danno in
favore del Rossi.
Escluso, in base a due scritture private entrambe prive «di
data certa anteriore al pignoramento», che il Giusti potesse
«vantare alcuna pretesa in pregiudizio della procedura
esecutiva e quindi opponibile al Rossi», la corte di merito ha
infatti correttamente ritenuto che il medesimo abbia violato la
posizione giuridica tutelata insorta in capo a quest’ultimo
all’esito dell’aggiudicazione del terreno

16

de quo,

ledendo

Essendo rimasto incontestatamente accertato che nel febbraio

(anche) il legittimo affidamento del medesimo in ordine alla
«presenza degli alberi nel fondo>>.
Quanto alle spese, a parte quanto sopra osservato in ordine
alla violazione dell’art. 366, 6 0 co., c.p.c., va sottolineato
che la corte di merito ha nel caso fatto invero corretta

giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento
delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di
merito adottata, ben sussiste in ipotesi come nella specie di
riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, giacché il
corrispondente onere deve essere attribuito e ripartito in
ragione dell’esito complessivo della lite (cfr., da ultimo,
Cass., 14/10/2013, n. 23226), atteso che, in base al principio
di cui all’art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo
giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha
statuito sulle spese ( cfr., da ultimo, Cass., 30/12/2013, n.
28718 ).
La Corte di merito ha fatto altresì corretta applicazione
del principio della soccombenza, anche nei confronti del terzo
chiamato.
Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di
legittimità l’identificazione della parte soccombente è invero
rimessa al potere decisionale del giudice del merito, con
l’unico limite della violazione del principio per cui le spese
non possono essere poste a carico della parte totalmente
vittoriosa ( v. Cass., 6/10/2011, n. 20457; Cass., 16/6/2011, n.

17

applicazione del principio in base al quale il potere del

13229 ), il sindacato della Corte Suprema di Cassazione essendo
al riguardo pertanto limitato ad accertare che non risulti
violato il principio secondo il quale le spese non possono
essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza
che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale

compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia
nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di
concorso con altri giusti motivi (v. Cass., 11/1/2008, n. 406,
e, conformemente Cass., 1 ° /12/2009, n. 25270; Cass., 22/7/2009,
n. 17145).
Attesa la lata accezione con cui il termine “soccombenza” è
assunto nell’art. 91 c.p.c., il rimborso delle spese processuali
sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve
essere posto a carico dell’attore se la chiamata in causa si sia
resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore
stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che
l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna
domanda; laddove il rimborso rimane a carico della parte che
abbia chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo qualora
l’iniziativa del chiamante si riveli palesemente arbitraria (v.,
da ultimo, Cass., 14/5/2012, n. 7431).
Orbene, nell’affermare che «relativamente al rapporto tra
attore e convenuto, le spese processuali di entrambi i gradi del
giudizio seguono la soccombenza, tenuto conto dell’esito
complessivo della controversia» e che «vengono invece

18

del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di

compensate integralmente nel rapporto tra chiamante e chiamati
in considerazione della comune consapevolezza della presenza
della procedura esecutiva>>, dei suindicati principi la corte di
merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero piena e corretta
applicazione.

sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le
deduzioni degli odierni ricorrenti -oltre a risultare formulate
secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366, n.
4, c.p.c.- in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la
dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito
agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi
dalle loro rispettive aspettative ( v. Cass., 20/10/2005, n.
20322 ), e nell’inammissibile pretesa di una lettura
dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai
giudici di merito ( cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932 ).
Per tale via, infatti, come sì è sopra osservato, lungi dal
censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati
nell’art. 360 c.p.c., essi in realtà sollecitano,

contra ius e

cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di
legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il
fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di
legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale
possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di
. Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del

.

19

Emerge dunque evidente come, lungi dal denunziare vizi della

merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei
medesimi ( cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443 ).
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il
rigetto del ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo in favore del

Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle
spese del giudizio di cassazione in favore degli altri intimati,
non avendo i medesimi svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento,
in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida
in complessivi euro 4.700,00, di cui euro 4.500,00 per onorari,
oltre ad accessori come per legge, in
controricorrente Rossi.

Roma, 12/2/2014

favore

del

controricorrente Rossi, seguono la soccombenza.

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