Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14765 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 27/05/2021), n.14765

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16188/2015 R.G. proposto da:

TOTO HOLDING S.P.A., in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliato in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 134,

presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Maria Cipolla, dal quale è

rappresentato e difeso, giusta procura rilasciata su foglio separato

congiunto al ricorso introduttivo;

– ricorrente –

– controricorrente all’incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1405/1/14 della Commissione tributaria

regionale dell’Abruzzo, depositata il 18 dicembre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 15

aprile 2021 dal Consigliere Raffaele Rossi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel marzo 2011 la società Toto Holding S.p.A. presentò alla Direzione regionale dell’Abruzzo dell’Agenzia delle Entrate istanze di rimborso degli importi versati nei periodi d’imposta 2006 e 2007 a titolo di maggiorazione dell’1% dell’imposta IRAP, corrisposta ai sensi del combinato disposto della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 174, e del D.L. 7 giugno 2006, n. 206, art. 1, comma 1-bis, convertito dalla L. 17 luglio 2006, n. 234.

A suffragio della richiesta, dedusse il difetto del presupposto impositivo della maggiorazione: più specificamente, asserì che la situazione di disavanzo di gestione a carico del servizio sanitario rappresentata dalla Regione Abruzzo non era corrispondente al vero, per avere la Regione distratto ad altri fini (cioè a dire per finanziare altre tipologie di spese) le risorse destinate al servizio sanitario.

2. La domanda del contribuente è stata disattesa in ambedue i gradi di merito.

3. Avverso la sentenza resa in appello, in epigrafe indicata, ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, la Toto Holding S.p.A.; resiste, proponendo altresì ricorso incidentale condizionato articolato su due motivi, l’Agenzia delle Entrate.

La società ricorrente deposita memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. L’unico motivo del ricorso principale adduce “violazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 174, e del D.L. n. 206 del 2006, art. 1, comma 1-bis, convertito dalla L. n. 234 del 2006, della L. R. Abruzzo 12 dicembre 2006, n. 44, e della L. R. Abruzzo 16 marzo 2007, n. 4, nonchè dell’art. 3 Cost., dell’art. 53Cost., comma 1, degli artt. 117 e 119 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Ad avviso del ricorrente, in forza delle predette disposizioni, il presupposto di applicazione della maggiorazione dell’imposta IRAP va individuato nell’esistenza di una situazione di disavanzo del bilancio sanitario regionale relativo agli anni 2004 (e seguenti) e, in via connessa e consequenziale, nel mancato ripianamento dello stesso entro il termine del 30 giugno 2006: la finalità del prelievo forzoso di fonte regionale è la sanatoria del deficit sanitario.

Lo “sforamento” dei bilanci sanitari della Regione Abruzzo – si prosegue – è stato originato (fatto che si assume pacifico tra i contraddittori) dalla distrazione dei fondi destinati alla copertura dei costi del servizio sanitario: in tale evenienza, ritenere la legittimità della maggiorazione significa “tradire la ratio stessa istitutiva del tributo ed introdurre una nuova tipologia di prestazione imposta (…) in contrasto con i principi costituzionali in tema di riparto di competenze tra finanza statale e finanza locale”.

La censura si conclude con la prospettazione di una questione di legittimità costituzionale delle citate norme, statali e regionali, per asserito contrasto (non soltanto con gli artt. 117 e 119 Cost., ma anche) con gli artt. 3 e 53 Cost.: inteso come tributo di scopo, la maggiorazione IRAP in esame può ritenersi conforme ai principi di eguaglianza e capacità contributiva solo “in quanto le risorse conseguite siano effettivamente destinate a realizzare l’opera programmata o, comunque, a fare fronte a quelle specifiche esigenze individuate dal legislatore”.

4. La complessa doglianza così articolata non merita condivisione. 4.1. Va in primis composta la disciplina positiva di riferimento.

Muovendo dalle disposizioni evocate dal ricorrente:

– la L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 174, prevede che: “Al fine del rispetto dell’equilibrio economico-finanziario, la regione, ove si prospetti sulla base del monitoraggio trimestrale una situazione di squilibrio, adotta i provvedimenti necessari. Qualora dai dati del monitoraggio del quarto trimestre si evidenzi un disavanzo di gestione a fronte del quale non sono stati adottati i predetti provvedimenti, ovvero essi non siano sufficienti, con la procedura di cui alla L. 5 giugno 2003, n. 131, art. 8, comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri diffida la regione a provvedervi entro il 15 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento. Qualora la regione non adempia, entro i successivi trenta giorni il presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, approva il bilancio di esercizio consolidato del Servizio sanitario regionale al fine di determinare il disavanzo di gestione e adotta i necessari provvedimenti per il suo ripianamento, ivi inclusi gli aumenti dell’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive entro le misure stabilite dalla normativa vigente. I predetti incrementi possono essere adottati anche in funzione della copertura dei disavanzi di gestione accertati o stimati nel settore sanitario relativi all’esercizio 2004 e seguenti. Qualora i provvedimenti necessari per il ripianamento del disavanzo di gestione non vengano adottati dal commissario ad acta entro il 15 luglio, nella regione interessata, con riferimento agli anni di imposta 2006 e successivi, si applicano comunque (…) il divieto di effettuare spese non obbligatorie fino al 31 dicembre dell’anno successivo a quello di verifica e nella misura massima prevista dalla vigente normativa l’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive; scaduto il termine del 15 luglio, la regione non può assumere provvedimenti che abbiano ad oggetto l’addizionale e le maggiorazioni d’aliquota delle predette imposte ed i contribuenti liquidano e versano gli acconti d’imposta dovuti nel medesimo anno sulla base della misura massima dell’addizionale e delle maggiorazioni d’aliquota di tali imposte”;

– il D.L. n. 206 del 2006, art. 1, comma 1-bis, sancisce che “le disposizioni contenute nella L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 174, quinto periodo, si applicano limitatamente alle regioni che non abbiano raggiunto, entro il 30 giugno 2006, un accordo con il Governo sulla copertura dei disavanzi di gestione del servizio sanitario regionale e si interpretano nel senso che l’IRAP è calcolata maggiorando di un punto percentuale l’aliquota, ordinaria o ridotta, vigente nelle regioni interessate, fatti salvi comunque i regimi di esenzione”;

– la L.R. Abruzzo 12 dicembre 2006, n. 44, art. 1, comma 6, dispone che “Con decorrenza dall’anno di imposta successivo a quello in corso alla data del 31.12.2006 l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive è determinata, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 16, comma 3, nella misura del 5,25%”;

– la L.R. Abruzzo 16 marzo 2007, n. 4, art. 1, comma 1, stabilisce che “Il gettito fiscale derivante dalle misure di cui alla L. R. 12 dicembre 2006, n. 44, art. 1, commi da 6 a 8, è interamente destinato al settore sanitario a decorrere dall’anno 2006. Le risorse sono iscritte annualmente sul capitolo 81520 denominato “Oneri per il piano di rientro del settore sanitario” – U.P.B. (OMISSIS)”.

4.2. I trascritti precetti costituiscono una declinazione, specifica e settoriale, del potere attribuito, in via generale, alle regioni di incidere sulla misura dell’IRAP: il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 3, (la legge istitutiva dell’IRAP) conferisce alla regioni la facoltà di apportare variazioni all’aliquota (ordinaria) entro limiti tracciati dalla stessa norma (“fino ad un massimo di un punto percentuale” nella versione ratione temporis applicabile alla vicenda), anche in maniera differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.

Nella lettura costantemente offerta dal giudice delle leggi, l’ordito normativo sommariamente illustrato qualifica l’IRAP (quantomeno sino alla completata attuazione della riforma dell’art. 119 Cost.) non già come un “tributo proprio” regionale (nell’accezione di tributo la cui disciplina è liberamente modificabile da parte delle Regioni o Province autonome) bensì come un “tributo statale”, che ricade cioè nella potestà legislativa esclusiva dello Stato a mente dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. e).

La circostanza che il gettito dell’imposta sia in gran parte destinato alle Regioni e che alcune funzioni di riscossione siano loro affidate non elide il dato fondamentale della regolamentazione con legge statale degli aspetti strutturali dell’imposta: lo Stato “continua a regolare compiutamente la materia e a circoscrivere con precisione gli ambiti di intervento del legislatore regionale (consentito) nei limiti fissati dal legislatore statale” (testualmente, Corte Cost. 15/12/2010, n. 357; conf. Corte Cost. 28/05/2019, n. 128; Corte Cost. 14/07/2009, n. 216; Corte Cost. 14/06/2007, n. 193; Corte Cost. 14/04/2006, n. 155; Corte Cost. 26/09/2003, n. 396).

4.3. In tale contesto si inserisce coerentemente la maggiorazione IRAP funzionale al ripianamento del disavanzo sanitario regionale: essa configura, secondo una felice definizione del legislatore (D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, art. 5, comma 4), una fattispecie di “automatismo fiscale”, cioè a dire un’ipotesi in cui l’imposizione (o la maggior imposizione) a carico del contribuente opera, senz’altro, al verificarsi di una situazione certa o oggettivamente accertabile.

Il meccanismo congegnato dalla L. n. 304 del 2011, art. 1, comma 174, (e ribadito dal D.L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1-bis) risponde pienamente allo schema descritto: accertato uno squilibrio nel bilancio sanitario regionale, la regione o, in sua inerzia, il presidente della regione (quale commissario ad acta) sono chiamati ad adottare misure volte al ripianamento, tra cui la maggiorazione dell’aliquota IRAP; quest’ultima, tuttavia, si applica comunque, per essere i contribuenti tenuti al relativo versamento anche in caso di mancata adozione dei provvedimenti necessari al riequilibrio del bilancio da parte delle P.A. ad hoc preposte.

Un onere di contribuzione di tal genere, gravante direttamente ed immediatamente sui soggetti passivi d’imposta, può conciliarsi soltanto con un presupposto impositivo oggettivo e documentalmente verificabile, ovvero senza necessità di indagini esulanti, ab imis, dalle possibilità di conoscenza dei contribuenti.

Tanto giustifica l’assenza nel dato positivo in esame di qualsiasi richiamo alla scaturigine del disavanzo sanitario regionale quale elemento costitutivo dell’obbligazione tributaria posta a carico dei contribuenti, inequivoca espressione della neutralità (sotto il profilo logico, giuridico ed economico) dei modi di formazione del disavanzo stesso ai fini dell’operare della maggiorazione IRAP.

E ad un tempo corrobora la (concorde nell’esito) decisione resa dal giudice di prossimità, argomentata sul tenore testuale della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 174, in rigoroso ossequio al principale canone di esegesi delle norme che individuano fatti generatori di obbligazioni tributarie.

4.4. Non è pertanto conforme a diritto ritenere – come opina l’impugnante principale – che la maggiorazione de qua sia applicabile unicamente in caso di disavanzo del settore sanitario “determinato una corretta imputazione delle entrate e delle uscite economiche a tale servizio afferenti” e sia invece illegittima (giustificando il diritto al rimborso di quanto versato) allorchè detto “sforamento” sia cagionato dalla distrazione ad altri scopi di risorse destinate al servizio sanitario.

Eventuali condotte di destinazione a differenti finalità di fondi iscritti sui capitoli del bilancio regionale intestati al settore sanitario non incidono infatti sulla debenza della imposta nè legittimano pretese restitutorie dei contribuenti, potendo invece assumere rilievo – semprechè non siano frutto di scelte di allocazione delle risorse adottate dai competenti organi politici dell’ente territoriale – esclusivamente come motivo di responsabilità contabile (se non penale) dei singoli amministratori regionali, i cui contegni assurgano ad illecito secondo le fattispecie configurate dalle rispettive discipline.

E ciò sia quando la distrazione di risorse cagioni (“a monte” della imposizione) la creazione del disavanzo sia quando (“a valle” della imposizione) concerna fondi costituiti proprio attraverso il gettito della maggiorazione IRAP finalizzata all’equilibrio finanziario della sanità.

Da ultimo (e la notazione inficia funditus l’iter argomentativo del ricorrente principale), appare assai dubbio immaginare un disavanzo “fisiologico”, che consegua cioè ad una “corretta imputazione delle entrate e delle uscite afferenti” il servizio sanitario: salvo accadimenti eccezionali ed imprevedibili, infatti, proprio lo squilibrio finanziario settoriale è indice di una modalità “patologica” di svolgimento dell’attività amministrativa della regione, estrinsecata sotto forma di errata programmazione di bilancio, di mancata adozione di misure di contenimento della spesa o di altre anomalie gestionali.

5. Le illustrate considerazioni danno altresì conto della manifesta infondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale.

Non sì ravvisa nelle norme censurate dal ricorrente principale violazione alcuna delle regole di riparto dettate dagli artt. 117 e 119 Cost., muovendosi il legislatore regionale abruzzese (con la L. R. n. 44 del 2006, e la L. R. n. 4 del 2007) nella cornice disegnata (con la L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 174, e il D.L. n. 206 del 2006, art. 1, comma 1-bis) dal legislatore statale.

Neppure sussiste vulnus ai principi di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di capacità contributiva (art. 53 Cost.).

Indiscutibile la coerenza – elemento essenziale di ogni imposta di scopo – tra il presupposto del prelievo (il disavanzo di bilancio del settore sanitario) e il vincolo di destinazione a priori apposto al derivante gettito (il ripianamento del disavanzo), la maggiorazione in discorso costituisce espressione di una scelta discrezionale di politica redistributiva del carico fiscale operata dal legislatore in maniera nè arbitraria nè irragionevole, siccome sorretta, al fondo, dall’obiettivo di garantire (attraverso il risanamento della finanza sanitaria regionale) la continuità dei livelli essenziali di assistenza sanitaria agli utenti.

6. Il rigetto del ricorso principale importa l’inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse (il quale deve sussistere non solo all’epoca dell’impugnazione ma anche al momento della decisione: Cass. 11/09/2018, n. 22098; Cass. 08/05/2017, n. 11204) del ricorso incidentale condizionato della difesa erariale, avente ad oggetto (in ambedue i motivi) la violazione e falsa applicazione delle norme sui termini di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso.

7. Le spese di lite seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (nella formulazione introdotta dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Non trova invece applicazione il menzionato disposto in relazione al ricorso incidentale: per la qualità soggettiva della parte impugnante (un’amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura dello Stato, istituzionalmente esonerata, per valutazione normativa, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito: Cass., Sez. U., 20/02/2020, n. 4315; Cass. 29/01/2016, n. 1778) e per essere la declaratoria d’inammissibilità determinata dalla sopravvenuta carenza d’interesse all’impugnazione (Cass. 11/09/2018, n. 22098; Cass. 03/02/2017, n. 3542).

PQM

Rigetta il ricorso principale.

Dichiara inammissibile il ricorso incidentale per sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione.

Condanna la ricorrente Toto Holding S.p.A. al pagamento in favore della controricorrente Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

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