Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14765 del 19/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 19/07/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 19/07/2016), n.14765

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

P.D., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale

a margine del ricorso, dall’Avv. Alessandro Mario Travia, con

domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Marcella Zappia in Roma,

piazza Capranica, n. 95;

– ricorrente –

contro

ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI VICENZA, CONSIGLIO NOTARILE DEI

DISTRETTI RIUNITI DI VICENZA E DI BASSANO DEL GRAPPA, PROCURATORE

DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI VICENZA, PROCURATORE

GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI VENEZIA;

– intimati –

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Venezia in data 22

luglio 2015.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22 giugno 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Con nota del 29 ottobre 2013, il conservatore dell’Archivio notarile di Vicenza chiedeva l’avvio di un procedimento disciplinare nei riguardi del dott. P.D., notaio in Creazzo, per i seguenti addebiti, emersi in occasione dell’ispezione ordinaria degli atti del notaio nel biennio 2011-2012:

– 1) violazione dell’art. 2500-ter cod. civ., con conseguente violazione dell’art. 28 della legge notarile e applicazione della sanzione di cui all’art. 138 e art. 138-bis, comma 2, della legge notarile, perche’, con riferimento all’atto 18 febbraio 2011 di trasformazione da societa’ in accomandita semplice a societa’ a responsabilita’ limitata rep. n. (OMISSIS) e racc. n. (OMISSIS), la determinazione del capitale della societa’ in Euro 20.000 risultava superiore al patrimonio stimato di Euro 11.844, senza che nell’atto vi fosse traccia di come fosse avvenuta l’ulteriore capitalizzazione, non risultando presente alcuna delibera di aumento del capitale ne’ alcuna sottoscrizione da parte dei soci;

– 2) violazione dell’art. 769 cod. proc. civ. – con conseguente violazione dell’art. 1, n. 4, della legge notarile e applicazione della sanzione prevista dall’art. 138, comma 2, della legge notarile – perche’, con atto in data 28 novembre 2011, repertorio n. (OMISSIS) e raccolta n. (OMISSIS), il notaio aveva redatto inventario di eredita’, su richiesta di un amministratore di sostegno ai fini dell’accettazione dell’eredita’ stessa con beneficio di inventario, gia’ autorizzata dal giudice tutelare in data 7 settembre 2011, sulla base di provvedimento dell’autorita’ giudiziaria, che lo delegava a tale operazione, afflitto da doppio vizio di incompetenza (e per materia e per territorio), trattandosi di eredita’ di persona deceduta in Vicenza, per la quale l’autorizzazione alla redazione dell’inventario avrebbe dovuto essere rilasciata dal Tribunale di Vicenza (luogo di apertura della successione) e non, come ritenuto invece dal notaio, dal Giudice tutelare di Cittadella (luogo di domicilio dell’assistito);

– 3) violazione della L. 27 febbraio 1985, n. 52, art. 29, comma 1-bis, con conseguente violazione dell’art. 28 della legge notarile, e 4) violazione dell’art. 47, comma 2, della legge notarile, perche’, con atto di data 11 luglio 2012, repertorio n. (OMISSIS) e raccolta n. (OMISSIS), il notaio aveva ricevuto un atto pubblico di donazione di unita’ immobiliari urbane, omettendo di fare menzione della dichiarazione, da effettuarsi dalla parte donante, circa la conformita’ dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto degli immobili oggetto dell’atto, e perche’ nel medesimo atto si riscontravano incongruenze ed errori non rilevati ne’ in sede di redazione ne’ in sede di lettura dell’atto, tali da determinare dubbi sul reale contenuto della volonta’ espressa, sia sull’oggetto del medesimo.

2. – All’esito del procedimento disciplinare, la Commissione amministrativa regionale di disciplina ha ritenuto sussistenti tutti gli addebiti, escluso il secondo, e ha condannato il notaio, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, alla pena pecuniaria di Euro 5.000 per la prima violazione e di Euro 600 per le altre due.

3. – Con ordinanza in data 22 luglio 2015, la Corte d’appello di Venezia ha respinto il reclamo del notaio.

4. – Per la cassazione dell’ordinanza della Corte d’appello il notaio P. ha proposto ricorso, con atto notificato il 1 febbraio 2016, sulla base di cinque motivi.

Nessuno degli intimati ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 1, 7 e 21, e art. 97 Cost.. Ad avviso del ricorrente, vi sarebbe nullita’ del procedimento disciplinare e della decisione impugnata per avere l’Archivio notarile di Vicenza omesso di sentire preliminarmente il notaio incolpato circa i fatti contestatigli, non consentendogli quindi di difendersi.

1.1. – Il motivo e’ infondato.

Questa Corte, a Sezioni Unite, ha gia’ statuito, con la sentenza 31 luglio 2012, n. 13617, che, in materia di procedimento disciplinare a carico dei notai, non e’ necessaria la comunicazione prescritta dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 7, allorche’ il presidente del Consiglio notarile investa quest’ultimo del promovimento della procedura, perche’, da un lato, lo stesso art. 7 limita il proprio ambito di operativita’, escludendola quando esistano “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerita’ del procedimento”, e, dall’altro, dette ragioni sono legislativamente presupposte dalla L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 153, come sostituito dal D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, art. 39, il quale dispone che “il procedimento e’ promosso senza indugio, se risultano sussistenti gli elementi costitutivi di un fatto disciplinarmente rilevante”.

Piu’ in generale, si e’ statuito (Sez. n. 19 giugno 2015, n 12732) che lo svolgimento della difesa nella fase che precede l’iniziativa disciplinare cessa di avere rilevanza autonoma ove quest’ultima sia esercitata, e diviene oggetto di esame da parte del giudice se ed in quanto ne sia derivato un vulnus non altrimenti emendabile nell’ambito del giusto procedimento disciplinare. E poiche’ in quest’ultimo la difesa e’ piena ed espressamente prevista anche prima che sia eventualmente fissata l’udienza davanti alla Commissione regionale di disciplina (v. art. 155, comma 2, della legge notarile), ne deriva che la sola doglianza di non avere potuto far valere le proprie ragioni anticipatamente alla richiesta dell’organo titolare dell’azione non vizia il procedimento disciplinare, nel quale quelle stesse ragioni l’incolpato ha facolta’ di esporre.

E cio’ non senza osservare, inoltre e nella specie, che – come sottolineato con puntuale ricostruzione della vicenda da parte della Corte d’appello di Venezia – dal verbale di ispezione del 1 agosto 2013 risulta che il notaio P. era presente allo svolgimento dell’ispezione e si era riservato “di presentare al piu’ presto proprie osservazioni e deduzioni” in ordine ai rilievi formulati.

2. – Il secondo mezzo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e art. 115 cod. proc. civ., nonche’ omessa valutazione di un punto decisivo della controversia. Si censura che la Corte di merito abbia affermato (a pag. 10) che “la mancata produzione dell’atto nella versione originale – e’ stato dimesso solo quello rinnovato – non consente di apprezzare la formula originaria di riporto a riserva del patrimonio di stima eccedente il capitale sociale”. Sostiene il ricorrente che, poiche’ oggetto della controversia e’ proprio la discrepanza tra l’atto originario e quello successivo che si assume corretto, la mancata produzione dell’atto originario da parte del soggetto accusatore impedirebbe in modo assoluto di verificare se quanto affermato da notaio P. a proprio discapito corrisponda o meno al vero. La Corte d’appello – si assume – sembrerebbe trarre argomenti di prova solo dal fatto che il notaio abbia ritenuto, ma solo per proprio scrupolo professionale, di redigere un altro atto, pur nella piena validita’ ed efficacia del precedente.

2.1. – Il motivo e’ inammissibile, perche’ non coglie la ratio decidendi.

La Corte d’appello ha respinto il motivo di reclamo del notaio concernente l’illecito disciplinare relativo alla violazione dell’art. 2500-ter cod. civ., commessa in occasione dell’atto 18 novembre 2011 di trasformazione da societa’ in accomandita semplice a societa’ a responsabilita’ limitata, per essere la determinazione del capitale della societa’ in Euro 20.000 risultata superiore al patrimonio stimato di Euro 11.844, senza che nell’atto vi sia traccia di come sia avvenuta l’ulteriore capitalizzazione.

E lo ha fatto disattendendo la tesi del reclamante secondo cui si sarebbe in presenza di un errore materiale che il notaio si offriva di provare con i capp. 9 e 10 e che sarebbe emersa dal riporto a riserva della differenza tra netto patrimoniale e capitale.

Ora, la Corte d’appello, lungi dall’invertire l’onere della prova, ha piu’ semplicemente ritenuto che – in considerazione del tenore del motivo di reclamo, mirante a prospettare la tesi difensiva dell’errore materiale – occorreva che il reclamante stesso provvedesse a produrre, o a ripristinare nella sede dell’impugnazione del provvedimento disciplinare, l’atto nella sua versione originale, onde consentire di apprezzare la formula originaria di riporto a riserva del patrimonio di stima eccedente il capitale sociale, giacche’ solo la specifica delle cifre avrebbe consentito di valutare l’eventuale discrepanza e l’asserita consapevolezza di volere collocare a riserva solo l’eccedenza rispetto ad un capitale sociale da intendersi diminuito alla meta’.

D’altra parte la Corte del merito ha significativamente preso le mosse dalla sottolineatura che “l’errore materiale non e’ dimostrato dai capitoli citati che lo assumono come dato scontato e si limitano a dare atto o di una disattenzione generale… o di come l’atto avrebbe dovuto essere correttamente redatto”. E, sotto questo profilo, ci si trova sul piano dell’apprezzamento della rilevanza delle prove, e quindi di una valutazione di fatto, non sindacabile in sede di legittimita’, essendo applicabile, ratione temporis, il nuovo n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., nel testo novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, secondo cui l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge, qui non riscontrabile, si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

3. – Il terzo motivo, relativo alla prima ipotesi di addebito, denuncia violazione dell’art. 2500-ter c.c., comma 2, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 1418 cod. civ., e art. 28 della legge notarile. Premesso che la citata disposizione del codice civile e’ una norma di favore, volta ad agevolare la trasformazione delle societa’ di persone in societa’ di capitali, il ricorrente sostiene che l’errato valore riportato nel corpo dell’atto non va ad intaccare ed inficiare la correttezza e la validita’ della perizia di stima allegata all’atto stesso e quindi a ledere qualsivoglia diritto e/o interesse. L’ordinanza impugnata, secondo la difesa del notaio incolpato, ometterebbe di valutare un dato storico incontrovertibile, ovvero che anche la difesa dell’Archivio notarile e del Consiglio notarile concordano sull’esistenza di un errore materiale nell’atto di trasformazione de quo. Avrebbe inoltre errato la Corte territoriale a ritenere che l’erronea indicazione del capitale sociale ricada tra le ipotesi di nullita’ radicale dell’atto che portano alla responsabilita’ del notaio rogante. Non esisterebbe alcun orientamento interpretativo – ne’ giurisprudenziale ne’ dottrinale – dal quale si possa evincere la nullita’ affermata dalla CO.RE.DI. e dalla Corte d’appello.

3.1. – Il motivo e’ infondato.

Nell’ambito della trasformazione omogenea di societa’ di persone in societa’ di capitali, il capitale della societa’ risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo e deve risultare da apposita relazione di stima redatta in conformita’ alla normativa propria del tipo sociale.

Nella specie il capitale della societa’ risultante dalla trasformazione e’ stato fissato non in conformita’ alle risultanze della relazione di stima: mentre il patrimonio netto, secondo il criterio del valore attuale degli elementi dell’attivo e del passivo, e’ stato stimato in Euro 11.844, il capitale della societa’ e’ stato indicato in Euro 20.000, importo volontariamente determinato in misura superiore al minimo legale, senza che nell’atto vi sia traccia di come sia avvenuta l’ulteriore capitalizzazione, non risultando presente alcuna delibera di aumento oneroso del capitale in occasione della sottoscrizione ne’ alcuna sottoscrizione da parte dei soci.

L’indicazione del capitale sociale in un ammontare superiore al patrimonio netto ma non sottoscritto per intero determina un vizio dell’atto redatto dal notaio, essendo l’atto di trasformazione soggetto alla disciplina prevista per il tipo adottato e dovendo contenere tutte le indicazioni previste per l’atto di costituzione del tipo, tra cui quelle relative al capitale sociale della societa’ a responsabilita’ limitata, il quale, pur avendo visto negli ultimi anni ridotta la sua funzione, resta un essenziale strumento organizzativo soprattutto nell’interesse dei terzi. E tali condizioni sono nella specie manifestamente insussistenti, non avendo i soci previsto nella delibera di trasformazione l’aumento e le relative sottoscrizioni e facendo quindi difetto la sottoscrizione per intero del capitale sociale.

Di qui la correttezza della ordinanza impugnata, la quale ha riconosciuto la responsabilita’ del notaio ai sensi del combinato disposto dell’art. 28, comma 1, n. 1), e art. 138-bis, comma 2, della legge notarile, per la redazione, in contrasto con una norma imperativa, di un atto di trasformazione omogenea carente della identita’ tra capitale sociale e patrimonio netto stimato ed in assenza di delibera di capitalizzazione.

4. – Il quarto motivo, relativo alla terza ipotesi di addebito (violazione dell’art. 28 della legge notarile), denuncia omessa esame circa un fatto decisivo che e’ stato oggetto di discussione tra le parti nonche’ violazione e falsa applicazione della L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis. Erroneamente la Corte d’appello avrebbe negato aprioristicamente l’esistenza di un errore materiale in relazione alla presunta omessa menzione della dichiarazione di conformita’ catastale, nonostante l’iter argomentativo logico prospettato dalla difesa del notaio. Il ricorrente esclude inoltre che il legislatore, con il citato art. 29, comma 1-bis, abbia posto un obbligo di dichiarazione formale di conformita’ degli immobili ai dati catastali e alle planimetrie. L’essenziale e’ che dall’atto si evinca che il cedente ha comunque manifestato la conformita’ catastale oggettiva: ne deriva che l’allegazione delle planimetrie originali e la loro sottoscrizione, avvenute nel caso in esame, costituirebbero una manifestazione di conformita’ oggettiva – non quindi una mera presunzione – che si estende, pertanto, sia alle planimetrie stesse che ai dati catastali relativi.

4.1. – Il motivo e’ infondato.

Ai sensi della L. 27 febbraio 1985, n. 52, art. 29, comma 1-bis, aggiunto dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 19, comma 14, come modificato dalla relativa L. di conversione 30 luglio 2010, n. 122, “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati gia’ esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unita’ immobiliari urbane, a pena di nullita’, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformita’ allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione puo’ essere sostituita da un’attestazione di conformita’ rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformita’ con le risultanze dei registri immobiliari”.

Questa Corte (Sez. 2, 11 aprile 2014, n. 8611) ha gia’ statuito che in tema di atti notarili, la dichiarazione richiesta dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 19, comma 14, riguarda la conformita’ allo stato di fatto non della sola planimetria dell’immobile, ma anche dei dati catastali, questi ultimi costituendo gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali; l’omissione determina la nullita’ assoluta dell’atto, perche’ la norma ha una finalita’ pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale, conseguendone la responsabilita’ disciplinare del notaio, ai sensi della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28, comma 1.

Il principio e’ stato di recente ribadito da Cass., Sez. 2, 3 giugno 2016, n. 11507, affermandosi che sussiste la responsabilita’ disciplinare del notaio, a norma dell’art. 28, comma 1, n. 1, della legge notarile, per avere redatto un atto espressamente proibito dalla legge, in ipotesi di omissione della dichiarazione, richiesta dalla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis, di conformita’ allo stato di fatto dei dati catastali relativi alla identificazione ed alla capacita’ reddituale del bene, senza che rilevi la sola dichiarazione di conformita’ della planimetria dell’immobile, a sua volta recante i dati catastali informativi.

A questo orientamento si e’ attenuta, correttamente, la Corte d’appello, la quale ha riconosciuto la responsabilita’ disciplinare del notaio P. per avere redatto un atto pubblico di donazione omettendo di fare menzione della dichiarazione, da effettuarsi dalla parte donante, circa la conformita’ dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto degli immobili oggetto dell’atto. Si tratta, infatti, agli effetti dell’art. 28 della legge notarile, di nullita’ inequivoca ed indiscutibile, in quanto testuale, ovvero espressa dalla lettera del citato art. 29, comma 1-bis.

D’altra parte, la Corte territoriale ha escluso – all’esito di un tipico accertamento di merito, non sindacabile in questa sede – che vi sia evidenza di errore materiale, affermando che neppure i capitoli proposti sono idonei a dimostrarlo, “perche’ il n. 8 accenna ad una prassi operativa mentre l’errore materiale esige che l’atto contenga dei termini di confronto da cui ricavare con evidenza la divergenza laddove qui si tratta di un’omissione”.

5. – Con il quinto mezzo, relativo all’ulteriore ipotesi di addebito, il ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti nonche’ violazione e falsa applicazione dell’art. 47, comma 2, della legge notarile. La Corte d’appello non avrebbe colto il significato delle affermazioni della difesa del reclamante circa la materialita’ dell’errore e avrebbe escluso, senza adeguata motivazione, la possibilita’ di sentire testimoni. Ad avviso del ricorrente, chi ha avviato il procedimento non ha fornito le prove della contestazione disciplinare in ordine alla errata interpretazione della volonta’ delle parti. Gli errori sarebbero inoltre avvenuti nelle parti secondarie o accessorie, e non intaccherebbero il contenuto essenziale dell’atto. Si afferma che la donazione di cui si discute, anche prima della rinnovazione, avrebbe perfettamente raggiunto i suoi effetti ed il suo scopo, risultando regolarmente trascritta nei suoi termini corretti e regolarmente volturata nei registri catastali.

5.1. – Il motivo e’ inammissibile.

La Corte d’appello ha respinto la censura svolta con il motivo reclamo osservando:

– che dalla stessa capitolazione delle prove orali si evince che il reclamante confonde l’errore materiale, che non dipende dall’interpretazione della volonta’ delle parti, con l’omissione determinata da disattenzione e/o errore che non scrimina anche se risalente a fatto dell’ausiliario;

– che lo stesso notaio ha ritenuto di procedere ad un atto in rinnovazione, cosi’ mostrando di ritenere che gli errori e le incongruenze erano tali da ingenerale dubbi sulla reale volonta’ delle parti;

– che in ogni caso l’uso contestuale dei termini donazione e vendita sia in relazione all’individuazione dell’atto e delle parti sia in relazione all’oggetto – individuato ora nella donazione della piena ed esclusiva proprieta’ ora invece dell’usufrutto – dimostrano che non fu assolta la funzione notarile di indagare la volonta’ delle parti e di trovare la forma dell’atto adeguata ad esprimerla.

La Corte d’appello ha tratto il convincimento che il notaio sia venuto meno all’obbligo di indagare la volonta’ delle parti e di curare sotto la propria direzione e responsabilita’ la compilazione integrale dell’atto da una serie di elementi gravi e convergenti, ossia dal riscontro di evidenti incongruenze ed errori non rilevati ne’ in sede di redazione ne’ in sede di lettura dell’atto, tali da determinare dubbi sul reale contenuto della volonta’ espressa e sull’oggetto del contratto.

Si tratta di una motivazione congrua ed esente da vizi logici; ed il ricorrente, anche la’ dove formalmente invoca lo scrutinio di violazione e falsa applicazione di legge, non pone in realta’ alcuna questione di diritto, ma mira a sollecitare un novello esame delle prove e della loro rilevanza.

6. – Il ricorso e’ rigettato.

L’infondatezza dell’impugnazione esclude la rilevanza di ogni questione preliminare sulla ritualita’ notificazione del ricorso per cassazione, avvenuta – per quanto riguarda l’Archivio notarile distrettuale – presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato anziche’ presso l’Avvocatura generale dello Stato.

Non vi e’ luogo a pronuncia sulle spese, non avendo gli intimati svolto attivita’ difensiva in questa sede.

7. – Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Al sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2016

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