Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14763 del 05/07/2011

Cassazione civile sez. I, 05/07/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 05/07/2011), n.14763

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.E., elettivamente domiciliato in ROMA, via Cassia 882,

presso l’avv. Matronola Andrea, rappresentato e difeso dall’avvocato

MENGUCCI MAURO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI PERSARO in persona

del Prefetto pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il provvedimento n. 1652/07 del GIUDICE DI PACE di PESARO,

del 24.10.07;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. NICOLA

LETTIERI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p. 1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: “1.- G.E. ha proposto ricorso per cassazione – affidato a due motivi -contro il decreto in data 24.10.2007 con il quale il Giudice di pace di Pesaro ha convalidato l’ordine del Questore di Pesaro del suo accompagnamento alla frontiera emesso della Corte di appello di Bari depositato in data 1.4.2008. Ricorso notificato il 19/24.6.2008, ma non depositato.

Resistono con controricorso il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Pesaro.

2. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 5 bis, (art. 360 c.p.c., n. 3), deducendo che il decreto avente ad oggetto la convalida dell’ordine del Questore deve essere motivato anche in relazione all’art. 13, comma 2 bis, cit. D.lgs. circa natura ed effettività dei vincoli familiari e durata del soggiorno, come non sarebbe accaduto nella specie, e formula il seguente quesito di diritto: “se nel giudizio di convalida D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 5 bis così come aggiunto dal D.L. 4 aprile 2002, n. 51, art. 2 e successivamente sostituito dal D.L. 14 settembre 2004, n. 241, art. 1, comma 1, il giudice di pace, ai fini della convalida, deve verificare l’osservanza dei termini e la sussistenza di tutti i requisiti previsti da tutti i commi di cui è composto l’art. 13 e non solo del provvedimento di accompagnamento”.

2.1.- Il motivo appare manifestamente infondato perchè in considerazione del contenuto del citato art. 13, comma 5 bis, il controllo da svolgere in sede di convalida, in relazione al decreto di espulsione, riguarda esclusivamente l’esistenza di un decreto di espulsione del Prefetto munito di efficacia (l’atto da porre in esecuzione) (argomenta ex Cass. n. 5715 del 2008; n. 23326 del 2007), non potendo invece essere esaminata in detta sede l’esistenza di eventuali vizi, il cui accertamento è riservato al giudizio di opposizione avverso detto decreto ed in questi termini è il principio da enunciare in relazione al quesito posto con detto mezzo (cfr. anche Sez. 1, Ordinanza n. 25657 del 17/12/2010).

3. – Il secondo motivo – con il quale il ricorrente denuncia vizio di motivazione – è manifestamente inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. non essendo stata formulata la sintesi del fatto controverso.

D’altronde, l’omessa motivazione è denunciata in relazione ai documenti prodotti ai fini dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 268 del 1998, art. 13, comma 2 bis e, per le ragioni indicate in relazione al primo motivo, la censura sarebbe comunque manifestamente infondata.

Tanto può essere affermato in camera di consiglio”.

2. – Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono al rigetto del ricorso.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 900,00 oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2011

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