Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14762 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 27/05/2021), n.14762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20624/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

C.R.G., rappresentato e difeso dall’avv. Daniela

Jouvenal Long e dell’avv. Oscar Podda, elettivamente domiciliato

presso lo studio dell’avv. Daniela Jouvenal Long, in Roma, piazza di

Pietra, n. 26.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, sezione n. 32, n. 329/32/15, pronunciata il 05/11/2015,

depositata il 04/02/2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09 marzo 2021

dal Consigliere Riccardo Guida.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. C.R.G. impugnò dinanzi alla CTP di Milano l’avviso di accertamento, ai fini IRPEF, IRAP, IVA, per il 2007, che si fondava sulla segnalazione della Direzione Centrale – sezione analisi e strategie – secondo cui, da informazioni fornite da Paesi esteri, era emerso che il contribuente aveva percepito, nel 2007, redditi di lavoro autonomo corrisposti dalla Camera di commercio internazionale di Parigi, per Euro 118.513,00, sui quali non era stata applicata alcuna ritenuta. Il ricorrente, per quanto ancora rileva (poichè le contestazioni riguardanti l’Irap e l’Iva esulano ormai dal thema decidendum), eccepì l’illegittimità dell’avviso di accertamento, per violazione della normativa sul c.d. scudo fiscale;

2. la CTP accolse il ricorso, con sentenza (n. 465/41/13) confermata dalla CTR lombarda, la quale ha rigettato l’appello dell’ufficio, per quanto qui rileva, sulla base delle seguenti considerazioni: (i) diversamente da quanto asserisce l’Agenzia, la ratio del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 13-bis, in tema di “scudo fiscale”, non pone a carico del contribuente l’onere di provare la corrispondenza tra l’importo rimpatriato e i redditi non dichiarati al fine di precludere l’azione accertatrice del fisco; (ii) in punto di fatto, erra l’ufficio nel sostenere che gli importi rimpatriati non siano sufficienti a coprire le somme contestate, in relazione al 2006 e al 2007, poichè (cfr. pag. 4 della sentenza) “a fronte di (Euro) 292.244,00 e (Euro) 118.513,00 ritenuti non dichiarati per i due anni in questione, il contribuente ha rimpatriato ben Euro 291.000,00 e USD 408.290,78;

sommando quest’ultimi due valori si raggiunge un ammontare ben maggiore rispetto alla somma contestata dall’Ufficio”; (iii) ove si aderisca all’interpretazione data dall’Amministrazione finanziaria alla disciplina dello scudo fiscale, il contribuente ha fornito “idonea prova”, mercè la dichiarazione della Camera di commercio internazionale di Parigi, del come il relativo compenso, “sufficientemente corrispondente” a quello per il 2007, fosse stato versato dall’interessato (ibidem) “sul medesimo conto lussemburghese origine delle somme rimpatriate” ai sensi del D.L. n. 78 del 2009;

3. l’Agenzia ricorre per la cassazione con un motivo; il contribuente

resiste con controricorso, illustrato con una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo di ricorso (“1. Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 78 del 2009, art. 13 bis, e del D.L. n. 350 del 2001, artt. 12,13 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere ritenuto operante la preclusione di cui al D.L. n. 350 del 2001, art. 14, comma 1, lett. a), richiamato dal D.L. n. 78 del 2009, art. 13-bis, comma 5, a prescindere da qualunque prova circa la corrispondenza tra le somme oggetto della “dichiarazione riservata”, presentata ai fini del rimpatrio dei capitali detenuti all’estero, e le somme che, in base ai controlli dell’Amministrazione finanziaria, risultino effettivamente percepite dall’interessato nell’annualità oggetto di verifica. L’ufficio, in sostanza, nega l’automatica operatività dello “scudo fiscale” e sostiene che la preclusione del potere di accertamento opera soltanto nel caso in cui il contribuente dimostri la corrispondenza tra le somme detenute all’estero e oggetto di rimpatrio tramite, appunto, lo “scudo fiscale”, e quelle oggetto dell’azione erariale di accertamento;

1.1. il motivo è inammissibile;

la critica dell’Agenzia è in linea con il principio nomofilattico (ex multis, Cass. 30/12/2019, n. 34577 consolidata da Cass. 22/02/2021, n. 4719), che il Collegio, condivide, per il quale “In tema di esercizio del potere d’imposizione sui capitali c.d. “scudati”, l’effetto preclusivo del generale potere di accertamento tributario, previsto al D.L. n. 350 del 2001, art. 14, comma 1, lett. a), ha natura di misura eccezionale di agevolazione per il contribuente, il quale ha l’onere di fornire la prova della ricorrenza dei presupposti; la limitazione normativa dell’inibizione dell’accertamento in riferimento agli “imponibili rappresentati dalle somme o dalle altre attività costituite all’estero e oggetto di rimpatrio” richiede la dimostrazione di una concreta correlazione oggettiva (quanto meno di compatibilità, se non di immediata derivazione, oltre che cronologica e quantitativa) tra il reddito accertato e la provenienza delle somme o dei beni rimpatriati o regolarizzati, nel senso che il reddito non dichiarato, oggetto di accertamento, deve essere collegato alle somme o ai beni emersi a seguito del rimpatrio, restando pertanto escluse dall’efficacia inibente dello “scudo” tutte quelle fattispecie in cui l’accertamento abbia ad oggetto componenti estranei rispetto alle attività “scudate” e con essi non compatibili.”;

ciò detto, tuttavia, il mezzo di cassazione s’appunta, in modo non consentito, ad una soltanto delle due distinte ed autonome rationes decidendi della sentenza qui impugnata – la quale, dopo avere affermato che la preclusione del potere di accertamento dell’A.F. opera ipso iure, esonerando l’interessato dal compito di alcuna prova specifica, circa la corrispondenza tra imponibile (non dichiarato) e somme detenute all’estero, rimpatriate e “scudate” (prima ratio decidendi, impugnata dall’Agenzia), nel successivo passo del poliedrico sviluppo argomentativo, ha la premura di precisare (come suaccennato) che il contribuente una simile prova (che, come detto, la CTR, errando, non reputa necessaria) l’ha comunque fornita, versando in atti l’attestazione dell’ente estero che aveva erogato i redditi ripresi a tassazione (seconda ratio decidendi, non impugnata dall’Agenzia);

la connessa questione di diritto è risolta dalla giurisprudenza (ex multis Cass. 18/04/2017, n. 9752), secondo cui “Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza.”;

2. le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza;

3. rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e condanna l’Agenzia delle entrate a corrispondere al contribuente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00, a titolo di compenso, Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

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