Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14762 del 14/06/2017

Cassazione civile, sez. lav., 14/06/2017, (ud. 23/02/2017, dep.14/06/2017),  n. 14762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14510/2011 proposto da:

O.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

I. GOIRAN 23, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO CONTENTO, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati PAOLO DAMINI,

GIORGIO CONTI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso

dagli Avvocati LUCIA PUGLISI, LORELLA FRASCONA’, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

e contro

DIREZIONE PROVINCIALE LAVORO PARMA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 887/2010 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 01/02/2011 R.G.N. 1079/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CONTENTO GIANCARLO;

udito l’Avvocato DE STEFANO MAURIZIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Bologna con sentenza n. 887/2010, rigettava l’appello proposto da O.G. avverso la sentenza di primo grado che respingeva l’opposizione a verbale di accertamento dell’INAIL con il quale era stata accertata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato della durata di circa due anni intervenuto con B.I. nel periodo precedente l’accertamento ispettivo del 20 gennaio 2006.

A sostegno della pronuncia la Corte d’Appello affermava che fossero maggiormente credibili le dichiarazioni rese in sede ispettiva dalla lavoratrice, trovata intenta a lavare i piatti nella cucina, rispetto a quelle “mendaci” rilasciate nel corso del processo dalla stessa lavoratrice e dalla di lei madre.

Per la cassazione della sentenza di appello ricorre O.G. con tre motivi di impugnazione. L’INAIL ha resistito con controricorso, illustrato ma memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 115 e 2729 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e vizio logico ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione alle dichiarazioni rese da B.I. in sede di ispezione, ritenute prevalenti rispetto a quelle assunte successivamente nel giudizio, qualificate come mendaci.

2. Con il secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione art. 115 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e vizio logico ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, avendo la Corte d’appello attribuito rilevanza alle risultanze della pagella scolastica per sostenere che la stessa B.I. conoscesse la lingua italiana e fosse pertanto in grado di comprendere le domande dell’ispettore INAIL.

3. Con il terzo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e del giudicato esterno esistente in punto alla veridicità delle dichiarazioni rese nel procedimento da B.I. e dalla di lei madre B.A.; nonchè l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e vizio logico ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, siccome il procedimento penale per falsa testimonianza, instaurato in relazione alle dichiarazioni rese nel giudizio da B.I. e dalla di lei madre B.A., si era concluso con l’assoluzione delle imputate con la formula “perchè il fatto non sussiste”.

4. I motivi di ricorso possono essere esaminati unitariamente per la connessione che li collega.

Essi sono infondati, oltre a scontare vizi di autosufficienza dal momento che non riportano tutte le circostanze probatorie rilevanti al fine del decidere e sulla base delle quali sono stati pure formulati.

5. Deve ricordarsi anzitutto che quello di Cassazione non è un terzo grado di giudizio il cui compito sia di verificare la fondatezza di ogni affermazione effettuata dal giudice di appello nella sentenza. Esso è invece (Cass. Sez. 5, sentenza n. 25332 del 28/11/2014) un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di Cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti; ma deve promuovere specifiche censure nei limiti dei motivi consentiti dalla legge.

6. E’ inoltre ius receptum che sia devoluta al giudice del merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta, fra le risultanze istruttorie, di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro diverso spessore probatorio, con l’unico limite della adeguata e congrua motivazione del criterio adottato. Conseguentemente, ai fini di una corretta decisione, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata.

7. Nel caso di specie la sentenza impugnata (sulla scorta del verbale ispettivo e delle dichiarazioni rilasciate in sede amministrativa dalla stessa lavoratrice) ha esaminato le circostanze rilevanti ai fini della decisione circa l’attività svolta da B.I. per la ricorrente nel periodo precedente l’acceso ispettivo; e ne ha tratto la conclusione che la B. avesse lavorato presso il ristorante per circa due anni nel lavoro di sala, come da ella dichiarato; attribuendo in proposito maggior valore alle dichiarazioni rese dalla B. in fase amministrativa (mentre lavorava nella cucina del ristorante) e qualificando anzi come mendaci quelle rese successivamente dalla stessa lavoratrice e dalla di lei madre.

8. La Corte a fronte della contestazione secondo cui che la ragazza non conoscesse la lingua italiana e non avesse inteso le domande rivoltele in sede ispettiva, ha richiamato il fatto che la ragazza avesse già sostenuto l’esame di scuola media inferiore nel giugno 2004, i voti riportati nella pagella, il fatto che l’accesso ispettivo risalisse al 2006.

9.- Si tratta di valutazioni che appartengono all’ambito tipico del giudizio di merito e che, essendo scevre da vizi logici e giuridici, si sottraggono a qualsiasi sindacato in questa sede di legittimità.

10.- Non obbediscono al precetto dell’autosufficienza del ricorso e non sono comunque assorbenti sul piano logico (in relazione all’elemento della decisività ex art. 360 c.p.c., n. 5) le circostanze secondo cui la ragazza frequentasse la scuola o avesse lavorato saltuariamente altrove nello stesso periodo.

11.- Non ha fondamento la doglianza relativa alla violazione del giudicato esterno; dal momento che l’esito del processo penale per falsa testimonianza, concernente le dichiarazioni rese nel processo civile dalla lavoratrice e dalla madre, non ha alcun rilievo in questo giudizio; sia perchè non è stata accertata la verità delle seconde dichiarazioni, ma soltanto che non vi fosse la prova del mendacio delle stesse; sia perchè in ogni caso l’esito del giudizio penale giammai potrebbe fare stato in questo giudizio relativo ai premi da versare all’INAIL da parte della ricorrente, (soggetti entrambi estranei al medesimo giudizio penale).

12. Le considerazioni svolte impongono dunque di rigettare il ricorso e di condannare la ricorrente, rimasta soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquidate in complessive Euro 3200, di cui Euro 3000 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed oneri accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2017

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